Il bordello

7° episodio: Attenti al cane

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     Like  
     
    .
    Avatar

    IMPORTANT GAY

    Group
    Member
    Posts
    581
    Reputation
    +13
    Location
    Ferrara

    Status
    Offline

    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ===================================================================================

    Capitolo Sette: Attenti al cane

    I vetri tremavano al soffio impetuoso del vento, disturbando il mio sonno.
    Mi guardai in giro, disorientato, alla ricerca della sveglia; mi ero scordato di chiudere le persiane della stanza e la luce dei lampioni mi accecava.
    Controllai l’orologio: erano da poco passate le sette, ma il cielo era ancora oscurato dalle nuvole.
    Mi alzai in piedi e guardai stancamente fuori dalla finestra. La strada era allagata.
    La prima cosa che feci fu imprecare, poi ricordai che non dovevo andare a lavorare quella mattina.
    Mi sentivo uno straccio; la serata precedente mi aveva totalmente spremuto.
    “Meglio farsi una doccia”.
    Entrai in bagno barcollante, mi spogliai e m’infilai dentro al box.
    L’acqua calda svegliava i miei muscoli atrofizzati, ma la mia testa era altrove.
    Mi accasciai al muro, chiusi gli occhi deciso a rilassarmi: i primi ricordi balenarono nella mia mente.
    Il mio primo pensiero fu rivolto a Nicolò, subito dopo suonarono nella testa le parole di Flavio: può esserci un collegamento tra le due cose?
    Perché la gente si deve sempre affezionare? Perché vuole prendere le cose troppo sul serio?
    Questa fu la prima considerazione della giornata, una conclusione cui non fui nuovo nei primi vent’anni della mia vita.
    Non so quale sia il motivo, sta di fatto che non era la prima volta che una persona si sentisse legata a me. Eppure io sono sempre stato chiaro, ho sempre detto che la mia vita doveva rimanere libera.
    Certo, questa situazione presentava una particolarità nuova: ora era un ragazzo a farsi avanti. Il punto era che non si trattava di una persona sconosciuta cui potevo rispondere senza dar peso alle mie parole, bensì una persona con cui si era trovata una certa affinità, e ora si rischiava di distruggere tutto.
    Ritengo ingenuo chi pensa che un rapporto possa ritornare allo status antecedente. Se ci si trova in una situazione del genere, tre sono le possibilità: o si tromba o l’amicizia diventa una messa in scena o il rapporto finisce.
    E io cosa volevo? Non volevo in alcun modo ferire i suoi sentimenti, ma non potevo. Non ero pronto. Fino ad allora, come tipico del mio essere, mi ero solo divertito, avevo solo giocato.
    Solo ora capivo di aver tirato troppo la corda: “Stupido avresti dovuto fermarti prima e invece adesso hai creato una nuova corso in cui non puoi più sfuggire”. La mia coscienza assumeva la voce dura di Massimo.
    Non può essere, io non sono gay.
    Sì, è vero che sembra assurdo, ma io potrei essere paragonato a un bambino curioso che ha voluto provare a giocare con le bambole e si è divertito, ma che riteneva di preferire giocare con le macchine e non avrebbe mai ammesso che avrebbe potuto mettere i due giochi nello stesso piano.
    Non avevo considerato mai la sfera emotiva e non ero disposto a farlo.
    Insomma, poi non posso essere il suo tipo…
    “Perché insisti con questa storia?” Ora la mia coscienza assumeva le sembianze di Flavio.
    Ma si! Non mi conosce. Se sapesse tutto di me, sono sicuro che ritirerebbe le sue parole, e poi, Nicolò, dai…
    Per un istante la figura di Nicolò, seduto sulla panchina che fissava il muro, rimase impressa nella mia mente.
    Non lo starò mica giudicando in quel modo?
    “E se fosse stato un altro, come avresti reagito Nicolò?”
    Pensai a Davide. No, a lui non avrei mai detto si; aveva rotto l’incantesimo per sempre.
    Lorenzo? Scherzi, un bambino? E poi ha anche delle passioni schifose.
    Marco?

    -

    I due giorni seguenti che mi separavano da mercoledì, furono occupati prevalentemente dallo studio, ma la mia testa era invasa sempre da i medesimi quesiti.
    In un certo senso, incolpavo Nicolò, ritenendolo responsabile.
    Che ti ho fatto? Perché mi hai ridotto così? A volte mi rispondevo che non mi fosse indifferente, poi allontanavo subito quell’idea orribile.
    Nicolò non era il solo ad occupare i miei pensieri; anche quelli su Rigo s’intensificarono.
    Finalmente arrivò mercoledì sera, e, per lo meno, avrei potuto aggiungere nuovi tasselli al mio puzzle esistenziale. Neanche per scherzo, il primo che incrociai fu proprio Nicolò.
    Gli sorrisi, cercando di essere più naturale possibile.
    Di risposta Nicolò abbassò lo sguardo e sollevò gli occhi, per poi nascondere un espressione imbarazzata.
    Andai avanti per le scale, vergognandomi di quella scena ridicola, incrociai anche Marco, l’altro protagonista dei miei ultimi pensieri.
    Per lo meno lui non sa.
    “Ehi” mi saluta con un inaspettato entusiasmo: “Tutto bene?”.
    Lo guardai con aria stupita; non ricordavo un suo accoglimento più cordiale.
    “Sì, grazie” infine risposi.
    “Ho sentito che anche domenica hai dato spettacolo” disse con un sorriso stampato sulla faccia.
    Quindi era per questo che gli mettevo tanta allegria? Il solito fastidiosissimo discorso? Bah.
    “Ti stupisci ancora?” risposi cordialmente;
    “Hai ragione, ormai sei il capo qui, detti legge” rispose divertito.
    Non sapevo se essere più contento del nuovo rapporto che lentamente si stava instaurando con Marco o se fossi più irritato per la reputazione che velocemente prendeva piede; sta di fatto che gli feci cenno che andavo su a cambiarmi e ci salutammo con un: “A dopo”.
    Durante l’ultima parte del tragitto pensai che, infine, ero stato uno stupido a farmi tante seghe mentali quando poi Marco si dimostrava un ragazzo non troppo arguto. Ma forse lo stavo giudicando troppo in fretta. Dopotutto, non lo conoscevo affatto.
    A cinque minuti dalle ventitré ero già pronto e seduto alla postazione salotto. Il mio record personale.
    Discutevo con Flavio degli ultimi esami che avevamo dato, senza però entrare nei dettagli. Notai che Rigo, che era seduto sulla poltroncina laterale, rispetto a me e Flavio, ci stava ascoltando, cercando di prendere parte al discorso.
    In genere, non cercava di intraprendere un dialogo con Flavio quando discutevamo tra noi, visto che, tendavamo a parlare di argomenti non affini. Marco generalmente chiacchierava con i suoi coetanei, invece stavolta mostrava un interesse nell’inserirsi in una conversazione per lui inusuale.
    Nel frattempo, anche Nicolò era sceso dallo spogliatoio, ma si sedeva lontano.
    “Oddio…” sbottò Flavio.
    Stava guardando l’entrata e anch’io, di riflesso, cercai di capire il motivo di tale esclamazione.
    Dalla porta di servizio era entrato Alfredo con un altro individuo, un energumeno alto e muscoloso che avanzava con un grosso labrador nero al guinzaglio.
    I due stavano chiacchierando animatamente; durante il tragitto si soffermavano e ridevano scompostamente per chissà quali battute geniali. Li trovavo penosi e insulsi.
    “Qual è il problema?” chiesi al compagno.
    “Quello è Alessandro, il peggior cliente di tutti”.
    Lo guardai più attentamente: era un tipo sulla trentina, capelli castani corti, unti dal gel e con abbondanti stempiature. Il suo viso era molto teso, il mento largo e possente; il fisico da culturista.
    Al di là che i culturisti non fossero gli uomini che più mi attiravano, sin dal principio l’espressione dura del tipo non mi piacque.
    Osservai come anche tutti gli altri, oltre a Flavio, fossero diventati più nervosi e giù di tono.
    “E’ il rampollo di Treviso” disse Rigo;
    “Sì, è vero. Non ha mai lavorato in vita sua; non fa altro che andare in palestra tutto il giorno, e poi ogni tanto viene qua a sfogarsi... ” aggiunse Flavio.
    “Viene qua spesso?” domandai;
    “Non come una volta. Alessandro è stata la causa di molti problemi. Più di una persona ha smesso di lavorare qui a causa sua. Adesso viene più di rado” rispose Flavio;
    “Per fortuna Alfredo gli ha chiesto di essere un tantino meno… Aggressivo e da quel momento è venuto meno” puntualizzò Rigo.
    “Addirittura? Davvero è così pessimo?” chiesi un po’ scettico.
    Quasi tutti gli altri ragazzi si girarono verso di me; alcuni di loro mi guardarono male.
    “E’ un incubo Nicolò, fidati. Prega di non doverci avere a che fare” rispose Flavio.
    Lo guardai con aria pensierosa, come per dirgli che stava probabilmente esagerando.
    “Tesoro, digli cosa ti ha fatto l’ultima volta che sei andato in stanza con lui” si stava rivolgendo all’altro Marco, il suo ragazzo, che stava al mio fianco ed era stato quasi ignorato negli ultimi minuti.
    “No dai, lascia stare” rispose titubante. Marco tremava. Si poteva dire che sudasse freddo, terrorizzato dalla possibilità di riaverlo come cliente.
    “Hai mai provato il desiderio di mangiare le tue feci Nicolò?” chiese Flavio, convinto di impressionarmi;
    “Cazzo, che domande”.
    Non poteva essere.
    “Ragazzi è tornato Alessandro” fortunosamente Alfredo interruppe quel momento terribile, lasciandomi sperare ancora che non fosse mai accaduta una cosa del genere solo per il fatto che non mi fosse stata data conferma.
    Come c’era da aspettarselo, l’invito a salutare calorosamente il cliente non suscitò una risposta pari all’attesa, ma neanche l’energumeno evidentemente si aspettava alcunché in quanto non mostrò cenno di sorpresa.
    “Eh, i soliti ingrati… Ho portato anche il mio Rex oggi a fare un giro, aveva tanta voglia stare qui, vero Rex?”.
    Rex aveva tutto tranne tanta voglia di stare li fermo; tirava con insistenza il guinzaglio, perché voleva venire verso di noi e lo stesso Alessandro faticava a tenerlo buono.
    Alfredo intervenne: “Ragazzi, per vostra gioia oggi Ale ha pagato per quattro persone”.
    La reazione fu funesta. Le possibilità di finire tra le sue grinfie erano dunque piuttosto elevate. La tensione generale aumentò.
    “Sì, è vero. Siete contente care checche?”.
    Nessuna risposta.
    “Sempre più smorti” e aggiunse: “Ci penso io a dare una bella lezione di buone maniere ai quattro fannulloni tra di voi che vengono con me” disse rivolto ad Alfredo che rise ipocritamente di gusto.
    “Allora, vediamo…”.
    Notai come quasi tutti abbassarono immediatamente lo sguardo pregando di sprofondare nelle poltrone per non essere individuati.
    “Tu!” e indicò Kevin.
    Meno uno, pensai.
    “Uhm, altri con cui ho fatto poco quali sono? Vediamo...”
    Cazzo… Gli altri erano riusciti a trasmettermi una fifa bestiale. Sollevai lo sguardo, pensando di non avere speranze.
    “Tu, tu e… Tu!”
    Non fui scelto.
    Non ero stato minimamente preso in considerazione: furono chiamati Francesco, Nawfal e Thomas.
    Ma quest’ultimo ribatté incapace di trattenere la frustrazione e disperazione: “Eh no! Scusa, con lui non sei mai stato!” e indicò me.
    Sorpreso dal voltafaccia di Thomas, Alessandro prima aveva rivolto un lungo sguardo ammonitore a Thomas, che mi fece sperare di essere ancora ignorato, poi si rivolse a me, mi fissò un attimo e disse: “Ha ragione, vieni tu”.
    Guardai Thomas per una frazione di secondo come per dirgli: "Spera che non ti becchi mai in giro”.
    “Forza! Basta poltrire!” sbraitò Alessandro e subito ci mettemmo in fila.
    “Viene anche lui?” chiese Alfredo indicando il cane.
    “Certo” rispose secco: “Stanza uno suppongo”. Non era una domanda.
    Salimmo sommessamente i gradini che ci separavano da quella pericolosamente nefasta serata; Alessandro non sprecò il fiato a socializzare con noi e ci spedì dentro senza tante gentilezze.
    Non aveva neanche chiuso la porta che ci ordinò di metterci in riga; intanto, liberava Rex dal guinzaglio.
    L’animale corse subito verso Francesco; pensai l’avrebbe sbranato, invece si fermò ad annusarlo e si fece accarezzare affettuosamente. Anche Nawfal cominciò a grattargli le orecchie, ma quando Kevin tentò di avvicinarsi, ci mancò poco che gli mozzasse la mano.
    Il ragazzo salta indietro di scatto e Rex gli ringhia con le bave alla bocca.
    “Tu è meglio che gli stai distante” sentenziò Alessandro che fissava sornione la scena da seduto sul letto. Il suo tono era sprezzante verso Kevin, come se fosse stato lui ad aver rischiato di far male al cane.
    Io e il cane avevamo un rapporto di reciproca indifferenza; io non accarezzavo lui e lui non lo chiedeva a me. Non avevo alcuna intenzione di assecondare servilmente Alessandro e presto avrebbe dovuto capire chi ero. Di certo non avrei accarezzato Rex come gli altri nella speranza di un po’ di benevolenza.
    Alessandro mi fissava con aria imbronciata, senza un particolare motivo; sinceramente, mi sentivo un po’ estraneo alla situazione: perché ero stato scelto per ultimo e non volutamente, perché ero diverso dai miei compagni sia per atteggiamento, sia per fisicità.
    Il più alto di loro era Francesco che arrivava al metro e settantacinque, poco più alto di Nawfal e Kevin, il più basso del gruppetto.
    La differenza comprendeva, oltre alla statura, anche una deficienza strutturale: mentre il mio fisico era leggero, ma piuttosto robusto, quello degli altri tre era, a mio avviso, mingherlino.
    A questo punto tanto vale darvi qualche informazione in più su di loro.
    Kevin, diciassette anni, è un ragazzo irlandese, emigrato alcuni anni prima con la famiglia alla ricerca di miglior fortuna. Terzo di cinque fratelli, si era prestato al bordello, un lavoro disgustoso ma semplice e redditizio nel breve termine. Capisce abbastanza l’italiano ma fatica a parlarlo; in genere, è sempre ai margini del gruppo. Non tanto per la difficoltà con la lingua, ma perché suscita in molti l’idea che sia un personaggio supponente. Nei rari casi in cui c’è capitato di menzionarlo con Flavio e Nicolò nei nostri discorsi, lo considerammo sempre sbrigativamente come un tipo indifferente. Non ci siamo mai permessi di prenderlo in giro, come invece spesso capitava agli altri. D’altro canto, non ci occupammo veramente mai di lui. Dal punto di vista esteriore, ha i capelli castano chiaro portati a caschetto, simili ai mei, ma più lisci. Il viso è grazioso e minuto.
    Nawfal, figlio di madre marocchina e padre italiano, è nato in Italia e, a differenza di Kevin, parla perfettamente la nostra lingua corrente. A vederlo, non sembra marocchino, ma più un ragazzino dell’Est Europa. Di sedici anni, si caratterizza per dei bei capelli castano scuro e crespi, ma soprattutto per i suoi intriganti occhi color pece. Il fisico è magrolino, ma piacevole.
    Infine, Francesco: sedici anni, fisico stretto e leggero, ad attirare di lui sono sicuramente il viso fanciullesco, un po’ rovinato dall’acne giovanile, caratterizzato da occhi marrone e, soprattutto, dai un’esplosione di neri capelli ricci.
    Alessandro continuò a guardarmi senza ottenere, da parte mia, la tanto attesa sensazione di disagio.
    Finalmente sposta la sua attenzione.
    “Toglietevi i vestiti” ordina pacato.
    Eseguimmo senza fiatare.
    Osservai con la coda dell’occhio le vesti degli altri scivolare sul pavimento; ebbi la conferma delle mie supposizioni per quanto riguardava il fisico di Francesco e Nawfal, ma rimasi stupito, e non solo io, di quello di Kevin.
    Sotto al vestito, stava nascondendo un fisico atletico e statuario: i suoi addominali erano scolpiti sulla pelle, così come il suo petto stretto e incavato.
    “Tu, acerrimo nemico del mio cane, vieni un po’ qui” chiese simpaticamente Alessandro.
    Al passaggio di Kevin, Rex non rinunciò a stoccargli un’occhiataccia, per poi accucciarsi nuovamente ai piedi di Francesco.
    Ora Kevin era proprio davanti ad Alessandro che si era posizionato seduto al lato sinistro del letto dandoci le spalle.
    Vidi Kevin sorridere e arrossire; probabilmente Alessandro aveva fatto una smorfia di stupore, ma io non potevo vedere la sua espressione.
    “Ma guarda questo pidocchio che fisichetto sfoggia” continua Alessandro accarezzando gli addominali di Kevin con le sue dita muscolose.
    Alessandro passa ad analizzare anche gli altri muscoli, un po’ come fece con me Alfredo la prima volta.
    Adesso gli stava tastando le braccia, anch’esse belle definite con le vene sporgenti. Ora passava al petto.
    Non mancò la palpata all’inguine.
    “Complimenti” concluse Alessandro con sincerità.
    “Lo vuoi vedere il mio fisico?” chiese sempre tranquillo Alessandro.
    Kevin, sorridente, fece cenno di si con il capo e Alessandro si levò il maglione, rimanendo solo in jeans. Notai lo sguardo di Kevin accendersi. Ero dell’idea che Alessandro potesse essere davvero il ragazzo ideale di Kevin, il suo esempio da seguire, almeno fisicamente parlando. Eppure, fino a quel momento, quest’ultimo non si era comportato male, al di là del suo esordio. Era provocatorio, fuori luogo, esagerato, ma non cattivo.
    “Se vuoi, puoi toccare” propose Alessandro mettendosi le mani sui fianchi.
    Timidamente, Kevin allunga la mano destra e gli accarezza i pettorali. Alessandro si mette in tiro regalando una schiena aperta ed enorme.
    “S-sono durissimi” disse Kevin imbarazzato.
    “Ci credo, sai quante gare ho vinto grazie a questo fisico? Praticamente tutte quelle che ho partecipato” si pavoneggiò Alessandro ridicolmente tronfio.
    Adesso batteva la mano sinistra sul letto per invitare Kevin a sedersi e continuò a ignorare la presenza delle altre persone.
    Kevin accettò il gentile invito, e, appena si sedette, Alessandro si attaccò alla sua bocca.
    Di primo impatto, Kevin indietreggiò leggermente con la testa senza però impedire che la lingua potesse entrare, poi si riavvicinò e prese il largo e duro mento del cliente, tenendolo nelle sue piccole mani.
    Il bacio continuava intenso e rumoroso, quanto passionale e dolce.
    Alessandro si snodò la cinghia e si levò pantaloni e mutande, rimanendo completamente nudo e rivelando un'altra delle sue grazie.
    Il suo membro era paragonabile al mio per lunghezza, ma decisamente più grosso e largo con tanto di enormi testicoli sottostanti.
    Alessandro sposta Kevin sopra di lui: ora sono seduti uno sopra l’altro e le gambe rosee di Kevin giacciono sul letto.
    I due continuano a baciarsi con passione, infondendomi grande dolcezza.
    Kevin è molto preso dal robusto compagno, accarezza la sua schiena, le spalle, i corti capelli pieni di gel. I loro due membri, quello di Kevin e quello gigantesco di Alessandro si tenevano in stretto contatto, anche se il secondo sovrastava il primo.
    Alessandro fa alzare in piedi Kevin sul letto. La mano del cliente era concentrata sul cazzo sottile del delizioso irlandese e lo palpava con vigore.
    Poi se lo mise in bocca. Le fauci di Alessandro inglobavano Kevin come per prosciugarlo; vedevo le mascelle del gigante contrarsi e allargarsi, mentre il membro di Kevin scompariva per lunghi istanti per poi riapparire imbrattato di bave colanti.
    Il viso dell’irlandese era contratto dal piacere, la bocca di Alessandro doveva facilitare il lavoro alla lingua vorace.
    Mentre il tempo passava, la frequenza divenne sempre più rapida.
    Alessandro leccava e succhiava con ingordigia, muoveva la testa portando il membro di Kevin dove desiderava. Quest’ultimo, accompagnava il movimento scuotendo il bacino sincronicamente, mentre gli teneva la testa con le mani.
    Era una scena eccitante e non potei fare a meno di subirne il fascino. Presi a segarmi lentamente in preda ai miei istinti.
    Ora Alessandro stava palpando le natiche sode di Kevin; le massaggiava con foga e Kevin apprezzava. Quindi, decise di inserire il suo dito medio della mano destra e inserirlo in Kevin.
    Kevin si fermò un attimo, stese e divaricò le gambe, favorendo il passaggio del gigantesco dito. Vidi il dito di Alessandro tremare con forza fermo sullo stesso punto, poi scomparire in un attimo all’interno di Kevin.
    Un urlo mozzato partì dalla bocca di Kevin, che subito si mise a roteare sul dito in modo da fargli strada.
    L’irlandese si mordeva le labbra.
    “Che bravo che è questo inglesino, ho fatto bene a sceglierlo” disse Alessandro beante del lavoro del ragazzino, poi riprese a succhiare, accompagnato sempre dai sensuali movimenti di Kevin.
    Il piccolo e il gigante, Davide e Golia, una scena paradossale quanto eccitante, una delle più appassionanti cui avessi mai assistito.
    Perché si erano tutti cosi spaventati di Alessandro? L’unico motivo che adesso ritenevo plausibile, erano le sue fattezze.
    Ero eccitatissimo, volevo godermi la scena e fremevo come una ragazzina. Non mi era più sufficiente segarmi, dovevo toccare qualcosa. Mi focalizzai sul sedere di Nawfal e cominciai a massaggiarmi tra le natiche senza fare complimenti: era sudato per l’eccitazione.
    Nawfal mi guardò un attimo e sorrise consenziente, quindi continuai a strofinare la mano sulla fessura.
    Alessandro si alza in piedi: vuole che Kevin lo prenda in bocca. Quest’ultimo non si fa pregare e si inginocchia sul letto, divorando con foga, come se l’unica fonte di ossigeno fosse il membro di Alessandro. Cerca di prenderne quanto più possibile; ho il suo viso famelico e affaticato dritto davanti a me: dalla bocca perde bave di saliva. Gli occhi roteano come fuori controllo. Alessandro si godeva la frenesia del ragazzino; contrae le natiche tanto che Kevin non riesce a inserire l’indice al suo interno e si limita ad accarezzare in lungo la fessura sudata tra le natiche.
    La mia eccitazione è alle stelle; cominciò a strusciare sempre più furiosamente su Nawfal. Quest’ultimo e Francesco si stavano segando per conto proprio.
    “Ok, ok, fermati cucciolo. Perché non ti ho incontrato prima?” esclamò Alessandro che ora si era seduto nuovamente con Kevin sulle gambe.
    Kevin sorrise teneramente prima di infilarli la lingua nuovamente in gola.
    Alessandro alza leggermente Kevin e si posiziona per infilarlo; i testicoli di Alessandro sono talmente gonfi che avrebbero impedito la completa penetrazione, ma con un po’ di sforzo da parte del ragazzino, quest’ultimo avrebbe potuto riceverlo completamente.
    E così fu; in pochi secondi Alessandro era completamente dentro e già cominciava a battere sulle natiche.
    Kevin gemeva animalescamente, senza contegno. Non ricordavo di aver mai sentito la sua voce così chiaramente.
    Alessandro gemeva di piacere; gli addominali disegnati dell’inglesino erano contratti al massimo sforzo, mostrando tutta la loro meravigliosa perfezione. La bocca di Kevin era spalancata e urlava appoggiata alla guancia sinistra di Alessandro. Il piccolo si stringeva nelle spalle del gigante, mentre la schiena di questo si contraeva gocciolante.
    Kevin agitava gambe e storceva i piedi; non aveva nessun controllo, era un unico grande spasmo nervoso.
    Le battute si facevano sempre più veloci e profonde, le urla più concitate; era indubbiamente uno spettacolo sensazionale.
    Mollai Nawfal perché non riusciva più a soddisfare pienamente il mio ardore. Niente ci riusciva; era come se fossi al posto di Kevin, sentivo il mio corpo sudare, il mio testosterone alle stelle, stringevo il mio petto, mi segavo furiosamente, ma non riuscivo a liberarmi dalla morsa di sesso che mi attanagliava.
    Poi tutto fu rovinato.
    Rex non era rimasto indifferente all’atmosfera nella camera e aveva cominciato da qualche minuto a gironzolare scodinzolante per la stanza. A volte si fermava da Francesco e Nawfal che lo accarezzavano, poi andava da Alessandro che, chiaramente, non lo badava.
    In uno dei giri, si soffermò più a lungo vicino al padrone, annusò, poi tornò da Francesco, che si mise ad accarezzarlo.
    Fu allora che accadde: Rex assalì Francesco aggrappandosi alla sua gamba sinistra e cercando di spingerlo a terra.
    In un primo momento la cosa ci fece ridere, poi però Rex cominciò ad abbaiare e ringhiare, infine premette le unghie nella carne di Francesco, ora seriamente spaventato.
    Il cane batteva più velocemente e, a furia di spingere Francesco, che cercava di divincolarsi, gli fece perdere l’equilibrio.
    Non perse tempo e gli si mise sopra, avvicinando la bocca al collo di Francesco, per tenerlo fermo.
    “Cazzo, toglimelo! Toglilo!” urlava agitato Francesco.
    Io e Nawfal rimanemmo immobili; non ci tenevamo a perdere un arto.
    Alessandro, che si era fermato da un pezzo, guardava la scena ridendo di gusto.
    “Ahahaha! Dai buono Rex! Ahahah! Sta buono vieni qua! Ahahah”
    Dovette continuare a lungo prima che il cane smettesse di battere sul fondoschiena di Francesco, che rimase a terra frastornato.
    Io e Nawfal lo aiutammo a tirarsi in piedi; gli girava la testa e dovemmo tenerlo sulle spalle perché non cascasse nuovamente.
    “Scusami piccolino, mi ero dimenticato dei tuoi fastidiosi amici” disse Alessandro rivolto a Kevin, senza fare attenzione che non ascoltassimo. Stronzo, noi avremmo fatto anche a meno di venire!
    “Puoi aspettare un po’?” domandò dolcemente a Kevin che si trovava ancora seduto sul cliente.
    Kevin sorride imbarazzato, fa cenno di si con il capo, lasciandolo alzarsi verso di noi.
    Alessandro si avvicina a grandi passi.
    Afferra Francesco per il braccio e lo trascina in bagno.
    “Voi due, venite con me!” ordinò incattivito.
    Lasciò la presa e Francesco si massaggiò il braccio dolorante.
    Ma si può sapere che gli abbiamo fatto? Doveva prendersela con il cane, è colpa sua se è stato interrotto!
    “Tu e tu entrate nella vasca, forza!” ordinò a Francesco e Nawfal che, non servirebbe neanche dirlo, entrarono di corsa.
    Alessandro uscì dal bagno e tornò ben presto con il suo labrador: “Su bello, vai dentro!”.
    Il cane saltò l’inferriata ed entrò nella stessa vasca dove, qualche sera prima, ci trovavamo Lorenzo ed io.
    Fortunatamente per i miei due compagni, il cane era tornato tranquillo e nuovamente si faceva accarezzare.
    “Adesso che me l’hai sporcato me lo lavi e tu dai una mano! Tè, prendi questa!” e Alessandro lanciò una spugna a Nawfal.
    Non gli è andata neanche male, pensai. Ignoravo quale fosse il motivo della mia presenza nel bagno ed ero quasi sicuro che lo fosse anche per Alessandro lì a fianco.
    Se per qualche minuto, avevo quasi rivalutato quel tizio, ora cominciavo a odiarlo nuovamente. Lui e la sua ingiustificata e ingiustificabile prepotenza.
    Osservai come Francesco e Nawfal si facessero schiavizzare, come lavavano accuratamente il pelo, come insaponassero ogni parte.
    Rimasi a guardare sbadigliante mentre i due faticavano, come si bagnassero per niente, come si facessero insultare ingiustamente, senza fiatare. Non era giusto, ma come reagire?
    Sentì una grossa mano afferrare il mio pene quando meno me lo aspettavo. Alessandro rompeva la sua noia occupandosi di me; lasciai fare.
    “Sei messo bene tu, sei uno dei pochi che quasi mi tiene testa”. Non risposi.
    Lasciai che facesse, per lo meno occupavo il tempo. Mi feci un po’ schifo, ma insomma, mi facevo toccare solo per passare il tempo e perché lui era un mio cliente. Forse l’aggettivo di troia mi stava bene addosso…
    Non sono in grado di spiegare cosa passasse per la testa di un cane, la cosa sicura è che ciò lo riaccese nuovamente. Non fu violento come prima, ma notammo che si era messo in posa statuaria e piangeva mugugnante.
    Alessandro lasciò il mio cazzo: “Ho paura per voi che il mio Rex abbia tanta voglia di scoparvi cagnoline”.
    Guardammo terrorizzati Alessandro: “Mi dispiace, io ho provato con ogni mezzo a fermarlo, ma si vede che vi trova troppo attraenti” e si mise a ridere.
    Rivolto a Nawfal disse: “Tu slavo, adesso perché non prendi quello che ti sta mostrando”.
    Alessandro stava indicando il pene del cane.
    Nawfal rispose di no con la testa.
    “Cosa?!” urlò Alessandro minacciando di entrare in vasca e prenderlo di forza.
    Allora Nawfal si accorse a inginocchiarsi. Il cane stava fermo, Nawfal avvicinava la mano.
    Non volevo guardare, l’idea mi faceva vomitare, ma non riuscì a distogliere gli occhi.
    Nawfal lo toccò.
    “Da bravo, ora massaggialo”.
    Senza entrare nei dettagli, Nawfal si mise a tirargli la pelle molto piano e lentamente. Il cane guaiva.
    “Hai visto che gli piace? Dai, perché non provi a dargli qualche leccatina?” non era una domanda. Alessandro non ne faceva.
    Nawfal guardò Alessandro a occhi spalancati.
    “Vuoi discutere con me? Vuoi conoscere le conseguenze? Lo sai che ne hanno bisogno anche loro, cosa credi?”.
    Nawfal abbassò la testa in segno di resa, deglutì rumorosamente, poi si accucciò sotto il cane fino a raggiungere il roseo scroto canino.
    Non potei credere a quello che vidi.
    Nawfal ne diede una lunga e vistosa. Il cane mugugnò sorpreso. Nawfal si ripeté e il cane guaì e indietreggio, per poi lanciarsi verso Francesco.
    Quest’ultimo saltò dalla vasca, sbattendo il ginocchio sul bordo con un suono sordo; rantolò sul pavimento.
    Il cane fu subito su di lui; come prima si sbatteva sulla gamba, avvicinandosi pericolosamente al bacino.
    “Ti prego aiutami!” supplicò ad Alessandro che rideva come un pazzo.
    “Non hai nessuna intenzione di fare qualcosa, vero?” per la prima volta trovai il coraggio di parlare.
    Francesco mi guardò supplicante poi aspettò tremante la risposta di Alessandro; intanto il cane aveva raggiunto il suo collo e lo teneva tra le fauci senza premere, ma solo per avvisarlo di stare fermo.
    “Intelligente il ragazzo” e si mise nuovamente a ridere come un ebete.
    “No. Adesso basta” e mi decisi a staccare il cane da dosso.
    Ebbi appena il tempo di accennare un movimento in suo aiuto che Alessandro scattò su di me afferrandomi la gola.
    “Cosa cazzo pensi di fare?!” disse sputacchiandomi addosso.
    Era inutile parlare con quell’imbecille: gli sferrai una gomitata sull’addome di sasso.
    Alessandro sobbalzò appena, non so se più dal dolore o dalla sorpresa. Sta di fatto che mi prese per i capelli e cominciò a trascinarmi fuori dal bagno.
    “Cazzo! Lasciami stronzo! Lasciami!” sentivo il mio cuoio capelluto tirare, tentavo invano di prenderlo a pugni, ma o andavo a vuoto o i miei colpi facevano più male alle mie nocche che al suo stomaco.
    “Tu vieni via da là, non azzardarti a toccarlo!” sbraitò rivolto a Nawfal che ci seguì impotente.
    “Aiutami ti prego! Aiutami! No, aspetta!” Francesco urlava disperato e lo sentivo piangere.
    “Sei una merda! Non capisci che ti odiano tutti! Ti odiamo tutti!” esclamai.
    Alessandro mi batté violentemente contro il muro; persi la sensibilità alle braccia.
    Stavo barcollando all’indietro, ma Alessandro mi prese bloccandomi l’uso delle braccia, inibite dalla sua stretta doppia dietro al collo.
    Con tutte le mie forze cercai di fare resistenza, ma con il tragicomico risultato di rimanere a gambe all’aria e cazzo a penzoloni.
    Mi schiantò un'altra volta addosso al muro e poi un'altra volta ancora; ora sanguinavo dai gomiti.
    “Hai finito troietta?” chiese sprezzante Alessandro che continuava a bloccarmi le braccia e mi stringeva con la faccia addosso al muro.
    In sottofondo, si sentiva sempre Francesco urlare e piangere, ma ora più forte e, in aggiunta, si sentiva Rex ululare: che fosse successo?
    “Vi consiglio di stare fermi dove siete voi due, e parlo anche a te ”.
    Era rivolto a Nawfal che ci guardava da distante e a Kevin che lo fissava a bocca spalancata.
    “Allora testa di cazzo, hai voluto fare l’eroe, eh? Sei stato coraggioso. Mi piacciono le persone coraggiose, ma non so quanto andrà a tuo vantaggio questo comportamento”.
    “Ti diverti così?”;
    “Ancora osi parlare” e mi strattonò un'altra volta addosso al muro.
    “Sei stupido forte! Vuoi proprio che ti faccia in mille pezzi”;
    “Non puoi farlo”;
    “Vuoi mettermi alla prova?” e strinse la presa facendo schioccare le mie ossa.
    “Allora?” chiese;
    “No”;
    “Cominciamo a ragionare” e mi odorò il collo facendomi sentire il suo caldo respiro.
    “Sinceramente non sapevo cosa fare con te, probabilmente ti avrei mandato via senza castigarti, ma adesso mi obblighi a punirti, non ho altra scelta”.
    Cosa voleva fare? Che domande. Il punto è che ora la mia scarica di adrenalina mi aveva abbandonato, lasciandomi soccombere dolorante; cominciavo a sudare freddo.
    “Mettiti in ginocchio!” ordinò ed io obbedì.
    “Non così testa di cazzo! Non avrai l’onore di mangiarmi l’uccello. Girati!” e mi posizionò crudelmente con faccia a terra e culo all’aria. Cominciò a sculacciarmi violentemente.
    Ciaf! Ciaf! Ciaf!
    Il suono degli schiaffi che ricevevo erano disturbati solo dalle urla strazianti provenienti dal bagno.
    “Allora, hai imparato la lezione?” ma continuava.
    Cominciai a lacrimare, perché il mio sedere bruciava come non mai e perché mi sentivo terribilmente umiliato.
    Mi prese per il petto e mi scaraventò un’ultima volta contro il muro per bloccarmi di nuovo nella sua presa.
    Mi infila il suo grosso indice in bocca e mi dice: “Sarò generoso con te. Ti donerò un po’ di me, anche se non lo meriti!” e ricominciò a ridere come un ebete.
    Pensava che non potessi reggerlo? Si vedeva che non mi conosceva bene.
    “Ah non vuoi leccarmi il dito? Peggio per te” e così dicendo infilò il dito dentro di me.
    Un dolore latente invase le mie viscere ma cercai di trattenere più possibile lo strazio mordendomi le labbra.
    “E poi non dire che non sono buono!” e rise, prima di penetrarmi.
    Fraccava per entrare subito e completamente; inutile fu opporsi.
    Continuavo a mordermi le labbra, tanto che sanguinai e le gocce scesero sul petto. Non gli avrei dato la soddisfazione di urlare. Almeno speravo questo.
    Sentivo flagellarmi il retto; non avevo mai provato una sensazione così devastante.
    Era dentro e continuava sempre più in profondità. Ero già all’apice della sopportazione. Sentivo che mi stava lacerando, sentivo che il prepotente membro veniva lubrificato. A un certo punto mi domandai se stessi anche sanguinando.
    Un dolore lancinante, nemmeno paragonabile a quello che subì da Alfredo invase tutto il mio sistema nervoso: se non ci fosse stato Alessandro a tenermi premuto al muro, molto probabilmente sarei crollato a terra.
    Non stavo urlando, è vero, ma perché pensavo che sarei svenuto da un momento all’altro; il dolore dovuto ai suoi colpi si ripercuoteva su tutto il mio corpo. Pensai anche di aver perso i sensi, poi purtroppo mi ravvidi e sentì come il mio sedere sbucciato sanguinasse, come il mio corpo fosse in costante tensione nervosa, come il mio respiro fosse corto e soffocato.
    “Sei fortunata lo sai? Questo nettare sarebbe dovuto andare al tuo amichetto e invece lo dono a te”.
    “Ma dallo pure al tuo amichetto, stronzo!” urlai vomitando ciò che rimaneva del mio orgoglio.
    Sentì un colpo dietro la testa, poi il buio.

    -



    Mi risvegliai steso sul pavimento.
    La prima immagine sfuocata che vidi fu il viso preoccupato di Nawfal.
    “Per fortuna!” esclamò sollevato.
    Cercai di muovere la testa debolmente: la stanza era silenziosa, la porta aperta. Un fischio sordo inondava i miei timpani.
    “Cos’è successo?” sussurrai debolmente.
    “Sei caduto di sasso dopo che ti ha tirato quello schiaffo dietro la testa. Si è spaventato ed è corso via. Minchia, sembravi morto!”;
    “Dove sono gli altri?” domandai ridestandomi un poco;
    “Kevin è corso dietro Alessandro. Ma non penso volesse fermarlo...”.
    Decisi che da quel giorno avrei insultato anch’io Kevin.
    “Francesco?”.
    Nawfal mi fece cenno con il capo per guardare dietro di lui: Francesco era in angolo, seduto nudo con la schiena sul muro. Era in silenzio, tremante, con la testa a fissare il pavimento, ma era come se vedesse il vuoto, i suoi occhi dolci erano spalancati e vacui, le pupille dilatate e due occhiaie si erano formate dal nulla. Sulle spalle erano presenti grumi di sangue rattrappito, dove gli artigli avevano penetrato la carne. Le ginocchia sbucciate.
    Dovevo essere rimasto svenuto per almeno dieci minuti.
    Basta, non poteva continuare così. Se era vero che avevo trovato la possibilità di divertirmi, ora aprivo gli occhi: il prezzo non valeva la candela.
    Mi sollevai e uscì dalla stanza nudo e barcollante, diretto al vicino spogliatoio.
    Presi i miei vestiti e, ancora nudo, scesi, tenendomi sull’inferriata delle scale, fino in salotto diretto verso l’uscita.
    Intravidi in sala un po’ di clienti, oltre ad Alfredo e alcuni dei miei compagni.
    Ignorai il loro scalpore e andai avanti: “Dove vai? Nicolò sono solo le due e un quarto!” il vocione di Alfredo tentò, come se nulla fosse, ma con poca convinzione, di fermarmi.
    Quando passai la soglia, scalzo, nudo e sanguinante sentì un'altra voce corrermi dietro, quella più leggera di Nicolò. Mi fermai sul ciglio, i pedi nudi nel fango, il vento gelido sferzarmi la capigliatura. Se non fossi salito in macchina presto, sarei morto congelato.
    “Che stai facendo, hai bevuto?”.
    Decisi di fermarmi un attimo tremante: “Non rompere Nicolò, non è il momento” e infilai la t-shirt.
    Nicolò si offese e divenne serio, quasi scordò il motivo, la situazione e in che stato fossi e disse: “Come puoi trattarmi così? Sono io, Nicolò! Non mi chiami, non mi parli, fuggi via, come puoi comportarti in questo modo?”.
    Una vampata di rabbia mi pervase: “Ma cosa cazzo vuoi che mi importi di te Nicolò! Ti sembra il momento di pensare a questo?! Forse ti sei dimenticato con chi sono appena stato o ci sei solo tu nel mondo?!” poi mi rabbonì un po’ e indossai i pantaloni e le scarpe.
    Vidi gli occhi luccicanti di Nicolò guardarmi disperato: “È così allora?”
    Solo la prima frase gli era rimasta impressa, una frase pronunciata al culmine della mia rabbia, di cui lui non era sicuramente l’artefice.
    “Ascolta, se vuoi ne riparliamo, in un altro momento” cercai di apparire più comprensivo, ma senza mangiarmi tutto quello che avevo detto.
    “Non serve” a fatica Nicolò mi rispose cercando di non piangere.
    Si girò e si allontanò: fissai la sua figura rimpicciolirsi lentamente per poi scomparire.
    Che serata di merda! Ma stavolta basta, decisi che gli avrei fatti chiudere!

    Edited by ancient lover91 - 24/12/2016, 08:43
     
    .
  2.     Like  
     
    .
    Avatar

    FIGO GAY

    Group
    Member
    Posts
    4,453
    Reputation
    +1
    Location
    Torino

    Status
    Offline
    Bellissimo anche questo settimo episodio .Stai proprio presentando la vita dura e cruda di un bordello.Eccitante ma triste e duro ma scrivi da dio confido in te negli ultimi due episodi scrivi da dio!!!!
     
    .
  3. hot91
        Like  
     
    .

    User deleted


    La vicenda di Alessandra l'ho trovata molto rude, ma allo stesso tempo perfetta... solo un'esperienza del genere poteva aprire gli occhi a Nicolò e fargli capire che quello che fa non è semplice divertimento!
     
    .
  4.     Like  
     
    .
    Avatar

    IMPORTANT GAY

    Group
    Member
    Posts
    581
    Reputation
    +13
    Location
    Ferrara

    Status
    Offline
    Capitolo 7 aggiornato
     
    .
3 replies since 7/12/2011, 00:38   2165 views
  Share  
.