Il bordello

4° episodio: Thomas fidanzato?

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Capitolo Quattro: Un pretendente fidanzato

    "Dalla faccia direi che non hai dormito ieri notte”.
    Massimo si gustava il suo caffè comodamente appoggiato allo schienale di una delle sedie fuori dall’ufficio. Io sgobbavo a pulire il pavimento con appena due ore di sonno alle spalle.
    “Già... ” risposi controvoglia.
    “Mi fa piacere, perché sono sicuro che hai qualche novità da annunciarmi”.
    E che due coglioni Massimo! Sempre con sta storia, pensai.
    “No!” risposi in malo modo. Massimo fece finta di non notare il mio tono. Tra un sorso e l’altro di caffè fumante, disse: “Com’è possibile… Che dopo due volte che sei stato là… Non hai niente da dirmi?”.
    Cercai di stare più calmo possibile e lentamente scandì le seguenti parole: “Max, gli accompagnatori non possono venire al bar, anzi non hanno il permesso di uscire dalla stanza finché non vengono chiamati”. Erano delle balle perché non solo noi potevamo avvicinarci al bar, ma in spogliatoio stavamo solo per cambiarci.
    “I clienti come fanno a scegliere se stanno sempre nascosti?” chiese Max.
    “Entrano nello spogliatoio e cercano quello che gli piace” risposi prontamente.
    “Insomma, mi pare di capire che non solo non hai informazioni, ma che sei impossibilitato a ottenerle” concluse Massimo: “Tanto vale che smetti di andare Nicolò, penso sia meglio mandare una squadra in borghese, anche se non volevo coinvolgere altre sezioni. Probabilmente mandarti non è stata un’idea felice”.
    “Non aver troppa fretta Max” dissi: “Magari mercoledì va meglio, visto che dovrebbe esserci meno gente rispetto al weekend”.
    “Come vuoi Nicolò, ma come mai sei così disponibile? Ti vedo molto stanco”.
    “Si guadagna bene”.
    In verità, non avevo ancora guadagnato un centesimo fino allora, dato che l’unico rapporto era stato con Giacomo e non aveva comprensibilmente voluto pagare il servizio.
    “Però non puoi venire in queste condizioni” aggiunse.
    “Toglimi il lunedì allora, almeno fino a che faccio questa cosa” proposi: “E magari anche il mercoledì, perché la sera devo andare là”.
    “Tu lavori tre mattine qui e vuoi che te ne cancelli due. Scegli: o lunedì o mercoledì, ma non tutte e due”.
    “Lunedì”.
    “Quanto tempo pensi che ti serva ancora? Sai che non posso più aggiungerti soldi alla busta paga... Non possiamo rischiare oltre e non mi pare il caso”;
    “Come faccio a saperlo… Mal che vada, un mese”.
    “Un mese?!”;
    “Forse meno...”.
    Se in precedenza non sarei riuscito a dare una motivazione alle mie menzogne, stavolta mi era tutto chiaro. La serata precedente mi ero divertito molto con Jury e Davide e avevo come offuscato le sofferenze subite prima, ma soprattutto, volevo fortemente provare ancora quelle emozioni, volevo avere la conferma del mio nuovo io. Non pensavo che il tutto potesse durare ancora a lungo, ma non volevo mettere dei limiti troppo ristretti. Certo che, se Max avesse saputo cosa avvenisse realmente in quel luogo, queste distorsioni della realtà rischiavano di mettermi in pessima posizione, come minimo. Ma io non sapevo ancora se avrei confessato o no.
    Invece ero certo di cosa provavo, dopo aver tirato il fiato lunedì pomeriggio: non vedevo l’ora di tornare lì mercoledì.
    Certo, mi vergognavo dei miei istinti, delle mie pulsioni, di come confondevo il piacere con il lavoro. Il fatto stava che, vista la mia corta permanenza in quel luogo, pensavo che mi potessi permettere tale atteggiamento e non considerai che fino a quel momento mi stavo sempre più immischiando in una situazione pericolosa, ma solo a quanto era bello essere un giocattolo, a quanto fosse piacevole fare una cosa che mi divertisse fare e farmi pagare pure.
    Con uomini, certo: ma come potevo essere intollerante quando poi vedevo Marco, Davide, Jury e tutti gli altri? Come potevo non apprezzare la loro esistenza e il loro mondo?
    Mercoledì sera, alle ventidue in punto, ero già li, di umore opposto rispetto all’ultima volta ed estremamente eccitato all’idea che potessi trascorrere un’intensa serata.
    La prima persona che vidi fu Alfredo che mi riferì che, secondo Jury, ero stato abbastanza bravo l’ultima volta. Non fui imbarazzato al sentirmelo dire, anzi, ero talmente in stato di grazia dal voler quasi baciare il vecchio. Poi, però, lo guardai meglio e cambiai subito intenzione rabbrividendo.
    In salotto, c’erano solo gli addetti alle pulizie e alcuni degli altri ragazzi. Immancabile era Nicolò al bar con il suo drink.
    Mi fa un cenno di saluto, mentre dalla porta entra Davide che quando incrocia il mio sguardo mi sorride imbarazzato.
    “Ehilà” gli faccio io educatamente, mentre Davide prosegue verso la scalinata che conduce agli spogliatoi. Non posso fare a meno di sbirciare i suoi jeans neri aderenti. Avrei voluto correrli dietro, girarlo e possederlo in quell’istante…
    “Ehi Nicolò! Mi stai cagando?” Nicolò m’interruppe dal sogno.
    “Sì, certo”;
    “Guarda che non è educato fissare le persone”. Si era accorto su cosa mi stessi concentrando.
    “Non è come pensi” mi affretto a rispondere.
    “Noo…” fa Nicolò continuando a sorseggiare.
    Sorrido sprezzante e gli tiro un pugno sulla spalla, spedendo buona parte della vodka alla fragola a inverniciare la sua t-shirt.
    “Ma sei coglione?” sbotta alterato: “Sai quanto costa?”.
    “Se l’avessi saputo, non l’avrei fatto” risposi stupidamente ridendo senza ritegno e con me anche gli altri ragazzi che avevano osservato la scena. Mentre Nicolò si ripuliva come poteva, entra Thomas che non fa caso a noi.
    “Ciao Thomas” gli faccio. Thomas si accorge della nostra presenza e accenna un saluto.
    “Tutto bene?”. Thomas, che probabilmente prese le mie buone maniere per delle avance, mi risponde smielato: “Certo tesoro, a dopo” e se ne va.
    Nicolò mi fissa: “Stai bene?”.
    “Certo. Perché me lo chiedi?” risposi cordialmente.
    “Quindi è normale che fai gli occhi dolci a quel coglione di Thomas?” dice provocatoriamente, spostando lo sguardo sul suo bicchiere mezzo vuoto.
    “Vuoi essere proprio picchiato oggi, vero?’” dissi scherzoso.
    Nicolò si mise a protezione di se stesso. Poi, io feci lui: “La verità è che… Nicolò, io ti desidero” e gli accarezzai la gamba.
    Nicolò mi guarda stupito, per poi interpretare il mio sguardo irriverente e mandandomi a quel paese in maniere colorita, tra le nuove risa della gente intorno, mia compresa.
    A un quarto d’ora da mezzanotte, la gente tardava ad arrivare e solo Davide, Kevin, Marco e Luca erano nelle camere con i clienti.
    “Vorrei stare con uno nuovo capisce, in modo da star tranquillo!”. Un uomo che aveva passato, a mio avviso, da poco la sessantina, parlava animatamente con Alfredo che annuiva con il capo e già guardava in mia direzione.
    Era il mio momento; finalmente potevo lasciarmi un po’ andare. Mi alzai lentamente in piedi e mi diressi verso i due. Alfredo mi vide avvicinarmi e sbraitò: “Ecco il suo uomo!”.
    Il tipo smise di parlare e si voltò verso di me, serio in volto: mi studia dalla testa ai piedi, poi, in segno d’approvazione, mi sorrise: “Quindi è lei il ragazzo apostrofato come novità? Piacere Stefano” e mi tese la mano.
    Decisi di essere più servizievole possibile, m’inginocchiai in segno di benvenuto, presi la sua mano e ne bacio il torso: “Piacere mio. Io sono Nicolò. Mi dia del tu, la prego” dissi in modo assertivo.
    Tra lo stupore di tutti i presenti, Stefano compreso, quest’ultimo sorrise di circostanza e disse: “Solo se anche lei mi darà del tu”.
    “Sara fatto, ma ora ti prego” mi alzai e lo presi a braccetto: “Lascia che ti conduca in camera” e ci dirigemmo verso il primo piano.
    Uscendo sentì Alfredo esclamare, con il suo solito garbo: “Minchia hai fatto Jury. Di***, hai creato un mostro!” ed io sorrisi alle spalle compiaciuto.
    Entrammo nella stanza numero tre e, solo allora, lasciai il braccio di Stefano per guardarlo meglio. Capelli brizzolati contornavano un viso segnato dalle prime rughe. Era molto magro, ma aveva comunque un portamento sobrio ed elegante. Insomma, non era il massimo, ma per la mia eccitazione, poteva bastare. Inoltre, finalmente si sentiva il fruscio di banconote.
    Lo feci sedere al lato del letto e lo baciai dolcemente sulle labbra. Stefano rispose al mio bacio. Ero in piedi davanti a lui e cominciai ad accarezzarmi il petto e le gambe: “Lo vuoi vedere uno spettacolino Stefano?” dissi con tutta la sensualità che possedevo.
    “Aspetta, ascoltami...”. Posai delicatamente il mio indice sulle sue labbra per zittirlo: “Sss, lascia fare a me”. Lentamente, sciolsi il nodo del camice ma Stefano m’interrompe: “No Nicolò, non hai capito, io voglio solo guardare la televisione tranquillo”.
    "Hai pagato quattrocento euro per guardare la televisione, coglione?!” questo è quello che avrei voluto dirli.
    “Ho capito” fu la mia risposta.
    Stefano accese la televisione ed io mi sdraiai a suo fianco. Per due ore guardammo giganteschi culturisti scoparsi tra di loro: a nessuno dei due eccitavano le scene, ma nel frattempo Stefano mi raccontò delle sue perversioni fanciullesche, mentre io ascoltavo svogliato e gli accarezzavo la pancia. Di tanto in tanto, mi abbracciava e, con la mano sinistra, accarezzava i miei capelli e baciava la fronte.
    Alle due di notte finimmo ed io intascai duecento euro senza fatica. Ma ero rimasto deluso.
    Dopo un'altra ora di attesa nel salone pieno di ragazzi, ma povero di clienti, ecco che Alfredo mi presenta a un coetaneo. Si chiamava Maurizio, un ragazzo occhialuto piccolo di statura, con un viso deturpato dai brufoli e arrossature sul viso, magro, cadaverico e dall’aria riservata.
    “Questo ragazzo ha tanta voglia di parlare con te Nicolò, trattamelo bene”. Alfredo mi parlava come se fossi una troia, ma sinceramente non sapevo se offendermi o no, visto che non sapevo se definirmi tale.
    Mi diressi in silenzio verso la camera quattro, con Maurizio al seguito. Stavolta ero stato molto più disinvolto, anche perché, se anche questo ragazzo bruttino voleva solo parlare con me, la prospettiva era altre ore di noia.
    Lo portai dentro la camera che chiusi a chiave e ci sedemmo uno davanti all’altro sul bordo del letto.
    “Davvero vuoi solo parlare?” chiesi educatamente.
    “S-si…” rispose balbettante. Molto probabilmente, pensava di avermi fatto un piacere perché in questo modo avrei presto intascato altri soldi senza far nulla. Ma io purtroppo, in quel momento, avrei desiderato fare sesso con quasi chiunque. Cercai di capire qualcosa di più di quel ragazzo introverso; non che m’interessasse un granché, ma dovevo ammazzare il tempo in qualche modo. Fu dura cavargli qualche parola di bocca, perché era molto a disagio e faticavo a tranquillizzarlo. Scoprì che non era un ragazzo ricco e che aveva pagato quella somma solo per esprimere per una volta la sua tristezza, la sua solitudine e timidezza a qualcuno di estraneo. Mi disse che era omosessuale e che aveva troppa paura di dichiararsi anche ai suoi genitori.
    Per quanto potessi sembrare comprensivo, in realtà, fin da subito, approfittai di quel ragazzo.
    Perché? Perché lo consideravo per quello che era, uno sfigato. Non ero il tipo da provare compassione.
    Lo studiavo solo per trovare un modo per sfogare le mie pulsioni e, quando esaurì gli argomenti, invece di cercare delle soluzioni concrete al suo problema , lo provocai cercando di farmi desiderare: “Non sei tanto timido, sennò non riusciresti a dirmi che sono bello” oppure “ non ti trovo tanto male, se fossi fuori di qui, non ti staccherai gli occhi di dosso “ e altre sciocchezze simili. Era il mio modo per farlo salire addosso. Non so fino a che punto credesse alle mie parole, sta di fatto che gli faceva piacere e allora provai a chiedere:
    “Hai mai avuto qualche esperienza?”;
    “No”;
    “Una ragazza?”;
    “No, sono gay...”;
    “Hai mai baciato qualcuno che non sia un tuo parente?” domandai irriverente. Maurizio abbassò gli occhi.
    “Vieni qua, avvicinati” gli feci, ma lui non si mosse. “Dai non ti mangio” dissi provando a essere dolce.
    Maurizio si avvicinò un poco e il resto lo feci io infilando la lingua in bocca.
    Com’ero cambiato vero? Pensare che il giorno prima non avrei neanche sfiorato Brad Pitt e adesso mi eccitavo come un bimbo ad essere il premio di un ragazzo sfortunato. O sfigato a dir si voglia.
    Maurizio rimase paralizzato dall’imbarazzo mentre io lo limonavo lentamente e dolcemente. Chiusi gli occhi, in modo da non metterlo in soggezione, e piano piano prese coraggio e cominciò a rispondere. La punta della sua lingua batteva sui miei denti e sul mio palato, solleticandolo. Non era assolutamente capace, ma finsi di apprezzare gemendo leggermente.
    “Ti voglio, ti prego fammi tuo” cominciai a ripetere con insistenza. Piano piano, il terrore che lo paralizzava si sciolse in un eccitazione d’affanno e presto ci ritrovammo nudi uno abbracciato all’altro. Maurizio mi aveva accennato già al fatto che il suo pene era molto piccolo, ma non potei che lasciarmi sfuggire una risata quando notai che, pur in piena erezione, era più piccolo del mio in quiete.
    Mi balenò in testa un’idea sporca e decisi di realizzarla, visto che avevo il pieno potere su quel ragazzo.
    Mi stesi sul letto a pancia in su e aprì braccia e gambe in segno di attesa. Maurizio, che tremava come una foglia, si fiondò sopra di me baciandomi tutto il corpo come in preda a spasmi nervosi. Io non potevo che sorridere al solletico che mi provocavano i suoi baci e il suo movimento, incrociai le gambe sopra il suo bacino magro e continuai a fingere piacere incontrollato.
    “Si! Ti prego fammi tuo!”. Maurizio non riusciva a resistermi e il suo cazzetto si sfregava velocemente sul mio addome, incapace di controllarsi. Intuì che di quel passo, nel giro di pochi minuti, il mio divertimento sarebbe finito, quindi cercai di prolungare la sua erezione.
    “Aspetta Maurizio, togliti un attimo” .
    Lui provò a far finta di niente e allora, per un istante persi il mio aplomb e gli urlai: “Togliti un attimo cazzo!”. Maurizio si allontanò spaventato. Mi girai e mi misi a pecorina, divaricando le gambe per mostragli il mio buco: “Ti prego” dissi nuovamente con dolcezza e Maurizio, cautamente, cominciò a dargli qualche leccata attestante.
    Gemetti falsamente: “Sì, di più!” e Maurizio gradualmente prese coraggio. Cominciò ad entrare in profondità e, finalmente, provai una sensazione piacevole. Poi, pur continuando, Maurizio smise di segarsi e cominciò a prendere in mano il mio membro con la mano di richiamo. Apprezzai l’iniziativa e simulai un orgasmo più forte, in modo da incitarlo.
    Per rompere il suo silenzio incessante, lo provocai:
    “Ti piaccio?”;
    “Da morire” rispondeva assatanato, nolente a dover fermarsi.
    “Sono bravo?” gli faccio.
    “Tantissimo”.
    Maurizio era poco prodigo a complimenti e, come tipico di chi non ha mai avuto esperienze, è incapace di soddisfare partner più fantasiosi, come il sottoscritto. La sua monotonia di operazioni mi stancò in fretta e decisi di provare a farmi penetrare.
    Non c’è bisogno di altre precauzioni per quella poca cosa che era il suo membro; mi liberai dalla sua presa debole, mi distesi nuovamente supino e gli chiesi di mettermelo dentro.
    Scontato dire che il suo cazzo era completamene eretto.
    “Entra con violenza” gli consigliai, e lo pregai selvaggiamente, in modo da creare un po’ di emozione.
    Maurizio entra invece con calma; non è a suo agio dentro di me e si muove piano.
    “Mauri non mi fai niente, battimi come faresti quando ti masturbi da solo” dissi con irriverenza, ma nascondendo ciò con un tono di voce accondiscendente. Allora si lasciò andare: prese a sbattere il suo cazzo violentemente, con quanta forza possedesse. Lo sentì dentro per la prima volta, il suo viso era appiccicato al cuscino alla mia sinistra, completamente assorto nello scoparmi. Gli misi le braccia attorno alla schiena passando sotto le sue ascelle sudate, gli accarezzai la nuca con la mano destra e sorridevo gemendo leggermente. Ero eccitato del fatto che stesse avvenendo quel paradosso.
    Purtroppo tale sensazione non poteva essere appagata, soprattutto dopo l’esperienza con Jury. Maurizio, era silenzioso, incapace di rallentare.
    Anche così non poteva andare; non ero contento e me lo levai di dosso, alzandolo con difficoltà perché era troppo preso e perché il suo sudore era un collante sulla mia pelle tiepida.
    “C-Che succede?” ansimò Maurizio. Non gli risposi e presi dal cassetto del comodino un vibratore. Maurizio mi guardò eccitato e io, che non sapevo bene come funzionasse, gli ordinai: “Adesso mi lubrificherai il cazzo con la tua bocca perché poi ti romperò il culo, quindi ti consiglio di metterlo a fondo quest’attrezzo se non vuoi che ti faccia troppo male”.
    Ora la mia dolcezza era diventata quella del padrone con il suo schiavo. Maurizio prese il vibratore di gomma, s’inginocchia e cerca di farlo entrare nel sedere.
    “Scemo devi lubrificarlo prima, dammi qua” lo ripresi e lo ingoiai davanti a lui che mi fissava inebetito.
    “Ecco, ora mettilo”.
    Lui ripete l’operazione e stavolta entrò qualcosa. Gli misi il mio cazzo barzotto davanti alla bocca e me lo segai velocemente per farlo arrivare in erezione, perché Maurizio non aveva un minimo di autonomia. Mi guardò in volto per capire quando poteva iniziare e io gli feci cenno di cominciare: si fiondò con foga sul cazzo senza tenerlo con le mani, compiendo sempre lo stesso movimento.
    Il membro lo tenevo io con la mano destra, mentre con la sinistra mi palpavo il petto cercando di aumentare l’eccitazione. Piano piano Maurizio affondava il vibratore in maggiore profondità, ma solo quando era certo che la sofferenza sarebbe stata quasi nulla.
    Continuavo a fingere eccitazione, in modo da sperare in un miracolo del mio cliente, ma aspettai invano e dovetti continuare a masturbarmi praticamente da solo.
    Avevo creduto che il mio potere avrebbe creato grande piacere, ma Maurizio era fin troppo inesperto per tenere il passo: mi ero proprio stancato.
    “Alzati veloce!” gli urlai duramente. E quest’ultimo obbedì immediatamente. Gli tolsi di scatto il giocattolo di gomma dal sedere, appena entrato a metà, e con cattiveria lo gettai a letto.
    Maurizio era spaventato e mi guardava con gli occhi sgranati: “Mettiti sdraiato di fianco!” e così fece. Mi affiancai a lui sulla destra, in modo che mi desse la schiena e, visto che ero abituato a quella posizione, gli alzai la coscia della gamba destra tenendola alta.
    “Tienila un po’ dura e alzata! Cazzo Maurizio non sai fare proprio niente!” lo rimproverai. Silenzioso cercò di contrarre la gamba, ma chiaramente non tolsi la mano. L’altra mano invece la infilai sotto l’anca di Maurizio, in modo da avere un punto fermo, quindi lo penetrai.
    Impreparato a sostenere tale membro, Maurizio, stoicamente, cercò di trattenere il dolore, talmente timido anche per manifestarlo. Gli infilai le dita della mia mano sinistra in bocca, permettendogli di mordicchiarmele per sfogare un po’ il dolore.
    Ora non fingevo più di essere dolce e gentile, lo sbattevo con foga e gemevo di gusto. Lo sbattevo senza rispetto, ed effettivamente non rispettavo Maurizio, ma pensavo a Jury per eccitarmi, perché da dietro i capelli ondulati di Maurizio potevano ricordare vagamente quelli ricci di Jury. Il suo sedere rachitico sembrava dovesse frantumarsi afflitto dai colpi tonanti che gli assestavo. Sentivo il mio cazzo stretto nel suo retto e lubrificato. Stavolta gemevo sinceramente a vederlo sottomesso.
    “Non avrai mai più la possibilità di avermi Maurizio, quindi goditela finche puoi” sbottai incattivito.
    Senza uscire, gli salì sulla schiena facendolo cadere di pancia sul materasso per poi buttarmici sopra.
    “Non così Nicolò mi soffochi!” urlava Maurizio.
    Allora la voce l’hai, eh sfigato? Pensai, ma non gli davo più ascolto già da un pezzo.
    Da quella posizione potevo essere ancora più violento.
    Ciaf Ciaf
    Le mie spinte stavano sprofondando dentro di lui: Maurizio adesso gemeva, non so se di dolore o piacere, ma non me ne importava neanche un po’.
    Finalmente potevo soddisfare la mia fame, senza saziarla, e Maurizio era solo un oggetto da usare e poi gettare.
    I miei colpi diventarono sempre più rapidi e violenti e sia le sue natiche sia il mio ventre avevano assunto un colore violaceo. Sarei venuto da lì a poco e non mi feci attendere: in un ultimo, lungo e profondo colpo, mi liberai dentro di lui.
    Non avevo fatto tanta fatica; uscì da lui, presi il pigiama e lo misi addosso, pronto a lasciare la stanza. Maurizio, riesce affaticato a voltare la testa e chiedermi speranzoso:
    “Potrò più fare l’amore con te?”;
    “Se mi paghi altri quattrocento euro sicuramente” risposi freddamente e senza girarmi a degnarlo di un saluto. Lo lasciai solo, così come era destinato a stare.


    Che delusione, pensai, che schifo di serata.
    In contemporanea, dalla stanza due, uscì Thomas che, appena mi notò, cercò di raggiungermi, mentre mi dirigevo verso lo spogliatoio.
    “Sei riuscito a far qualcosa stasera Thomas, sono stupito” dissi provocatoriamente continuando a camminare.
    Thomas, che ora era al mio fianco, non percepì il sarcasmo e rispose: “Certo, io sono il più figo del gruppo, è normale che lavoro sempre”.
    Feci una smorfia, incurante se mi vedesse o no , come per dire che non era per niente così.
    “Comunque, caro Nicolò, tu sei probabilmente il migliore dopo di me”.
    Tutto sommato, apprezzai il complimento, per quanto fosse lontano dalla realtà; non che mi ritenessi superiore, ma dubito che qualcuno potesse non preferirmi a Thomas.
    “Sai che cosa sarebbe bello?” mi disse;
    “Cosa?” chiesi senza interesse;
    “Che noi scopassimo, sarebbe uno spettacolo fantastico per tutti. Non trovi?”.
    Chiaro che questa doveva essere un'avance, ma io risposi piatto: “Se lo dici tu”.
    In quel momento, girai l’angolo e, passandoli davanti , Thomas mise la mano sinistra dentro al mio pigiama, toccando quella parte del corpo dura che separa i testicoli dall’ano.
    La sua mano fredda, a contatto con quella zona, mi fece trasalire.
    Quel tocco aveva casualmente spento i miei freni inibitori.
    Mi ero bloccato di scatto e appoggiai le mani sulla parete.
    Thomas ricevette il messaggio di farlo ancora e non se lo fece chiedere: continuava a strusciare la mano e mi piaceva da matti.
    “Ah, ma allora hai un punto debole tesorino” mi sussurrò all’orecchio. Sentivo il suo petto caldo sulla schiena e il suo cazzo in tiro sulle natiche, ma soprattutto l’odore di fumo del suo alito e il calore sull’orecchio. Mentre mi massaggiava aprì le gambe e alzai il bacino per pregarlo di continuare e intanto cominciò a mordicchiarmi l’orecchio destro.
    Mi diede l’idea di saperci fare e io avevo troppa voglia: decisi di farlo.
    “N-non possiamo stare qui in corridoio, verrà qualcuno” dissi in preda ai sensi.
    “Chi se ne frega” ebbi come risposta.
    “Ma poi ci toccherà fermarci”.
    Mi guardai intorno e trovai la porta dello sgabuzzino.
    “Non puoi resistermi eh?” si vantò Thomas. Non ero in vena di sarcasmo; lo tirai per il colletto del pigiama e lo trascinai dentro al piccolo sgabuzzino, chiudendo la porta a vetri dietro di noi.
    Subito mi fiondai famelico sulla sua bocca; le sue labbra carnose e scarlatte inebriarono i miei sensi e le nostre lingue cominciavano a fare felice conoscenza.
    Lo spazio era talmente ridotto che dovevamo stare in piedi, appiccicati vicino alle scope, inalando la polvere.
    Gli levai il vestito e lui fece lo stesso con me, rimanemmo solo in ciabatte. Finalmente uno che si reffa, pensai.
    Purtroppo nelle brevi pause in cui non lo limonavo, Thomas parlava.
    “Ma quanto ti piaccio eh?”;
    “Quanto sei fortunata”;
    “Che porca che sei”.
    Non chiudeva mai quella dannata bocca, anche se non rispondevo. Ero molto infastidito dal fatto che mi parlasse in quel modo, però il mio ardore era talmente forte da resistere a tali idiozie.
    Mentre le mie mani incrociavano il suo collo, Thomas fin da subito mise le sue sulle mie natiche scuotendole senza senso, per poi farle roteare, tirandomi la pelle e facendomi male.
    Mi chiedevo che piacere pensava che una persona potesse provare in quel modo.
    “Che bel culetto che hai, perfetto per spompinare cazzi” e dopo la sua ennesima cretinata, mi infila il suo lungo e affusolato dito medio. Il dito entra in profondità e il mio retto lo respinge contraendosi incontrollatamente e senza ottenere risultati.
    Un piacere enorme invase il mio corpo; mi sentivo infuocare. Per quanto Thomas fosse una testa di cazzo, pensai, era bravo.
    Speravo non uscisse mai; smisi di baciarlo e staccai la presa dietro la nuca e gli misi le mani sulle spalle e la guancia sinistra sulla sua. Mi tenevo in punta di piedi ancorato a lui, in modo che potesse affondare ulteriormente.
    Ebbe l’impressione che lo stessi abbracciando timidamente e mi disse irriverente: “Mi ami vero? Non puoi vivere senza di me, senza che ti scopi”. Infilò il dito ancora di qualche millimetro all’interno, facendo enorme pressione e lanciai un gemito fortissimo. Per un secondo anche Thomas stette in silenzio godendosi il momento: aveva il mio cazzo sui suoi leggeri addominali e io il suo sotto i testicoli. Thomas cominciò a muovere il dito medio dentro di me. Non riuscivo a trattenere il godimento e gemevo come un pazzo scatenando Thomas. Il suo dito era come un ago che intagliava un piacere unico. Il mio corpo era un fremito e cercavo sempre la posizione per assecondarlo di più: allargai le gambe alla massima ampiezza, sempre in punta di piedi, sperando ce Thomas spingesse sempre più forte e in profondità. I miei desideri venivano esauditi e Thomas padroneggiava il suo dito da maestro, quindi continuai a muovermi incontrollato fino a cercare sul muro una presa impossibile con mani e piedi. Sembravo un ragno che cercava con le sue ventose degli appoggi tra il muro e le varie scope. Riuscì a rimanere in posizione fetale su Thomas.
    La posizione richiedeva il massimo sforzo, ed esso veniva soddisfatto da Thomas.
    Purtroppo quest’ultimo non smetteva mai di sghignazzare e dire sciocchezze.
    “Mamma mia, certo che sei proprio una troia come non ne ho mai viste prima, ma quanto ti piace essere inculata? Sei una cosa vergognosa”. Continuava a darmi della troia, del frocio, della schiava, ma non dissi nulla: finché mi scopava così avrei subito di tutto.
    Era incredibile come riuscisse ad esagerare sempre di più. Mentre continuava ad avermi, cominciò con la mano libera a schiaffeggiare le natiche.
    “Ti sto dando una mano sai troietta. Così godi di più”;
    “Lo so che ti piace essere violentata”;
    “Non mi è piaciuto come mi hai trattato questi primi giorni sai, sei stata una brutta troietta a cui finché non si da il cazzo non caga nessuno”;
    “Non capisco perché piaci tanto a tutti frocio. Se sapessero quanto sei troia saresti solo mia. Ed ora lo sei”.
    Continuava con questo tono, ma feci finta di nulla.
    Dopo alcuni minuti così, si stancò di tenermi il dito all’interno e mi disse:” Scusa troia, ma mi sono rotto”.
    Cominciai a concentrarmi sui capezzoli: gli leccavo intorno e poi gli mordicchiavo.
    “Brava schiava succhia” mi incitava Thomas.
    Per farlo star zitto ogni tanto lo mordevo più forte, ma avendo come risultato solo altri insulti e offese. Cominciavo a scendere leccando i peli biondi sul petto e dando piccoli baci sull’addome, infine cominciai a leccargli lo scroto e il pre-sperma.
    “Sei una troia da quattro soldi! Dai succhia bene!” urlava eccitato e mi prese la testa spingendola con forza sul suo cazzo venoso. Succhiavo e leccavo la base, cosi come feci con Alfredo, con gli occhi aperti per potermi godere quel cazzo sottile, venoso e ruvido.
    La mia voracità gli piaceva tantissimo e cominciò a gemere come una ragazzina, senza smettere di insultarmi:
    “Senti come succhia questa vacca”;
    “Mamma sei fenomenale sì, sei la mia schiava preferita”;
    “Sei mia, si sei solo mia”;
    Aumentai la velocità e il suo bacino si muoveva ormai incontrollato.
    “Sei la mia ragazza, da adesso ti scoperò quando voglio brutta merda, ah…” e venne copiosamente nella mia bocca. Numerosi getti caldi riempirono la gola; lo volevo tutto e tirai fuori la lingua per raccogliesse le gocce che scivolavano dal cazzo. Infine gli diedi una leccata all’asta dal basso verso la punta in modo da assaporare il suo sperma.
    Chiusi la bocca, ma non ingoiai.
    Mi alzai in piedi:
    “Ti è piaciuto troia?” mi sorrise Thomas.
    Risposi al sorriso e di scatto gli afferrai il cazzo barzotto con la mano destra.
    Prima mi guardò stupefatto, poi cominciò a ululare, perché glielo strinsi forte.
    “Cosa fai?! Sei pazzo?! Lasciami!” pregava Thomas.
    Gli sputai tutto lo sperma in faccia e gridai: “Sei un coglione Thomas! Avevi la possibilità più unica che rara di avermi e invece hai dovuto aprire quella fogna di bocca e dire la tua”.
    Strinsi più forte la presa e Thomas cercava invano di staccarmi la mano, ma io ero più forte: “Guardati. Mi chiami troia e sei più debole di me. Sei il peggiore dei ragazzi, hai il cazzo che rispetto al mio sembra un bonsai e mi prendi per il culo?”.
    “Ti prego lasciami, Nicolò scusami” mormorava disperato Thomas.
    “Ci piscio sopra le tue scuse. Sei una persona disgustosa e patetica Thomas o come cazzo ti chiami. Come hai potuto pensare che io mi mettessi con te?” e scoppiai a ridere sinistramente.
    Thomas era piegato dal dolore e finalmente taceva.
    “Giuro che se ti permetti anche solo di rivolgermi la parola da qui in avanti, ti prometto che ti picchierò a sangue.” Strinsi con tutte le mie forze per un attimo: sentivo i suoi testicoli stretti pericolosamente nella mia morsa, poi mollai la presa e Thomas si accasciò a terra comicamente con le mani sul cazzo.
    Presi da terra il mio vestito, lo infilai ed uscì dalla porta.
    Da quel giorno, Thomas mantenne la promessa.

    Edited by ancient lover91 - 21/12/2016, 14:20
     
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    Bello questa quarta parte che hai scritto mi fa tremare dalla commozione,stai dando un giusto volto al racconto descrivendo a tutti la vita di un bordello con fatti e misfatti,mettendo a nudo le problematiche di molti,Ho paura che molti si rispecchieranno nei protagonisti di questo racconto.io per primo che mi sono rispecchiato nel secondo cliente della serata quel ragazzo timido e insicuro come ero io all'età di quel ragazzo.Complimenti non vedo l'ora di leggere le altre 4 parti di questo racconto complimenti scrivi da dio.
     
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    aspettavo il tuo giudizio roby..cmq trpp gentile :)
     
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    Non vorrei essere troppo pedante ma spero che dopo questo racconto a episodi la tua vena da scrittore non si fermi qui perché scrivi da dio e hai la capacità di far entrare il lettore dentro ai personaggi che tu fai partecipe nei tuoi racconti.
     
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  5. XxdanigagaxXx
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  6. oldmanny
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    il racconto è un crescendo continuo di situazioni e stati d'animo sempre molto coinvolgenti: bravo
     
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  7. hot91
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    Che dire.. un altro racconto eccellente, descrivi così profondamente i personaggi, quello che provano e quello che fanno che mentre leggo riesco a provare le loro emozioni!! Fantastico, non c'è altro da dire!
     
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