Il bordello

6° episodio: Una donna!

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Capitolo Sei: La scommessa

    “Ora me la paghi!”.
    Mi sollevai dalle ginocchia doloranti, pronto a punirlo in qualche modo.
    Lorenzo intuisce il pericolo, quindi, cerca di apparire mansueto e dispiaciuto.
    Allunga le mani verso di me, in modo da respingermi: un gesto di timore nei miei confronti, il primo, ma, allo stesso tempo, di dolcezza.
    “Aspetta Nicolò! Non volevo prenderti in giro, lo giuro!”.
    Non sapevo se credere o no alla sua scenata, sta di fatto che decisi di concederli qualche secondo per spiegare il suo gesto o inventarsi una scusa.
    Effettivamente, Lorenzo mi sembrava che stavolta fosse, se non dispiaciuto, almeno spaventato.
    “A me piaci Nicolò, ti trovo molto sexy, per questo ho fatto questa cosa… Perché mi eccita ancora di più”.
    Ascoltai impassibile le sue parole ridicole. Guardavo attentamente ogni movimento del suo volto, aspettando che si rovinasse con le sue stesse mani, come se a un certo punto mi avrebbe detto: “Ti sto prendendo per il culo”.
    Invece Lorenzo non si tradì; era davvero sincero?
    Fin dal primo momento avevo trovato molto strano questo ragazzino, ma solo ora mi accorgevo che giudicare strana una persona è come tentare di dare un giudizio di qualcosa senza cercare, invece, una ragione di quel suo comportamento.
    Che cosa aveva di strano quel ragazzino? Era un attore? Assolutamente no.
    Lorenzo era semplicemente un ragazzo molto bello e, grazie a questa sua dote, poteva comportarsi sempre a suo piacimento, sicuro che chi lo avesse avuto di fronte si sarebbe inchinato al suo volere, alla sua bellezza.
    In sostanza, un ragazzo che non ha bisogno di pensare a come risolvere i suoi problemi, in quanto tali sono risolti sempre da sé, può vivere sempre nella sua ingenuità e nella sua ignoranza.
    Lorenzo non era altro che questo: un ragazzino, un bellissimo ragazzino ingenuo, sfruttato, in questo caso, da Alfredo.
    Ora che lo vedevo così, in quella situazione, Lorenzo non mi faceva comunque compassione. Mi faceva sesso.
    Stetti a pensare per lunghi istanti, anche quando Lorenzo aveva già smesso di parlare e mi guardava senza comprendere.
    Guardai i suoi occhi verdi spaventati, passai a fissare il suo corpo, fradicio e infreddolito, a mollo nel piscio, annusando l’odore acre dell’urina stagnante.
    Accanto alla nostra privacy, separata da una parete piastrellata, si sentiva il rumore dell’acqua calda battere sul box doccia. Noi invece eravamo in silenzio, immersi in un liquido malsano.
    “Se questo è quello che piace a te, allora piace anche a me” conclusi seriamente, prima di inginocchiarmi nuovamente fino a che anche le ginocchia non si trovarono a mollo.
    Lorenzo accompagnò con la testa il mio movimento, con la bocca semi-spalancata.
    Ora ero davanti al suo cazzo barzotto.
    Lo presi con la mano destra e lo guardai meglio: liscio, dritto, con impercettibili venature.
    Feci una smorfia: “Sei un po’ scarso qui Lollo” dissi provocatoriamente.
    “Dammi un po’ di tempo e vedi come cresce. Più del tuo”. Il suo atteggiamento era già tornato quello di prima. Ma ora lo accettavo.
    Finsi una risata di schernimento, allora Lorenzo aggiunse: ”Dai, come il tuo no, ma più grande si”.
    Trovai molto dolce il suo tono, quindi, dopo aver ottenuto un’ennesima vittoria, cominciai a leccarli l’asta.
    Mentre assaporavo il suo membro, dalla base all'apice, dando qualche leccata con la punta della lingua al suo scroto, ogni tanto, guardavo la sua espressione compiaciuta.
    Lorenzo, infatti, sapendo di essere osservato, gemeva di piacere, socchiudendo gli occhi e bagnandosi le labbra.
    Sorrisi e gli leccai la cappella con foga, entrando nella sua apertura per assaggiarne i sapori. Sentivo quello salato dell’urina residua sulla mia lingua; un sapore forte, acido, ora eccitante.
    “Cosa ne dici Nicolò? Da un tocco in più?” disse ridacchiando da solo, senza ottenere risposta.
    O meglio, una risposta la ottenne: presi saldamente con la mano sinistra la base del suo cazzo e cominciai a scoparmelo in bocca.
    Salivo e scendevo sul suo cazzo non ancora completamente in tiro, dalla punta fino alla mia mano, impersonando suoni che neanche il miglior attore avrebbe potuto eguagliare. Non avevo capito perché, anche dopo tutto quel tempo, il cazzo di Lorenzo non fosse ancora completamente duro. Non capì neppure quando uno schizzo mi accecò l’occhio destro, cogliendomi di sorpresa. Lo guardai con l’intenzione di non fargliela mai più passare liscia, perché mi aveva preso in giro ancora una volta.
    Lorenzo però gemeva con soddisfazione; con la lingua incontrollata si umidiva le labbra. La testa era piegata e mi guardava estasiato. Non c’era traccia di scherno nel suo volto.
    Capì cosa stesse succedendo. Capì quanto fosse radicata la sua perversione e forse mi spiegavo anche la sua resistenza e capacità di non venire. Ma non era tutto. Questo gesto così semplice e sporco era la prova di chi fosse davvero Lorenzo. Quindi accettai, accettai il gioco e m’immedesimai.
    Mi ripulì l’occhio cieco e leccai l’urina dalla mano. Lorenzo chiuse le labbra e sorrise lievemente. Poi riaprì la bocca e gemette profondamente. Un altro schizzo, molto più forte che prima, mi colpì in fronte. Chiusi gli occhi istintivamente, ma questa volta estrassi la punta della lingua e impercettibilmente la bocca. Qualcosa entrava e io sorseggiavo. Se era quello che voleva, sarei stato disposto ad assecondarlo.
    Le papille si riempirono di salato, di un gusto acido e forte, però sopportabile in quelle quantità.
    Alternavo tutto ciò con delle lunghe leccate al prepuzio e alla parte inferiore della sua asta, accarezzando anche i suoi testicoli.
    Ora Lorenzo aveva poco da fingere; gemeva intensamente di piacere, i suoi occhi si aprivano e chiudevano incontrollati, la sua bocca ansimante era aperta in segno di piacevole stupore. Non si faceva pregare e, estasiato dalla mia disponibilità, liberò altri schizzi. Sempre più a mio agio, lo assecondai sempre di più. Ormai grondavo dai capelli e spalle, petto e gambe erano completamente fradice. Lorenzo accompagnava il gesto con i soliti gemiti bassi, alla ricerca di ogni traccia di contenuto. Non era mai sazio; anche quando era chiaro fosse a secco, continuava a provare a venire, anche quando io gli leccavo il pene consapevole che non ne avesse più un briciolo. Tutte le volte, il suo pene semi duro saltellava comicamente e ogni tanto qualche goccia o zampillo fuoriusciva. Quando succedeva, mi balenavo sulla punta della cappella in modo da bere più possibile, come lui voleva. Altre volte si quietava un po’, anche un paio di minuti, poi riprendeva con risultati alterni. Non avrebbe mai smesso per tutta la sera.
    Come conseguenza, Lorenzo aveva una resistenza fuori dal comune. Aveva un controllo pazzesco sul suo membro. Ciò non toglie che stesse godendo moltissimo. Sentivo le sue gambe muoversi, accompagnando il piacere, e i suoi piedi disegnare il piscio con le sue rotazioni.
    Il piscio, mosso dalle gambe di Lollo, ondeggiava bagnandomi il sedere fino a quasi la base superiore del taglio delle natiche, dandomi la stessa spiacevole sensazione di lame di ghiaccio.
    L’aria del bagno era sempre più intrisa dall’odore forte dell’urina mista al nostro sudore, mentre dall’altra stanza penetravano getti di vapore caldo dalle fessure che si aggiungevano all’alta umidità già presente nell’angolo in cui ci trovavamo. L’aria era così calda e ci rendeva difficile e ansiosa la respirazione; il piscio tiepido, in cui ero immerso fino all’addome, mi gelava piedi, gambe e sedere.
    Lorenzo, per quanto adorasse quella situazione, non riuscì a trattenere i piedi a mollo nell’acqua, ma li tirò fuori mettendomeli sulle spalle.
    Il piscio ora gocciolava anche sulle mie braccia e sui miei fianchi. Eccitato e voglioso di stupire il mio partner, presi il piede destro completamente bagnato e cominciai a leccarlo con ingordigia. Leccavo la pianta del piede, assaporando questa volta un liquido freddo dal sapore rancido e pungente, più difficile da sopportare. Ma l’espressione stupefatta di Lorenzo m’incitò a continuare. Mentre leccavo tra le dita, sbirciavo la sua faccia inebetita. Anche il suo cazzo ora era in tiro. Ne approfittai e lo presi con la mano sinistra, cominciando a segarlo, mentre con la destra tenevo la sua caviglia destra e leccavo il collo del piede. Guardai Lorenzo, con la lingua fuori che si muoveva convulsamente. I suoi occhi mi davano l’ok, ma presto volle che lo stesso servizio fosse riservato al piede sinistro. Appoggiai il destro sulla spalla e obbedì. Lorenzo, felice, si accarezzava il petto e i capezzoli turgidi, mentre il suo viso si spostava a occhi chiusi per assaporare quello che stava accadendo.
    Lasciai a malincuore il suo membro e mi sollevai leggermente, rimanendo flesso sulle ginocchia. Lo obbligai a levare i suoi piedi appiccicosi dalle mie spalle.
    Gli scoccai un bacio dolce e gli dissi: “Lollo, perché non ci togliamo da questa vasca e non continuiamo da un'altra parte, tipo in doccia?”. Fu inutile.
    “E’ occupata” mormorò lui, mentre gustava le mie labbra ad occhi semichiusi.
    “Vedrai che andranno via” sorrisi.
    “No dai, è bellissimo così”.
    “Sì però…”;
    “E’ la scopata più bella che ho mai fatto, e poi… Ci sei tu... “.
    Certo che sapeva come toccare le corde giuste e, quindi, desistetti.
    Abbandonai le sue labbra per succhiare il suo collo; anche qui il sapore salato si fece sentire con forza.
    Succhiavo profondamente, deciso a lasciargli il segno di tal esperienza.
    Lorenzo allungava il collo, in modo di facilitarmi la cosa.
    Cominciai a baciarli le spalle in preda all’eccitazione.
    Anche in quel momento fui incredulo di me stesso, di come fossi così tenero con un ragazzino, di come trovassi addirittura romantico quel momento, conscio del fatto che il mio partner non potesse capire cosa volessero dire tali sensazioni, il perché dei miei sforzi.
    Arrivai a baciare il suo petto pronunciato, soffermandomi sui suoi piccoli e turgidi capezzoli, leccandoli l’aureola e succhiandone il contenuto.
    Lorenzo estasiato dalla mia eccitante dolcezza, accompagnava i miei dolci gesti accarezzandomi i capelli con la mano.
    “Nicolò” mi chiamò.
    “Nicolò” ripete con voce più bassa e più dolce.
    “Dimmi” risposi, per poi ricominciare a leccarlo con la punta della lingua.
    “Ti puoi sdraiare in vasca?” chiese timidamente.
    Avevo reso Lorenzo molto mansueto; evidentemente, in qualche misura, riusciva a percepire l‘atmosfera che volevo creare, al di là del suo contesto piuttosto fetish.
    “Sei pazzo se pensi che possa mettermi a nuotare nel piscio. Questo piace a te no a me; per me così è già abbastanza”.
    Capivo che tale frase potesse rischiare di rompere quell’incanto, ma ero anche dell’idea che Lorenzo avrebbe fatto di tutto per continuare a fare sesso.
    “Dai Nicolò”;
    “No”;
    “Ma perché?”;
    “Non se ne parla”;
    “Ti prego Nicolò, ti prego”.
    Quest’ultima supplica, diversamente dalle altre, era stata pronunciata da Lorenzo molto più sommessamente, suscitandomi, non so quanto volontariamente, una sensazione di estrema gentilezza nei suoi confronti e per una frazione di secondo lo stetti ad ascoltare.
    “Ma perché insisti, ti piace così tanto?”;
    “Tu mi piaci” e già questo bastò a scogliere le mie resistenze;
    “E’ sempre stato il mio sogno erotico, per favore, realizzalo con me”.
    Smisi di leccarli il petto e lo guardai ancora: i suoi occhi umidi trasmettevano la sua sincerità e anche la sua paura nell’essersi dichiarato così, nelle sue debolezze.
    Espirai profondamente: “E va bene” dissi sommessamente.
    Mentre Lorenzo sorrideva soddisfatto, io mi guardai dietro la schiena, cercando di prendere le misure della vasca: appoggiai la mano destra sul fondo. Anch’essa, ora sommersa dal piscio.
    “Come devo mettermi?” chiesi accentuando la sua voglia malsana.
    “Mettiti a pancia in su” rispose prontamente.
    Girai il mio busto e, lentamente, avvicinai la schiena sul fondo, cercando di entrare piano piano in acqua.
    Al primo tocco con la schiena, una sensazione di freddo disgusto invase tutto il corpo; feci finta di nulla e resistetti. Secondo tentativo; terzo tentativo, ora tutta la parte inferiore delle mie gambe, dalle caviglie fino alle cosce lambivano la superficie fluida, ora queste erano giacenti sul fondo.
    Successivamente, inarcai sempre meno la schiena, e anche questa, nella sua parte inferiore, fino ai fianchi appoggiava sulla fredda ceramica. Infine, stesi anche la testa; i miei capelli furono imbrattati completamente, fino ai lobi delle orecchie.
    Ora che ero in buona parte immerso in quella che sentivo come una poltiglia oleosa, trovai il coraggio di guardare Lorenzo, non senza manifestare il mio disappunto, il mio fastidio e il mio imbarazzo.
    Quest’ultimo, che era sempre seduto sul bordo vasca, ora aveva di nuovo i piedi a mollo e si segava con foga; il mio sistemarmi in vasca l’aveva, evidentemente, eccitato ulteriormente.
    Quando notò il mio sguardo su di lui, segno che avevo trovato una posizione “accettabile”, smette di menarsi l’uccello e si alza in piedi per poi sdraiarsi su di me, senza impiegare tutto il tempo che ci avevo messo io, anche se a lui non toccava la posizione più scomoda e sgradevole.
    “Ti piace tanto stare in questa merda, però poi vuoi stare su bastardo” dissi fingendo di essere incazzato, ma in un modo che anche lui potesse capire facilmente che non facevo sul serio.
    Mi sorrise, per poi baciarmi con sorprendente dolcezza. Mi lascio trasportare da lui, cerco di seguirlo in tutto per tutto, perché mi trasmette felicità. Cerco di scaldarmi sfregandomi sul suo corpo bagnato ma tiepido, mentre la mia schiena è sempre più fredda. Istintivamente, mentre continuiamo a scambiarci effusioni, cerco di alzare la schiena per sfuggire al freddo. Lui inserisce le mani sotto di me e mi accarezza, così da alzarmi un poco e tenermi caldo. Intanto, le nostre gambe s’intersecano l’una sull’altra. Finalmente mi convinsi di aver raggiunto uno stato di estasi pura con Lorenzo, la prima volta con lui in quella serata. Come con Marco e Vincenzo, ma con tanta fatica, che ora veniva ripagata. Ancora non potevo credere che con Lorenzo potessi giungere a tanto. Rimanemmo così per qualche minuto, senza fare nulla di particolare, solo baciandoci e toccandoci. Lingua su lingua, petto su petto, gamba su gamba, cazzo su cazzo. A un certo punto sentì uno spruzzo tra i nostri ventri e risi.
    “Ma è possibile che non ti stanchi mai?” dissi ridendo. In un'altra qualsiasi situazione, gli avrei spaccato la faccia.
    Non rispose subito. Mi fissò serio con i suoi occhi smeraldo, poi mi disse: “Prova anche tu”.
    Arrossì: “No dai… Non ci riesco” e sorrisi.
    Lorenzo allora si sedette a gambe incrociate:
    “Dai” e fece cenno con le mani di fare lo stesso.
    “Ok…” risposi poco convinto e mi sedetti. Lorenzo allargò le gambe e le avvinghio dietro la mia schiena. Lo imitai. Seduti l’uno sull’altro mi limitai a guardarlo. Lorenzo appoggiò le mani dietro la mia schiena e la fronte sulla mia:
    “Dai, avvicinati” disse sorridendomi e guardandomi. Io distolsi lo sguardo imbarazzato. Allora si avvicinò lui: ora eravamo appiccicati. I nostri membri in tiro, uno sull’altro. Ero curioso ed eccitato perché volevo vedere cosa mi avrebbe detto o avrebbe fatto fare. Mi disse di stare tranquillo e lasciarmi andare.
    Io, che sino ad ora lo avevo sempre assecondato, non mi rifiutai, ma questa volta ero in difficoltà. Non avevo più problemi a subire qualcosa che non apprezzavo, ma addirittura prenderne parte attiva mi era complicato. Comunque decisi di portare a fondo questa bizzarra perversione.
    Disse di provare a stare fermo, in silenzio e rilassarmi, ma non riuscivo. Solo l’idea che mi stesse aspettando a un palmo dal mio viso, mi mettevano in agitazione. Anche chiudere gli occhi era inutile, perché il suo contatto e il suo respiro profondo avevano lo stesso effetto. Provai a pensare a qualcosa di neutrale, o che non c’entrasse nulla, ma servi a poco, perché presto la mia mente tornava sulla scena.
    “Non abbiamo fretta Nicolò, per me possiamo stare fino a mattina. Con te mi sento me stesso”. Queste parole furono utili, perché calmarono un po’ il mio spirito inquieto. Pensai che il tempo non fosse nemico. Dovevo normalizzare la situazione, non pensare che fossi eccitato e che volevo possedere Lorenzo anche ora, né che dovessi fare qualcosa che, ahimè, ritenevo disgustoso.
    Decidemmo quindi di rimare in silenzio. Lorenzo appoggiò la nuca sul mio petto. Vidi che sorrideva beato. Anche lui era estremamente eccitato, il suo membro parlava per lui, e aveva bisogno di rilassarsi. Dopo un paio di minuti di silenzio, effettivamente ci calmammo. Allora Lorenzo mi chiese di provare.
    “Non contrarre l’addome mentre lo fai, pensa di essere al…”;
    “Lo so, lo so” ripetevo io. Guardavamo entrambi in basso, con stati d’animo differenti, in attesa di qualcosa. Purtroppo ricominciai a eccitarmi e il mio cazzo tornava sull’attenti, ma non intendevo continuare a lungo quel supplizio. Volevo darli ciò che voleva, così sarebbe finita. Quindi mi sforzai: feci gli stessi rantoli con la bocca di Lorenzo in precedenza cercando di ricavarne qualcosa, mentre Lorenzo mi bacchettava che così non andava bene. Con i primi tentativi, una goccia salì sulla punta; continuai a provare e alla fine zampillai una volta.
    “Hai visto? E’ un inizio” m’incoraggiò Lorenzo: “Devi staccare il cervello, vedrai che ti piacerà”.
    Eravamo ormai da quindici minuti così e quello era stato il risultato. In realtà, mi piaceva quell’intimità tra di noi, ma eravamo pur sempre puzzolenti e gocciolanti.
    “Continua a provare, intanto vengo anch’io, ok?”
    “Va bene” dissi sottovoce e deglutì. L’idea di fare qualcosa di sporco, insieme, ora mi solleticava le corde.
    Il cazzo di Lorenzo era barzotto, eppure riuscì a venire: prima zampillò due volte sul mio addome e sul petto, poi si liberò completamente.
    “Ah…” gemeva forte Lorenzo in estasi accompagnando l’avvenimento, mentre ci bagnava entrambi addome e cosce. Guardai la scena in silenzio: sentivo il sibilo della vescica, vedevo il liquido sporcarci. Lorenzo non resistette fino alla fine e cominciò a segarsi, mentre con la bocca rantolava per l’eccitazione come se gli mancasse l’aria. La sua sega produceva rumori spugnosi. Fui per la prima volta coinvolto: pensai di confondermi con Lorenzo, ormai distratto, in modo di passare un po’ in secondo piano. Prima anch’io zampillai soltanto, poi venni. Non potevo crederci di averlo fatto e la cosa mi eccitò.
    “Si! Si!” esultò Lorenzo sempre più smarrito nell’eccitazione. Fissavamo estasiati la mia liberazione. E non fini lì, perché Lorenzo ne volle ancora. E io, ormai battezzato, riuscì ancora. Un po’ io, un po’ lui, zampillavamo come getti di una fontana, accompagnandoci con versi gutturali e sempre più abbracciati. Presto fummo fradici, sempre più appiccicati e trasportati. Anch’io ormai ero coinvolto e non mi vergognavo più. Ci baciavamo e poi ci lasciavamo andare, anche sguainando all’unisono o uno di fronte all’altro con espressione concentrata e ridicola.
    A un certo punto, Lorenzo mi sale addosso, solleva il busto leggermente in modo che il mio cazzo, ora in tiro, al contatto con il suo corpo bagnato e fresco, scorresse all’interno.
    Meravigliosamente, il mio membro s’inserì con una facilità impressionante e ciò era dovuto al misto di sporco, piscio, sperma e sudore presente sui nostri copri, sul mio membro e dentro il suo retto.
    Sento che sono completamente dentro di lui, mentre ci fissiamo inebetiti negli occhi; lui è sollevato con la schiena inarcata in modo da tenermi tutto al suo interno, le sue mani sono strette alle mie, simbolo di una fiducia reciproca.
    Ma, ora che gli sono dentro al suo culetto sodo, voglio toccarlo, voglio gustarmelo, così sporco, così lerciò, così irresistibilmente dolce e nel contempo deviato.
    Posiziono le mie mani sui suoi fianchi perfetti, mentre ora si tiene in difficile equilibrio con le mani appoggiate sullo scivoloso fondo vasca.
    Me lo sto sbattendo con foga, con voglia, con piacere; dimentico dove sono, dimentico il freddo scaldandomi con il suo corpo lercio.
    I miei occhi cercano di cogliere qualsiasi dettaglio: le sue braccia tese e tremolanti nella ricerca estrema di non crollare, i suoi addominali disegnati muoversi leggermente alle mie battute in profondità, la sua espressione compiaciuta, il suo desiderio esaudito.
    “Ho freddo Lollo” e lo abbraccio stringendolo dietro la schiena; Lorenzo cede sulle braccia e le incrocia dietro alla mia testa. Ci baciamo intensamente, lasciando le nostre lingue comunicare tra loro.
    Continuo a batterlo, spontaneamente, nella più grande naturalezza, come fosse biologico, come se fosse il destino che vuole che sia Lorenzo il mio ragazzo, la mia metà.
    Ma questo è un effetto che avrà fatto a tutte le persone che l’hanno scopato, e farà a tutti quelli che si scoperà, semplicemente perché è un ragazzo troppo bello.
    “Dio mio Nicolò sei fantastico! Penso di amarti!”.
    Feci finta di nulla, non volevo dar peso a una parola pronunciata da un ragazzino, una parola che anch’io, purtroppo, tendevo ad usare con troppa superficialità e leggerezza...
    Volevo solo godermi quella scopata, sicuramente una delle più strane che avessi mai avuto fino ad ora. Volevo godermi il suo corpo sinuoso, tonico, stretto attorno al mio, fino al midollo, muscolo su muscolo.
    Però adesso la schiena sul fondo cominciava a dolermi troppo, tanto che neanche quel momento poteva farmela ignorare.
    Senza che Lorenzo potesse accorgersi del mio dolore, lo strinsi maggiormente nel mio abbraccio e lo sollevai con me uscendo, mentre gocciolavamo abbondantemente. Il suo corpo leggero non rappresentava un problema, il rischio, più che tutto, era non scivolare. Mi sollevai in piedi con lui ridicolamente stretto nella mia morsa.
    “Che fai?” chiese gentilmente;
    “Cambiamo posizione, ho freddo”;
    “Perché non me l’hai detto prima invece di alzarmi in questo modo?” chiese indispettito, ora che conosceva la motivazione;
    “Perché non ci avevo pensato”.
    Lorenzo non rispose, ma sorrise mimando con la bocca la parola “stupido”; senza mollarlo, ma tendendolo sempre tra le braccia incrociate, lo indirizzai con la schiena sul fondo, ma in modo che le sole gambe e il sedere toccassero terra, mentre schiena e spalle rimanessero leggermente sospesi tanto da infrangere appena la barriera d’acqua, ma non abbastanza da sentire il dolore della dura ceramica sommata al mio peso decisamente superiore al suo. Accompagnavamo tutto questo venendoci a dosso e rantolando al contempo senza più indugi senza complimenti e senza vergogna.
    Quindi gli entrai nuovamente; Lorenzo gemette apprezzando il pronto ritorno. Ora era lui immerso in gran parte.
    Tenevo il suo coccige leggermente sollevato, mentre il suo membro eretto si sfregava sul mio addome contratto, tanto che la cappella usciva in parte ogni qual volta le battute si facevano più violente e profonde.
    Insomma, era una posizione che mi richiedeva molta fatica, al di là del peso di Lollo e della sua elasticità fisica che facilitava il mio operato; infatti, Lorenzo pensò bene di sollevare le gambe e incrociarle in una presa flessibile sulle mie cosce.
    Gradualmente le mie battute si fecero sempre più violente, tanto che sia io sia lui dovevamo cercare di trovare difficili appoggi sicuri che ci permettessero di non oscillare troppo. Ciò non toglie che continuavamo nella nostra scopata senza che ci passasse neanche per la testa di allentare.
    Ora, invece, le mie battute si facevano rapidissime, i talloni dei suoi piedi scendevano lungo le mie cosce, i suoi addominali si contraevano al massimo: le sue grida simboleggiavano il ritorno del dolore.
    Mentre fissavo quella creatura troppo bella per essere vera, la mia stretta si fece sovrumana; in quel momento passionale, avrei potuto sollevare anche un boiler pur di continuare a scoparmi Lorenzo.
    “N-non venirmi dentro, ti prego, non venire” supplicò a fatica Lorenzo che era sull’orlo della fine.
    Non mancava ancora molto, ma abbastanza per potermi assaporare gli ultimi istanti di prese, gemiti e abbracci.
    Alcuni schizzi colpirono sul mio addome e sul petto, per gocciolare dai capezzoli sul suo corpo sottostante; senza che me ne fossi quasi accorto, Lorenzo era venuto sfregandosi sul mio addome.
    Lo guardai un’ultima volta sotto di me: il suo sguardo era contratto dalla fatica, il suo corpo teso dallo sforzo; era il momento.
    Senza preavviso, uscì durante una delle tante sbattute e velocemente m’inginocchiai davanti al suo viso.
    Lasciai che il suo corpo si depositasse sul fondo della vasca; adesso dovevo solo pensare a venire.
    Quando fui ben posizionato, infatti, mi segai per ancora una decina di secondi, poi venni sul viso, sui capelli, e, per finire, sul petto.
    Rimasi ansimante fermo inginocchiato davanti a lui, senza accennare a spostarmi.
    Anche Lorenzo, esausto, recuperava il fiato; prima che la razionalità potesse prendere nuovamente il sopravvento, io e Lorenzo ci gustammo quegli istanti a contatto tra di noi, per l’ultima volta.
    “Beh ora puoi anche toglierti da me” disse Lorenzo con la sua ritrovata aria arrogante.
    Continuai ad ansimare e a guardarlo fascinosamente.
    “Ah scusa sei ancora stanco, mi ero scordato che hai una certa età”.
    A dire il vero, stavo solo aspettando che il momento giusto, chiusi gli occhi e lasciai che le cose procedessero per il loro corso...
    “Ma che cazzo” Lorenzo fu colpito dal getto della mia lunga pisciata di fine scopata. Pensavo che non avesse più voglia e, quindi, di fargli apposta un dispiacere. Invece, appena passata la sorpresa, cominciò a passarsi le mani sul corpo, come per lavarsi, mentre parte del liquido passava come un filtro dalla bocca appositamente spalancata.
    “Sai una cosa Lollo? Mi fai un po’ schifo”.
    Così si concluse serata folle e mai più eguagliata. Una serata che mi avrebbe regalato una nuova fama, una fama che avrei scoperto presto, il sabato seguente.

    -

    Che cosa successe?
    Senza che vi delizi con le scuse rifilate ancora una volta a Massimo per continuare a frequentare quel posto, il sabato arrivai a Quinto alle ventitré meno dieci, ovvero dieci minuti prima dell’inizio.
    Parcheggiai alla buona e percorsi a veloce andatura il vialetto che separava il parcheggio dall’entrata.
    Superai di corsa anche il salone, diretto verso le scale. Esso era già stracolmo e quasi tutti i miei compagni erano seduti sulle poltrone. Intravidi Alfredo e la sua espressione ammonitrice; risposi comicamente con uno sguardo di sfida: riuscirai a farmi una ramanzina o farò in tempo? Non gli avrei mai dato questa soddisfazione.
    Davanti alla porta dello spogliatoio incrociai Flavio e Rigo che parlavano animatamente mentre scendevano le scale.
    Stavano parlando di allenamenti, poiché entrambi, se pur Flavio da più tempo, frequentavano la stessa palestra.
    Quando mi videro arrivare di corsa, mi fermarono:
    “Nick adesso arrivi? Oggi c’è un casino di gente”;
    “Eh si Flavio, ma se sto qui a parlare con te, il casino me lo fa il vecchio bastardo”;
    “A proposito del vecchio bastardo, oggi sei già stato assegnato” fece Flavio;
    “Dai, come fai a saperlo?”;
    “L’ha detto a me e a Nicolò visto che siamo gli ultimi due usciti dallo spogliatoio, anzi, adesso che ci faccio caso, penso che ti stia aspettando dentro per dirtelo” e indicò la porta con sguardo serio.
    Non compresi la situazione e domandai: “Ok, ho capito. Quindi cosa devo fare io?”;
    “Ah sì... Sei in stanza sette con Luca”.
    “Bene dai. Per lo meno, se arrivo tardi, comincia lui” dissi ironicamente.
    “Ma se è a venti metri da qui. Pensi di perderti?”.
    Sorrisi educatamente a Flavio.
    “Ho sentito che mercoledì hai fatto il protagonista in camera uno” esordì Rigo con un sorriso stampato in volto.
    Non avevo ben capito il senso delle sue parole, quindi mi limitai a dire: “Sì, ci siamo divertiti”.
    “Eccome” proseguì Marco; “Lollo e Vincenzo mi hanno fatto una testa così a raccontarmi delle tue gesta”.
    “Per dire il vero” irruppe Flavio: “Hanno fatto una testa così a tutti”.
    “Ti hanno fatto pubblicità” ribatte Marco.
    Sorrisi divertito: “Ah bene”.
    “Eh non so quanto sia bene” fece Flavio tra un misto di divertimento e preoccupazione.
    “In che senso?” domandai.
    “Beh, innanzitutto attiri su di te molta domanda e non so quanto t’interessi”.
    “Per ora abbastanza” commentai.
    “Ma soprattutto...” aggiunse senza interrompersi: “Non ti fai una grande immagine, insomma...”.
    Flavio non finì la frase ed io guardai meravigliato sia lui, sia Marco, senza ottenere risposta, neanche dai loro volti.
    “Mi state dicendo che passo per una puttana?”.
    “Ecco… Senza fare tanti giri di parole” rispose infine Flavio sorridendo, ma senza voler apparire inopportuno.
    “Ragazzi, se sono bravo non è colpa mia” dissi raggiante, cercando di non fargli preoccupare della loro onestà: “Anche per me è solo denaro sapete. Non è che lo faccio perché mi piace. Poi, se posso divertirmi un po’ mentre lo faccio, perché no?”.
    “E’ così?” domandò Flavio scettico.
    “Certo, cosa pensi? Che lo faccia perché mi piace?” stavolta fui meno comprensivo.
    “Non dico questo” si affrettò a rispondere Flavio: “Alla fine è normale che chi è nuovo ci provi un certo gusto. Anzi, sarebbe tutto più difficile se non fosse così”.
    Quindi ci lasciammo concordi su quest’ultima dichiarazione: loro scesero ed io entrai nello spogliatoio.
    Non ebbi molto tempo di riflettere sull’argomento perché lo avevo già fatto più volte in precedenza, anche se, in questo caso, erano gli altri a invitarmi a occuparmene.
    Non potei farlo, perché all’interno dello spogliatoio c’era Nicolò seduto con le braccia sulle cosce il quale, quando mi vide entrare, mi fissò tristemente.
    “Ciao” fece;
    “Ciao Nico” risposi cordialmente.
    “Tutto bene?”;
    “Certo, tu?” dissi sorridendo;
    “S-si”.
    Perché era così nervoso? Non mi ero subito ricordato della lite di qualche sera precedente, accantonata da altri avvenimenti.
    Alcuni flashback tornarono nella mia mente, come un ologramma che si manifesta all’improvviso per entrambi.
    Feci finta di nulla, sedetti accanto a lui e mi spogliai in fretta.
    “Oggi cominci con Luca” mi fa, sempre con aria sommessa.
    “Si lo so, me l’ha detto Flavio un attimo fa” risposi educatamente, mentre mettevo il vestito.
    “Ah...”.
    Stavo per uscire dalla porta quando Nicolò si affrettò a dire: “Scusami per l’altra volta, era una giornata di merda”;
    “Non ti preoccupare, me ne ero già dimenticato. Tutto come prima…” dissi sorridendo.
    Presi il manico della porta, mi accinsi ad aprirla…
    “Nicolò posso parlarti un secondo?” chiese ansiosamente;
    “Basta che sia un secondo perché sono già in ritardo” risposi, stavolta serio.
    “Si si”.
    Mi diressi nuovamente accanto a lui e mi sedetti a suo fianco.
    Nicolò guardava verso il pavimento e non si decideva a cominciare.
    “Nicolò c’è qualche problema?” domandai;
    “No...” rispose secco, sempre senza alzare lo sguardo.
    “Allora perché sei così? Sei sicuro di star bene?” chiesi comprensivo;
    “Sì, sto bene”;
    “Nicolò, stai parlando con me, sono io, insomma, ti ho fatto qualcosa? Ho fatto qualcosa che non dovevo?”.
    “Beh” prima cercò di legare il discorso poi rinunciò: “No”.
    Persi la pazienza: “Eh vabbè, ascolta io sono di fretta, quando vorrai dirmi sta cosa sappi che sono a tua disposizione”. Mi alzai in piedi diretto verso la porta.
    “E va bene io te lo dico” rispose sempre più nervoso. Lo guardai preoccupato.
    “Però, dopo…” e non riuscì a terminare la frase.
    Per la prima volta mi lanciò un’occhiata, senza ricevere probabilmente le risposte che cercava, in seguito spostò lo sguardo verso il muro.
    “Mi piaci” disse secco, come per levarsi un peso dallo stomaco.
    Rimasi di merda; non immaginavo né di piacergli né che avrebbe potuto dirmelo senza giri di parole, in modo così triste.
    Mi guardò: era nervosissimo e stava tremando. Aveva paura di una mia qualsiasi reazione, ma anch’io ero più spaventato dalla sorpresa che felice di sapere la verità.
    “Ecco io te l’ho detto, almeno…”;
    “Ne riparliamo” lo interruppi cercando di sorridere disteso.
    “Non sai quanto mi è difficile…” prosegue: “Non vorrei che tutto finisse quando uno di noi due lascerà questo posto”.
    Voleva sfogarsi, ma io non ci tenevo a starlo a sentire; non ero pronto.
    “Ne riparliamo, ok?” insistetti.
    Ottenni un assenso e colsi la palla al balzo per uscire da lì.
    “Nicolò” mi fece ancora.
    Mi girai un’ultima volta per vederlo fare segno di silenzio con l’indice davanti alla bocca.
    Finalmente potei uscire e indirizzare verso la stanza numero sette.


    Certo che alle persone non è concesso il tempo di pensare, di riflettere.
    In questo caso fui scaraventato, ancora sotto shock, all’interno della stanza, già occupata dai due clienti di quella sera e Luca.
    Era una coppia molto particolare in quanto, il primo era messicano, Carlos, ragazzotto di ventiquattro anni: rasta, mulatto, bocca pronunciata, naso largo, vestito con colori accesi. L’altro, era una lei.
    Denise era il suo nome e aveva diciassette anni, entrata dichiarandone uno in più, complice la tipica mancanza di controlli di Alfredo. Era una ragazza molto carina, dai tratti mediterranei. Il suo viso ricordava quello della modella brasiliana Adriana Lima. Il fisico era delicato ma snello, la pelle olivastra, i capelli castani, con colpi di sole, gli occhi marrone e naso a patata. Era poco più alta del metro e settanta, insomma, una ragazza che sicuramente mi avrebbe attratto anche al di fuori.
    “Che sboro ti xe rivà” sbottò con effetto esilarante e in perfetto veneziano Carlos. O almeno, in una situazione normale mi avrebbe certamente divertito, ma in quel momento quel presunto idiota m’infastidiva.
    “Dai Carlos” fece Denise.
    Tipico atteggiamento della ragazza che vuole far bella figura, ma che è perfettamente d’accordo con il partner, pensai.
    “Scusate il ritardo, ma c’è traffico”.
    “C’è traffico anche per noi” disse provocatoriamente Carlos.
    Lo guardai con aria di sfida. Intervenne Luca:
    “Cosa ci fa un affascinante ragazza in questo posto?” chiede gentilmente.
    Lei sorride compiaciuta, ma prima che potesse rispondere, Carlos interviene nuovamente:
    “Eh frocetto, vedi di star calmo che quella xe a me fia”.
    A differenza mia, Luca fece finta di niente, come se fosse abituato a certe idiozie.
    Luca, ragazzo di diciannove anni, è uno dei ragazzi più richiesti del bordello. Intrigante, con i capelli mori ingellati pettinati all’indietro, bocca scarlatta, lineamenti sinuosi e occhi scuri e seri. Era considerato da molti un tipo misterioso. A me invece sembrava semplicemente un ragazzo tranquillo e poco invadente.
    “Smettila adesso Carlos” gli fa Denise, ora più indispettita.
    “Scusami amore, è che è più forte di me” rispose ridendo inopportuno.
    “Comunque siamo qui per una scommessa di poker”.
    Dopo le presentazioni di rito, Denise ci parla di come qualche settimana prima, i due e un’altra coppia di fidanzati, avessero giocato e, all’ultima mano, convinti di aver vinto, Carlos e Denise accettarono di scommettere che, in caso di sconfitta, avrebbero realizzato un video osé in cui Denise avrebbe fatto sesso con degli sconosciuti, mentre Carlos gli avrebbe filmati e, come se non bastasse, avrebbero visto tutti e insieme riuniti. Una scommessa estrema, difficile da credere.
    Durante il racconto, Denise era sicuramente emozionata, mentre Carlos era più che tutto arrabbiato di aver perso.
    “E avete accettato?” chiesi incredulo;
    “Una promessa è una promessa” rispose lei;
    “Se aveste perso avrebbero dovuto farlo loro?” domandò Luca;
    “No, perché, cazzo, avevamo una mano imbattibile, in teoria… E anche se gliela abbiamo chiesto, loro hanno detto che non volevano” irruppe Carlos.
    “Quindi abbiamo scommesso solo noi, sicuri di vincere” concluse Denise;
    “ E questo non avrebbe dovuto suggerirvi qualcosa? Comunque, che carte avevano in mano per avervi battuto?”;
    “Lasciamo stare” fece Carlos.
    “Ah si vero?” fa Denise rivolta al suo ragazzo: “Sono sicuro che vinciamo tesoro, ho fatto il mio calcolo infallibile” disse imitando grossolanamente la voce del messicano.
    “Si vede che non è una cima in matematica” fece Luca;
    “Strano, ha un’aria così intelligente” aggiunsi io;
    “Dai fioi basta” ci pregò lui.
    “Insomma che dovremmo fare?” chiesi a Denise.
    “Le solite cose… Quello che si fa normalmente”.
    “Non ci sono regole fissate da loro?” domanda ancora Luca.
    “Niente di particolare...”.
    Prima che tutto potesse diventare ancora più imbarazzante, dissi:
    “Ma perché siete venuti proprio qui, in questo bordello?”;
    Denise mi guardò con aria dubbiosa.
    “Scusa” cercai di spiegare meglio il senso della domanda: “Lo sapete che noi siamo gay?”;
    “Bisex” aggiunse Luca.
    Denise non rispose a me, ma al mio collega: “Certo abbiamo chiesto due bisex, e hanno mandato voi”.
    “Hanno mandato noi eh” feci tronfio, con l’intento di far ridere Denise. Per mia soddisfazione, ridacchiò divertita delle mie smorfie; la sua risata era inebriante.
    “Ma quello che voglio dire è: perché proprio in un bordello di omosessuali?”.
    “Beh, Carlos ha pensato che gli etero ci avrebbero messo insomma… Più voglia… Come spiegarmi: magari a uno come te non piace tanto quanto a un etero…”.
    “Ahn, ha senso” feci io che avevo capito più di quanto tentasse di spiegarmi. Carlos pensava che i bisex sono tendenzialmente portati a preferire un rapporto omosessuale più degli altri, un errore comprensibile. Con questa logica, sarebbe stato più digeribile vedere la propria ragazza nelle mani di un altro. Pensavo, a ragione di Carlos, che in effetti un ragazzo di bassa lega come lui facesse bene a preoccuparsi. Denise era a mio parere una conquista sopra le sue possibilità. Un vero colpaccio del messicano. Ritenevo, senza dubbio, che potesse ambire decisamente di meglio, pur non avendo una stima particolare per lei.
    Per un attimo smisi di prestare attenzione alla ragazza seduta sul bordo del letto per punzecchiare il suo ragazzo stravaccato sul baldacchino.
    “Eh tu, non vuoi quindi partecipare?”;
    “Eh? Non dovete provate neanche a toccarmi brutti froci!”;
    “Carlos!”;
    “Stai tranquillo che non ti tocca nessuno” risposi pacato; intanto noi ci scopiamo quella gnocca della tua fidanzata, stronzo.
    “Devo ammettere che ci hanno mandato due veramente… Prestanti” disse sorniona Denise per cambiare subito argomento.
    Ci limitammo a sorridere.
    “Vuoi vedere il resto?” chiesi spavaldo. Denise rispose con un movimento del capo.
    Allora ci levammo la vestaglia, lanciandola sulle sue gambe.
    “Ciao… Hai visto Carlo? Che fisici… E guarda li… Ti fanno concorrenza” disse Denise entusiasticamente.
    Anch’io vidi il corpo di Luca per la prima volta: era snello, olivastro, ben formato e leggermente segnato. Il suo membro barzotto mi faceva pensare che avrebbe potuto raggiungere tranquillamente i venti centimetri.
    “Ah, il moretto no di sicuro. L’altro ha qualche possibilità di starmi dietro” disse con estrema tranquillità, senza nessuna emozione nella voce. Si potrebbe paragonarlo a un bambino che, insieme agli altri compagni di squadra, si misura sotto la doccia per stabilire chi è il re della collina.
    “Sì, ma guarda i loro fisici! Ciao! Sono molto più tonici di te” insistette Denise;
    “Se adesso! Si terranno più in allenamento, ma al mio massimo sono molto meglio di loro, insomma lo sai no?”.
    “Non ricordo da un po’ il tuo massimo Carlos…” disse divertita;
    “Vabbè basta Denise che ci metti in imbarazzo” intervenni. Denise sorrise mostrando i suoi denti splendenti, poi abbassò la testa e ci chiese dolcemente: “Ragazzi io non ho mai visto dal vivo due gay e mi piacerebbe tanto, insomma, come lo fanno…”.
    “Ci stai chiedendo di fare sesso?” chiesi cercando di mostrarmi naturale.
    “Voglio solo vedervi baciare”.
    L’effetto fu comunque strano; Denise era la prima ragazza a venire a sapere della mia doppia sessualità e, soprattutto, era la prima a volermi vedere all’opera in questa veste.
    “Va bene” risposi senza far intravedere il mio disagio.
    Mi girai verso Luca, che era già pronto; mi prese sui fianchi e mi baciò senza indugi.
    Si soffermò per poco sulle mie labbra; sentivo il suo fiato lento e profondo, sentivo il silenzio della stanza, sentivo la voglia di baciarlo ancora.
    Guardai i suoi occhi magnetici: ora non era più serio, era rilassato, mi lasciai trasportare in uno stato panteistico.
    Luca entrò nella mia bocca dolcemente, esplorandone la parte superiore ed io risposi al suo stesso modo. Il suo alito profumava di menta e la sua lingua mi rinfrescava il gusto.
    Lo presi sotto le ascelle; poi, con la mano sinistra, toccai la parte inferiore della testa.
    Adesso gli stringevo, senza fargli male, la testa ed entravo con la lingua con ingordigia in profondità.
    I nostri baci rumorosi simboleggiavano il piacere di quel momento, piacere che fu rotto dal ridacchiare di sottofondo di Carlos.
    Carlos rideva di noi.
    Luca fece finta di niente e continuò a baciarmi, passando le mani sulle mie natiche e accarezzandole con passione.
    “Lascialo stare Nicolò, goditi il momento, come sto facendo io”. Mi parlò con un dolcezza contagiosa, rincarata dal soffio del suo respiro. “Aspettavo questo momento da quando sei arrivato. Speravo di avere questa possibilità”.
    Mi sciolse il cuore; non sentivo in lui amore, ma il desiderio disinteressato, romantico e passionale di possedermi una volta, senza che ci fosse niente.
    Forse questo era quello che volevo, invece di quello che, probabilmente, desiderava Nicolò. Non era però il momento di pensarci.
    Anch’io ora accarezzavo le sue natiche morbide ma sode; per un momento pensai che Luca fosse una persona eccezionale, con cui avrei potuto avere un rapporto sincero, poi però rovinò tutto.
    “Mi hanno parlato tutti benissimo di te, dicono che sei fantastico, se non il migliore”.
    Ancora con questa storia? Ora il mio entusiasmo diminuì notevolmente perché dubitai delle sue precedenti parole, soffermandomi su queste.
    Comunque, continuai a limonarlo, perché, al di fuori del resto, Luca era un abile baciatore.
    Smisi solo quando Carlos, che solo ridendo non otteneva soddisfazione, rincarò la dose dicendo: “Dai guarda che froci! Non si possono proprio vedere!” smisi di baciare Luca e ripresi il vestito da terra.
    “Cosa fai Nicolò? Dai, lascia perdere!”.
    No caro Luca, di certo tu non mi puoi convincere, pensai.
    Presi la vestaglia e, senza neanche mettermela addosso, mi accinsi a uscire.
    Ecco che allora sento correre dietro di me; è un passo leggero, quello degli stivali di Denise.
    Finsi di non sentirla e arrivai alla porta. Mi batte sulla schiena nuda.
    Mi giro e lei si affretta a scusarsi per il comportamento del partner.
    “Io non mi faccio prendere per il culo da nessuno! Figurarsi dal grezzo del tuo fidanzato!” sbottai vivacemente in modo che potesse sentirmi e che gli fosse chiaro che il mio intento era proprio quello di provocarlo.
    “Ehi!” si limitò a rispondere lui, più divertito che altro.
    “Si, ok, hai tutte le ragioni di questo mondo. Ma per favore, non andartene”.
    Alla mia espressione contrariata, lei si affrettò ad aggiungere: “Fallo per me” e mi guardò con ricercatezza, andando a segno.
    Come avete ben capito, la mia indole era sempre stata portata a cedere. In quel momento il mio orgoglio era ferito, ma non sapevo quale fosse la ragione. Era la prima volta che una persona mi offendeva direttamente per il fatto che fossi gay.
    Ma io sono gay? Questo mi chiedevo. Ero incazzato perché ero offeso in quanto gay e, quindi, perché difendevo tale “status” o ero incazzato perché ancora pensavo come se fossi etero e non volessi essere giudicato deviato? Non lo sapevo e ora capivo ancora di più perché mi trovassi in difficoltà con Nicolò.
    Ma affronterò più avanti questo problema: ora voglio parlarvi di quella particolare serata.
    “Come fai a stare insieme a un coglione così?!” chiesi con lo stesso tono di prima, ma facendoli intendere come, comunque, non sarei scappato via.
    “Magari adesso ti sembra così, ma in fondo è una bella persona” disse dolcemente.
    “Molto infondo” risposi ritrovando la calma.
    Denise ora mi stava accarezzando il petto, mentre continuava a sorridermi come al solito, con l’arcata superiore della bocca in bella mostra.
    “Dai… Adesso mi faccio perdonare” disse sensualmente, senza mai smettere di sorridere.
    “Ma tu non devi farti perdonare di niente è lui che dev…” , ma fui interrotto da lei che aveva preso a succhiarmi un capezzolo.
    Oddio, avevo quasi dimenticato la differenza tra il tocco leggero di una ragazza e quello deciso di un uomo, per non parlare del suo profumo; come se avesse fatto il bagno dentro la confezione.
    La guardai con aria di superiorità, come in genere facevo con tutte le ragazze con cui ero uscito, pronto a sfoggiare le mie carte.
    “Ora ti faccio vedere come siamo bravi noi gay a scopare”;
    Denise rise per poi allargare le braccia e avvinghiarmele dietro al collo, infine mi schioccò un bacio sulle labbra.
    Misi la mano sui suoi pantaloni e, sempre guardandola negli occhi, cominciai a sfilargli, con una sola mano destra, i bottoni, mentre con l’altra l’abbracciavo.
    “Denise ma non t’imbarazza un po’ fare questa cosa?” chiesi sottovoce;
    “Un po’” rispose subito: “Ma poi penso a voi due”.
    Ora, anche Luca si era avvicinato, pronto ad avere la sua parte.
    “Ma poi dovrai vederlo con i tuoi amici…” dissi.
    “Già immagino quanto sarà invidiosa la mia amica quando lo vedrà”. Risi di gusto. Denise era proprio sorprendente; peccato averla conosciuta in quell'occasione.
    La liberai dall’abbraccio e lasciai che anche Luca potesse averla. Subito si fiondò sul seno; la teneva di spalle e lei si appoggiava con la schiena sul suo petto. Denise aveva la testa girata novata gradi a sinistra e limonava già con Luca.
    Ora che avevo le mani libere, potevo concentrarmi sulle sue zone erogene: riuscì ad aprirli i jeans e, grazie all’aiuto di Denise stessa, a levarglieli con gli stivaletti: restava solo il reggicalze.
    “Tesoro preparo la videocamera” la voce di Carlos giunse fuori campo.
    “Mmm… Si” rispose tra un bacio e l’altro con Luca, il quale ora gli stava palpando selvaggiamente il seno e strusciando il membro sulle mutandine di pizzo.
    Era possibile che Carlos non provasse fastidio, gelosia o invidia? Possibile che non ci temesse per niente?
    Se non mi riteneva all’altezza, ora avevo uno scopo per questa serata: far invaghire di me Denise? No, questo non era difficile. Volevo che Carlos si spaventasse.
    Presi il reggicalze dalla parte superiore e lo strappai.
    “Nicolò!” fece Denise meravigliata.
    Cercai lo sguardo del fidanzato che stava bevendo una birra in bottiglia mentre frugava nella borsa.
    Mi fissa stupito e continua a sorseggiare.
    Gli sorrido sinistramente e, con la mano destra, accarezzo le mutandine bianche di Denise.
    “Senti come sei calda” dico, ma sempre guardando il compagno.
    Luca, nel frattempo, gli sfila la felpa, lasciandola solo in intimo.
    Continuo ad accarezzare le mutandine, Luca gli stringe appena i capezzoli, sempre alle sue spalle.
    I respiri della ragazza si fanno più concitati; io intanto la osservavo: Denise era una bellissima ragazza, aveva delle gambe morbide e carnose, un sedere sodo, delle mani piccole e delicate e un viso solare e accattivante. Qualche imperfezione, forse era rintracciabile nella zona ventre, non perfettamente piatto e per il seno piccolo. Ma, per i miei gusti, erano dettagli di poco conto.
    Infine, gli sfilo le mutandine insieme a quello che rimaneva del reggicalze. Luca gli apre il reggiseno. Mi alzo e la stringo a sandwich tra me e lui.
    Ora è Luca che le accarezza la fica, mentre io gli palpo il sedere, ed entrambi lo strusciamo sulla sua pelle liscia.
    Denise, intrappolata tra di noi, guarda goduriosa verso la mano di Luca che si muove indagatrice, mentre io soffio dolcemente sul collo.
    “Ti fai la lampada?” chiese Luca inopportuno, anche se la pelle di lei era sospettosamente abbronzata.
    Non rispose.
    “Denise” chiamai sensualmente. Lei sollevò leggermente lo sguardo; avevo la sensazione che avessi una corsia preferenziale rispetto al mio compagno, ma poteva essere solo l’immaginazione.
    “Facciamo divertire i tuoi amici” dissi sempre dolcemente al suo orecchio, ma in modo che anche Luca potesse sentire.
    Denise sorrise e disse a voce alta: “Carlos preparati”, poi entrò in bocca.
    “Uhm… Ok” rispose dopo essersi scolato tutta la prima bottiglia e tenendo la telecamera spenta nella mano sinistra.
    Luca ed io portammo Denise a stendersi sul letto supina; io rimasi vicino alle sue zone erogene, mentre Luca s’inginocchiò sopra di lei, salendo in direzione del viso.
    In meno che non si dica, il membro di Luca veniva lavorato dalla lingua sapiente di Denise, mentre solo ora Carlos accendeva il registratore.
    Mentre Luca gli scopava in bocca, io m’inginocchiai in mezzo alle sue gambe e, sempre accarezzandole, mi chinai sulla sua fica cominciando a soffiare sopra e a inumidirla. Il movimento di gambe e braccia accompagnavano l’amplesso.
    Carlos, da buon operatore, s’aggirava per la stanza con la videocamera sul viso, regalando agli amici una buona panoramica degli avvenimenti.
    Era paradossale come si soffermasse per alcuni minuti su un primo piano di Denise occupata con Luca, per poi staccare e riprendere da vicino me che leccavo.
    Mi sembrava che quasi si divertisse; insomma, non aveva fumato e aveva bevuto una sola birra fino, anche se, quando si avvicinava al comodino, coglieva sempre l’occasione per sorseggiarne ancora.
    Ricominciai ad accarezzargli la fica con la mano destra, alternando ad alcune leccate che potessero ulteriormente inumidirla.
    Intanto, Luca si era posto più su, in modo che il suo membro entrasse in gran parte in gola, obbligandola a inghiottire.
    I suoni gutturali della bocca di Denise aumentarono la mia eccitazione e mi decisi a passare di livello: cominciai ad infilargli nella bocca della vagina indice e medio, mentre contemporaneamente, con le due stesse dita della mano sinistra, gli massaggiavo il clitoride.
    All’inizio entravo con le punte, poi, quando notai che involontariamente Denise allargava le gambe, entrai in maggiore profondità.
    Io ero rispettoso nei suoi confronti, ma quando Carlos si avvicinava con la videocamera, appositamente aumentavo la focosità delle operazioni, in modo da cercare di infastidirlo, ma vanamente.
    Ciò che invece producevo, per mia soddisfazione, erano l’estasi di Denise che, sempre occupata ad ingoiare, manifestava il suo piacere stringendo con vigore i fianchi di Luca e stendendo e piegando le gambe in continuazione.
    Proseguimmo così per lunghissimi minuti, tanto che i suoi umori imbrattavano la mia mano, che leccavo ingordo.
    Luca cominciava a sudare e gemeva di piacere con Denise che succhiava rumorosamente producendo un suono acquoso.
    Luca prese l’iniziativa e si alzo per primo, Denise si staccò da me e lo seguì.
    Ora Luca era in piedi sul tappeto e lei in ginocchio ricominciò come prima.
    La guardai intensamente, chiedendomi cosa avrei potuto fare; fissavo il suo viso sexy preso sul da farsi.
    Cosa potevo fare per sorprenderla? Ebbi la risposta.
    M’inginocchiai vicino a lei. Denise si fermò e mi guardò; solo allora presi il membro di Luca con la mano sinistra e cominciai a leccarlo.
    Un sapore diverso invase il mio palato. Luca apprezzò l’iniziativa e gemette sorpreso.
    Con la coda dell’occhio vidi Denise fissarmi beatamente e incuriosita, poi notai che si toccava.
    Decisi di farla eccitare di più e volontariamente deglutì in continuazione, in modo da produrre un suono schiumoso.
    Denise continuò a toccarsi, senza più nascondersi, lasciando trasparire le sue emozioni.
    Pensai che avrebbe voluto partecipare, ma che non sapeva ancora come.
    Quindi mi disposi lateralmente al cazzo di Luca, leccandogli l’asta dalla parte sinistra. Ora guardavo Denise cercando di farli intendere che volevo che facesse lo stesso dalla parte opposta.
    Inizialmente, lei non comprese , quindi sforzai di muovere gli occhi da lei verso il membro, fino a che capì.
    Si aggiunse timidamente dalla parte destra e insieme ricominciammo, dalla base fino alla punta, soffermandoci più tempo sui testicoli e sul glande.
    A volte le punte delle nostre lingue si toccavano; cercavamo di muoverle in sincronia in modo che succedesse spesso.
    A un certo punto, Denise allungò la sua mano su di me, accarezzando i testicoli; non ci vidi più e la presi per i fianchi.
    Mi alzai in piedi sollevandola e la penetrai, mentre lei, quasi involontariamente piegava le gambe dietro le mie cosce e incrociava le braccia dietro al mio collo.
    Cominciai a batterla violentemente; era passato un bel po’ dall’ultima volta che ero entrato nel caldo, confortevole scrigno di una donna.
    Il suo corpo danzava su di me, le palle tuonavano sul sedere, le mie battute erano forti e feroci.
    “Nicolò aspetta” balbettava lei tra un gemito e l’altro. Io finsi di non sentirla e continuai.
    “Nicolò aspetta sei pazzo!” urlò già più forte.
    Che cazzo voleva? Mi chiesi non comprendendo perché volesse interrompermi.
    “Coglione fermati!” adesso anche Carlos interveniva. Pensai che finalmente l’avessi fatto ingelosire, motivo in più per continuare. Per questo, proseguì ancora con maggiore impeto, tanto che avrei potuto terminare da un momento all’altro.
    “Nicolò il preservativo!” urlò Denise con tutte le forze che possedeva .
    Eppure non mi fermai, continuai a fotterla violentemente, limitandomi a dire: “Stai tranquilla, so quando smettere”. Lo sapevo davvero?
    Carlos mi prese il braccio e lo strattonò violentemente, tanto che fui costretto a far scendere Denise e allontanarmi.
    “Deficiente non vedi che ti ha detto di no? Cosa volevi fare? Testa di cazzo!” Carlos era comprensibilmente fuori di sé.
    Lo guardai snobbandolo e sfidandolo; ero assolutamente in errore, ma non volevo dargliela vinta.
    Inaspettatamente Denise, per sedare il pericolo, si affrettò a mettersi in mezzo e dire: “Tranquillo Carlos, non è successo niente” e cercò di allontanarlo.
    Carlos mi fissava furente, ma cominciava ad indietreggiare.
    “Carlos calmati” insistette lei: “È tutto a posto”.
    Quando Denise comprese che il pericolo era scampato, si riavvicinò a me. Io continuavo a guardare Carlos con un ghigno sul viso.
    “Nicolò sei un bastardo” disse sottovoce lei. La osservai un attimo e lessi nei suoi occhi il desiderio di riprendere. Feci un impercettibile occhiolino per poi guardare trionfante il suo ragazzo.
    Carlos era ancora impietrito, con la faccia paonazza; spinsi delicatamente le spalle di Denise, per fargli capire che volevo entrasse in bocca. Denise non oppose resistenza e si chinò.
    “Mmm…” . Simulai un profondo orgasmo e gemetti quando la sua bocca cominciò a trangugiare i miei centimetri, sempre allo scopo di far andare il messicano su tutte le furie.
    Denise succhiava voracemente, la sua testa era ora più vicina, ora più lontana. Non guardavo il suo servizio, ma tenevo la mano destra dentro i suoi folti capelli castani che scendevano fino al seno. Ogni tanto era costretta a togliersi alcuni capelli dalla faccia perché entravano in bocca mentre si muoveva.
    “Ehi, filma” ordinai provocatoriamente a Carlos che aveva la videocamera accesa indirizzata al pavimento, ancora troppo arrabbiato.
    Di risposta Carlos indurì la mascella e strinse la mano sinistra a pugno, poi indirizzò la videocamera su di noi.
    Nel frattempo, Luca non aveva perso tempo e, seduto a lato del letto, bagnava la mano con la saliva per poi lubrificare l’attrezzo.
    Strappò una delle confezioni di preservativi dentro al cassetto del comodino e si preparò a infilarlo.
    Stava attirando la mia attenzione: il suo corpo mi seduceva, non so perché, ma comunque non lasciai che la pulsione di raggiungerlo mi sovrastasse.
    Bello e sistemato, Luca si alza e si dirige verso di noi.
    “Dobbiamo spostarci?” gli chiesi;
    “Non ho bisogno”.
    Luca si china dietro a Denise, gli alza il coccige e penetra.
    Il colpo non la lascia indifferente; smette di ingoiare e rimane in attesa.
    Luca si alza in piedi tenendo tra le mani il suo bacino, poi le fa scivolare sulle gambe di lei tenendole tese. Infine, ricomincia.
    Tale posizione richiedeva un enorme sforzo da parte di lei che si teneva ancorata con le mani ai miei fianchi e, intanto, continuava a ingoiare.
    Ciò non toglie che anch’io facessi la mia parte, segando il mio membro.
    Luca la sbatteva con graduale intensità; il suo sguardo era concentrato sulla presa ed era attento a non esagerare.
    Ma Denise presto volle cambiare posizione e, allora, ci mettemmo sul letto.
    Luca si sedette sul cuscino a gambe divaricate, si toglie la protezione e Denise, per l’ennesima volta, lo trangugiò. Dopo che anch’io mi fui sistemato il preservativo, mi allungo sul corpo di Denise a pecorina e lo infilo.
    Fin da subito, come nella situazione precedente, comincio con ferocia e Denise sembra apprezzarlo maggiormente rispetto alla gentilezza che aveva messo prima Luca.
    La scena che la videocamera riprendeva avrebbe sicuramente fatto il suo effetto: ora avrebbe inquadrato Luca gemere soddisfatto e Denise violata in bocca e nella vagina. Non sarebbe stato tutto.
    Infatti, non ero ancora soddisfatto; non solo Carlos era tornato tranquillo, ma soprattutto avrei voluto applicare le mie nuove esperienze anche in quel contesto.
    Alla fine mi decisi; staccai la mano destra dalla presa e cominciai a leccare le dita: infilai due centimetri dentro al sedere di Denise.
    Per la sorpresa, quest’ultima sobbalzò e si girò a guardarmi. Risposi con un sorriso e ripresi ciò che stavo facendo.
    Ora anche Carlos si era accorto della mia manovra; in un primo momento non disse nulla, poi , quando il mio dito entrò più in profondità, scomparendo per la maggior parte, cominciò a innervosirsi.
    “Denise! Denise perché gliel’ho lasci fare?”.
    Lei non lo badava e continuava a lavorare voracemente Luca.
    Con un colpo secco infilai tutto il dito all’interno. Lei fece un urlo strozzato e violentò Luca con la mano.
    “Denise!” fece Carlos;
    “Che c’è?!” rispose infastidita;
    “Fermati cazzo!”;
    “Stai tranquillo”.
    Cominciai con il secondo dito.
    “No che non sto tranquillo”;
    “E’ solo un gioco, rilassati”;
    Indice e medio si muovevano agevolmente.
    Carlos mi guardò e io indicai con la mano sinistra prima le mie parti intime, poi quelle della sua ragazza.
    A quel punto Carlos non ci vide più.
    “No Denise basta, non te lo permetto!” ora aveva smesso anche di riprendere.
    “Non rompere il cazzo Carlos e mettiti a riprendere”.
    “No dio***, non lascerò che quel finocchio te lo inficchi nel culo, non fare la troia!” Carlos era incazzato nero.
    Ma Denise lo era ancora di più; si scusò con Luca e poi si alzò in piedi per mettersi davanti al suo ragazzo: “Cosa hai detto? Come mi hai chiamata?”.
    La ragazza, arrivava a malapena all’altezza delle spalle di Carlos.
    “Non puoi farlo… Neanche io...” Carlos era ancora molto arrabbiato, ma la reazione di Denise l’aveva decisamente spaventato, visto che ora le sue parole erano pronunciate con un tono più delicato.
    “Mettitelo in testa, tu non decide per me hai capito?“;
    “Ma... Ma vuoi davvero farlo?”;
    Denise si girò e mi guardò con aria preoccupata: “Fa male come dicono?”;
    Io risposi con una smorfia, come per dire: “Non così tanto”;
    “Mi prometti che farai attenzione?”.
    Il mio cazzo si raddrizzò per l’eccitazione.
    Risposi con un sorriso e la invitai a rimettersi come prima.
    Lei si pose a pecorina senza smettere di guardarmi, mentre io ero in piedi sul bordo del letto.
    “Luca sai cosa fare” dissi.
    Lui si dispose a sessantanove sotto di lei, che però stavolta non lo prese, mentre lui senza complimenti leccava le grandi labbra.
    Denise muoveva leggermente il sedere verso di me, invitandomi a cominciare. Lo avvicinai e cominciai a strusciare la cappella sul bordo.
    Denise non badava al membro di Luca, troppo preoccupata di ricevermi. Volli aumentare la sua acquolina. Presi a leccarli il bordo anale e, allo stesso modo, inserì la lingua al suo interno. Denise gemeva, mentre sotto di me sentivo Luca abbeverarsi.
    Lo scossi, poi lo indirizzai.
    Entrai appena appena con la punta: si aprì e io, supponendo il piacere, rallentai la penetrazione.
    Guardo Carlos che filma: il suo viso è contratto dalla rabbia, preludio di una sconfitta ormai registrata.
    Fu proprio la suspense di Carlos che m’invitò a penetrare più profondamente. Ora alcuni centimetri erano dentro. Il retto mi respingeva: feci altra pressione e guadagnai terreno. Mi fermai lì, muovendomi lentamente al suo interno.
    Poi, ripresi a scavare poco alla volta.
    “Per favore fermati, è al limite” pregò lei.
    “Non puoi immaginare neanche quale sia il limite” risposi composto.
    “Non vuoi mica entrare tutto?!” chiese preoccupata.
    Sorrisi e gli diedi una frustata dall’interno, tanto da avanzare ancora.
    “No!” urlò lei: “Hai detto che non mi farai male!”.
    Anche Carlos era in agitazione, ma non si arrischiò a intervenire ancora.
    “Farò il possibile”.
    Mi guardò facendo una smorfia poco convinta.
    “Distraiti un po’ con Luca e godi il momento”.
    Dopo un po’, prese a succhiare voracemente il membro del mio compagno e io potei concentrarmi.
    Senza accorgermene, era all’interno per metà, ma ora iniziava la parte più dura.
    Riuscì a entrare ancora, ma impiegando tanto.
    Perdonami Denise, pensai, e, sperando di non esagerare, spinsi con tutto me stesso e fui dentro in un colpo solo.
    Prima silenzio, poi un urlo straziante squarcia la camera.
    Sentivo caldissimo al suo interno e come un vuoto nella parte superiore del membro.
    Denise urlava e ansimava come se dovesse svenire; cosa potevo fare? Pensai alla cosa più ovvia.
    Cominciai a muovermi velocemente, mentre lei continuava a inghiottire aria. Non mi piaceva l’idea che stesse soffrendo, ma pensai che in questo modo presto si sarebbe abituata.
    Carlos rimase impietrito, indeciso sul da farsi; poi si mosse verso il letto convinto di staccarmi dalla ragazza.
    “Allontanati Carlos! Vai via!” urlò con mia sorpresa lei con gli occhi lucidi.
    Aveva capito. Quindi, ricominciò con Luca.
    Ho vinto Carlos. Sbattevo e sbattevo; il suo sedere era violaceo per i colpi tonanti. Anche lei percepì l’evoluzione della situazione e le sue urla di dolore piano piano lasciarono spazio a gemiti di approvazione e incitamento.
    Ero eccitato dalla sensazione di scoparmi totalmente una ragazza bellissima. Ancora una volta, nel giro di poco tempo, avevo sperimentato con soddisfazione qualcosa di nuovo.
    La sbattevo senza più nessuna esitazione; la mia violenza era quasi irrispettosa ma Denise apprezzava essere così posseduta.
    “Grazie… Grazie…” ripetevo sommessamente. Poi venni.

    Edited by ancient lover91 - 24/12/2016, 08:13
     
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  2. µGurthµ
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    senza dubbio i tuoi racconti sono i migliori mi piacciono sempre da morire!
     
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  3. Prrri
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    sei in assoluto il migliore!!
    perché non hai partecipato al concorso letterario??
    non ti piace vincere facile :D
     
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    :)
    No grazie, non mi interessa partecipare a concorsi. L'unica cosa ke mi importa è scrivere racconti che vi piacciano ;)
     
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    Questo 6° episodio e incredibilmente eccitante complimenti stai proprio facendoci vedere tutte le facce di un bordello quasi come le stessimo vivendo dal vero peccato che ne mancano solo due alla fine.Spero che però continuerai a scrivere sei un grande.
     
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    CITAZIONE (Robyswich65 @ 6/12/2011, 02:12) 
    Questo 6° episodio e incredibilmente eccitante complimenti stai proprio facendoci vedere tutte le facce di un bordello quasi come le stessimo vivendo dal vero peccato che ne mancano solo due alla fine.Spero che però continuerai a scrivere sei un grande.

    Ogni volta :)
    Ne mancano tre: il sette, l'otto e il nove
     
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  7. ick92
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    Davvero bello!
     
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  8. hot91
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    Straordinario, non riesco a smettere di leggerli uno dopo l'altro!
     
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    straordinario! O.O
     
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    Capitolo 6 aggiornato
     
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