Il bordello

14° episodio: Incesto

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ========================================================

    Capitolo Quattordici: Incesto


    Non entrai nei dettagli con Nicolò. Non che non avrebbe voluto.
    Così eccentrico e convinto che, con le sue dritte, le possibilità di convincere chicchessia sarebbero schizzate; io però rimasi più vago possibile e gli ripetei di fidarsi totalmente: come l’avevo trovato e sedotto, avrei convinto il ragazzo mancante. Questo gli dissi. Alla fine cedette e mi lasciò mani libere.

    Come fare in realtà non mi era chiaro ma quel venerdì di fine gennaio avrei in qualche modo affrontato definitivamente l’argomento con Daniel.
    Che cosa fare invece di Denise? Anche questa era una gatta da pelare. Avevo promesso di trascorre quella giornata con lei.
    Cosa si aspettava da me? Cosa si aspettava che facessi?

    Quando arrivai di buon ora la mattina, mi accolse con entusiasmo. Toccava ancora a lei stare in casa e badare a Dado. Mi anticipò di essersi liberata di ogni impegno per stare insieme.
    Io subito gli feci capire che avrei preferito passare una giornata tranquilla e lei non insistette troppo per proporre particolari attività. A quel punto però, non volevo che pensasse che stare in casa significasse abbandonarsi a smancerie ed effusioni. Non ero intenzionato a fare che il minimo necessario.
    E’ vero, ultimamente Nicolò era diventato più intrattabile, ma ne capivo il motivo. Non lo giustificavo, ma non ero disposto a fargli uno sgarbo. Sempre che non lo stessi già facendo; era questione di punti di vista: secondo il mio, tutto quello era fatto per il bene comune, anche se di questo non ne parlavo.
    Certo, con Denise c’era un’intesa molto potente, una grande attrazione “magnetica”, non solo fisica. Però, con la scusa che non fosse giusto gettarsi su una ragazza single da poco, giustificavo i miei atteggiamenti contraddittori.
    Più però passavo il tempo con lei e più ero convinto che per Denise, l’idea di andarci piano stesse rapidamente evaporando; mi era sempre appiccicata, sentivo il suo sguardo appassionato su di me di continuo e coglieva ogni occasione per abbracciarmi e stare in mio contatto.
    Quando Daniel tornò da scuola, pranzammo tutti assieme gustandoci una pizza, per poi accomodarci abbioccati in sala.
    Io, che avrei volentieri schiacciato un pisolino, cercai di tenere gli occhi aperti e mi misi a vedere Uomini e Donne. Non detestavo quel programma trash, anche se ne avrei fatto a meno, ma a Denise piaceva molto. Mi chiesi se per lei un rapporto soddisfacente dovesse essere così e se lei mi vedesse come una sorta di tronista. Ero però troppo stanco per provare a darmi una risposta.
    Anche Daniel era con noi, ma isolato e assorto nella lettura di un fumetto Marvel, seduto sottosopra sulla poltrona laterale con le gambe sullo schienale.
    Quando Denise mi propose di accompagnarla con Dado a fare il solito giro, ancora una volta declinai, con la scusa di voler giocare a Fifa con Daniel. Denise che quasi si aspettava di sentirsi dire di no, si limitò a gonfiare le guance come per mimare disappunto e si preparò a uscire. Daniel, che ormai si stava abituando alle mie menzogne, non diede la sensazione di domandarsi se magari volessi veramente giocare.
    Quando se ne andò, colsi finalmente l’occasione e mi sdraiai sul divano, prendendomela comoda. Sapevo che avrei dovuto assoldare Daniel, ma non ne avevo proprio voglia. E poi pensai che ci sarebbero state altre occasioni.
    Fu lui invece a rivolgermi la parola, tenendo sempre il fumetto sottomano e rimanendo seduto sottosopra.
    “Allora, vi siete messi insieme?” domandò a brucia pelo.
    “Perché lo pensi?” risposi sbadigliando;
    “Cosa ci fa un ragazzo a casa mia se no?” sentenziò.
    “Non è come credi” risposi pacatamente.
    “Quindi vi divertite e basta?”;
    “Diciamo così…” affermai sbadigliando nuovamente.
    Daniel fece una capriola sulla poltrona e si sedette normalmente:
    “Non dovrei approvare che tu faccia robe con mia sorella senza essere suo moroso” disse con tutta la naturalezza di questo mondo.
    “Perché?” chiesi ridendo: “Vorresti essere al mio posto?” lo provocai.
    Daniel mi snobbò. Allora io continuai a parlargli.
    “Comunque non è come pensi… Non faccia... ”;
    “Non provarci nemmeno!” m’interruppe Daniel che sgattaiolo sul divano, dalla parte dei miei piedi.
    “Ho visto cosa avete lasciato in doccia l’altro giorno” disse sogghignando.
    “Ah…” mi limitai a rispondere. Non aveva a quel punto senso mentire. Non mi sentì più di tanto in imbarazzo con Daniel. C’era una buona sintonia e sapevo che non era così meglio di me sotto certi punti di vista.
    “Quindi… L’avete usato?” mi chiese con un sorriso stampato sulla faccia.
    “Si…” risposi.
    Daniel fece una smorfia incredula e soddisfatta guardandosi in basso.
    “So che vorresti essere al mio posto” mi difesi.
    “Ancora… Non sai dire altro?” mi fa lui con la faccia contratta in una smorfia di falsa compassione: “Non è che per caso vorresti tu che io fossi al suo posto?” mi domandò malizioso.
    Fui molto sorpreso della domanda. Ma cosa stava dicendo?
    “Che? Sei pazzo?” gli risposi scrutandolo.
    “Come no…” disse poco convinto, buttandosi a capofitto sul mio stomaco e facendomi egurgitare.
    “Dici sempre che sono carino, che se fossi più grande faresti roba con me….” mi disse con voce ricerca e prendendomi in giro, mentre con l’indice mi sfiorava il petto.
    “Ma che cazzo dici? Te stai fuori…” imprecai.
    “Mi hai chiesto di farti vedere il cazzo… Mi hai pure baciato” perseverò lui.
    “Ma…. Ma che dici? Lo sai perché l’ho fatto” ero stufo del suo atteggiamento e cercai di fargli ammettere la verità. Era però vero che, per un occhio esterno, o per quello di Daniel, tutto potesse portare a quella conclusione.
    Daniel si drizzò in piedi, mi guarda ora più serio e se ne va sulla poltrona. Era una vera fucina d’adrenalina; non stava fermo un secondo.
    “Certo… Perché ti piaccio” e rise di nuovo.
    “Ah… Pensala come vuoi… Imbecille” e mi girai per coricarmi.
    “Scusa, ma non l’hai detto tu… Non l’hai detto che ci faresti qualcosa con me?”.
    “Si” risposi pacato: “Perché voglio portarti con me nel posto in cui ti ho detto” ammisi.
    Colsi l’occasione e gli dissi: “Tieniti libero per martedì”.
    “Perché?”;
    “Ti devo mostrare il posto”;
    “Chi ti dice che vengo?”;
    “Mi hai detto di si”;
    “Non ti ho detto nulla”.
    Lo guardai più attentamente e sempre più scocciato: “Ma cosa? Mi hai detto di si”. Ma, in realtà, questa volta aveva ragione lui.
    “Ma non è vero… Perché insisti?” fece lui risedendosi sulla poltrona.
    “Perché non sei di parola” mentì io.
    “Non è vero, non ti ho promesso niente. E non capisco perché mi vuoi portare a lavorare in un bordello”.
    Ancora una volta, schietto, mi sorprese.
    “Come bordello… Io non ho parlato di…” dissi impacciato e fui interrotto.
    “Come vuoi chiamarlo?”;
    “Non è proprio un bordello… E’ pieno di ragazzi come te e come me” spiegai.
    “E’ sempre un bordello” sentenziò.
    “Ok… Ma ti ho detto perché vale la pena che tu venga. Puoi fare tutte le esperienze che vuoi e…”;
    “E farmi sbattere certo… Ma perché lo vuoi sul serio?” mi domandò piegandosi verso di me, come per estorcermi una confessione:
    “Perché vuoi davvero portarmi? Dimmelo, non dirmi altre palle!”.
    Lo aveva capito? Ero stato smascherato?
    Avevo pensato che dirgli la verità non avrebbe giovato. Sentì che Daniel mi stesse sfuggendo dalle mani. Troppo stupido e ingenuo, ero già convinto che fosse mio.
    “E’ vero… Ho fatto una promessa a uno e devo portare dei ragazzi, ma…”;
    “E io dovrei farmi chiavare perché tu hai fatto una promessa a uno?” m’interruppe un’ennesima volta.
    “Ma…” continuai cercando di non innervosirmi: “Ciò non toglie che quello che ti ho detto è vero. E’ la possibilità per fare esperienze”.
    “A te cosa interessa? Cosa interessa se faccio esperienze o no? Secondo me, vuoi fare solo i tuoi comodi”;
    “Ma che dici?” e mi alzai sedendomi: “Secondo te potrei fare questo al fratello di Denise?” gli dissi con tutta l’onesta che potevo mettere al caso. Ero ormai così bravo a mentire alla gente, da credere io stesso a tutto quelli che dicevo.
    Daniel finalmente stette zitto, facendo finta di ignorarmi. Poi alla fine disse:
    “Comunque… Posso fare anche esperienza fuori, non è l’unico posto al mondo”.
    “Certo Daniel fai pure… Ma credimi quando ti dico che è pieno di ragazzi molto fighi”;
    “Come te intendi?” chiese Daniel con irriverenza.
    “Esatto… A seconda dei gusti”.
    Ancora una volta, quel cane impazzito di Daniel mi saltò sullo stomaco dicendomi, sempre con spocchiosa ironia:
    “Cosa ti fa pensare di essere così figo?”.
    Io, che questa volta ero preparato a un possibile lancio dell’uomo, stavolta mi protesi e lo presi al balzo, adagiandolo sulle gambe.
    “Non lo dico io… Non voglio darmi arie, ma non posso neanche essere ipocrita” dissi sorridendo e facendo l’occhiolino.
    “Oh… Ma quindi pensi che non saprei resisterti?”. Non riusciva a prendermi sul serio.
    Era solo la seconda volta che vedevo Daniel, eppure il rapporto burrascoso che ne era venuto fuori sapeva dell’incredibile. C’era molta diatriba, tra due caratteri forti e orgogliosi, ma anche malcelata simpatia. Lui, irruento e vulcanico, io più composto e fiero.
    “Quindi ora pensi che… Magari…” e la sua voce recitò sensualmente: “Vorrei essere posseduto da te?” e mi guardò con un ricercato sguardo sensuale, accarezzandomi il petto.
    Mi prendeva in giro sì, ne ero consapevole. Eppure, lì seduto su di me, con le sue gambe sopra le mie parti intime, ebbi paura che qualcosa potesse risvegliarsi.
    Dopo un attimo di preoccupazione, stetti un po’ al gioco.
    “Ah, tu dici così… Però non mi è parso che ti dispiacesse quando ti ho baciato” e me lo tirai via a pedate.
    Daniel scappò sulla poltrona e ammise:
    “Mi hai colto di sorpresa”;
    “Ma ti è piaciuto” conclusi.
    “Non saprei…”;
    E fu lì che ebbi un’idea malsana, frutto del risveglio che mi aveva, senza saperlo, provocato.
    “Vuoi che torni stasera e riproviamo?”. Le mie parole erano state pronunciate con tono deciso e Daniel lo percepì.
    Questa volta stava riflettendo sul serio su cosa dire e mi guardava perplesso. Pensai fosse combattuto e che quello era il momento per affondare.
    “Vuoi un’esperienza esterna? Ok, eccomi qui” e allargai le braccia come per presentare la soluzione.
    “Dici sul serio?” mi chiese. Era incerto sul fatto che lo prendessi in giro o meno.
    “Non mi credi? Aspettami questa notte in camera fino a tardi e vedrai. Ti va?” lo provocai.
    Lui rimase impassibile, cercando di non celare interesse.
    “O hai paura come al solito?” dissi spingendolo ad accettare.
    Che stavo facendo? Era quello il modo? Eppure mi convinsi che, a discapito della povera Denise, non potevo tirarmi indietro pur di convincere Daniel. Ma poi mi accorsi anche che, tutto questo, mi metteva una grande adrenalina addosso. Stavo sfondando un'altra porta invalicabile.
    “Pff” fece lui: “E’ che…” ma non terminò la frase. Ero convinto che non volesse rifiutare, quindi volli cogliere l’occasione.
    “Che cosa ne pensi davvero di me?” gli domandai sempre più addentrandomi in un discorso serio con Daniel.
    “Come persona intendi?”;
    Annui.
    “Beh…” e si guardò in giro imbarazzato: “Sei uno ok…”.
    “Pensi sia una persona seria?” chiesi ormai padrone del discorso.
    “Beh seria, se intendi…”;
    “Una persona sui cui fare affidamento. Pensi che ti possa mentire?”;
    “Non penso…”;
    “E se fossi il ragazzo di Denise, ti andrebbe bene?”;
    “Penso di si… Perché tutte queste domande?”.
    Rimanendo seduto al mio posto, mi piegai verso di lui e dissi:
    “Allora aspettami questa sera da te”.
    Daniel sgranò gli occhi, sorpreso da tanto ardore. Infatuato, finalmente disse:
    “Ok”.
    Sorrisi compiaciuto. Ma non mi fermai lì:
    “E martedì verrai con me” commentai.
    “Ma perché?” domandò ancora stupito da tutta questa insistenza.
    Mi alzai, sedendomi sull’appoggiamano alla sua destra della poltrona. Coinvolto e carico lo guardai negli occhi e dissi:
    “Perché io credo che te possa fare un mucchio di soldi. Sei bello, esplosivo, una carica di energia e tutti andranno matti per te. Poi guarda…” e tirai fuori di tasca il cellulare, mentre Daniel sorrideva compiaciuto per tutti quei complimenti. Cominciai a scorrere la pagina di Facebook, scorrendo le foto di Jury, Davide, Lorenzo e gli altri.
    “E tutti loro sono li?” domandò stupito e pieno d’entusiasmo.
    “Sì, tutti per te” dissi facendogli la linguaccia.
    “E… Dimmi… Chi è single?” disse senza nascondersi più.
    “Te lo mostrerò…” lo elusi io.
    Daniel stette un attimo in silenzio, poi chiese:
    “Quanti soldi? Quanti soldi si prende?”.
    “Duecento euro a salire. Per volta”.
    “E cosa… Sì, insomma… Cosa dovrei fare?”;
    Contento dell’evoluzione degli eventi e ormai preso ed eccitato, gli sfiorai il pacco con la mano. Ebbe un brivido. Poi gli sussurrai all’orecchio.
    “Stasera ti mostro. Tieniti pronto” e gli schioccai un bacio sulla guancia, prima di alzarmi e incamminarmi verso le scale, lasciandolo di stucco. Pensai di aver fatto al meglio la mia parte e me ne andai insonnolito verso la camera di Denise, nascondendo un’ erezione sotto i pantaloni.
    Mi accorsi che, ormai in preda agli ormoni, ero quasi pronto a possedere Daniel in quell’istante, sulla poltrona. Ma avevo desistito.
    Daniel e Denise, Denise e Daniel. Il corso degli eventi aveva preso una piega particolarmente insolita.

    -

    Quel pomeriggio, accompagnai Denise a fare shopping. Fu una serata molto piacevole, dove instaurammo una conversazione su argomenti leggeri. Gli regalai anche un abito elegante color bordò Coco Chanel che le stava d’incanto. Lo pagai quasi trecento cinquanta euro, tra le resistenze di Denise che non avrebbe voluto accettare. La realtà è che mi sentivo un po’ in colpa per quello che da lì a poco sarebbe accaduto. Lo pagai con i soldi del bordello.
    Più passava il tempo, più sembravamo una coppia consolidata. A Nicolò questa volta dissi più semplicemente che la cosa era fatta e che mi sarei trattenuto per poi fare con Daniel ciò che era stato fatto il giorno prima con Nicolò, Leonardo e Gavin.
    Che era vero, in un certo senso.
    Mi domandai se fosse da considerare sbagliato, contando il fatto che ero fidanzato; per i ragazzi al bordello come me e Nicolò, era normale avere rapporti frequenti con altre persone, anche se per lavoro. Quindi, certo che con Denise mi fossi spinto troppo oltre, per il resto cos’era giusto o sbagliato?

    Al momento dell’acquisto in cassa, Denise mi sussurrò nell’orecchio:
    “Ti ho detto che non dovevi… Ti ringrazierò a mio modo a casa… Sto prendendo… Sto prendendo la pillola e quindi…” disse arrossendo.
    “Oh… Ma sei sicura? Non è un po’ rischioso?” gli domandai, inebriato del profumo sul suo collo.
    “Che dici? Novantotto per cento di sicurezza…” disse sorridendo apertamente mentre ci accingevamo a lasciare il negozio, continuando a camminare tenendoci per mano.
    “E nel caso…” continuò: “Vorrà dire che avremo un bambino insieme”.
    Mi venne un colpo. Poi rise.
    “Dai… Scherzo scemo” e mi diede un buffetto sulla spalla. E proseguimmo, mentre il battito del mio cuore si riassestava.

    La realtà è che non vedevo l’ora arrivasse sera. Per tutto il tempo, non feci che pensare e ripensare a quello che stava accadendo. Stati d’animo differenti combattevano nella mia mente: vergogna, perché mentivo a Nicolò; stupore, per l’evolvere della situazione; estrema eccitazione, per un rapporto così promiscuo.
    Nella strada di ritorno in automobile, all’ennesima balla su una domanda di Denise, che mi chiedeva perché oggi ero venuto con una vettura diversa dalla precedente volta, mi chiesi quanto era giusto abusare così di suo fratello e se non era il caso di fare dietrofront.
    Gli dissi che quella della volta precedente era di mia madre, visto che la mia era quel giorno dal carroattrezzi.

    -

    Dopo cena non uscimmo. Denise passò la serata a provare i vestiti che aveva comprato, con una particolare vocazione per il mio costoso regalo. Io e Daniel, anch’egli misteriosamente senza impegni, ci sfidammo ancora una volta a Fifa, questa volta con esito differente: 6-1 e 3-0 per lui. Poi, per equilibrare la partita, lui prese una squadra scarsa e vinsi 2-1 subendo il doppio dei tiri in porta.
    “Come hai fatto a battermi la prima volta?” mi domandò. Me lo chiedevo anch’io.
    Anche con Forza Motorsport non andò meglio e fui pure doppiato. A poco più di mezza notte, mi arresi, salutai Daniel e raggiunsi Denise che era già in camera.
    “La prossima volta dovrai farti valere” disse Daniel sibillino mentre salivo le scale. Sorrisi senza guardarlo.

    Arrivato in camera, Denise era scalza davanti allo specchio, con addosso il mio regalo, che le arrivava fino a sopra le ginocchia.
    “Come mi sta?” mi domandò per l’ennesima volta.
    Chiusi la porta e le andai incontro. Lei mi aspettò e io l’abbracciai da dietro con le mani sui fianchi, dandole un bacio sulla guancia destra.
    “Allora?” insistette sorridendo.
    “Sei un incanto” risposi sincero. Era vero, quel vestito le dava un’ aria fresca e gioviale. I suoi capelli castani scendevano sulle spalle sinuose e le sue forme erano perfettamente adattate a quelle della stoffa. Mi sembrava una di quelle donne del passato delle terre del Sud Italia, semplici e solari.
    “Esmeralda” le dissi all’orecchio. Lei rise compiaciuta e si girò.
    Mi schioccò un bacio sulle labbra e disse sorridendo:
    “Non sai quanto mi trovi bene con te”.
    Era irresistibile.
    “Anch’io” risposi con convinzione. Lei si fece più seria.
    “Non sto scherzando”;
    “Neppure io” risposi con prontezza.
    “So quello che ti ho detto…” e mi sfiorò il naso con il suo.
    “Ma ora penso di essere già pronta…” disse guardandomi intensamente.
    Capì subito cosa voleva dire. Era successo. E ora? Che fare?
    Decisi allora di evitare la risposta, baciandola con foga sulle labbra e sul corpo, portandola verso la scrivania.
    Lei si lasciò trasportate, ma continuò: “Ascoltami Nico…”.
    Io provai a insistere, sperando tacesse e arrivai fino a farla sedere sopra il tavolo, accarezzando le sue cosce sode e fresche. Ma lei, sempre più emozionata, non mollava ancora:
    “Nico dai… Allora?” mi chiese ridendo per il solletico dei miei baci;
    “Uhm?” feci fingendomi sorpreso, come se ignorassi la domanda.
    “Cosa dici?”.
    “Che ti desidero” e le feci sfilare il vestito dalle spalle, il quale cadde sul pavimento. Non aveva più l’intimo addosso.
    Mi guardò a bocca aperta e con un’ espressione sconvolta; smise finalmente di parlare e la presi in braccio. Lei si rannicchiò su di me e la portai a letto, stendendola supina.
    Riuscì a non darle una risposta, almeno per ora. Ma reagire in quel modo, con ogni probabilità, era dovuto al fatto che avesse interpretato tutto quello per un sì.

    -

    Completamente nudi, con lei sotto di me avvinghiata al mio bacino, facevamo l’amore. Per una volta, non stavamo facendo nulla di insolito; semplice e puro sesso.
    Era così raro, che quasi avevo dimenticato cosa si provasse. La scopavo con foga, deciso a venire presto; questo perché sapevo che avrei dovuto proseguire anche dopo e non volevo stancarmi troppo, o meglio, essere sotto le aspettative di qualcuno che ancora non mi conosceva in quella veste, a differenza di Denise.
    Il letto cigolava sotto i miei colpi; credevo, o speravo, che una persona in particolare stesse subendo tutto quel rumore e l’idea che non potesse evitarlo mi esaltava. Ero eccitato, per Denise, sotto di me, e per Daniel, nella stanza affianco.
    Gradualmente, aumentai l’intensità, tra i gemiti miei e quelli di Denise, che ora affondava le sue unghie sulla mia schiena.

    E fu così che venni, liberandomi in un grido eclatante ed esagerato. Rimanemmo qualche secondo accasciati l’uno sull’altro, per recuperare il fiato. Poi uscì e, silenzioso e sudaticcio, mi rimisi la canottiera e le mutande. Ero certo che lei fosse stupita dal fatto che mi fermavo lì, così presto rispetto alle mie normali prestazioni. E, infatti, poco dopo me lo fece notare:
    “Basta così?” domandò stupita.
    “Sono un po’ stanco Denise” mi giustificai;
    “Ah ok… Non vieni a farti una doccia con me? Vieni a letto così?”;
    “Uhm si mi dispiace, sono veramente stanchissimo…” mentì.
    Quindi prese i suoi vestiti e andò in bagno.
    Nel frattempo, mi sdraiai sul letto e, quando tornò una ventina di minuti dopo, finsi di dormire.
    Lei si sistemò nel letto, appoggiandosi sulla schiena e si coricò. Solo quando fui sicuro di sentire il suono del suo respiro più profondo, mi accinsi a sgattaiolare fuori dal letto più silenziosamente possibile.
    Non ero riuscito a non pensare a quel momento neppure durante l’amplesso con Denise. Non perché lei non era abbastanza; in una situazione normale, sarei stato completamente preso. Ma ora, mentre camminavo scalzo sulla moquette, la stessa idea che mi spaventava, quella di superare ogni limite di decenza, era la stessa che mi esaltava. Il cuore mi batteva all’impazzata, perché se fossi entrato in quella stanza, non sarei più potuto tornare indietro. Mi feci coraggio, inspirai profondamente, ed entrai.
    Daniel aveva lasciato la porta semichiusa, come la prima sera. Questa volta però, cercai di non farla scricchiolare, perché non volevo svegliare Denise per nulla al mondo. Per mia grande sorpresa, Daniel stava dormendo sotto le coperte.
    Doveva essere uno scherzo, tipico di Daniel. E invece no; mi avvicinai silenziosamente e dovetti comprovare che il piccoletto dormiva beato.
    Ma ciò non mi fece desistere neppure un secondo; la mia eccitazione non diminuì. Circumnavigai il letto e mi sedetti alla sua destra vicino alla schiena.
    “Pss Daniel… Ehi Daniel dormi... Pss” sibilai fino a che ebbe una reazione.
    Vulcanico e vivace, in quel momento, mentre cercava la fonte del disturbo, mi parve il ragazzino più mansueto della Terra.
    “Uhm…” bisbigliò con voce impastata dal sonno, riconoscendomi a stento.
    “Dormi già?”;
    “Uhm… Ho dormito poco ultimamente…”.
    Era così tenero… Mi sdrai vicino a lui, appoggiandomi sulle sue terga.
    “Non ci hai sentito?” chiesi sorridendo.
    “Si… Era impossibi…” e lo interruppi, schioccandoli un bacio sulle labbra.
    Non ci vedevo più. Così calmo e tranquillo, colsi l’occasione per afferrarlo, pensando che il sonno lo intontisse e ne calmasse le emozioni. Poi spensi definitivamente il cervello.
    Il primo bacio fugace lo lasciò di stucco. Con il secondo non abbandonai più le sue labbra e lo liberai dalle coperte.
    La bocca di Daniel si era svegliata e cominciò a rispondere senza indugi. Denise e Daniel, Daniel e Denise… Così simili e così diversi.
    Guardai il suo piccolo corpicino coperto da un pigiama blu di lana. La mia mano scivolò irrispettosa dentro i suoi pantaloni, afferrando il suo membro barzotto. Continuai a baciarlo sonoramente e intanto gli palpavo il cazzo che sentì innalzarsi nella mia mano.
    “Hai visto?” disse ora sveglio e vigile, con la voce rotta dall’eccitazione.
    “Cosa?” domandai senza fiato.
    “Che ti piaccio. Lo sapevo” disse orgoglioso.
    E non volli aggiungere nulla. La mia testardaggine spingeva per una giustificazione, ma… Perché? Perché negare una convinzione che non danneggiava nessuno e che lo rendeva così felice? Ci sarebbero stati molto momenti successivi da rimpiangere, quello non ne doveva far parte. E così decisi di arrivare fino in fondo con il fratello di Denise.
    Mi tolsi la maglia del pigiama e mi sdraiai dalla parte opposta della sua testa. Lui mi levò i pantaloni e fui nudo sul suo letto.
    Bollivo d’adrenalina e mi presi il mio membro marmoreo come per attirare il gatto con la corda. E l’istinto di Daniel fu di balzare sulla preda.
    “Ahh…” gemetti senza troppo controllo. E dove neppure un ora prima c’era Denise, ora trangugiava famelico Daniel. Sorprendentemente più controllato e silenzioso di me, leccava verticalmente la mia asta senza produrre rumori sospetti.
    Lo fissai con meraviglia in ogni sua operazione: se all’inizio si concentrava a occhi chiusi, limitandosi a gustare i miei sapori, poi cominciò a rispondermi con guardi e sorrisi complici, mentre me lo menava con foga. Daniel non era uno sprovveduto e aveva tutte le capacità per adattarsi facilmente anche in un ambiente estremo come il bordello, questo pensai. Inoltre, percepì un intesa profonda, quello di chi aveva capito come stessimo uscendo da ogni schema socialmente accettabile. Ero convinto di fissarlo con uno sguardo da ebete.
    All’ennesimo sorriso, non sopportai più e lo costrinsi a ingoiare. Non era assolutamente come il giorno prima. Non era come con Leonardo e compagnia. Non ebbi il controllo delle mie azioni, a differenza di Lorenzo, e, come spesso accade, fui succube e aguzzino dei sensi. Non gli insegnai niente.
    Daniel, Daniel, Daniel… Lo fissavo scendere e salire dal mio glande senza riuscire che a pensare a lui. La sua bocca, appiccicata come una ventosa, mi ricordavano come ora mi stessi sempre più legando a lui e a Denise, di come i nostri destini fossero sempre più intrecciati…
    Daniel, Daniel, Daniel… Cosa provo per te? Perché sono così trasportato? Perché non riuscivo a pensare a lui senza pensare a Denise? Daniel perché?
    Sentì un suono acquoso e gutturale prodotto dal contatto tra la sua bocca e il mio membro e persi il senno.
    “Daniel…” sussurrai con voce roca ed esplosi in un sol colpo. Spontaneamente mi tenni sulle sue spalle e gettai completamente nella sua bocca. Daniel, sorpreso quanto me, cerco di resistere a quell’ondata, ma a un certo punto dovette rinunciare e lasciare il mio membro ancora zampillante. Alcuni schizzi gocciolarono sulle coperte, imbrattando il materasso.
    Ansimavo stancamente, per la mia seconda eiaculazione così precoce. Daniel rimase inginocchiato sul materasso in mezzo alle mie gambe. La sua bocca è gonfia e trattiene il mio sperma. Due gocce dense sono sulle sue labbra. Non mi da alcun segnale su cosa intende fare, quindi prendo l’iniziativa e m’inginocchio davanti a lui con l’intenzione di scambiarci un bacio speciale; ma ecco che Daniel, deglutendo sonoramente, ingoia tutto a un palmo dal mio viso.
    “Eh…” fa tirando fuori la lingua, un po’ per stanchezza, un po’ per provare cosa avesse fatto.
    “Ti ho prosciugato” commentò sorridendo compiaciuto.
    “Daniel…” fu tutto quello che riuscì a dire. A furia di sentirmelo dire, fui cotto di lui. Perché era così facile per me innamorarmi di un ragazzo? Non riuscivo a capire.
    Quando pronunciaci il suo nome, così preso, così infatuato, anche lo stesso Daniel, sinora sempre sornione e distaccato, comprese il mio stato d’animo e tutta la concretezza di esso. Non scherzavo più e non c’era più bisogno che lui lo facesse con me.
    Ecco perché, quando lo baciai questa volta, dopo averlo chiamato, anche la sua espressione mutò: non c’era né scherno, né esitazione, solo naturale trasporto. E il nostro bacio fu bello, dolce e profondo. Non ci nascondevamo più e le nostre bocche schiumavano desiderio. Lo strinsi fra le mie braccia; lui, così piccolo e minuto, si arricciò su di me, alzando il mento per non staccarsi dalla mia bocca.
    “Ne hai ancora?” fu il suo ultimo tentativo di evasione, di scherno nei miei confronti. Non sapeva quanto lontano potessi andare.
    “Lo senti il profumo di tua sorella?” risposi io nel mio ultimo sussulto di avversità.
    Lo liberai dei suoi vestiti, e lo riabbracciai a me. Nudo e libero dalle catene, Daniel mi stringeva sempre più forte. Il suo odore, così simile a quello della sorella, ma più semplice, non artefatto e alterato dai profumi, fu sulla mia pelle. Ci lasciammo andare in gemiti di trasporto, tra un bacio all’altro, spontanei come mai prima d’ora.
    Senza più controllo, lo girai prepotentemente di schiena e lo presi in braccio per poi poggiarlo a quattro zampe sul freddo pavimento. Mi posizionai dietro di lui e in un lampo la mia bocca divorava le sue natiche piccole e sode.
    “Ah!” schizzò lui, sorpreso e solleticato dalla mia lingua indagatrice. Leccavo, leccavo ingordo il suo lindo sedere senza neppure un pelo. Quando il suo ano fu umido, cominciai a infilarci un dito e poi l’altro, mai risparmiando lingua e baci per le sue forme.
    Mi sentivo dolce e selvaggio allo stesso tempo; con Daniel, un ragazzo con cui finora l’intesa era stata di ben altro tipo. Ma sapevo che lui, come me, aveva bisogno anche di quello.
    Quasi non mi accorsi, che ormai avevo preso a penetrarlo; Daniel, che tipicamente non era capace di non aprir bocca in continuazione, finalmente taceva, o meglio, si limitava a esprimere versi di concitazione.
    Era la prima volta che qualcuno era dentro di lui, eppure non esprimeva disagio o spavento. Si limitava stoicamente ad ascoltare il suo corpo e ricavarne tutto il godimento possibile.
    E io non mi risparmiai. Se il giorno prima avevo trattenuto la mia indole, graziando Nicolò, con Daniel spremetti tutti me stesso. Inoltre, pensavo che non ci fosse bisogno di limitarsi con lui. I miei centimetri lo penetravano completamente, i testicoli tamburellavano e il mio corpo spingeva con forza, sudando copiosamente. Ma Daniel si limitava a gemiti sommessi, tenendo la fronte appoggiata sul pavimento e gli occhi chiusi e concentrati, mentre fletteva con esperienza il suo sedere, facendomi entrare come meglio non si poteva.
    “Daniel… Daniel!” pronunciai all’estremo del piacere dietro di lui. Anch’io chiusi gli occhi, contratto in una morsa di sentimenti disparati. Sarei venuto da un momento all’altro, quando…
    “Ma che cazz…” una voce rotta dallo sconcerto entrò in scena. La flebile voce di Denise.

    -

    Il suo volto era un'unica smorfia d’orrore, i suoi occhi spalancati, le pupille dilatate, come di chi vorrebbe essere stato ovunque ma non lì.
    Sentì il mio sangue raggelare, ancora dentro a Daniel che lo guardava altrettanto paralizzato.
    “Dio mio…” fece lei arretrando alla vista di noi due e coprendo la bocca con la mano.
    Presi dalla concitazione, avevamo presto dimenticato ogni precauzione. Dovevamo aver fatto un baccano terribile, svegliando inevitabilmente Denise.
    Con un sussulto, uscì da Daniel e camminai comicamente con il membro ballonzolante e con il cuore a mille verso Denise. Daniel si alzò e coprì le sue vergogne con le mani, rimanendo impalato in mezzo alla stanza.
    “No no… Non toccarmi!” urlò lei fuori di sé.
    “Denise…”;
    “Ma ma… Ma cosa sei? Cosa sei?” mi chiese scandalizzata.
    Io continuai a pronunciare il suo nome, sperando che non dicesse più nulla.
    “Cosa stai facendo a mio fratello?! Come ti permetti?!” urlò furibonda.
    “Non urlare Denise… Non facciamoci sentire” dissi.
    Lei, sorpresa di come mi preoccupassi di ciò, rimase basita.
    “Ma che hai nel cervello?” mi domandò spaesata, con gli occhi fuori dalle orbite.
    “Tocchi mio fratello? E’ questa la verità?” e si avvicinò minacciosamente.
    “Che cosa? Che cosa intendi?” domandai impaurito arretrando all’indietro.
    “Tu non sei qui per me, sei qui per lui… Sei qui per lui, sei malato!”.
    Rabbrividì, aveva davvero capito?
    “Sei qui perché volevi mio fratello, volevi stare con lui, non con me” aggiunse. E, incredibilmente, tirai come un sospiro di sollievo. Se questo era quello che pensava, potevo accettarlo.
    “Denise non è come sembra…”.
    “Sei qui perché vuoi lui” ripeté come un disco rotto, ma ora mi alzò le mani contro. Io, che di certo non ero impaurito dalla sua forza, ma più del fatto che fosse arrivata a tanto, corsi fino al muro e lei mi venne dietro cercando di colpirmi.
    “Denise… Denise fermati!” urlai, mai lei non si fermò e cominciò a picchiare. Io, con la schiena dietro al muro, mi protessi con le braccia, intimandola a calmarsi:
    “Denise basta, devi ascoltarmi! Denise!” ma fu inutile.
    “Daniel aiutami… Digli qualcosa!”. Ma Daniel era come impietrito e ci fissava ancora nella stessa posizione di prima.
    “Non parlare più con mio fratello!” sbraitò lei, ma non stetti ad ascoltare.
    “Daniel digli come stanno le cose!” e intanto afferrai i polsi di Denise.
    “Diglielo Daniel!” insistetti.
    “Non mettere in mezzo mio fratello! Ce l’hai una dignità? Cosa vuoi inventarti adesso?” urlò lei cercando vanamente da liberarsi le braccia, ma riempendomi di pedate.
    “Daniel se non parli glielo dico io!” urlai rabbioso perché nessuno delle famiglia mi dava un po’ retta.
    “No…” sussurrò finalmente lui.
    “O glielo dici tu o…”;
    “No!” urlò lui, ritrovando un po’ di ardore.
    “Bene… Allora glielo dirò io…”. Daniel non fece in tempo a lanciarsi contro di me che:
    “Denise lui ti ama! Daniel ti ama!”.
    E finalmente Denise si bloccò. Io le lasciai cautamente le braccia; mi guardò sorpresa e disse con la stessa rabbia di prima:
    “Ma cosa dici?! Cosa dici?! E cosa centra tutto questo?!” sbraitò con le mani tra i capelli.
    “Ora gli scarichi la colpa? Sei una persona misera Nicolò, non ci posso credere…” e prese nuovamente la carica. Ma quando notò che Daniel guardava verso il pavimento, un sospetto dovette toccare il suo cuore, perché si arrestò.
    “Daniel?” domandò: “Daniel? E’…”;
    “Sì” confermò tremante, senza sollevare lo sguardo.
    “Daniel…” sussurrò lei, paralizzata dallo sconcerto. Rimase immobile alcuni secondi, poi, quando capì che stava per scappare, la bloccai tra le braccia.
    “No! Lasciami! Lasciami!” urlò nel panico più totale.
    “Denise calmati ti prego… Smettila di urlare, i vicini si preoccuperanno… Sss Denise calmati” continuai a sussurrare sul suo orecchio, cercando quasi di ipnotizzarla. E alla fine si arrese, perché non aveva modo di sfuggire alla mia morsa. D’improvviso, perse ogni energia e dovetti sorreggerla e farla sedere sul letto di Daniel.
    Lui, invece, era ancora immobile e irriconoscibile sul solito punto, le mani sui genitali e completamente nudo come me.
    “Cosa sta succedendo?” domandò lei recuperando finalmente un po’ di controllo.
    “Perché sta succedendo tutto questo?” chiese guardandosi spaesata.
    “Denise… E’ come ti ha detto…” risposi con voce tranquillizzante.
    “Ma… Ma cosa centra tutto questo?”;
    “Denise… Daniel è come me” affermai.
    Denise mi guardò spaventata, mentre io, che fino a poco prima le stavo buscando da lei, ora la accarezzavo cercando di rasserenarla.
    “Come te? In che senso? No, io non posso accettarlo…” e cercò di alzarsi, ma io la fermai.
    “No tu devi ascoltare tuo fratello” dissi autoritario.
    “Lui ha avuto la forza di dirtelo e tu devi ascoltarlo” aggiunsi.
    “Su siediti Daniel” ordinai. Lentamente, il piccoletto si sedette sul bordo del letto, al fianco sinistro della sorella, sempre con le mani davanti ai genitali.
    Provai enorme dolcezza verso i due, una dolcezza strana e non paragonabile a nient’altro al mondo. Denise e Daniel, due fratelli di diciassette e quindici anni, così simili e così diversi. Simili nei tratti del viso, nel colore della pelle, nel profumo inebriante, ma diversi nel fisico, con lei slanciata e soda e lui piccolo e minuzioso; ma soprattutto diversi nel carattere, con lei dolce, sensuale e accattivante e lui esuberante, divertente e malizioso. Ma per qualche minuto, i ruoli si erano un po’ invertiti.
    “Daniel digli come stanno le cose… Questa è l’occasione, Denise ti vuole ascoltare” feci io. Denise non disse più nulla e guardò il fratello con uno sguardo misto di sbigottimento e compassione.
    “Io…” sussurrò Daniel rosso in volto e muovendo nervosamente le gambe. Era così piccolo che a malapena i piedi arrivavano al suolo: “Io… Non so come spiegarmi”.
    “Prova…” disse debolmente Denise.
    Daniel la guardò per un attimo, per poi abbassare nuovamente gli occhi.
    “Mi hai sempre detto… Fin da quando eravamo piccoli… Che sono il tuo ometto speciale. E io non lo so… Ti ho sempre creduto… Ho sempre pensato di doverti proteggere… E ti ho sempre ammirato” disse con la voce rotta dalla commozione.
    Daniel era serio e digrediva. Gli occhi di Denise erano fissi sulla sua bocca e tremavano di inorridito stupore. Ma, in qualche modo, intuì l’amore del fratello e cominciò a piangere in silenzio. Erano state parole dolci, pronunciate da chi l’amava veramente dal profondo.
    “Non devi avere paura Denise” provai a inserirmi io in difesa del fratello.
    “Può sembrare strano, ma non lo è… Sì, è tuo fratello e ha avuto il coraggio di ammetterlo. Non è da tutti, ma io so che non è così raro come si crede”.
    Denise mi guardò speranzosa. Davvero non era raro? Non ne ero certo, ma ero in quel momento piuttosto convinto di ciò che dicevo.
    “Quante storie si sentono di questo tipo… Sorelle e fratelli… Può succedere” e poi volli esagerare: “Daniel è come me, entrambi ti amiamo a modo nostro”.
    E quelle parole, colpirono nel segno. Nel momento più assurdo, Denise ebbe la risposta che voleva: io l’amavo, in un modo o nell’altro. Ma anche Daniel si svegliò dal torpore, interdetto da un affermazione tanto ambigua.
    “Puoi accettarlo Denise?” domandai con dolcezza.
    Lei rivolse il suo sguardo verso il fratello che ora aveva trovato la forza di guardarlo. In Denise, il terrore sembrava affievolirsi, ma non la compassione per il fratello che, a sorpresa, aveva dichiarato un amore che negava il suo atteggiamento assunto nel corso di tanti anni della sua vita.
    E Denise abbracciò affettuosamente il fratello, stringendolo per le spalle. Due lacrime solcarono sul suo viso.
    “Daniel… Sei mio fratello…” fu tutto ciò che riuscì a dire emozionata com’era, ma i suoi gesti parlavano per lei.
    L’atmosfera, piano a piano più distesa, rasserenarono anche l’animo di Daniel che si sciolse in un pianto liberatorio tra le braccia della dolce sorella.
    In un modo o nell’altro, in pochi giorni sconvolsi per miei interessi le vite di Denise e Daniel, accelerando quello che era un processo forse inevitabile. Non sapevo se avessi fatto un bene o un male, ma a dirla tutta poco m’importava. Prima di tutto ero salvo e, in secondo luogo, non sentì così vicini Denise e Daniel come prima d’ora.
    Asciugate le lacrime, lo stupore per una situazione irripetibile non ci lasciò. Guardavo i due fratelli stretti in un abbraccio di conforto. Daniel ci mise più tempo a riprendersi. Per confortarlo, Denise gli accarezzò i ricciolini e gli baciò la fronte.
    “Daniel non ti preoccupare più…” lo rassicurò ancora baciandolo sulla guancia. Denise, dopo un comprensibile momento di cecità, aveva preso in mano la situazione, comportandosi con maturità e tatto.
    La fissai meravigliato di quanta dolcezza possedesse anche in un momento così delicato e difficile: era gentile e affettuosa come una mamma, ma anche forte e sensuale come sempre.
    Anche Daniel rimase senza parole e rispose con un affettuoso bacio sulla guancia. Ora la sorella sapeva tutto di lui: di come gli piacessero le donne, gli uomini e cosa provasse per una donna in particolare.
    “Non ti preoccupare Daniel…” ripeté lei: “Sarà un nostro segreto… La mamma non lo saprà”.
    E qualcosa scattò in Daniel.
    Si lasciò andare in un bacio sulle labbra di Denise.
    Non so cosa fosse, ma inizialmente ci parve un gesto spinto di dolcezza. Infatti, la stessa Denise sorrise imbarazzata, come accettando il gesto di chi si era ormai dichiarato.
    Ma se la natura di Daniel si era congelata per qualche momento, ora il suo istinto sanguigno parve prendere il sopravvento. E ancora una volta, Daniel baciò Denise.
    Il secondo bacio a stampo ebbe una reazione meno solidale da parte della sorella, che però non lo negò. Ma al terzo tentativo, lei si scostò.
    “Ok, adesso può bastare…” disse sorridendo. Ma la razionalità di Daniel parve in un altro luogo, perché lasciò i suoi genitali e le sue mani furono sulle spalle della sorella. Questa volta il bacio fu più intenso.
    Denise sgranò gli occhi e cercò di allontanarlo, tra la resistenza del fratello.
    “Daniel… Basta…” riuscì a dire lei che finalmente se l’era staccato dalle labbra. Ma Daniel, assorto, come narcotizzato, cercava con insistenza le labbra della sorella.
    Stupito e meravigliato dalla situazione, m'immedesimai nel fratello: quanto l’aveva desiderata in tutti questi anni per perdere il controllo in questo modo?
    Mi tornarono in mente le mie stesse parole, pronunciate poco prima. Il profumo di Denise mi assuefò. La stanza, circondata da foto di famiglie, era circondata di foto di famiglia. In una Denise e Daniel giocavano in spiaggia con paletta e secchiello. Ma ora?
    “Nicolò?” esclamò stupefatta. Daniel colse l’attimo e fu di nuovo su di lei, con le labbra sulle sue.
    Le mie invece, erano sul suo collo. Assaporando la pelle di Denise.
    “Nicolò… Cosa fai?” chiese lei, cercando di staccarsi il fratello dalle labbra. Non la badai.
    “Devi accettarlo” dissi assorto. E la mia mano fu tra le sue gambe.
    “Nicolò!” urlò lei stupefatta.
    “Devi accettarlo…” sussurrai, mentre succhiavo il suo collo e Daniel la baciava senza controllo.
    “Fermatevi…” disse lei disperata, cercando di levare le nostre mani dal suo corpo. Ma, in un diverso modo, sia io sia lui non eravamo in grado di frenarci. Senza guardarci, senza parlarci, forse senza volerlo, entrambi desideravamo la stessa cosa. Ma Denise no.
    Cercai di infilare la mano nel suo pigiama, ma lei mi bloccò, allora Daniel ebbe campo libero per succhiare anche lui il collo. Volli io passare alla bocca ma lei con una mano mi afferrò le guance, cercando di stringere; cosa che impedì tenendole il braccio.
    “Devi accettarlo” dissi con più convinzione.
    “Accettare cosa?!” urlò lei sempre più esasperata da una situazione che tornava sempre più quella di partenza.
    “Devi accettare il nostro amore” e fui dentro la sua bocca. Denise si era paralizzata per un momento, come per riflettere sulle mie parole; fu un attimo, ma le costò caro. Perché mi basto per infilare le mani nel pigiama e così anche Daniel.
    “No!” urlò lei, ma fu inutile. Gli allargammo le gambe e cominciammo a tastare la sua vagina, io con la mano destra e lui con la sinistra. Sentivo le dita di Daniel toccare con intensità sotto di lui; mi sfiorava, mentre accarezzava la sorella. La sua presenza, in quella zona caldissima, mi diede forza, e viceversa. A un certo punto la presi nella mia.
    Ci guardammo e fu un attimo; la lasciammo, ma lei non si allontanò, troppo incredula per muoversi.
    Ci fissò baciarci a un palmo dal suo naso; limonammo davanti a lei senza vergogna, profondamente, con tanto di lingua e suoni gutturali. Sentivo come se mi esprimessi per la prima volta, in tutta la mia sincerità, di fronte alla persona che doveva giudicarmi.
    Denise ci fissò incredula, allo stesso modo di quando lasciammo le nostre bocche per fiondarci nuovamente sulle sue guance. Paralizzata dallo stupore, lasciava che i nostri baci riempissero il suo volto e le nostre lingue trangugiare la sua bocca.
    “Accetta il nostro amore” ripetei senza remore. Cosa volevo ancora? Denise aveva rinunciato a opporsi, eppure…
    “Daniel verrà con me… Al bordello” le sussurrai all’orecchio, per poi leccarlo irrispettoso.
    “Cosa? No…” disse lei come risvegliandosi dal sonno.
    “Non puoi decidere tu… Lui vuole, devi lasciarlo andare” risposi duro.
    “Io…” ed ebbe un fremito. Daniel era sceso in ginocchio e gli stava cercando di togliere i pantaloni.
    “No Daniel, ti prego…” supplicò lei che li teneva con le mani. Quasi rabbioso e ormai fuori di senno, gli bloccai le mani, lasciando che Daniel facesse i suoi porci comodo.
    “Perché?” mi domandò senza forze.
    “Amaci… Amaci anche tu” ammisi. Volevo tutto.
    “Accetta…” cantilenò Daniel assorto nella sua follia. Ma Denise non ascoltava e cercava di chiudere le gambe e allontanarlo.
    “Siete due…” sbraitò lei, ma le tappai la bocca.
    “No!” urlai spaventandola: “Non dirlo”.
    “Cerca di capirci” insistetti: “Cerca di capire”.
    Volevo coinvolgerla nella nostra follia ma Denise, sconvolta, spaventata e disgustata, non sembrava cedere.
    Ero così fuori di me, da credere di poter far si che lei s’immedesimasse; la realtà era però un'altra. Eravamo solo più forti e, se ottenevamo qualcosa, era solo per questo o per una sua resa transitoria.
    O forse no? Continuavo a non capirlo, ma ciò non significa che mi fermai a riflettere.
    “Perché non puoi amarci entrambi?” arrivai a dire, disposto a tutto.
    Le mie parole erano come frecce che colpivano la carcassa di Denise. Lei mi fissava sbalordita, come se tutto ciò che dicessi avesse un senso compiuto.
    “Nicolò io non ti amo e non amo…”;
    “Non è vero!” sbraitai infilando la lingua in gola.
    “Ora lasciaci fare e ascolta il tuo corpo” dissi spazientito e sempre più padrone, levandoli di forza la maglia del pigiama. Denise, paralizzata dalla paura, si lasciò fare, e anche Daniel finalmente riuscì ad averla.
    Sentì ingurgitare sotto di me. Bloccai in alto le braccia di Denise, impedendoli di intervenire.
    “Daniel!” urlò disperata, mentre il fratello affondava la lingua e leccava le intimità di sua sorella. Ero consapevole di quanto mi sarei pentito per tutta la vita dell’errore che stessi facendo, ma questo non bastò a fermare le mie pulsioni malsane. Quindi presi a succhiare i suoi capezzoli, emettendo rantolii animaleschi.
    “Basta vi prego…” supplicò vanamente. Mi sistemai dietro di lei sul materasso, tenendo sempre bloccate le braccia, ma ora immobilizzando le sue gambe con le mie. Tenevo i piedi ancorati tra il letto e le sue tibie, intrappolandola in modo che non potesse più impedire al fratello di penetrarla con la lingua.
    Daniel, accortosi di piena libertà, si alzò in piedi con occhi da schizzato e cominciò a sistemarsi sopra di noi.
    “Aspetta… Daniel ti prego fermati adesso… Sei ancora in tempo… P-Possiamo dimenticare tutto, ok? Sei ancora in tempo…” supplicò la sorella piagnucolante.
    “Ma… Io…” rispose Daniel appoggiando il suo petto su quello della sorella. Ora, il suo viso era a un palmo dal naso di Denise, mentre io gli fissavo dietro a sinistra.
    “Daniel…”;
    “Io… Lo voglio da così tanto…” fece lui come per giustificarsi.
    Ma fui io a perdere la testa per primo, quasi spaventato da un possibile ripensamento all’ultimo momento. E cercai di penetrarle il sedere.
    “Fermati Nicolò fermati!”. Ma ero già dentro, scuotendo i corpi di tutti.
    “No!” urlò lei, mentre le palpavo con foga il seno. E quasi non si accorse che ormai anche Daniel l’aveva violata per sempre.
    Quando successe, si arrese definitivamente.
    “Denise!” urlò il fratello trionfante ed eccitato: “Denise!”.
    E nella follia più pura e becera, le sue esclamazioni mi inondarono di adrenalina che si scaricai su di lei, battendo senza nessun rispetto. Quasi non sentì il peso dei due su di me; erano come paglia. In realtà, il mio tronco era completamente affossato dalla massa dei due, ma il mio ventre si muoveva a tutta forza. Le gambe mie, di Denise e Daniel erano invece intrecciate: le mie tenendo immobili quelle di lei e quelle di Daniel tra le nostre.
    “Posso Denise? Posso?” chiese Daniel con voce tormentata.
    Di già?
    “Aspetta Daniel” intimai io, che accelerai per avvicinarmi a lui.
    “Non riesco! Non posso…” e successe. Daniel, troppo eccitato per essere entrato nel suo unico amore, inseminò la sorella in un battito di ciglia.
    “No!” esclamò Denise quando sentì ricevere suo fratello.
    “Non è possibile…” sussurrò senza forze, mentre Daniel le rimaneva, ora inerme, appiccicato al seno.
    “Tranquilla… Hai preso la pillola…” sussurrai incurante prima di riempirli l’altro orifizio.
     
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