Il bordello

1° episodio

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ===================================================================================

    Per chi fosse interessato a questa storia, ho elencato i link per poterla leggere in modo completo.
    Spero siano di vostro gradimento!

    I PARTE

    EPISODI:
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    II PARTE

    EPISODI:
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    18) https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=59716174


    EPISODIO FINALE) https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=59723711



    Capitolo Uno: Provino

    E infine fui lì, davanti a un imponente palazzo illuminato dalla fioca luce di lampioni rossi, quelli che lambivano il vialetto di una casa d’altri tempi.
    Mi trovavo davanti al bordello di Quinto, un paesetto sperduto nei pressi di Treviso, conosciuto, per gli amanti del genere, da quando fu costruito nel lontano 800’.
    Cosa ci facessi lì, ora ve lo racconterò.
    Innanzitutto, mi presento: mi chiamo Nicolò e ho vent'anni. Sono uno studente dell’università di Padova, al secondo anno del corso di scienze politiche. Cresciuto in una famiglia benestante, i miei genitori non mi hanno mai fatto mancare nulla. Forse per questo, sono diventato un ragazzo tendenzialmente pigro e svogliato, che pensa sempre a divertirsi. Pur ritenendomi, ed essendo considerato, dotato di una buona intelligenza, sono poco ambizioso e scarsamente avvezzo ad assumersi impegni o responsabilità. Rispetto al passato, la mia famiglia ha cominciato a essere insofferente al mio modus vivendi e operandi; il mio stile di vita, un po’ troppo dispendioso e poco propenso a progetti di lungo termine, ha cominciato a essere messo in discussioni dalle fondamenta, con tagli repentini di capitale. Messo alle strette, mi son dovuto dare da fare, anche per dimostrare ai miei, paradossalmente, che non sono uno sfaticato. Quindi mi sono trovato un lavoretto.
    Adesso magari penserete di aver capito di quale lavoro io stia parlando: se è così, ragazzi, siete fuori strada! Ho trovato un lavoro come inserviente all'ufficio di polizia di un amico di famiglia: non sono così mal messo da dover lavorare in un bordello, anche perché sono un bel ragazzo che non ha nessun problema a trovare qualcuna che me la conceda gratuitamente.
    Inoltre, non ho nessun problema ad approcciarmi con le ragazze: sono un tipo simpatico, interessante e di bell’aspetto. Ma, ripeto, l’unico mio problema è la mancanza di motivazione.
    Arrivando al sodo, siccome capisco quale sia la parte che possa maggiormente interessarvi, vi spiegherò perché mi trovassi li.
    Tutto comincia un freddo giorno nell’ufficio di lavoro di Massimo.
    Per prima cosa, devo dirvi che il mio rapporto con il mio datore di lavoro, un amico di mio zio, è sempre stato ottimo: lui mi ha concesso un lavoro part-time che mi consente una certa autonomia economica; è lui che chiude spesso un occhio a qualche mio strappo alle regole sulla puntualità a lavoro e, infine, c’è soprattutto un grande rapporto umano.
    Un giorno di dicembre, Massimo m'interrompe dalla mia pulitura di cessi e m'invita a entrare in ufficio; era la prima volta che avevo un colloquio con lui durante l’orario di lavoro e la cosa mi lasciò stranito. Quando mi sedetti sulla sedia davanti alla scrivania, rimasi in silenzio aspettando un cenno.
    Massimo, quarantuno anni, ispettore di polizia, uomo tarchiato e serioso, con l’aria di chi la sa lunga, esordisce dicendo:
    “Caro Nicolò, ti starai chiedendo perché ti ho fatto chiamare... ”;
    “Per dire la verità questo me lo stavo chiedendo prima. Pero, adesso che ho visto la cravatta che hai messo oggi, mi stavo chiedendo se per caso ti fossi dimenticato di fare il bucato questa settimana”;
    “Dai, non è il momento di dire puttanate”;
    “Ah no? Non sapevo che fossi così permaloso”;
    “Lo sono”;
    “Ok… Dimmi qual è il problema… Magari in fretta, che il cesso non si pulirà da solo”.
    “ Visto che lavori qua da un po’ di tempo, non hai mai avuto la voglia, ad esempio, di svolgere una piccola “missione”? Di metterti al mio posto?”;
    “No mai”. Non apprezzavo molto la modalità della domanda. E il termine “missione” mi avviliva, come se stesse parlando a un bambino.
    “Ah bene… Beh, questa volta ho bisogno di te”.
    “Sono emozionato… Non so cosa dire…” risposi con enfasi, mimando con le mani sul petto un colpo al cuore.
    Da come s'intuisce, il tono dei dialoghi tra me e Max faticavano a mantenere la serietà che un contesto come quello avrebbe suggerito. E questo era dovuto principalmente alla mia incapacità universale, ma non universalmente apprezzata, di ironizzare su ogni cosa. Anche se con Max non aveva mai rappresentato un problema. I suoi finti modi di mostrarsi indispettito, erano sempre traditi da un marcato ilare sorriso.
    “Dai Max dimmi. Se non è una cosa pericolosa, se ne può parlare”.
    “Molto bene Nicolò, ora ti spiego…”
    Per farla breve, Massimo, dopo avermi fatto ripassare per qualche minuto buono, e per la mia gioia, alcune regole basilari del codice civile e penale, mi parla dell’esistenza a Quinto di un bordello, informazione che non mi giungeva nuova.
    Come tutti sappiamo, oltre al fatto che esso è illegale così come il fatto che la prostituzione non possa essere guadagno di terzi, in questo particolare bordello girava qualche voce che ora si prostituissero ragazzi sempre più giovani, tra cui minorenni.
    Massimo voleva che io facessi l’esca, in altre parole voleva che andassi lì a curiosare per poi riferire ciò che avevo visto.
    “Perché io?” sbottai quasi istintivamente;
    “Vedi Nick, come ti ho detto, li sono chiesti ragazzi giovani, e tu lo sei. Inoltre penso tu sia affidabile”.
    Il tono stava tornando quello solito, confidenziale e amichevole. Max voleva convincermi a essere un suo informatore. Io ero stato incuriosito, abbastanza da accettare subito, ma, un po’ per sadismo, un po’ per non lasciarmi sfuggire un’occasione interessante, feci il vago, in modo che continuasse a pregarmi e magari alzasse la posta in palio.
    “Ma non so Max, io la sera ho molto da fare… E poi non so se me la sento…”;
    “Sì, lo so che hai i tuoi impegni. Però… Insomma… Non trovi interessante la cosa? E’ anche…” E s'interruppe cercando le parole più adatte: “Un’ esperienza potenzialmente utile per te… Non è che devi andare subito, basta che vai entro la settimana, che ho bisogno di scrivere due righe di…”.
    “E già mi metti fretta! Come se avessi già accettato!” feci io;
    “No no assolutamente, però… Dai Nicolò! Quanti piaceri ti ho fatto? Un po’ me lo devi”;
    “Sì, è vero che ti devo molto, ma questa è una cosa delicata; ad esempio, che dovrei fare là? Fingermi un cliente?”
    “Non so, devi capire la situazione… Improvvisa un po’, lo sai fare no?”
    “Non so Max… Mi stai dando poche informazioni utili”;
    “Ti prego Nicolò, io non conosco altri…” s’interruppe ancora.
    “Non conosci altri?” chiesi io.
    “Altri bei ragazzi… Giovani… Che potrebbero non essere sospetti. Insomma chi potrei mandarci?”. Visibilmente imbarazzato, non prodigo a complimenti, cercava di sviare subito l’argomento. Avevo il coltello dalla parte del manico, ero compiaciuto e soddisfatto. Mi sentivo importante e decisi che poteva bastare.
    “Volevi dire che non conosci altri bellissimi ragazzi. Odio essere chiamato bello quando, in verità, sono bellissimo”. Max sorrise, lo avevo sollevato dall’impasse.
    “Facciamo che io vado” dissi, “Cosa me ne viene?”.
    “Trecento euro sulla busta paga di questo mese se vai entro la settimana, che ne dici?”;
    “Mah, non so…”;
    “Quattrocento”;
    “Fatta”.
    Era deciso, ma io ero libero di andare quando volevo.

    E quindi, siamo a oggi, venerdì sera di metà dicembre, giornata in cui mi sento abbastanza incuriosito ed eccitato nell’’idea di vedere un po’ di ragazze lascive, per decidere di farmi un po’ di chilometri in auto ed essere qui, a Quinto.
    Per dirla tutta, non ho pensato a cosa fare quando sarò entrato: improvviserò, come sempre.
    M’incammino per il vialetto di ghiaia e, giunto alla porta, suono.
    Dopo un po’ di tempo, apre la porta un tizio alto e robusto, con due spessi baffi e vestito modestamente. Mi aspettavo di meglio.
    “E’ lei il proprietario del bordello?” dissi spontaneamente, accorgendomi tardi della mia incauta schiettezza.
    “Tu chi sei?!” urlò lui, imperlandomi il viso di saliva e facendomi inalare l’odore del suo alito intriso di fumo e altri generi di odori;
    “S-Sto cercando lavoro” dissi sul momento. Il tipo mi aveva molto sorpreso e il mio cuore stava battendo violentemente sul petto.
    Si mise a ridere di gusto e poi disse: “E lo vieni a cercare qui? Sei sicuro di non essere della polizia?”;
    “Si”;
    “Effettivamente sei troppo piccolo per lavorare in polizia, ma potresti essere un complice”;
    “Cazzo no”;
    “Ed io come faccio a saperlo?!”. Era nuovamente alterato. Probabilmente, al di là del suo aspetto modesto, non amava che si usasse un tono così confidenziale e sboccato in sua presenza, e, a tentativi, imparai ad adattarmi.
    “Glielo giuro. Sono qui perché mia ha mandato un amico che lavora con lei”
    “Chi?” disse e si avvicino a me per scrutarmi meglio: mi stava osservando per capire quanto fossi sincero. Avevo il suo grosso naso a un palmo dal mio viso ed ero visibilmente a disagio.
    “C-Chi che cosa?”
    “Chi lavora con me?! I miei ragazzi sanno che non si fa parola al di fuori di qui su quello che succede a lavoro!” e mi sbraitò in faccia il suo alito fetido;
    “No mi scusi, non lavora più con lei… Lavorava, mi son sbagliato, scusi”. Ero patetico e in grande difficoltà.
    “Ah si? Come si chiama questo qua?”;
    Oh cazzo, pensai, sono nella merda. Tutto questo mi ucciderà.
    “Ehm… Alessandro, sa quel tipo con i capelli castani, occhi marroni, abbastanza alto…” dissi sparando follemente a caso e rincarando pure la dose, consapevole del guaio cui mi ero cacciato e delle quasi nulle speranze di fare centro. Eppure, la dea bendata quella sera sembrava essere dalla mia parte, perché il tipo rispose:
    “Uhm… Alessandro… Ho avuto un solo Alessandro e non mi sembra corrispondi, perché era biondo” disse, ma sembrava dubbioso . Ne approfittai subito: “Alessandro era ossigenato”.
    “Dici?” mi chiese con malcelato stupore, ma ero abbastanza sicuro che si trattasse di una domanda sincera.
    “Certo, un tempo ci vedevamo spesso, adesso purtroppo ha cambiato città per studio e ho poche possibilità di incontrarlo. Ha cambiato pure numero lo sa? Se vuole glielo do”:
    “Certo” rispose scarsamente interessato.
    “Entriamo dentro che si muore di freddo” e mi fece strada, evidentemente convinto che la mia improvvisata fosse troppo esagerata per essere inventata. Mentre io ero pronto a dargli il numero di Alessandro: il mio ex compagno delle superiori, che preventivamente avrei avvisato per messaggio. Non prima di chiedere di andare al bagno, per un attacco fulminante all’intestino.
    Percorremmo un lungo e scarsamente illuminato corridoio, fino a entrare in un grande salone buio dove ci accingemmo a salire le scale.
    “Come mai non c’è nessuno?” domandai per rompere il silenzio.
    “Perché oggi è chiuso. Noi lavoriamo il mercoledì, il sabato e la domenica… Ah!” e si fermò nel bel mezzo delle scale.
    Si girò verso di me, che gli stavo poco dietro e mi disse: “Suppongo che il posto che tu cerchi sia quello di accompagnatore”
    Accompagnatore? Rimasi sbigottito, ma mi affrettai a rispondere: “Certo, perché che altre cose fanno i ragazzi qui?”
    “Niente. Al bar e alle pulizie ci pensano le donne e del resto me ne occupo io”
    Accompagnatore? Io pensavo che fossero le ragazze a occuparsi della parte “pratica”. Comunque, non mi dispiaceva che fossero gli uomini a scopare, solo che Max avrebbe dovuto dirmelo, nel caso avesse saputo.
    Il mio dialogo interiore fu interrotto quando il tizio mi fece entrare in una delle tante stanze che riempivano quel primo e unico piano. Il tipo accese la luce che illuminò una stanzetta molto sfarzosa ricca di dipinti e piccole sculture: era incredibile che una persona con un pessimo gusto nel parlare e nel vestire, avesse tanta ostentazione per l’arte; dopotutto, pensai, vorrà solo pavoneggiarsi della sua ricchezza, millantando un interesse aulico.
    Mi fece accomodare su uno sgabello, mentre egli si mise seduto dietro la sua vasta scrivania.
    “Voglio essere molto spiccio perché odio i convenevoli, i sermoni, eccetera eccetera: se nel caso decido che sarai uno di noi, sarà domani che ti farò vedere il posto, perché, chiaramente, comincerai subito”.
    Ah bene, sono quasi uno di loro, ma che bello… Scherzai tra me e me, pensando che lavorare mercoledì e i fine settimana sarebbe stato il top per rovinarsi completamente il mio programma a base di feste, alcool e discoteche. Fortunatamente, il mio tempo qui non sarebbe durato che un battito di ciglia.
    “Comunque io sono Alfredo Elmo, il proprietario, padrone, capo, come preferisci , ma tu puoi chiamarmi Alfredo”;
    “O Al” dissi. La battuta infelice non so se l’avesse lasciato indifferente o infastidito. Pubblico difficile, pensai.
    “Tu sei?”
    “Nicolò”
    “Classe?”
    “91”
    “Vent’anni giusto? Ci avrei scommesso”
    Troppo grande, pensai sarcastico.
    “Insomma, lo sai cosa dovrai fare vero?”
    “Più o meno”
    “Sei gay giusto?”
    Rimasi di sasso e se ne accorse. Per alcuni istanti mi sentì spaesato: cosa dovevo dire?
    “C-Cosa vuole dire?” risposi timidamente;
    “Come cosa voglio dire? Tu sei gay o no? Se non lo fossi avrebbe poco senso la tua presenza” disse ridacchiando; una risata che odiai, da subito.
    Capii, tutto: Ma che cazzo Max! Fu la prima cosa che mi venne in mente e solo successivamente provai a giustificarlo pensando che forse non sapesse.
    “Sì. Sono gay” risposi senza ulteriore indugi, in modo da non farlo insospettire. Il punto era che non riuscì a nascondere il disagio.
    “Eppure mi sembri strano. Qual è il problema?”
    “Beh...” non sapevo che inventarmi.
    “Ah forse ho capito!” e si mise a ridere di gusto: “ Sono dell’idea che tu sei gay, ma magari è una cosa segreta, giusto? Oppure sei un gay che non l’ha mai fatto?”
    “Un po’ tutte e due” non ero in me e non volli escludere nulla per il futuro.
    Scoppiò in un ulteriore risata, per poi quietarsi: “Ma allora ho una merce molto pregiata e che sarà sicuramente richiestissima: i verginelli tirano sempre, a me compreso, e tu sei un bel verginello”. Una degna conclusione per fugare le inquietudini!
    In una situazione normale avrei risposto: “No, sono un bellissimo verginello”, ma ero troppo scosso per il momento.
    “Non c’è da preoccuparsi; anche se i miei clienti sono molto esigenti, capiranno. E poi i tuoi colleghi ti spiegheranno come si fa”
    “I miei colleghi?” risposi a pappagallo e senza entusiasmo, facendo in modo che continuasse a credere che lo stessi seguendo alla lettera, quando io pensavo solo al casino in cui mi trovavo.
    “Certo, sono tredici, tredici ragazzi froci bellissimi come te. Guarda io non sono come voi, ma se lo fossi, a te e al resto della mia squadra vi salterei addosso”.
    Quella frase aumentò notevolmente il mio disgusto.
    “Nicolò sei gay o bisessuale?”
    “Bisessuale” risposi per fargli capire che in me poteva ancora trovare un barlume di speranza.
    “Molto bene, quindi non ti farà schifo se dovrai fare sesso con qualche donna. Poi, in genere, tutti vogliono fare sesso, ma certe volte troverai alcune persone che pagheranno solo per parlare, giocare o essere coccolati sai”.
    “Ah bene...” dissi pur di non stare in silenzio. Non ci potevo credere che un vecchio grezzo, qual era la persona che avevo davanti, potesse usare termini simili, soprattutto davanti a uno sconosciuto. Ma chi me l’ha fatta fare? Pensai.
    “Scusami Nicolò, non abbiamo parlato di soldi. Il prezzo è fisso: quattrocento euro, metà a testa”;
    “Per prestazione?”;
    “Certo. La mia è merce pregiata”.
    Per quanto schifo facesse quel lavoro, in un giorno avrei potuto guadagnare quanto in un intero mese di lavoro da inserviente.
    “Penso di averti detto tutto. A questo punto possiamo esaminarti”
    “Come?” dissi ingenuamente.
    Alfredo si mise a ridere: “Il viso è ok, ma ho bisogno di vedere anche il resto della merce. Su, alzati”.
    Feci come mi disse. Rimasi impalato e allora disse: “Che aspetti? Spogliati su, togliti tutto”
    Mi veniva da piangere: “Davanti a te?”
    “Sennò come posso esaminarti? Dai, non ti vergognerai mica?”
    “N-no no”. E invece si: non ho problemi a spogliarmi davanti a un uomo, ma non davanti a uno che mi deve giudicare se sono scopabile. O peggio, “pisellabile”.
    Purtroppo non avevo scelta e cercai di non pensare alla scena. Quindi, mi tolsi il maglione e rimasi a petto nudo.
    “Ottimo dai, togliti tutto su. Anche scarpe e calzini, veloce”.
    Così feci: rimasi completamente nudo sopra il freddo marmo lì davanti a uno che avevo conosciuto venti minuti prima.
    Alfredo si alzò in piedi e si avvicino a me: “Magnifico Nicolò, sei magnifico: già vestito promettevi bene e adesso ne ho la conferma.”

    “Grazie” risposi: non avevo dubbi che gli sarei piaciuto. Sono un bel ragazzo e ne sono consapevole, conosco i miei punti forti e so come sfruttarli. Le mie caratteristiche, a partire dai miei lineamenti del viso, morbidi e levigati, i miei occhi marrone, i fluenti e lisci capelli castano chiaro a caschetto, il mio piccolo naso all’insù e un fisico atletico e glabro hanno sempre fatto la loro parte per far ingolosire il gentil sesso, senza che io sprecassi mai un occasione per andare a segno.
    Mentre pensavo a me, sentì una gelida mano gigantesca accarezzarmi il corpo: Alfredo mi stava toccando. Non me ne ero accorto e quindi sobbalzai visibilmente.
    “Cosa c’è?” chiese lui come se fosse tutto normale;
    “Hai le mani ghiacciate” inventai al momento;
    “Scusami Nicolò” disse dolcemente. Una dolcezza inaspettata che mi fece voltare lo stomaco.
    “Molto bene, molto bene” ripeteva mentre accarezzava i miei muscoli, il mio addome, le mie gambe...
    “Hai un fisico atletico. Fai sport?”
    “Sì, vado in palestra. Ho fatto calcio e giocavo a pallavolo fino a qualche tempo fa…”. Continuava a toccarmi: le sue tozze mani scivolavano sul mio corpo. Anche se mi aveva detto che non era gay, sentivo che ci provava gusto e il tocco era piacevole e intenso per quanto trovassi disgustoso quello che mi stava facendo.
    “Bene, allora continua ad andare perché i risultati sono notevoli. Hai un fisico perfetto, sodo, tonico e inoltre...”. Mi accarezzò le natiche e avvicinò le dita al mio ano: “ Mi hai detto la verità. Hai un buchetto, quindi sei vergine” disse divertito, ma ridendo da solo.
    Non ne potevo più, volevo scappare e invece mi toccava stare li fermo , inebetito a farmi tastare da un poco di buono.
    “Sappi che devi raderti e depilarti tutto il corpo entro domani. Gambe, braccia, pube, tutto. E lo dovrai fare regolarmente. Non sei molto peloso, ma qui vige questa regola… Ora, manca solo il pezzo forte Nicolò e poi puoi considerarti parte integrante della mia squadra. Il quattordicesimo uomo”. Non mi fece neppure pensare di chiedere cosa intendesse per pezzo forte che mi aveva già afferrato il cazzo barzotto e le palle. La consapevolezza di quello che mi avrebbe fatto non era sufficiente a non far emergere la disperazione che qualsiasi altra persona avrebbe sicuramente percepito.
    Alfredo, grazie al cielo, non me lo stava menando, ma lo palpava con foga. Poi passò ai miei testicoli e la sua stretta m’infastidiva fisicamente e mentalmente.
    Mente continuava a tastarmelo mi disse: “E anche qui vai alla grande. Liscio, dritto… Ottimo. Ed è pure bello lungo! Non è neppure al massimo… Quant’è Nicolò? Dai dimmi, sono sicuro che lo sai”.
    “Ventitré quando è duro”. Sì, certo. Me lo misuro, sorpresi?
    Era evidente che avrebbe voluto vederlo in tutto il suo splendore, quindi continuava a palpeggiarmelo in modo che non sembrasse quella che era una lenta sega con il medesimo scopo. Peccato che io non sia gay e che gli uomini mi eccitassero come essere preso a calci nelle palle.
    A un certo punto si staccò: “Non ho più dubbi: fai parte del team”.
    “Bene” risposi fingendo entusiasmo. Volevo vomitare.
    Feci per vestirmi quando Alfredo mi strinse l’avambraccio e si avvicinò pericolosamente al mio viso sussurrandomi all’orecchio: “Avremmo finito, ma non ti andrebbe di… Fare qualcosa?”;
    La mia gola si seccò: cosa voleva ancora quella feccia?
    “Che – che cosa? Ma non sei etero?";
    “Sì ma, vedi… Quando mi trovo di fronte ai ragazzi della mia squadra, divento più mansueto, mi capisci?”
    Purtroppo sì, capivo benissimo.
    “Si è fatto tardi non crede? Non possiamo rimandare in un altro momento?”
    “Ma ti piacerebbe, insomma, succhiarmelo? Nicolò senti…” prese il mio braccio, che teneva stretto, e lo indirizza sul suo pacco, poi prese la mia mano con la sua e la strinse sui suoi pantaloni a sandwich: “Ho ragione? È bello grosso?”
    “S-si” risposi in evidente affanno. Per la prima volta toccavo il pacco di un uomo. Un pacco enorme, di un uomo enormemente obeso.
    “So che lo vuoi te lo concedo, per stavolta”;
    “Alfredo ti prego...” il panico mi assalì, non sapevo che fare. Ero in bambola, nelle sue mani, avrei fatto quello che mi avrebbe chiesto?
    Vidi con la coda dell’occhio che, con la mano con cui non teneva la mia, si stava già slacciando i pantaloni e allora risalì: liberai istantaneamente la mia mano dalla morsa con un gesto fulmineo e spensi in quel modo i suoi ardori.
    “Non vuoi allora? Peccato, sarebbe piaciuto a tutti”.
    “Non lo metto in dubbio”. Non colse il mio sarcasmo, ma quella era una forma di ripresa psicologica. Ero salvo. Per quella sera, non avrei dovuto fare nient’altro; la mia perquisizione era stata abbastanza.
    Mi rivestì e uscì da quell’inferno con una sensazione di sporco nel corpo e shock nella mente. Ma solo la sera successiva sarei dovuto tornare.
    Si, perché cominciava il mio nuovo lavoro.

    Edited by ancient lover91 - 23/4/2017, 00:34
     
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    Fantastico bello ed eccitante,spero che ci sia un seguito in questo racconto vero?Non continuare nel proseguo sarebbe un peccato!!!!!
     
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    Si c'è più di un seguito,anzi ci sono altre 8 parti. Mi fa piacere ke ti piaccia, comunque questo non lo devi neanche considerare neanke un assaggio del dopo :)

    Edited by ancient lover91 - 22/11/2011, 14:29
     
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    Grazie ragazzo e scusa se sono stato vizioso ma scrivi da dio!!!!
     
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  5. manuxxx
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    bello
     
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  6. teen94
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    stupendooo
     
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  7. FrankNFurter
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    Molto bello e devo dire originale....
    Ancora più bello perché il protagonista si chiama come il ragazzo che mi piace
     
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    IMPORTANT GAY

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    Riesumo questa parte

    Per chi fosse interessato e volesse leggere questa storia, ho elencato i link per poterla leggere in modo completo.
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  9. hellscream
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    bello
     
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  10. Sperelli88
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    Beh sediamoci comodi e iniziamo a leggere anche gli altri và.. :) Bordello... l'idea non è male! :)
     
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  11. Neilcandy
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    Ma dimmi tre cose:
    E' una storia vera?
    Sei veramente tu il protagonista?
    Vivi a Treviso?
     
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    IMPORTANT GAY

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    Ciao Neilcandy, rispondo alle tue domande:
    1) Non è una storia vera, ma le descrizioni dei vari personaggi sono ispirate a persone realmente esistenti;
    2) Il protagonista non sono io ,ma, ripeto, è una persona vera;
    3) Non sono di Treviso
     
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  13. Neilcandy
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    Peccato per tutte e tre le risposte. Non sarebbe stato male avere tale ben di dio a portata di ....
     
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  14. Rollo97
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    Interessante...mi metto subito a leggere il 2
     
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  15. Brad91
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    bello
     
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24 replies since 21/11/2011, 21:02   13093 views
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