Gay Boys Reloaded

Votes taken by Firescorpio

  1. .
    Per quanto concordo sul fatto che sia piacevole la compagnia di un diciottenne, non mi è piaciuta un gran che la fila di cose indicate sopra, o meglio non come è stata presentata. Sembra la descrizione di bamboline gonfiabili, prive di cervello e guidate solo dalla voglia di uccello.
    Concordo sulla vitalità, sulla "leggerezza" con cui affrontano la sessualità, sviscerandola di molti complessi che, col tempo, molti di noi si fanno.
    Ma sono molto più selettivi e coscienti di quanto non sia la rappresentazione sopra riportata. :(
  2. .

    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Vi posto, anche se un po' in ritardo, il seguito del racconto.
    Sul finale mi lascia un po' perplesso, perchè ho l'impressione che mi sia scappata un po' troppo la mano.
    Comunque, siccome non mi va di farvi aspettare troppo e non riesco, comunque a migliorarlo secondo i miei gusti, ve lo ripropongo per come è uscito. Commentate pure. Magari, così, riesco a capire che cosa non mi convince.

    Nel frattempo, come di consueto, vi ripropongo i link delle altre due parti:



    Ed ora eccovi il seguito. Buona lettura. :)

    Non parlammo granchè, durante la pizza. Ci limitammo a parlare un po’ del suo lavoro in piscina ed, in particolare, espressi la mia ammirazione nei suoi confronti per come aveva gestito le situazioni di quel pomeriggio.
    Federico mi sorrideva e, di tanto in tanto, sembrava arrossire di fronte alla pioggia di complimenti che gli stavo muovendo.
    Terminato che ebbe la pizza, scusandosi per la maleducazione, mi disse che sarebbe andato a preparare la camera per la notte. Mi disse di fare come a casa mia e di non preoccuparmi, perché sarebbe ritornato praticamente subito.
    Lo guardai allontanarsi e finii l’ultimo pezzo di pizza. Poi mi diressi al balcone e guardai fuori. Il sole era già tramontato ma, nonostante il crepuscolo avesse fatto la sua comparsa già da diverso tempo, il cielo era ancora piuttosto chiaro e virava ancora in meravigliose sfumature rosso/arancio.
    Sentivo Federico fare su e giù dentro la stanza che ci avrebbe ospitato per la notte e pensai a come tutto fosse così straordinariamente romantico e incredibilmente dolce. Ero talmente assorto in queste meditazione che non mi accorsi della presenza di Federico alle mie spalle. Le sue labbra si posarono sul mio collo e mi baciò delicatamente.
    Reclinai la testa da un lato abbandonandomi a quel bacio. Posai la nuca sul suo petto e lasciai che le sue mani mi allargassero l’accapatoio scoprendomi le spalle. La sua lingua scorreva lungo i tendini del mio collo procurandomi sensazioni di piacere ed eccitazioni sempre maggiori. Presi ad ansimare, godendo delle sue attenzioni. Federico mi fece girare e le nostre bocche si fusero in un bacio carico di desiderio. Infilai le mie mani sotto la stoffa del suo accappatoio, posandole su suo petto caldo. Avvertivo i battiti del suo cuore accelerati per il desiderio.
    Federico si staccò da me e mi condusse per mano verso la camera.
    Quando aprì la porta rimasi paralizzato per quello che vidi. Sul letto c’erano delle meravigliose lenzuola di seta nera, cosparse di una grande quantità di petali variopinti. La luce dell’abatjour, tenue ma calda, restituiva una sensazione di tepore ed intimità. Un delicato profumo di rose proveniva da candele disposte intorno al letto mentre una dolce musica rendeva tutto tremendamente seducente e magico.
    Guardai Federico che mi guardava con soddisfazione…
    - Dimmi, cucciolo, ti piace?
    - Fede, certo che mi piace. Sembre di essere la protagonista di un film romantico. M perché tutto questo per me?
    - Per noi, Massimo. Per noi. – disse con una dolcezza infinita. – Sai, è la mia prima volta. Ho sempre voluto aspettare di incontrare la persona giusta per vivere questo momento degnamente. E sento che quella persona sei tu. Non so perché, ma da quando ho incrociato i tuoi occhi oggi in piscina, sentivo che saresti dovuto essere mio. E spero non solo per questa notte.
    - Cosa vuoi dire?
    Non potevo credere a quello che stavo sentendo. Era il sogno di una vita che si stava tramutando in realtà. Perciò volli essere totalmente certo di aver capito bene.
    - Sento di essermi profondamente innamorato di te. Di quel ragazzino timido, insicuro di se, anche un po’ impacciato se vuoi. Ma limpido e vero, incapace di nascondere ciò che è, sempre pronto ad abbandonarsi alle proprie emozioni e ai sentimenti. Un ragazzo coraggioso, che preferisce assecondare il proprio cuore, piuttosto che incatenarlo con la fredda razionalità. Tutto questo ha aperto una breccia nel mio cuore, spingendolo a desiderarti. E’ stato difficile, anche per me, non lasciarmi andare sotto la doccia. Ma non volevo rischiare di rovinare la possibilità di vivere la magia di questo momento.
    Una lacrima di gioia rigò il mio volto e la dolce carezza di Federico la raccolse. Mi prese il volto tra le mani e mi baciò nuovamente, poi mi sollevò tra le sue braccia, mi depose al centro del letto e si spogliò. Quindi mi raggiunse. Nuovamente la sua bocca cercò il mio collo e, nuovamente, mi abbandonai a quel bacio. Un sussurrato “ti amo, non hai idea di quanto, ma ti amo” uscì dalle mie labbra, seguito da un sospiro e da un lungo brivido che, percorrendo, dal collo, tutta la schiena, fece vibrare il mio corpo di desiderio. Il mio corpo si abbandonò alle cure di Federico. Sentii le sue mani scivolare sulla schiena, facendo cadere la stoffa che, ancora, copriva il mio corpo. Il mio desiderio, libero di manifestarsi al mio amato, pulsò varie volte, facendo uscire piccole gocce di liquido pre-seminale che imperlarono la mia cappella.
    Nel frattempo le labbra di Federico si erano spostate sui miei capezzoli, li stuzzicavano e li mordicchiavano, regalando al mio corpo, nuove e potenti ondate di piacere. Mi fece distendere sul letto e il fresco contatto con la soffice seta incrementò la sensazione di essere carezzato e coccolato. Ora, la bocca di Federico, stava percorrendo il mio ventre. Con un soffio di fiato, lo supplicai di stendersi accanto a me, cosicchè anche io potessi godere del suo corpo e restituirgli l’enorme piacere che lui mi stava donando.
    Mi sorrise e assecondò il mio desiderio e, mentre la mia bocca ritrovava il suo membro, sentii la sua avvolgere il mio.
    Scariche di piacere si alternarono in me. Da una parte arrivavano, prepotenti, quelle che partivano dal mio uccello, così sapientemente stuzzicato dalla calda bocca di Federico. Dall’altra, i dolci umori che fuoriuscivano dal suo pene pulsante, aumentavano il mio desiderio e la mia eccitazione. I nostri corpi erano fusi in un potente 69. Fremiti e sospiri riempivano i nostri sensi, così fortemente uniti fra di loro.
    Il desiderio si era fatto, ormai, tangibile ed io, assecondando l’istinto, mi staccai da lui e, mentre baciavo le sue dolci labbra, cercai, con mano tremante, la sua prepotente erezione. Trovata che l’ebbi, lentamente, la indirizzai verso il mio culo, desideroso di essere, finalmente, posseduto. Stavolta Federico non mi fermò. Mi prese una mano e la baciò teneramente. La sua cappella aveva già fatto il suo ingresso nel mio buchino, restituendomi ondate di calore in tutto il corpo. Lentamente proseguii la mia discesa su quell’asta, ansimante di piacere e desiderio.
    Volevo che quella discesa durasse il più a lungo possibile. Volevo gustare ogni minimo momento in cui Federico si faceva largo in me. Sentivo le mie carni stringersi intorno a lui, vibrare di desiderio ad ogni pulsazione del suo uccello. Sentivo i suoi sospiri accelerare. Avvertivo crescere, in lui, la voglia di possedermi. Quindi, arrivato ad avere tutta la sua lunghezza in me, iniziai, dapprima lentamente, poi sempre con maggior foga, a cavalcare quello stallone.
    I sospiri si tramutarono in gemiti e, presto, le nostre bocche si ritrovarono. Sentivo la sua asta stantuffare le mie viscere. Ad ogni colpo una scarica di piacere inebriava il mio cervello. Venni una prima volta, urlando di piacere, con un potente fiotto che si scaricò sul ventre di Federico. Lui mi prese e mi fece alzare, mi mise alla pecorina, e ricominciò a scoparmi da dietro. Nuovi punti erogeni furono stimolati e nuove e più intense scariche di piacere sconquassarono il mio corpo. Un nuovo orgasmo si fece largo in me. Ma non un orgasmo fisico, fatto si sperma e umori. Fu un orgasmo mentale. Potente, totale, unico. Mi sembrò di esplodere disperdendomi nel cosmo. Federico, ansimante, continuava a pompare dentro di me, quando, improvvisamente, tutto il suo corpo si irrigidì e potenti getti di calda sborra mi riempirono le viscere. Accolsi con gioia quell’esplosione di piacere, felice di aver regalato al mio amore il primo orgasmo della sua vita.
    Pensavo che dopo questi potenti orgasmi la nostra avventura, per quella notte, finisse lì, ma, dopo aver scaricato anche l’ultima goccia dentro di me, Federico mi fece sdraiare e, posizionatosi sopra di me, mi offrì il suo membro da ripulire. Era ancora duro e palpitante. Lo accolsi amorevolmente tra le mie labbra, assaporando gli umori che imperlavano la cappella turgida. Federico ansimava per il piacere, alternando, tra i gemiti e i sospiri, piccoli ma meravigliosi “ti amo” che infiammavano il mio cuore.
    Lo vidi staccarsi da me ed abbassarsi sul mio pene, abbandonato sul mio ventre ricco di umori. Lo prese in mano e, dopo averlo baciato dolcemente, lo imboccò. Un po’ alla volta riprese la consistenza di prima. Vedere l’uomo dei miei sogni prendersi cura del mio uccello con così tanta delicatezza, mi aveva restituito la voglia di fare, nuovamente, l’amore con lui. I suoi occhi erano puntati su di me, quasi a chiedermi approvazione per quanto stava facendo. Gli presi delicatamente la testa e carezzai i suoi morbidi capelli. Lui tornò a dedicarsi al mio membro con maggior solerzia e scariche di piacere e desiderio si alternarono lungo tutto il mio essere.
    Sentii un nuovo orgasmo farsi strada ed annunciai della cosa Federico che, per tutta risposta, aumentò in ritmo del suo pompino ed accolse tutto il mio seme nella sua bocca. Quando, anche l’ultimo sussulto attraversò il mio membro, Federico lo lasciò unendosi a me in un lungo e profondo bacio. Le nostre lingue si cercavano desiderose e frenetiche. Fu un bacio lungo, passionale e carico di sentimento.
    Quando si staccò da me, notai, con profondo piacere e meraviglia, che il suo cazzo era ancora teso e pimpante. Lo invitai, quindi a possedermi ancora una volta. Fede mi sorrise e mi fece stendere supino, mi prese le gambe sollevandole sulle sue spalle e poi mi penetrò. Un’ondata di calore mi riempì gli intestini, restituendomi un senso di benessere che trascendeva il solito piacere. Mi sentivo completato. Una sensazione strana, unica ed estremamente appagante. Mi abbandonai a questo marasma di sensazioni e sentii, come in lontananza, una forma di orgasmo nuova, delicata e quasi ovattata, ma duratura e piena, impossessarsi del mio corpo.
    Mi risvegliai da quello stato di torpore solo quando Federico, sussurrandomi all’orecchio, mi avvisò dell’avvicinarsi del suo orgasmo. Gli chiesi di poterlo accogliere nella mia bocca. Volevo assaporare fino in fondo il sapore di questo momento. Volevo viverlo in maniera completa. Memorizzare i profumi, i colori, i suoni e, soprattutto, i sapori.
    Mi accontentò e mi ritrovai riempito di diversi getti di caldo seme. Era saporito, non troppo denso ma quasi dolce. Mi riscoprii inebriato del sapore del mio uomo.
    Infine ci abbandonammo l’uno tra le braccia dell’altro, cullati da un profondo e piacevole sonno ristoratore.
  3. .
    Wow, spiazzante!!! Sia per la velocità in cui si dipanano le vicende sessuali, sia per la svolta orgiastica bisessuale.
    Bello. Complimenti.
  4. .

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    Come promesso, anche se con qualche ora di ritardo, posto la seconda parte del mio racconto.
    Spero possa piacervi. Se così fosse, spero nel giro di breve, Vi posterò anche una terza parte :)

    Intanto, per chi ancora non avesse letto la prima parte, vi inserisco anche il link:



    Ora bando alle ciance e buona lettura ....


    Quando arrivammo a casa sua, e mentre salivamo le scale che conducevano al suo miniappartamento, il cuore mi batteva all’impazzata. Mi sentivo come una ragazzina al suo primo appuntamento. Ero emozionato come mai prima d’ora e, in cuor mio, temevo e speravo che, quella sera, avrei avuto l’occasione di unirmi a quel corpo da favola.
    Federico aprì la porta che si aprì in un piccolo atrio. Una bella specchiera riempiva lo sguardo restituendomi la totale visione di Federico. Avevo il suo magnifico lato A riflesso sullo specchio e lo strepitoso lato B davanti ai miei occhi.
    Mi fece entrare e il mio sguardo si posò su un ampio salottino illuminato dalla rossa luce del tramonto che, come un dipinto di un grande maestro realista, troneggiava sulla grande porta a vetri che portava al terrazzo.
    Appena ebbe posato le chiavi dell’auto su una delle mensole in vetro della specchiera, Federico prese il telefono e, mentre componeva il numero della pizzeria per asporto, mi chiese che gusto preferissi.
    Inebetito dalla particolarità di quella situazione, risposi, quasi sovrappensiero, che avrei preso una margherita.
    Federico mi sorrise e, mentre si apprestava ad inoltrare l’ordinazione alla pizzeria, mi fece cenno di sedermi sul divano.
    Mi raggiunse di lì a poco dicendomi che, causa saturazione delle ordinazioni, la nostra pizza l’avrebbero consegnata non rpima di un’ora e mezza. Mi chiese, quindi, se non volessi, nel frattempo, farmi una doccia.
    Annuii, sperando che una doccia calda mi avrebbe sciolto un po’ di quella tensione che si era accumulata nel giro di quel pomeriggio.
    - Bene, allora andiamo
    - Come andiamo – chiesi quasi quasi in preda al panico
    - Beh, mi hai battuto la testa in modo abbastanza brutto, sei stato svenuto per oltre dieci minuti e ne hai portato le conseguenze per oltre mezz’ora… Non posso certo rischiare di lasciarti andare al bagno da solo. Se ti capita di svenire, c’è il rischio che mi resti secco. Comunque, tranquillo. Non c’è nulla di cui preoccuparsi.
    - E invece sì
    - In che senso – mi chiese con uno sguardo tra lo stupito e il preoccupato
    Ero terrorizzato all’idea di dirgli che ero gay e, soprattutto, della sua probabile reazione. Ma non potevo lasciare che lo scoprisse a causa di una doccia.
    - Senti Federico, lo so che avrai voglia di cacciarmi fuori di casa e che ti pentirai di avermi invitato a trascorrere la notte qui – esordii cercando di limitare i danni - ma c’è una cosa che devi sapere. – sospirai cercando di raccogliere quanto più coraggio ed autocontrollo possibili -… sono gay.
    - Ed ora che me lo hai detto? Ti senti un po’ meglio?
    - Non ti da fastidio?
    Federico scoppiò a ridere come un pazzo
    - L’avevo capito. Se uno mi guarda per tutto il pomeriggio osservando ogni mio singolo gesto, poi si inebetisce perché mi cambio davanti a lui, se permetti, più di qualche sospetto le fa venire no?
    Mi sentii incredibilmente ridicolo.
    Mi immaginai di essere il bambino che confessa alla mamma di aver mangiato la marmellata a sua insaputa e che si ritrova con lei che, chinandosi, gli pulisce la bocca con il fazzoletto.
    - Coraggio, seguimi, ti mostro dov’è il bagno
    Lo seguii come un automa, lo vidi aprire la porta alla fine del breve corridoio e farmi cenno di entrare.
    - Spogliati pure, vado a prendere gli asciugamani e ti raggiungo
    - Fede, io….
    - Basta tergiversare, su. Fai come ti dico, piuttosto
    Il suo sorriso, limpido e disarmante, mi ipnotizzò e mi ritrovai ad armeggiare con le scarpe e i bottoni del pantalone.
    Lo vidi uscire per dirigersi nella stanza accanto. Immaginai dovesse essere la sua camera da letto. Ero rimasto solo con il costume addosso quando Federico fece ritorno nel bagno.
    A momenti mi venne un colpo.
    Era lì, nudo, con un folto e meraviglioso ciuffo di ricciuti peli scuri a contornare un pene che, nonostante fosse a riposo, era già di dimensioni ragguardevoli. A occhio e croce sfiorava i 14/15 cm.
    Mi sorrise e mi invitò a togliere il costume. Inebetito da quanto mi stava accadendo, meccanicamente, mi ritrovai a obbedire sfilando quella che era l’ultima difesa alla mia nudità.
    Il mio uccello, prepotentemente eretto, si manifestava con i suoi sedici cm stentati, comunicando a Federico tutta la mia voglia di essere posseduto da lui. Federico mi prese per mano e mi condusse sotto il getto dell’acqua.
    - Ehi, tutto bene? – mi chiese con aria preoccupata quando mi vide, praticamente, inerme.
    Mi ridestai quel tanto che basta per rendermi conto che stavo rischiando di rovinare una serata che, molto probabilmente, si stava invece preparando ad essere quella più indimenticabile di tutta la mia vita.
    - Sì, scusami. E’ stato un attimo di smarrimento. D’altro canto mi puoi ben capire… Mi trovo davanti un ragazzo splendido come te che, nonostante sia al corrente della mia omosessualità, mi si presenta nudo davanti. Le alternative erano due… O ti saltavo addosso, o mi pietrificavo
    - Ah, quindi c’era il rischio che tu mi saltassi addosso – mi chiese con fare canzonatorio – sono, quindi, in presenza di un potenziale maniaco sessuale… Bene bene, questo non me lo avevi detto però, furbacchione
    E concluse la sua affermazione con un provocatorio occhiolino.
    Poi si posiziono sotto il getto dell’acqua reclinando la testa all’indietro. Facendo così arcuò il corpo verso di me e il suo pube si trovò a pochi centimetri da me. Sembrava invitarmi a carezzare quel pezzo di carne. Non sapevo cosa fare… Dentro di me avevo la forte sensazione che Federico volesse che fossi io a fare il primo passo. Ma la mia razionalità, tante volte citata da Maura, stava ora frenando il mio istinto. Per fortuna, ancora una volta, la mia parte istintiva prevalse. Allungai la mano e saggiai la consistenza di quell’uccello invitante. Avvertii un leggero sussulto, ed alzai lo sguardo. Federico mi stava guardando con un’espressione di attesa in volto. Mi spostai in avanti, sempre strizzando quel cazzo da favola. I nostri corpi aderirono e mi alzai in punta di piedi, accostai il mio viso al suo e proteli le labbra socchiuse. Chiusi gli occhi ed attesi.
    Non passò molto tempo che mi sentii afferrare per le spalle e le calde labbra di Federico premettero sulle mie, mentre la sua lingua cominciò a cercare, fremente, la mia. Quando la trovò, si fusero in un’appassionante danza all’interno della mia bocca. Sentivo la sua saliva, dolce e eccitante, impastarsi con la mia.
    Portai le mie mani sulla sua schiena e mi strinsi a lui. Sentii il suo membro, teso e duro come pietra, che sfregava sul mio ventre. L’istinto mi guidò ancora una volta e saltai su di lui, cingendogli i fianchi forti e delicati con le gambe. Le sue mani si spostarono sul mio sedere, un po’ per sorreggermi, un po’ per allargare le mie natiche.
    Il mio buchino pulsava di desiderio. Voleva accogliere, al più presto, quella verga calda e pulsante.
    La frenesia delle nostre lingue aumentava, trasferendo, l’un l’altro, l’intensità del nostro desiderio. Allungai la mano sotto di me, cercando l’asta bollente di Federico. Lo volevo, subito, all’istante. Dovevo essere suo ad ogni costo.
    Puntai la cappella gonfia contro l’accesso proibito e, in quel preciso istante, Federico, sollevandomi con le sue forti braccia, mi allontanò da sé.
    - Non ancora, cucciolo. Arriverà anche il momento per questo, ma non ora. Ok?
    Mi guardava con tenerezza. Non capivo le ragioni di quelle parole, ma annuii, vinto dalla sua tenerezza. Mi strinse a se e mi baciò. Un bacio lungo, ma dolce e carico di sentimento. Poi si staccò da me, prese la spugna ed un po’ di bagnoschiuma e, delicatamente, prese a lavarmi il torace.
    Mi abbandonai a quelle carezze. Pensai come fosse dolce farsi coccolare in quel modo.
    Sentivo la mano di Federico scorrere lungo tutto il mio corpo. Lo vidi inginocchiarsi davanti a me. Il suo viso all’altezza del mio cazzo eretto. Prese a lavarmi le gambe, guardandomi negli occhi, protesi, leggermente, il bacino in avanti, quasi ad invitarlo a prendermelo in bocca. Federico mi sorrise, lo guardò e lo prese tra le sue mani. Poi tornò a guardarmi.
    Pregustavo il momento in cui le sue labbra, calde ed umide, l’avrebbero accolto al loro interno.
    Ma ciò non accadde. Cominciò, delicatamente, a lavarlo e pulirlo. Soppesava i miei testicoli e li lavava con cura, il tutto senza mai distogliere i suoi meravigliosi occhi color smeraldo dal mio viso.
    - Povero cucciolo, hai proprio tanta voglia, vero?
    Annuii quasi disperato.
    - Pazienta ancora un po’. Ti prometto che ne varrà la pena. Ora girati, per favore.
    Obbeddii, ed avvertii la stessa delicata carezza percorrere tuta la mia schiena, soffermarsi sulle natiche e poi proseguire la sua corsa sulle gambe. Ripensando a come, quel pomeriggio, avesse affrontato, impavido, quel gruppetto di bulli, mi sembrò impossibile che, ora, dietro di me, ci fosse la stessa persona. Le sue mani continuavano a percorrere, accuratamente, ogni centimetro del mio corpo, lavando via stanchezza e sudore.
    Poi mi sciacquò con cura e mi fece, nuovamente, voltare verso di sé.
    - Ti va di essere tu, ora, a lavare me?
    Quasi non potevo credere a quelle parole. Afferrai la spugna, presi del bagnoschiuma ed iniziai a percorrere quel corpo curato e tonico. Percorsi quei pettorali così eccitanti e perfetti, scesi lungo i suoi addominali scolpiti e scorsi un brivido attraversare quel meraviglioso corpo nel momento in cui arrivai al suo pube.
    Mi chinai e il suo cazzo svettava sopra la mia testa. Sentivo un forte odore di sesso, un aroma di maschio così forte da penetrarmi nel cervello. Inspirai, annusando quanto più intensamente potevo quei profumi. Accostai il mio viso ed infilai il mio naso tra le sue palle gonfie e la coscia muscolosa. Federico mi prese per le spalle e mi tirò indietro.
    - So che hai una gran voglia, ma porta ancora un po’ di pazienza.
    - Fede, non capisco perché non si possa già fare ora…
    - Non voglio rovinarti la sorpresa. Tu fidati.
    - Posso, almeno, baciartelo
    Federico sembrò riflettere un attimo, poi, sorridendo, acconsentì.
    - Ma mi raccomando, non abusare di questa concessione…
    Avvicinai le mie labbra a quel cazzo da favola. Dovevano essere, almeno 23/24 cm. Posai un bacio su quella cappella turgida. Un sapore di maschio, inebriante e invitante, fece sì che le mie labbra si schiudessero e lasciassero entrare, un po’ alla volta, tutta la lunghezza di quel membro. La lingua titillò la cappella facendo emettere a Federico un gemito di piacere. Io, intanto, estasiato dal sapore di quel pezzo di carne, cominciai a muovere la mia testa su e giù.
    Ma, ancora una volta, le mani di Federico mi fermarono.
    - Ehi, piano. Ti avevo chiesto di non approfittarne
    Il suo sorriso mi fece comprendere che, il suo, non era un rimprovero, ma un’amichevole richiesta.
    Mi sollevai e gli sorrisi, quindi lo pregai di voltarsi e presi ad occuparmi della sua schiena.
    Le spalle, larghe e forti, sembravano scolpita dalla mano di Michelangelo, tanto ogni muscolo era così perfettamente incastonato al suo posto. E i glutei, così sodi e tondi, facevano venire la voglia di affondarci la faccia perdendosi tra di essi.
    Le gambe, dritte e definite, sfilavano eleganti verso il basso lasciando posto, infine, a due meravigliosi piedi, lunghi e dalle dita affusolate.
    Quando fui certo di essermi preso cura di ogni minima parte di quel corpo statuario, presi il getto della doccia sciacquandolo per bene, proprio come, il mio dolce ospite, aveva fatto, poc’anzi, con me.
    Non facemmo a tempo ad uscire dal bagno che sentimmo suonare il campanello.
    - Merda, la pizza – disse scappando fuori dalla doccia e infilandosi in un morbido accappatoio di spugna.
    Lo vidi infilarsi in camera sua ed uscire con il portafogli in mano, precipitarsi alla porta e aprire in velocità. Rimasi ad origliare, nascosto alla vista del fattorino.
    - Scusami, sai – sentii dire a Federico – ero sotto la doccia. Mi spiace averti fatto aspettare.
    - Tranquillo Fede… Piuttosto, aspetti visite stasera? Dai, che questa è la volta buona.
    - Filippo, falla finita, per favore.
    - No, è già qua? Me la fai conoscere?
    - Filippo, se non sparisci subito, giuro che ti caccio a pedate
    Sentii il fattorino salutare e la porta chiudersi su una risata…
    Intanto mi risuonavano nella testa le parole di questo Filippo “la volta buona”.
    Cosa intendeva? La voce di Federico mi invitò ad uscire. Mi avvolsi nell’altro accappatoio ed uscii. Federico era seduto sul divano, le pizze aperte e fumanti davanti a sé. Mi fece cenno di andarmi a sedere accanto a lui. Obbedii ed osservai le pizze. Poi guardai lui.
    - Fede, cosa intendeva il pizzaiolo?
    - In che senso?
    - Gli ho sentito dire un qualcosa tipo “che sia la volta buona”…
    - Lascia stare. E’ un mio caro amico, ma, spesso, si comporta da idiota. Non ci pensare, su. Mangia, piuttosto, sennò si fredda.
    La curiosità mi stava divorando, ma preferii non fare altre domande. Un po’ di malavoglia, presi il mio pezzo di pizza ed iniziai a cenare.
    Di tanto in tanto scheggiavo un’occhiata a Federico. Era veramente il più bel ragazzo che mai avessi incontrato in vita mia. Non che ne avessi incontrato poi tanti, a dire il vero, ma per quanto pochi fossero stati, e per quanto, tutto sommato, fossi stato fortunato sull’aspetto fisico, nessuno di loro poteva, anche lontanamente, avvicinarsi alla bellezza che avevo di fronte.


    Commentate gente, fatevi sentire e fatemi sapere se vi piace :)


    Link dell'ultimo capitolo:



    Edited by Firescorpio - 29/7/2014, 15:54
  5. .

    ATTENZIONE
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    Ragazzi, leggere il racconto di Neilcandy, mi ha fatto tornare la voglia di scrivere qualcosa.
    So di non essere alla sua alteza, ne a quella di molti altri di voi, ma, spero, tuttavia, che quanto scrivo, possa servire a farvi trascorrere qualche minuto in modo diverso e, perchè no, anche regalarvi, se possibile, un po' di eccitazione ;)

    Pertanto vi posto queste prime righe. Se vi dovessero piacere, posterò, quanto prima, anche il seguito.

    Mi chiamo Federico ed ho 16 anni. Vi voglio raccontare come sia stata la mia prima volta. Innazitutto mi descrivo. Sono un ragazzo alto 1.83, slanciato e con il classico fisico da nuotatore. Ho capelli biondo scuro di lunghezza media, lisci e morbidi. Gli occhi di un verde smeraldo, costituiscono, unitamente al sorriso, la mia più infallibile arma di seduzione.
    Alla fine di questa estate venne ad abitare, nella casa vicino alla nostra, una nuova famiglia. Erano una coppia con lui bianco e lei di colore.
    Il figlio, che ha la mia età, è un meraviglioso ragazzo mulatto. Con quella carnagione color caffellatte così sexy e invitante da farmi girare la testa già dal primo momento che lo vidi. Aveva la sua camera da letto di fronte alla mia e, spesso, nelle calde notti estive, lo ammiravo mentre si spogliava per andare a letto. Aveva un corpo meraviglioso, con pettorali ben definiti e lisci, due bei capezzoli corposi, contornati da un’aureola larga e definita.
    Gli addominali non erano particolarmente marcati, ma il suo ventre, così liscio e piatto, sembrava rilucere quasi fosse cosparso di unguenti.
    I fianchi, sottili e morbidi, scendevano sinuosi fino al bacino dove, armoniosamente, terminavano su delle anche appena pronunciate. Un sottile filo di peli scuri conduceva lo sguardo fino al pacco, sparendo poi dentro slip, per lo più scuri, che evidenziavano un pacco sostanzioso e invitante.
    Le gambe erano, anch’esse, ben proporzionate rispetto al resto del corpo, con delle cosce piene e dei polpacci ben definiti. Il sedere, sodo e pieno, riempiva totalmente la stoffa che lo copriva, tendendo il tessuto fino al limite delle sue possibilità.
    Più volte mi masturbai sognando di carezzare quel corpo. Sognando di essere posseduto da quello stallone. Ma il massimo che ero riuscito a fare era salutarlo fugacemente una volta che lo incontrai all’ingresso di casa sua.
    Era ormai giunta la primavera, e i primi tepori riscaldavano l’aria. I miei avevano stretto una bella amicizia con i vicini ed io mi auguravo che anche io e Jamal (così si chiamava), potessimo, presto, diventare amici. Pregustavo l’idea di invitarlo in piscina con me durante l’estate. Il poterlo ammirare mentre, ignaro delle mie bramosie, si cambiava offrendo a me lo spettacolo del suo corpo interamente spogliato. Sognavo di giocare con lui nell’acqua, di palpeggiarlo fingendo di urtarlo inavvertitamente.
    Ma mai mi sarei aspettato che mi si offrisse un’opportunità ben al di sopra di tutte le mie aspettative.
    Infatti, una sera, rientrando dalla piscina (che io frequento da diversi anni tre volte la settimana), mi ritrovai in casa Jamal e la sua famiglia. Mia madre mi fece cenno di entrare in cucina dove mi comunicò che, a causa di un lutto improvviso che aveva colpito la mamma di Jamal, lei e il marito sarebbero dovuti partire per il Gabon, per restare lì un intero mese. Essendo che Jamal studiava, non volevano rischiare di compromettere l’esito del suo anno scolastico portandolo con loro. Così avevano chiesto ai miei (gli unici con cui avevano instaurato un rapporto in quel paese bigotto e antiquato) se avessero potuto ospitarlo nel periodo di tempo in cui loro si assentavano.
    Mia madre aveva acconsentito dicendo che Jamal avrebbe potuto dormire nella mia camera.
    Venni, inoltre, a scoprire che, dato che i suoi genitori sarebbero partiti l’indomani all’alba, lui avrebbe iniziato a stare da noi la sera stessa. Incrocia il suo sguardo che, timido e imbarazzato, si spostava dal mio viso alla punta dei suoi piedi.
    Non sapevo se fare i salti di gioia per la grande opportunità che mi veniva regalata, o se, piuttosto, non disperarmi per l’enorme esposizione al rischio di essere scoperto in qualità di gay.
    Notai che il padre di Jamal lo spinse, in modo affettuoso, verso di me, invitando a presentarsi e fare, finalmente amicizia. Di fronte alla titubanza del figlio, spiegò a me e mia madre che, nei vari paesi dove avevano vissuto, Jamal aveva sempre avuto enormi difficoltà ad integrarsi, questo non si capiva da imputarsi alla loro scelta di sfidare le regole comuni dei benpensanti o se, piuttosto, non fosse da imputare alla grande ignoranza che li circondava.
    Fatto sta che, ovunque, Jamal era oggetto di scherno e disprezzo da parte dei coetanei. Costretto all’isolamento e ad una vita da recluso.
    Lo osservai. Se prima lo vedevo come un ragazzo eccitante e nulla più, ora un profondo sentimento di tenerezza, affetto e tristezza avvolgevano il mio intimo. Osservai i suoi occhi farsi lucidi. A stento riusciva a domare le lacrime che, imperterrite, spingevano da sotto le palpebre per innondare quei profondi occhi nocciola. Mi avvicinai a lui, gli sorrisi e mi presentai.
    “Beh, visto che dovremo condividere la stessa stanza per un po’ almeno mi presento. Io mi chiamo…”
    “Federico, lo so” mi interruppe lui timidamente. “E’ da ormai sei mesi che abitiamo vicino ed ho imparato i vostri nomi.”
    Che idiota. Avevo dato occasione di pensare che di lui non me ne fregava niente e che ora facevo il gentile solo per circostanza. In sei mesi, a stento lo saluto, ed ora facevo il simpatico.
    “Già, hai ragione.” cercai di giustificarmi “avrei potuto presentarmi anche prima, ma che vuoi, la scuola, la piscina e gli impegni di tutti i giorni, ti riempiono le giornate e ti fanno vivere talmente in frenesia che non ti accorgi più di quello che ti sta intorno.”
    Wow, me l’ero cavata bene, pensai tra me. E chi se lo aspettava di riuscire a costruire un alibi così bene. Anche Jamal sembrò non voler controbattere, così lo invitai a sedersi sul divano con me, in modo da rimediare alle mancanza passate.
    Mia madre mi sorrise compiaciuta e proseguì a parlare con i suoi ospiti.
    Nel frattempo Jamal, anche se con estrema difficoltà, data la sua timidezza, mi raccontò di essere iscritto al quarto anno del liceo linguistico. Mi disse che, non avendo mai avuto amici, si era dedicato in modo assiduo allo studio, tanto da riuscire a fare due anni in uno al primo anno delle superiori. Ero ammirato. Era un ragazzo veramente intelligente, ma, al contempo, molto umile ed educato. Non si atteggiava da saccente, come molti secchioni tendono a fare. Aveva dei lineamenti perfetti, dolci e delicati. Le labbra, carnose e piene, esprimevano una sensualità quasi ipnotica. Sembravano incitarti a baciarle ad ogni movimento. Per un attimo mi persi nei miei pensieri, immaginando di scorrere con un dito il contorno di quelle labbra. Proseguire poi lungo quelle guance così morbide e lisce. Mi vidi infilare le dita tra i suoi capelli e giocare con un ciuffo di essi. Scompigliarglieli e accarezzarli.



    Allego come spoiler le foto di alcuni ragazzi che si avvicinano alla mia idea di Fede e Jamal. Se volete guardarle per avere un'idea, fate pure. Se invece preferite dare sfogo alla vostra immaginazione... Beh, vi capirei in toto.
    Ah, le immagini sono vietate ai minori.
    Federico
    tumblr_mhceespJqn1rp4520o1_1280
    Jamal
    horny-black-boys-naked13307



    Attendo, con ansia, i vostri commenti e le vostre impressioni.
    Sparate pure a zero. Farò tesoro di tutte le critiche in modo costruttivo. E se avete consigli o altro... Beh, sono quì per ascoltarvi.

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:18
  6. .
    QUOTE (TheDreamer1989 @ 23/9/2013, 11:27) 
    Grazie a tutti per i continui complimenti...

    Un film senza censure eh... forse sarebbe un po' troppo spinto (un vm18 probabilmente)... In effetti, quest'ultima parte alla fine è venuta fuori un po' diversa da come me la immaginavo... volevo restare sul romanticismo ma poi, non so bene perchè, sono sceso molto nell'erotismo... In ogni caso, per i romanticoni, non disperate: il romanticismo tornerà dal prossimo episodio...

    Personalmente ritengo che l'erotismo non abbia assolutamente intaccato il romanticismo del racconto.
    C'è sentimento e sintonia tra i due protagonisti. Un'intesa così profonda che, già di suo, rappresenta l'essenza stessa del romanticismo.
    Comunque rimnago in trepidante attesa del seguito e rinnovo i miei complimenti per il tuo stile di scrittura.
    Ah, un complimento particolare per la delicatezza del dono che Michi ha fatto a Samu.
    Quell'accenno di pompino inaspettato, è stato, a mio avviso, il egsto più romantico di tutto il racconto.
    A presto.
  7. .
    Il racconto sarebbe anche bello.
    Peccato per l'eccessivo uso del diminutivo.
    Rende il tutto inverosimile (credo che un 19enne che si sente trattare come un poppante, come minimo si sente offeso).
    Comunque pollice in su per l'idea!
  8. .

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    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Sopra, per chi volesse, il link della prima parte.
    Posto, di seguito la seconda parte. Spero possa risvegliare il vostro interesse:p

    Scesero e si avviarono assieme verso il bus navetta messo a disposizione dalla discoteca. Erano già le dieci di sera e la serata stava per avere inizio. Dieci minuti dopo erano all’ingresso del PROUD 54. Si munirono del biglietto di ingresso e si prepararono ad entrare in quel mondo pieno di ragazzi che, come loro, cercavano divertimento e, soprattutto, nuove conquiste.
    Subito Saverio vide Guido afferrare sotto il braccio Fausto e trascinarlo verso il centro della pista dove prese a ballare saltellando allegramente. Come aveva previsto si ritrovava lì, come un coglione, a guardarsi attorno. C’era una calca impressionante di gente, di tutte le età, che si scrutavano e ammiccavano. Era frastornato. Cosa ci faceva lì. Si stava dicendo che era stato un errore farsi trascinare fin lì, a oltre 150 km da casa, per trascorrere la serata a fare il palo contro il muro della discoteca. Improvvisamente, alzando lo sguardo vide, sul lato opposto della pista in cima alla piccola piattaforma che serviva da palcoscenico ai cubisti, la creatura più meravigliosa che, in quegli anni, gli era capitato di vedere. Si avvicinò per osservarlo meglio.
    Era alto forse uno e settantacinque, ma era splendidamente proporzionato. Il viso, nobile e delicato, era abbellito da un naso a punta praticamente perfetto. I capelli, biondo scuro, ricadevano bagnati sulla fronte ad ogni movimento della testa. Il corpo, sinuoso e sensuale, si muoveva sotto una canotta bianca retata, che lasciava intravedere, in un vedo non vedo sensuale e eccitante, una carnagione dorata e imperlata di sudore. I pantaloncini, troppo corti per essere definiti capo di abbigliamento, lasciavano scoperte le cosce forti e muscolose, toniche e glabre. Ed il pacco, stretto da quella stoffa troppo stretta per nasconderlo, risultava essere abbondante e generoso. Saverio era quasi ipnotizzato da quella visione e, quando, in più di qualche occasione, i suoi occhi si incontravano con quello sguardo magnetico, la sensazione che il cuore gli risalisse a soffocare il respiro era quasi opprimente.
    Il tempo sembrò fermarsi. Non riusciva a staccare gli occhi da quel ragazzo. Si sentiva attanagliare la gola da quei movimenti cosi carichi di erotismo e sensualità
    Gli sembrò, quasi, in qualche occasione, che il ragazzo cercasse il suo sguardo, che volesse attirare la sua attenzione. Poi si guardò attorno. Non era possibile. Con tutta quella massa di ragazzi adoranti che gli sbavavano dietro, alcuni anche molto carini, figurarsi se, uno come lui, si poteva perdere dietro una nullità come si sentiva Saverio.
    Si diresse, sconsolato, verso il bancone del bar, ma, quando si voltò per scheggiare un’ultima occhiata al cubista, gli sembrò di intravedere un’espressione di delusione, quasi disappunto, disegnarsi sul suo viso.
    Saverio si convinse che stava sognando ad occhi aperti e si lasciò cadere sullo sgabello a trespolo davanti alla spina delle birre.
    Ordinò, soprappensiero, una bionda da mezzo e, senza alcun piacere. Prese a sorseggiarla.
    Fece una capatina verso il bagno e passò davanti ad un divanetto dove vide Guido seduto sulle gambe di Fausto, tutto intento a baciarlo avvinghiato al suo corpo, strusciandosi come se fosse stato n calore. Ancora una volta la sua mente gli disse che era tutto secondo copione. Entro nell’affollato bagno e vedendo che le cabine erano tutte occupate ed intuendo, dai mugolii di piacere, che chi le stava occupando non si sarebbe liberato presto, si diresse verso le vespasiane.
    Lì gli si affiancò un uomo robusto, con un’espressione di lussuria non controllata dipinta in volto, che prese ad osservargli l’uccello menandosi, al contempo, il suo. Era quasi disgustoso per la volgarità che emanava. Incapace di fare alcunché, Saverio uscì, quasi infastidito, da quel tugurio di persone e tornò ad appollaiarsi sul trespolo.
    Notò che, nel frattempo, il ragazzo di prima era sparito e che, al suo posto, c’era ora un altro ragazzo che, a torso nudo e con lo stesso modello di pantaloncini del primo, si muoveva in modo troppo frenetico e esaltato per apparire sensuale.
    Lo guardò con un misto di curiosità ed apatia, poi si voltò nuovamente verso il bancone con la speranza, almeno, di riuscire a scambiare due parole con il barista.
    Ma era talmente impegnato a esaudire le mille richieste che piovevano da ogni angolo che, ben presto, si girò rassegnato a guardare la sala. La gente, incurante del suo malumore, ballava vorticosamente al suono di quella musica dal volume troppo alto per essere semplicemente ascoltata. Impugno il suo iPod e guardò l’ora. Erano le undici e un quarto, solo un’ora era trascorsa dal suo arrivo, ma a lui sembrava un’eternità il tempo perso a guardarsi intorno. Decise allora di mandare un messaggio a Guido per avvisarlo che sarebbe tornato a casa con il treno di mezzanotte.
    Appena il messaggio fù inoltrato, si girò per ordinare una coca da bere al volo prima di uscire, quando, una voce allegra e piena di vita richiamò la sua attenzione.
    - Ciao, io sono Enrico.
    Saverio si voltò a guardare quell’alieno sbucato dal nulla. Aveva un viso particolarmente familiare ma non riusciva a realizzare bene dove l’aveva incontrato. Aveva dei morbidi capelli biondo scuro accuratamente sistemati con un velo di gel, due profondi occhi scuri, come due neri zaffiri incastonati nel marmo. Il viso, tendenzialmente rotondeggiante, era solare e fresco, con un sorriso perfettamente bianco e aperto. Il naso, leggermente a punta, dava quel tocca di nobiltà ai lineamenti rendendolo simile alle statue del neoclassicismo italiano.
    Pur essendo più alto di lui, la sua statura non era superiore al metro e settantacinque ma tutto il suo corpo era perfettamente proporzionato. Il tronco, anche se ben coperto dall’elegante camicia, sapientemente lasciata aperta fino a lasciar intravedere l’attaccatura dei pettorali, risultava forte e tonico. La pelle, lucida ed abbronzata, appariva liscia e fresca. Emanava un gradevole profumo di talco e risvegliava in Saverio il desiderio di affondare il viso in quel paradiso di mascolinità.
    - Ti sto forse disturbando? – riprese Enrico con uno sguardo perplesso.
    - No, no, scusa. Ero sovrappensiero. Io mi chiamo Saverio.
    - Piacere di conoscerti Saverio. Ti va di farmi compagnia con una birra fresca. Magari ci facciamo due passi nel giardino esterno, così prendiamo una boccata d’aria fresca.
    Saverio annuì, quasi ipnotizzato da quello sguardo. Era sicuro di averlo già visto ma non riusciva proprio a realizzare dove. Di sicuro non al suo paese. Era troppo bello per passare inosservato. E non è che lui si fosse mosso molto poi. Sentì il barman salutare calorosamente il ragazzo e servirgli due birre. Enrico gliene porse una e lo invitò a seguirlo.

    Quì sotto trovate il link alla terza parte.
    Spero vi possa piacere.


    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:25
  9. .

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    Come promesso, posto di seguito l'ultimo (almeno per il momento) capitolo della storia di Paolo e Giacomo.
    Spero tanto che la storia non vi abbia annoiato ma che vi abbia restituito tutte le emozioni che ho provato nello scriverla.
    Se vorrete, più avanti, potrò postare il seguito (che penso scriverò per me) altrimenti grazie per avermi seguito per così tanti capitoletti.
    Buona lettura

    Rimanemmo così, abbandonati alla fresca brezza per qualche decina di minuti. Poi ci ridestammo e Paolo pronunziò quelle parole che, mai, avrei pensato di sentirmi dire
    - Ora tocca a te. Voglio anche io sentirti dentro di me. Voglio sentire la tua passione esplodermi dentro. Ti va?
    Ero incredulo. Mai, nella mia vita, mi sarei immaginato di possedere mio padre. Paolo intuì, dalla mia titubanza, quello che attraversava la mia mente. Mi sorrise, mi strinse forte a se e mi baciò.
    - Voglio anche io avere la possibilità di donarti tutto me stesso – mi disse - desidero essere, per una volta, lo strumento del tuo piacere. Voglio che il mio amore per te trovi la sua completa espressione e, soprattutto, voglio che i nostri corpi si fondano ancora una volta.
    Lo guardai, con un’espressione dubbiosa nel viso. Per tutta risposta Paolo mi fece stendere a terra e prese, nuovamente, a baciarmi in tutto il corpo. La sua lingua solleticava i miei capezzoli e le sue labbra li suggevano con voluttà. Nel frattempo, le sue mani, raggiunsero la mia intimità stimolandola sapientemente con massaggi e carezze. Subito il vigore riprese possesso del mio pene, desideroso di andare incontro a nuovi lidi. Paolo lo imboccò pompandolo con devozione e umidificandolo abbondantemente con la saliva. Quando avvertì che la mia asta era dura e tesa a dovere, mi si posizionò accanto, in ginocchio, le braccia piegate a terra. Voleva che lo possedessi da dietro.
    Così feci.
    Avvicinai il mio cazzo teso a quel pertugio roseo ed inviolato. Appoggiai su quella rosellina mai deflorata la cappella paonazza e gonfia e premetti. Una certa resistenza si opponeva all’ingresso della mia asta, ma le mani di Paolo si spostarono, per un momento ad allargare le natiche e, con un colpo netto delle anche , fece entrare il mio uccello in tutta la sua lunghezza. A stento soffocò un urlo di dolore. Io mi arrestai, intimorito dall’idea di procurargli sofferenza, senza muovermi. Paolo con voce rotta dal dolore, mi pregò di proseguire. Di non badare a lui, in quel momento e che, presto, sarebbe passato.
    Non del tutto convinto presi a muovermi in lui, lentamente e carezzando le natiche con tutta la dolcezza di cui ero capace. Sentivo chiaramente le sue interiora stringersi come in una morsa intorno alla mia carne bollente. Era una sensazione di morbidezza e calore estremamente gradevole. I gemiti di dolore di Paolo presero a cambiare modulazione. Sentivo chiaramente che si stavano tramutando in mugolii di piacere. Presi quindi ad accelerare i miei movimenti in lui e sentii Paolo cominciare a roteare il bacino. Il piacere divenne sempre più forte ed incontenibile ed annunciai che il mio orgasmo era imminente. Mio padre mi chiese di non fermarmi, ma di liberare in lui il mio orgasmo. Non resistetti alla tentazione e così feci, venendo una prima volta in copiosi getti di calda sborra all’interno del suo intestino.
    Quando estrassi il mio cazzo, ancora pulsante ed eretto, Paolo, vedendo che l’erezione non era ancora scemata, mi chiese di possederlo una seconda volta. Ma stavolta, mi chiese, di potermi guardare in faccia mentre lo possedevo. Pertanto si distese supino, con i nostri abiti appallottolati sotto il suo bacino allo scopo di tenerlo sollevato.
    E così lo penetrai una seconda volta. Vidi i suoi muscoli addominali contrarsi ad ogni mio colpo mentre i pettorali, perfettamente disegnati dallo sforzo di mantenersi le gambe sollevate, guizzavano come impazziti ad ogni movimento del suo meraviglioso corpo.
    Presi in mano il suo cazzo, eretto e gonfio e desideroso delle mie attenzioni, e presi a mungerlo con passione crescente. Era incantevole ammirare il mio uccello sparire in quel corpo così maschio e, al contempo, così bello e fresco.
    E poi mi soffermai ad ammirare il suo viso, contratto dal piacere e così meravigliosamente adorabile.
    Mi resi conto che, in quel momento, era la persona che più amavo al mondo. Anche più di me stesso. E lo vedevo gemere, contrarsi per il piacere di quell’atto così intimo e profondo e della indissolubile unione che, in quel preciso momento, si era creata tra di noi, che una lacrima di commozione scese a rigarmi i volto.
    E così, vinti dal piacere e dall’amore che nutrivamo l’uno per l’altro, esplodemmo, entrambi, in un orgasmo perfetto, totale e potente. Tutto il nostro corpo ne era coinvolto. Genitali, cuore, mente e ventre.
    Era un fremito generale, incontenibile e avvolgente, che ci fece ricadere, l’uno tra le braccia dell’altro, in lacrime ma estremamente felici e appagati.
    Restammo così per altri venti minuti, poi, con calma, ci risollevammo e ci rivestimmo e, in perfetto silenzio, meditando su quanto appena consumato, ci riavviammo in albergo.

    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:28
  10. .

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    Proseguiamo la storia di questo strano rapporto ;)
    Spero vi possa piacere.

    Quel giorno visitammo il caotico mercatino delle pulci di Portobello Road. Era veramente meraviglioso. Una vera e propria esplosione di luci e colori. Un viavai di gente vociante e spensierata che girava incuriosita da una bancarella all’altra contrattando e discutendo in modo più o meno animato. Complice la serenità totale che ci accompagnava in quella calda e soleggiata mattinata, tutto questo sciamare e vociare ci riempiva di un’ilarità e di una gioia di vivere incontenibili.
    Ci avvicinammo ad una bancarella ricolma di abiti e capellini e giocammo un po’, sotto lo sguardo tra il perplesso ed il divertito del padrone, a provarci cappelli e sciarpe buffe. Ridevamo come due bambini al luna park e ci rincorrevamo tra la gente che, tra lo scocciato e lo stupito, ci osservava al nostro passare.
    Trovata una panchina all’uscita del grande mercato , ci lasciammo cadere sopra, respirando affannosamente ma sempre ricolmi di quell’euforia di poc’anzi.
    Nulla, in quel momento, poteva rovinare la magia che ci legava.
    Paolo si fermò, mi guardò con una strana luce negli occhi. Mi attirò a sé e mi baciò, alla luce del giorno, sotto gli occhi della gente che ci passava dinnanzi. Mi aspettavo lapidazioni e sguardi schifati, ma, a parte qualche eccezione (probabilmente qualche turista italiano di passaggio) la gente ci sfilava accanto come se stesse assistendo alla cosa più naturale del mondo.
    Nel frattempo un senso di soddisfazione mi pervase l’animo, alimentato dalla consapevolezza che un altro tabù era appena stato abbattuto.
    Ci alzammo e, mano nella mano, ci avviammo verso la metropolitana per dirigerci a visitare l’ingresso di Buckingham Palace, dove, come di routine, ci facemmo fotografare all’ingresso della maestosa cancellata. Poi ci fermammo nei paraggi attendendo l’ora del tradizionale cambio della guardia. Rimasi a bocca aperta nell’ammirare la perfetta sincronia dei movimenti, l’impeccabilità delle divise e la coreograficità della parata. Sembrava incredibile che una marcia militare potesse essere così teatralmente armoniosa e bella.
    Poi, essendo ormai mezzogiorno, ci avviammo a pranzare presso un piccolo ristorantino nei pressi dell’abazia di Westminster. Il pomeriggio lo trascorremmo tra le visite all’abazia, il rilassarsi nel suo ampio parco e il passeggiare spensieratamente lungo le rive del Tamigi.
    Arrivata sera rientrammo, stremati per il caldo e l’intensità della giornata appena trascorsa. Ci infilammo assieme nella doccia e, poi ci lasciammo ricadere, nudi, sul letto, rilassandoci un po’ prima della cena. Ci addormentammo per un’ora buona. Il primo a svegliarsi fui io che, appena aperti gli ochhi, cercai il corpo di Paolo. Mi strinsi a lui, il capo abbandonato sul suo petto, forte ed accogliente, restando in contemplazione del suo respiro. Era profondo e rilassato, mi trasmetteva pace e serenità. Chiusi gli occhi e, quasi senza accorgermene, imitai il ritmo del suo respiro. Credo che finii per addormentarmi, perché, d’improvviso mi svegliai con la mano di Paolo che mi accarezzava la testa e giocava con i miei capelli. Rimasi così, steso su di lui, abbandonandomi totalmente a quelle carezze. Mi sentivo realmente amato. Teneramente e profondamente. E mi sentivo protetto. Una sensazione che, fino ad ora, mi era sempre mancata.
    Sì, è vero che mia madre è sempre stata presente, con la sua dolcezza e la sua “accoglienza”. Ma mi mancava terribilmente l’abbraccio di un padre. Ed ora era quì, per me. Non mi sembrava vero.
    - Tesoro, ti va se scendiamo a cenare? Sai, tutto questo girovagare di oggi mi ha messo appetito.
    TESORO, mi aveva chiamato tesoro. Era la prima volta che mi chiamava così! E ne fui felicissimo.
    - Papà, grazie. Grazie per tutto quello che mi stai dando. Sento che in questi pochi giorni, stiamo recuperando tutti gli anni in cui sono, anzi siamo, stati privati l’uno dell’altro. Sei il padre migliore che potessi desiderare.

    Una lacrima di commozione rigò il volto di Paolo che, teneramente, mi prese tra le mani il volto, mi posò un bacio delicato sulle labbra e disse.
    - Grazie a te, per avermi insegnato a vivere la vita, assaporando, fino in fondo, la forza dei sentimenti. E grazie per farmi sentire amato e apprezzato come padre.
    Restammo abbracciati ancora per qualche istante, contemplando in silenzio i nostri occhi. Poi mi scossi e affermai ridendo:
    - Mi sa che, se non ci diamo una bella mossa, stasera saltiamo la cena.
    Ci vestimmo in velocità e scendemmo nella lussuosa sala da pranzo. Quella sera cenammo in silenzio, guardandoci, di tanto in tanto, per scambiarci un sorriso. Terminata la cena, e rinvigoriti nel corpo, decidemmo di uscire a fare una passeggiata. Erano le dieci passate ed era ormai buio, e decidemmo di fare una passeggiata all’interno del Regent’s Park deserto. Ci accertammo che non ci fosse nessuno nei paraggi e saltammo il basso cancelletto che chiudeva l’ingresso pedonale. Ci addentrammo nel boschetto del parco, illuminati solo dal chiarore della meravigliosa luna che, quella sera, sembrava splendere alta nel cielo solo per noi. Arrivati che fummo in una piccola radura, ci fermammo a sdraiarsi sulla fresca erba del giardino. Ci mettemmo a parlare un po’, lo sguardo perso nell’immensità del cielo stellato. Improvvisamente Paolo si mise seduto, le braccia conserte sulle ginocchia piegate.
    - Sai – prese a dirmi Paolo – questo momento mi ricorda tanto la notte che feci l’amore con tua madre.
    Lo guardai incuriosito, aveva negli occhi una luce tra il commosso e il malinconico. Era particolarmente bello e dolce, con quel suo meraviglioso profilo stagliato contro il blu del cielo.
    - Eravamo così felici quella sera, e così terribilmente vicini, come lo siamo io te ora.
    Si voltò a guardarmi abbozzando un sorriso. Mi faceva una tenerezza enorme. Potevo leggere tutto l’amore che ancora nutriva per mia madre e, al contempo, il forte dolore per la lontananza a cui erano costretti. Avrei voluto poterlo aiutare in quel momento. Mi sollevai e lo abbracciai forte. Scoppiò a piangere e lasciai che si sfogasse un po’. Quando si riprese mi guardò e scusandosi mi ringraziò.
    - Non ti preoccupare. Anzi, grazie per aver condiviso con me questa tua emozione. Sono felice che ami ancora la mamma e ti confesso che, anche io, sogno spesso di riavervi assieme. E chissà, magari, un giorno, potremo tornare ad essere una famiglia felice ed unita. Ora però viviamo, quanto più serenamente, i momenti che ci è concesso di trascorrere assieme.
    - Sai, sono sempre più orgoglioso di te. Sei molto saggio e coscienzioso. E sei un confidente meraviglioso.
    Mi sorrise mentre mi diceva questo e io sentii un tuffo al cuore. Quanto era bello sentirsi apprezzati da una persona così speciale. Mi appoggia con la testa alla sua spalla e rimasi, nuovamente, a fissare il vuoto. Poi lo guardai e gli dissi
    - Ho voglia di fare l’amore con te. Ora e in questa atmosfera magica
    - Ma, e se arriva qualcuno?
    - Non arriverà nessuno, lo sento. E poi se così fosse, non mi importa. E’ un rischio che sono più che disposto a correre.
    Paolo mi prese per le spalle e mi attirò a sé. Una luce nuova, carica di passione e desiderio, brillava nei suo meravigliosi occhi verdi. Mi baciò con un ardore rinnovato ed mi ritrovai, per l’ennesima volta, abbandonato tra quelle braccia forti e tenere allo stesso tempo. Ci ritrovammo a rotolare sull’erba, ancora avvinti in un caldo abbraccio. Ben presto Paolo mi sfilò la maglietta lasciando la mia pelle libera di essere accarezzata dalle fresca brezza di quella meravigliosa serata. E nel mentre, i suoi baci, sempre più caldi e passionali, presero a posarsi su ogni lembo scoperto del mio petto e del mio ventre. Ansimavo per il desiderio di essere suo. Agognavo di sentire ancora dentro di me quel pezzo di carne caldo e pulsante. Mi rizzai in ginocchio e, sospinto dal desiderio, ormai incontenibile, di essere posseduto da Paolo, lo spogliai della maglia e presi a succhiare i suoi capezzoli, già turgidi per il piacere. Nel frattempo, le mie mani, presero ad armeggiare con la cinta dei pantaloni, la aprii e sbottonai i jeans. Li feci scorrere lungo le cosce marmoree e, aiutato da Paolo, li sfilai completamente. Poi mi fiondai su quegli slip, già rigonfi di desiderio, affondandone il viso e inebriandomi dell’intenso profumo di maschio che ne veniva emanato.
    Presi a percorrere, con le labbra serrate, tutta la lunghezza di quel pene che, intrappolato da quella stoffa bianca, pulsava cercando disperatamente un pertugio per esplodere, finalmente, in tutta la sua maestosità. Alla fine, l’elastico, sollecitato dalla continua spinta dell’uccello di Paolo e, contestualmente, dalla foga del mio assalto, cedette, lasciando fuggire la testa di quell’asta tesa e gonfia.
    Subito mi precipitai ad imboccarla, facendo fremere tutto il corpo di mio padre. Con le mani, mi infilai sotto la stoffa per cercare le sue natiche sode e favorire, così, il mio pompino, spingendo ritmicamente il bacino di Paolo contro il mio viso. Gemiti sempre più intensi mi indicavano l’alto livello di godimento di mio padre che, presto, mi afferrò la testa fermandomi.
    - Se continui così – disse – vengo subito.
    Mi sollevò e mi fece spogliare. Poi, mentre i nostri corpi si lasciavano cadere sul verde prato, prese, nuovamente, a baciarmi con passione e tenerezza in tutto il corpo. Poi si spostò e, mentre imboccava il mio membro pulsante e dolorante per il desiderio, mi presentò il suo affinché potessi proseguire a gustarne i copiosi umori che ne fuoriuscivano. Improvvisamente, l’attenzione di Paolo si spostò dal mio uccello alla delicata rosa del mio sfintere. Fremetti, pregustando il piacere di quanto, di lì a poco, sarebbe accaduto. Infatti, quando si rese conto che il mio buco era pronto ad accoglierlo, si staccò da me. Io lo invitai a sdraiarsi e mi sedetti su quel palo bollente. Lentamente, ma non per paura del dolore, ma per il desiderio di assaporare ogni singolo istante in cui Paolo si faceva strada nelle mie carni, mi impalai su quel cazzo da favola. E cominciai la mia danza dell’amore. Muovevo il mio bacino, con ritmo crescente, alternando un movimento ondulatorio con uno rotatorio. Questo fino a che non avvertii la passione di Paolo crescere fino a stantuffarmi, con intensa energia, le viscere.
    Abbandonai allora il mio corpo sul suo, lasciando che fosse lui a dare il ritmo. Sentivo il suo membro entrare ed uscire da me con vigoria sempre maggiore, a tratti, quasi violenta.
    Al contrario i suoi baci, dispensati con generosità su tutto il mio viso, erano delicati e adoranti.
    Improvvisamente lo sentii irrigidirsi in me, e potenti getti di caldo sperma inondarono il mio intestino. Quando, anche l’ultimo spasmo di quel corpo meraviglioso che mi aveva posseduto, si placò, ci lasciammo cadere l’uno accanto all’altro, stremati ma felici.

    Attendo commenti.
    Ci sarebbe una sedicesima parte, che sono quasi obbligato a dover postare (lo devo ad un certo Queerboy) poi sarete voi a decidere se mi devo fermare o se questa strana coppia avrà ancora qualche cosa da dire a voi del forum.




    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:29
  11. .

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    Dopo lungo silenzio posto la quattordicesima parte del mio racconto. E' un breve assaggio, solo per tranquillizzarvi sul fatto che la storia tra Paolo e Giacomo è tutt'altro che conclusa.
    Spero possa ancora essere di vostro interesse leggere il prosieguo.
    Nel frattempo, per chi ne fosse interessato, ecco la continuazione della loro avventura:

    Ci svegliammo al mattino seguente, riposati e sereni. Rimanemmo ancora abbracciati e nudi sul letto. Tutto era così straordinariamente armonioso e naturale che sembrava impossibile che, fino a poche ore prima, tumultuose lotte interiori avessero turbato le nostre vite. Osservai Paolo, aveva il volto sereno e felice di un padre pieno d’orgoglio e la tenerezza di un amante innamorato. Dal mio canto, invece, sentivo esplodere in me la gioia di essere finalmente stretto a lui. Di essere completamente suo. Amavo Paolo sopra ogni altra cosa. Probabilmente, in quel momento, anche più di mia madre. Dopotutto, per anni, ero stato privato della sua vicinanza, del suo calore. Era quindi normale che, ora, tutto il mio essere ero proiettato verso di lui. Paolo mi sorrise e mi attirò a sé.
    -Adesso non ti puoi tirare indietro. Desidero poterti dare il piacere che mi hai regalato nelle notti passate.
    Detto questo si sollevò poggiandosi sul fianco. Poi mi baciò con tenerezza e gradualmente, scese a baciarmi il collo, le spalle, il petto e il ventre. Baci delicati, appena sfiorati, ma carichi di desiderio. Il mio uccello si risvegliò all’istante. Conscio di ciò che stava per accadere, mi abbandonai a quei baci. Avvertii la mano forte di Paolo massaggiarmi l’uccello eretto, mentre le sue labbra continuavano a stuzzicarmi i capezzoli turgidi e a solleticarmi i fianchi.
    Brividi di piacere percorrevano il mio corpo facendomi ansimare come mai prima d’ora. Improvvisamente la sua bocca avvolse il mio membro palpitante e cominciò a pompare. Le mani giocherellavano con i testicoli sodi. Era bravo. Non me lo aspettavo così bravo.
    Rimasi in ascolto delle sensazioni che il mio corpo restituiva. Il pene, teso allo spasimo, era tutto un pulsare per le forti stimolazioni che la lingua sapiente di Paolo distribuivano lungo il frenulo e lungo la corona del glande. Secrezioni umide fuoriuscivano alimentando il desiderio di Paolo che accelerò la foga del pompino.
    Urlai di piacere mentre potenti getti di calda sborra innondavano la calda bocca di mio padre, che non lasciò il mio uccello fino a che anche l’ultima goccia di nettare non fosse fuoriuscita. Poi si sollevò, mi bacio e mi strinse nuovamente a sé. Rimanemmo così, abbracciati, per oltre mezz’ora. Poi Paolo mi invitò a seguirlo in bagno per una calda doccia insieme.
    Accettai, felice di vivere anche questa nuova forma di intimità con lui.
    Contrariamente a quanto pensavo, non facemmo nuovamente sesso, ma, con dolcezza, ci prendemmo cura l’uno dell’altro lavandoci a vicenda.
    Poi ci preparammo ed uscimmo per una splendida giornata da vivere come spensierati turisti nelle affollate vie di Londra.

    Se sarà di vostro interesse, presto la 15^ parte.

    Ecco a voi il link


    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:35
  12. .
    jpg
    Non mi dire che è il giulio che ti sei ritrovato nel bagno.
    Se così fosse, quando non ti serve il bigliettino, passalo a me.
    Grazie :D
  13. .

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    Posto, come promesso, la tredicesima parte del racconto. ^_^ Per il momento sarà l'ultima, :( perché mi sono iscritto al concorso e vorrei buttar giù un racconto da presentare. :) Comunque, se nel frattempo non vi sarete stancati o dimenticati di Paolo e Giacomo, cercherò di riprenderlo in mano più avanti. :grini.png:
    Nel frattempo, buona lettura. ;)

    Quel giorno camminammo parecchio. Visitammo due dei più grandi musei londinesi, per poi fare il classico giro sulla ruota panoramica e, l’altrettanto classico, viaggio sul Tamigi.
    La sera, dopo cena, decidemmo di andare al cinema, poi, passeggiando, rientrammo in camera. Ci spogliammo, facemmo le solite abluzioni, poi, consapevoli che il desiderio di rivivere quanto accaduto la sera precedente stava salendo esponenzialmente, ci stendemmo a letto. Stavolta non ci fu nemmeno il bisogno della scusa del film erotico.
    Eravamo, entrambi abbigliati solo con gli slip. Ci guardammo a lungo, in attesa che l’altro facesse la prima mossa. Poi, quasi simultaneamente, ci avvicinammo, le nostre bocche si cercarono e si unirono in un bacio appassionato. Le mani presero a muoversi di vita propria, esploravano i nostri corpi, alla ricerca di quegli angoli più intimi e proibiti, quelli in cui albergava la fonte del piacere. Quasi all’unisono le nostre mani si trovarono a strizzare la bianca stoffa che, ancora, celava i nostri uccelli. Ci fermammo, ci guardammo negli occhi e, consapevoli che entrambi volevamo di più, ci spogliammo completamente. Le nostre erezioni erano al limite del sopportabile. Le mani le cercarono, avide e decise. Le nostre lingue ripresero la danza interrotta e, presi dalla foga del piacere, ci ritrovammo a rotolarci sul letto. Improvvisamente, spinto da un istinto incontrollabile, mi girai ad imboccare, nuovamente, quell’uccello che, con tanto ardore, avevo posseduto la sera precedente. Contestualmente avvertii le labbra di Paolo stringersi intorno al mio. Scariche di piacere attraversarono il mio corpo mandandomi in tilt il cervello. La foga del mio pompino crebbe e quasi non mi resi conto che Paolo stava, in tutti i modi, cercando di fermarmi.
    - Se continui così vengo subito – mi sorrise quando tornai padrone di me stesso – ed io vorrei che, stanotte, durasse all’infinito.
    - Scusami, hai ragione, è che ti desidero talmente tanto.
    - Non avrei mai creduto di dirlo, ma anche io ti desidero infinitamente.
    Ci abbracciammo e ci baciammo nuovamente. Poi esordii
    - Ti voglio! Ora! Voglio sentirti dentro di me!
    - Sei sicuro?
    - Come mai prima d’ora
    Paolo annuì, mi sorrise e mi fece stendere prono. Sentii la sua lingua solleticarmi il buchino, farsi sempre più impertinente, fino a spingersi dentro, aiutata da un dito che, curioso, prese ad esplorare le mie interiora. Stavolta fu il mio turno di gemere per il piacere. Paolo allargava delicatamente il mio muscolo anale, rilassandolo e abituandolo a corpi estranei. Sembrava essere un vero esperto. Intanto i miei gemiti e i miei sospiri si altalenavano nella stanza restituendo a mio padre il piacere che provavo. Poi Paolo mi fece mettere su un fianco, mi sollevò una gamba, sorreggendola con la mano mentre, con l’altra, guidava il suo cazzo caldo verso l’entrata delle mie viscere. Fece un po’ di forza e una leggera fitta di dolore si insinuò nel mio cervello quando la cappella di mio padre entrò. Si fermò, attendendo con pazienza che il mio buco si abituasse a lui. Poi spinse un altro po’ in profondità ripetendo quanto fatto poco prima. E Così fino a che tutta la sua asta di marmo non fu dentro di me. Rimase lì, per un tempo indefinito, a sentire le mie carni pulsanti avvolgere il suo membro. Alla fine iniziò la sua danza dentro di me. Sospiri e gemiti sempre più forti uscivano dalle nostre bocche. Parole d’amore ed incoraggiamento si sprecavano in quell’atmosfera magica. Il bruciore passò, lasciando il posto ad un calore appagante all’interno delle mie viscere. Sentivo come se ci fosse stata dell’acqua colare all’interno delle pareti. Spinsi il bacino il più possibile verso Paolo, per favorire i suoi movimenti. E servì. Il suo uccello si spinse così in profondità che una potente scarica di piacere mi fece esplodere in un orgasmo che mai, prima di allora, avevo vissuto. Non servì nemmeno che mi masturbassi.
    Languivo ad ogni stantuffare di Paolo. Alla fine mi venne un’idea. Ogni qual volta mio padre spingeva in profondità il suo uccello, io serravo i muscoli dello sfintere, trattenendo in me la sua mazza. Volevo stimolarlo il più possibile, per permettere anche a lui un orgasmo simile a quello da me appena provato. E a quanto pare ci riuscii. Non passò, infatti, molto a che Paolo mi avvertì che stava per venire.
    - Vienimi dentro – lo supplicai – voglio sentirmi riempito da te.
    - Ma Giacomo…
    - Ti prego papà. Per me è importante. E come rinascere nuovamente.
    Paolo accelerò i movimenti fino a che non avvertii il suo corpo sussultare e, simultaneamente, un caldo liquido riempirmi le viscere. Tre, quattro, cinque pulsazioni del suo cazzo, rilasciarono altrettanti getti di sperma in me.
    - Papà, resta dentro di me, stringimi forte. Sono così felice che mi viene da piangere
    - Giacomo, amore mio, anche per me è stato meraviglioso. Avevi ragione tu. Manifestare i propri sentimenti anche con il corpo rende più profondo il legame, più intimo e vero il rapporto.
    Restammo così, abbracciati, i corpi aderenti e ci addormentammo, felici e stravolti dall’enorme passione appena consumata.

    Ah, Skikkoso, come lunghezza, stavolta andava bene? :D

    Per chi volesse proseguire con il racconto, a voi il seguito:
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=54612268

    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:29
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    Chiedo scusa a skikkoso se, stavolta, l'elenco dei capitoli è più lungo del capitolo che andrete a leggere. :disapointed.png:
    Ma reputo che, come per il sogno, il cambiamento di vita di Giacomo ed altri capitoli simili.
    Comunque bando alle ciance e via col racconto:

    L’indomani mattina mi svegliai che cominciava ad albeggiare. Paolo era ancora steso, nudo, accanto a me. Mi alzai e lo osservai. Sembrava un cucciolo per la tenerezza che mi ispirava in quel momento. Mi avviai, così, nudo com’ero, verso il balcone e ne uscii. L’aria era frizzantina e fresca. Vedevo poche persone passeggiare lungo la via appena illuminata dal pallido chiarore dell’alba. Nessuno faceva caso a me, ma io li osservavo tutti, erano così indaffarati e presi dalle loro ansie, che si stavano perdendo il magnifico spettacolo che il sole stava disegnando all’orizzonte. Mi stiracchiai e mi coprii il petto con le braccia. L’aria era decisamente troppo fresca. Rientrai e mi feci un a lunga e calda doccia. Ripensai a quanto vissuto la notte appena trascorsa e un’ondata di calore mi riempì il cuore. Mi asciugai ed uscii. Paolo stava ancora dormendo e, così, decisi, di sdraiarmi accanto a lui. Appena avvertì, nuovamente, il contatto con il mio corpo, mi cinse a sé, quasi per impedirmi di scappare da lui. Mi riaddormentai, cullato dal calore del corpo di Paolo. Mi svegliai avvertendo una mano accarezzarmi la schiena, seguire il profilo dei miei fianchi e scendere nuovamente sul petto. Girai la testa e vidi Paolo che, sollevato col busto, mi guardava con dolcezza. Il suo uccello era in stato di riposo e avvertivo chiaramente che le sue carezze non erano per stimolarmi al sesso, ma vere e propri manifestazioni di affetto; delle coccole dolci e rilassanti. Mi girai verso di lui e lo abbracciai. I nostri corpi tornarono ad aderire. Un nuovo e lungo bacio unì, nuovamente le nostre lingue. Poi ci rotolammo, io sopra di lui, abbandonai la mia testa sull’incavo del suo collo e rimasi lì, per un tempo indefinito, gustandomi, finalmente questa meravigliosa intimità con mio padre. C’era naturalezza tra di noi. Nessuna inibizione, nessuna maschera. Solo io e lui, con le nostre emozioni, libere di emergere senza alcun freno, senza pregiudizi e paure. Ci riaddormentammo per un’altra mezz’ora poi, Paolo mi svegliò con dolcezza.
    - Vado a farmi una doccia. Ti va se poi usciamo?
    - Per me va bene. - Ti spiace se, mentre ti docci, mi lavo i denti?
    - E me lo chiedi? Non abbiamo detto che dobbiamo essere liberi di fare ciò che più riteniamo opportuno
    - Sì, - gli dissi con un sorriso sornione – ma nel rispetto delle altrui libertà!
    Così facemmo e, una volta pronti, uscimmo per le vie di Londra.

    Prometto che il prossimo capitolo, che cercherò di postare nel pomeriggio, sarà più lungo e, spero, appagante. ;)

    Ecco, come promesso.
    A voi il link:
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=53116369

    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:29
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    Ecco a voi l'undicesima parte. Il sottotitolo recita "La giusta conclusione". :unsure:
    Sta a voi dirmi se lo sarà solo della giornata di Paolo e Giacomo :D o se vale anche per il racconto. :(

    - Giacomo – mi disse sorridendomi e senza smettere di mungersi l’uccello – ho riflettuto oggi, e hai ragione. Non c’è nulla di male nel condividere un sentimento anche con il corpo. E quello che tu hai detto di me, vale anche per te. Anche io ti appartengo, perché sei quanto di più bello mi sia rimasto nella vita. Anzi, sei la ragione stessa della mia vita. Se non ci fossi stato tu, io stesso non avrei più avuto nessun senso.
    Lo guardai incredulo. Non sapevo cosa fare. Paolo avvicinò il suo viso al mio e mi baciò. All’inizio mi abbandonai a qual bacio. Le nostre lingue presero a danzare nelle nostre bocche. Fu l’innesco di un’esplosione. Il mio desiderio divenne incontenibile, arso dal fuoco della passione. Mi liberai dei pochi indumenti che avevo addosso e nudo, il cazzo già in piena erezione, mi fiondai su quel corpo. Avvertivo il suo calore e il suo odore di maschio. Vedevo il suo sguardo dolce su di me. Presi a baciarlo con foga, prima sul viso, poi sul collo. Proseguii la mia discesa. Andai a solleticare i capezzoli, già turgidi ed eretti. Erano meravigliosi. Sentivo Paolo ansimare per il grande piacere. Presi coraggio e scesi continuando a baciare tutto il suo addome fino al punto di non ritorno. Affondai il mio viso sull’incavo della coscia e presi a leccare. Il corpo di Paolo iniziò ad incurvarsi e lunghi gemiti di piacere cominciarono a riempire la stanza, confondendosi col suono ovattato della televisione che, invano, tentava di richiamare la nostra attenzione. Mi fermai un istante, il cazzo di Paolo stretto nella mano e lo osservai. Il suo volto, sempre meraviglioso, era contratto per l’enorme piacere che gli avevo procurato.
    - Perché ti sei fermato – mi chiese con la voce rotta dall’eccitazione – C’è qualche cosa che non va?
    Gli sorrisi e mi abbassai ad imboccare il suo cazzo teso, gli occhi sempre fissi sul suo volto. Paolo lanciò la testa all’indietro per l’improvviso piacere che il contatto del suo uccello con le mucose della mia bocca aveva a lui procurato. Assestai una decina di affondi risucchiando ad ogni salita e, con un urlo di piacere, Paolo inarcò paurosamente la schiena, esplodendo nella mia bocca sette potenti getti di calda sborra. All’inizio faticai a stargli dietro e a deglutire, tanto che alcuni filamenti di caldo nettare mi colarono dagli angoli della bocca. Poi, con lo scemare della potenza dell’orgasmo, presi a inghiottire tutto. Aveva un sapore sublime. Come un nettare che, da lungo tempo, si agognava.
    Ripulii ogni centimetro di quell’asta che, nonostante la copiosa sborrata, non aveva perso nulla del suo turgore. Paolo mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio
    - Ora stenditi, voglio poter ricambiare l’enorme piacere che mi hai regalato.
    Gli posai con delicatezza un dito sulle labbra che egli baciò, fraintendendo il mio gesto.
    - Non stasera papà. Voglio che quanto vissuto ora si imprima bene nel nostro ricordo, non offuscato da nessun’altra emozione.
    Paolo mi guardò, un velo di perplessità nel volto. Al che gli sorrisi ed egli, comprendendo finalmente le mie parole, si avvicinò a me e mi baciò appassionatamente. Un po’ mi vergognavo, perché avevo ancora la bocca impastata del suo sapore. Ma alla fine mi arresi a qual bacio. Ci lasciammo cadere sopra le lenzuola e ci addormentammo, nudi ed abbracciati.


    Spero di non avervi annoiato troppo e, soprattutto, di non avervi troppo delusi. :huh:
    Fatemi sapere.

    Ecco a voi il prossimo capitolo:

    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=53112979

    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:29
26 replies since 1/8/2012
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