Il bordello

5° episodio: L'insana competizione dei ragazzini

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Capitolo Cinque: Competizione

    Passarono due settimane dalla mia ultima presenza a Quinto. Furono giorni segnati dalla vacanze natalizie, rispettate nel bordello. Con le ferie, era molto più dura inventare una scusa da propinare ai propri cari per uscire a farsi qualche ragazzo.
    Se l’ultima apparizione era stata un fiasco, aveva comunque attenuato i miei bollori e spinto verso la solita vita, tra lo studio, i soliti vecchi amici e qualche flirt con alcune tipe. Ben presto, il mio desiderio non sfogato di sperimentare qualcosa di alternativo, si riaccese.
    Quando scesi a Quinto dalla mia Ford Escort nera, regalo del babbo, Nicolò era lì impavido, sotto la bora di un gennaio particolarmente burrascoso.
    “Ehi!” lo salutai con entusiasmo: “Cazzo fai fuori con sto tempo? Non avrai mica cominciato a fumare?”;
    Nicolò mi parse subito di cattivo umore e rispose secco: “Non fa tanto freddo” ma tremava come una foglia.
    “Sei pazzo? Dai, vieni dentro”;
    “Ho sentito che ti sei fatto Thomas” irrompe lui.
    “Te l’ha detto lui questo?” anch’io mi incupì quando mi fece ricordare la persona che avevo rimosso in questo periodo di inattività.
    “Non direttamente” rispose: “Diciamo che l’ha raccontato a mezzo mondo e io sono venuto a saperlo”.
    “Cosa ti avrebbe raccontato?” chiesi sbalordito.
    “Preferisco non dirtelo perché se no non facciamo in tempo a cambiarci” disse provocatorio. Erano appena le ventidue.
    “Si dai, ho capito che oggi hai i coglioni girati Nicolò, non voglio discutere di questo con te”;
    “Ah no?”. Adesso non riusciva più a nascondere il suo disappunto: “Beh, allora vai a raccontarlo a Thomas che così magari poi vengo a sapere anche questo”.
    “Si può sapere che minchia hai stasera? Che cosa ti importa di cosa faccio e con chi, ma soprattutto com’è possibile che tu creda a quello lì e non ascolti me?”;
    “Forse perché mi hai appena detto che non mi vuoi dire niente? Perché non è vero?”;
    “In parte. Ma da come mi stai aggredendo sono sicuro che non ti ha detto proprio tutto...”;
    “E cosa doveva dirmi ancora di più? Che ti sei scopato sua madre?”.
    Non potevo credere che mi parlasse così; la persona che più di chiunque altro ammiravo, si permetteva di offendermi in quella maniera.
    “Ma sei coglione?!” gli sbraitai dietro, per un attimo stetti per perdere il controllo, ma ne recuperai abbastanza per non picchiarlo.
    “Cioè… Non so cosa dirti, che delusione...” tentavo di essere meno aggressivo possibile, cercando comunque di fargli capire la mia amarezza per il suo comportamento.
    “Adesso sei tu quello deluso?” disse. Aveva recuperato la sua calma perché era riuscito a farmi incazzare e, secondo me, la riteneva una vittoria.
    “Non io? Ti sei presentato come un tipo a posto e adesso... Adesso sei cambiato. Nel giro di pochi giorni sei diventato come dire… No, preferisco non dirlo”.
    “Ecco sta zitto, non peggiorare le cose”;
    “Penso di aver preso un abbaglio con te...” disse tristemente.
    “Ma sai quanto mi importa?” e aggiunsi: “Hai avuto due settimane di tempo per ragionare e sei arrivato a concludere questo?! Che gran coglione!”.
    In quel momento, uscì dalla macchina Flavio che esordì dicendo: "Ehi, che avete da urlare tanto? Stavo cercando di rilassarmi ascoltando la musica, ma anche al massimo volume era impossibile con voi qui”.
    Per tutto il tempo non ci eravamo tolti gli occhi di dosso e, anche in quel momento, il mio compagno non distoglieva lo sguardo. Io però mi ero stufato: “Guarda, meglio che andiamo dentro Flavio perché sennò lo meno”.
    Quest’ultimo non si era reso conto subito della situazione; cercò i nostri sguardi per capire qualcosa, ma invano, quindi ci incamminammo diretti verso gli spogliatoi. Nicolò rimaneva vicino alla sua auto.
    Quando fui più calmo, spiegai come Nicolò mi avesse aggredito verbalmente e come non riuscissi a spiegare il suo folle atteggiamento.
    “Insomma” dissi: “Se sapesse come stessero le cose, magari si scuserebbe con me”;
    “Ne dubito” rispose Flavio.
    “Che dici? Non è mica stupido”;
    “Tutt’altro”;
    “Puoi essere più chiaro cazzo?”;
    “Hai mai pensato che magari ci tiene particolarmente a te?”.
    “Sì, penso di starli simpatico”;
    “Non in quel senso”.
    “Vuoi dire che… Gli piaccio?”;
    “Può darsi”.
    “Non può essere dai”;
    “Perché no?”;
    “Ma non ha mai manifestato interesse e poi io non sono il suo tipo”;
    “Come fai a sapere se sei o no il suo tipo?”;
    “Ma perché siamo diversi. In tutto”;
    “Io non penso siate così diversi”;
    “Beh, lo siamo. Poi come fai a dire che potrei piacergli, è assurdo”;
    “Lo conosco da anni. Ammetto che non parla molto della sua vita privata, almeno con me, però capisco quando si interessa a uno”;
    “In simpatia?”;
    “No, ho detto quello che ho detto”;
    “Flavio ti stai sbagliando di grosso”;
    “Si può sapere perché non vuoi considerare questa possibilità?”;
    “Ti ripeto, è assurdo e non voglio più parlare di questa storia”. Mi alzai ancora sbalordito del fatto che il discorso avesse preso quella piega e uscì dimenticando Flavio nello spogliatoio.
    Poteva essere vero? Può essere che io non mi sia accorto di una cosa del genere? No, non era possibile, conclusi, e Flavio aveva preso un abbaglio.
    Mi diressi in salotto convinto che non avrei affrontato mai più quell’argomento.

    Erano le ventitré, ma diversamente dal precedente mercoledì, quella sera c’era una consistente folla, in quanto gli ospiti del bordello erano in astinenza da un po’ e volevano recuperare il tempo perduto.
    Fui colpito dalla presenza di un uomo di tarda età: un ultra settantenne che però possedeva ancora un fisico arzillo e una tempra robusta, oltre che un carattere straripante.
    Giunse per primo, desideroso di scegliere, in posizione privilegiata, chi dovesse andare con lui.
    “Tu vecchio! Oh vecio! Sono qui vieni!”. Si rivolgeva ad Alfredo che stava chiacchierando con alcune persone, soliti “clienti fissi”. Non potei trattenermi dal sorridere vistosamente per il poco riguardo che quest’uomo riservava verso il proprietario del bordello. Alfredo, che aveva notato come il vecchio gli stesse facendo fare pessima figura, cercò di ignorarlo, ma non riuscì a nascondere l’insofferenza per la situazione.
    “Certo che il proprietario qui è proprio uno sfaticato” disse rivolgendosi a noi, poi alzò la voce appositamente: “Quasi quasi me ne vado via! Ero disposto a dargli milleseicento per avere quattro di voi, ma vorrà dire che mi troverò un altro posto”.
    Le orecchie di Alfredo si attivarono alla parola “milleseicento” e subito si fece più servizievole.
    “Mi scusi signore, non vorrei che pensasse le manchi di rispetto, solo che ero impegnato...”;
    “Guardi, lasci perdere e mi faccia scegliere tra questi splendori di ragazzi, accetta assegni?”;
    “Solo contanti”;
    “Che diamine… Cinquecento, mille, millecinquecento… Mi fa lo sconto?”;
    Andava in giro con banconote da cinquecento.
    “Ehm...” Alfredo non sapeva cosa dire, ma i suoi occhi brillavano.
    “Che spilorcio! Va, tenga!” e gli diede un’altra banconota da cinquecento.
    “Oh, finalmente posso scegliere” e tornò su di noi.
    “Allora, prima di tutto scelgo i più piccoli. Sicuramente voi due” .
    Indicò Vincenzo e Lorenzo che erano seduti accanto; effettivamente, si trattava dei più piccoli della compagnia: Lorenzo, quattordici anni, biondo, occhi verdi, sguardo da “scugnizzo”, alto poco più di un metro e settanta, era anche un calciatore promettente di buon livello. In prospettiva, a mio avviso, il più attraente di tutti.
    Invece, Vincenzo, un anno in più di Lorenzo, era più basso, mingherlino, dalle pelle olivastra, gli occhi color pece, moro e dello sguardo tenero ma furbo.
    “Vediamo poi chi altro, uhm… Tu mi attiri e verrai con noi”. Si rivolgeva a Marco, il ragazzo di Flavio.
    “Infine, mi serve uno grande. Tu sei perfetto”. Si rivolse a me.
    Non so quali fossero le intenzioni, ma le premesse erano interessanti.
    Non feci caso che ora avrei superato ulteriormente i limiti; non diedi importanza al fatto che sarei stato coinvolto, in qualche modo, con dei minorenni e che le conseguenze sarebbero potute diventare potenzialmente devastanti.
    Entrammo nella stanza uno, l’unica stanza che comprendeva un bagno con doccia e vasca idromassaggio per tre. Fu concessa da Alfredo senza essere richiesta; un modo per ringraziare il vecchio della mancia.
    “Oh bene. Lasciate che mi rilassi un po’ e poi ci divertiremo”. Arturo, il cliente, si stese sul letto.
    L’idea di scopare con il vecchio non mi eccitava neanche un po’. Invece, la presenza di quelle pesti era molto gradita e il piacere era corrisposto.
    I tre parlavano tra di loro bisbigliando qualcosa all’orecchio e ridacchiando, come dei bambini delle elementari. Ogni tanto mi lanciavano qualche sguardo che, quando corrisposto, veniva stupidamente distolto.
    Sapevo che inesperti non era una parola che si addiceva a quei ragazzini: prima di tutto, erano molto richiesti dalla clientela, specialmente Lorenzo. Quest’ultimo e la sua spalla Vincenzo, conosciutosi in questi luoghi, erano diventati un grande tandem, delle macchine di soldi nelle mani di Alfredo. Marco , che non aveva troppa confidenza con gli altri due, era sì un tipo vispo, ma più mite e dolce con gli sconosciuti.
    “Si può sapere cosa avete da ridere tanto, imbecilli?” dissi scherzoso a Vincenzo e Lorenzo.
    “Scusa” disse quest’ultimo “sua imminenza” e lanciò uno sguardo d’intesa agli altri due, come per vantarsi del termine ricercato.
    “Sua imminenza faccia vedere le sue doti” irruppe Arturo.
    Senza farmi pregare, levai la vestaglia, le ciabatte e mi mostrai.
    “Bellezza statuaria direi, no ragazzi?” chiese Arturo, rivolto ai tre.
    “Si” fece Vincenzo e tutti sorrisero convinti.
    “Ci inchiniamo alla sua bellezza” disse Lorenzo prendendo l’iniziativa, seguito dagli altri due.
    “Che idioti” sorrisi divertito. Percepivo l’eccitazione nell’aria. Quei tre mi desideravano.
    “Poverini, loro si inginocchiano e tu gli chiami idioti? Forse se gli offrite le vostre grazie magari si rabbonisce, che dite di provare?”.
    Domanda retorica. Non dissero niente, si alzarono da terra e si levarono i vestiti.
    Uno spettacolo per pedofili? Punti di vista. Di certo il mio membrò apprezzò vergognosamente davanti a tutti.
    Marco l’avevo già visto nudo, ma non avevo mai avuto la possibilità di ammirarlo così bene: il suo fisico era morbido e liscio, la pelle fresca e chiara, ma il suo punto forte rimaneva il viso, dolce e un po’ lentigginoso, con le sue labbra color pesca, i suoi lisci capelli mori, i suoi occhi da cucciolo indifeso e un sorriso dai denti splendenti.
    Vincenzo era più piccolo, scuro e magro ma sodo dove serviva. Carino e tenero, faceva gola.
    Lorenzo era fisicamente il più maturo; il suo fisico atletico mostrava lineamenti già costruiti, pancia piatta e addominali disegnati.
    “Allora ragazzi, chi comincia?” la domanda era posta direttamente da Lorenzo, come se Arturo non ci fosse, eclissato spettatore fuori scena.
    “Comincio io” fa Marco;
    “Ah però! Se lo viene a sapere Flavio di come sei intraprendente con gli altri...” gli dico compiacente, mentre si stava già inginocchiando.
    Solleva lo sguardo e mi sorride dolcemente; non imparai mai a proteggermi dai suoi occhioni irresistibili.
    Prese il mio cazzo già in tiro e me lo segò fortemente.
    “Mmm… Non vedo l’ora che sia il mio turno” fa Vincenzo. La loro sincerità e le loro voci innocenti, scioglievano le mie poche resistenze sulla giovane età.
    “Vieni qua tu” feci a Vincenzo. Egli si diresse alla mia sinistra, passando Marco. Lo presi sul fondoschiena, lo avvicinai e lo baciai. Il suo corpo tiepido era bello da toccare perché sentivo le forme disegnate di quel fisico fragile, che pareva sempre un po’ abbronzato. Il suo bacio era passionale, esperto per la sua età.
    “Dimentichi il pezzo forte”.
    Lorenzo non si fece escludere a lungo: venne alla mia destra libera e abbracciai anche lui, liberandomi lentamente dalla soffice bocca di Vincenzo e passando alla sua. Il suo fisico era molto diverso da quello di Vincenzo anche al tatto: meno duro e più muscoloso, per quanto si possa definire tale un quattordicenne.
    Vincenzo strusciava il cazzo sulla mia anca sinistra e mi baciava la guancia mentre intanto limonavo il più piccolo della combriccola.
    Lorenzo era molto bravo. Con la lingua si muoveva con padronanza, mentre la sua saliva si confondeva alla mia.
    Marco continuava il suo ingordo pompino; sentivo che arrivava fino alla base. Sentivo, perché la sua vista mi era impedita dalle bocche fameliche di Vincenzo e Lorenzo, che mi strappavano l’uno dalle fauci dell’altro, e a malapena intravedevo la folta chioma nera di Marco. Sentivo come le sue labbra bagnate toccassero la pelle dei testicoli e dell’inguine; nessuna ragazza era riuscita a contenere tutti i miei centimetri in bocca, Marco sì.
    La mia situazione era meravigliosa: tre stupendi ragazzini, affamati e desiderosi di avermi, mi circondavano, tanto che neanche Arturo si permise di rompere l’incantesimo.
    Passavo dalla bocca di Vincenzo a quella di Lorenzo, scambiando liquidi baci. Marco succhiava voracemente producendo suoni schiumosi, esaltanti. Mi leccavano il collo, mi inumidivano le labbra con le loro lingue, instancabilmente e senza sosta alcuna. Ero in paradiso.
    “Ragazzi va bene che siete molto arrapanti però vi ricordo che ci sono anch’io”.
    Non penso fossi l’unico ad essermi dimenticato di lui; ci snodammo e ci mettemmo in fila.
    “Ma cosa siete? Dei marines? Dai, voi tre ragazzini, venite a sedervi vicino a papà”.
    Perché non ero invitato?
    I tre si sistemarono sul letto: Lorenzo raggomitolato alla sinistra di Arturo, Marco a gambe incrociate seduto sul bordo e Vincenzo steso di fianco alla destra del vecchio.
    Lorenzo e Vincenzo erano a stretto contatto con il corpo, ancora vestito, del cliente, senza che lui l’avesse chiesto esplicitamente.
    Arturo si alzò di schiena e rimase seduto al centro del letto.
    “Che belli i tempi quando anch’io ero giovane come voi. Più o meno alla vostra età avevo un fisico proprio atletico come lui (mi indicò), se non di più, e sapete perché?”;
    “Perché?” chiese Lorenzo con un tono che assomigliava molto alla richiesta di un bambino innocente dell’asilo alla maestra.
    Che carogna, pensai guardandolo e scuotendo il capo; sfruttava al massimo la sua immagine stupenda: era prono e con le gambe sollevate all’indietro, le braccia sorreggevano la testa.
    Era palese che lo facesse a posta a mettersi così, a fare il bambino buono, quando invece era tutto il contrario. Il contrasto che creava, quello paradossale di un corpo già maturo in posizioni infantili, facevano si che lo detestassi e, allo stesso tempo, lo invidiassi. Provavo un certo senso di inferiorità nei suoi confronti: non un inferiorità fisica ma estetica. Questione di poco tempo e sarebbe stato in grado di soffiarmi tutte le ragazze.
    “Perché amo lo sport, e dello sport amo la sfida” continuò Arturo battendo con l’indice il naso di Lorenzo.
    “A voi piace competere ragazzi?”;
    “Certo e io vinco sempre” fa spavaldo Lorenzo, sempre nella sua irritante farsa di bambinetto.
    “Si” rispondono più timidamente Vincenzo e Marco.
    “Vi andrebbe di fare una gara con me e il vostro amichetto Nicolò come giudici?” domanda Arturo;
    “In che senso?” chiese mesto Vincenzo;
    “Nel senso che voi ci mostrate qualcosa e noi giudichiamo”.
    “Che cosa?” fa Lorenzo;
    “Direi di applicare una specialità di ognuno di voi tre”
    “Puoi essere più chiaro?” chiese Lorenzo in reale difficoltà.
    “Faccio un esempio. Mettiamo che Marco dice che la sua specialità è fare un bocchino. Allora, tutti e tre fate un bocchino a una cavia, che sarà sempre Nicolò (ringraziai per l’epiteto) per poi essere giudicati da me e da Nicolò stesso. In seguito faremmo una specialità di Vincenzo e di Lorenzo per poi sommare i voti e decretare un vincitore, ora vi è chiaro?”.
    “Abbastanza” afferma Lorenzo.
    “Dev’essere una cosa divertente” dissi sorridente.
    “Altroché, soprattutto perché voglio che vengano proposte specialità inusuali. Ad esempio: Marco, qual è la una tua fantasia?”.
    Marco, che durante la spiegazione era stato ad ascoltare in silenzio, avendo gli occhi addosso di tutti, arrossì visibilmente e abbassò lo sguardo.
    “Non so… Non penso di avere specialità…”.
    Attimo di silenzio, poi io feci: “Come no, e quella roba con i piedi?”
    Marco si girò verso di me imbarazzatissimo e rosso in viso: che cosa stavo tirando fuori? Questo interpretai dalla sua espressione.
    Vincenzo e Lorenzo ridevano di gusto ma Arturo rimase impassibile: “Direi che è un ottima cosa… E’ deciso. La prima prova consisterà nell’uso afrodisiaco, prova che direi, potete svolgere in contemporanea. Molto bene, vediamo la seconda. Vincenzo?”
    Tra lo stupore generale per la velocità di pensiero di Arturo e la stranezza della cosa, Vincenzo afferma convinto: “La mia specialità è il sesso acrobatico”.
    “Sarebbe?” domanda Arturo.
    “Il sesso senza toccare terra”.
    Arturo rifletté due secondi e sentenziò: “Capisco… Interessante” e poi: “Quindi sì. E voglio vederti alla fine, così da tenere il bello alla fine, se ciò che dici è vero”.
    Vincenzo sorrise soddisfatto.
    “E tu Lollo, in cosa ci delizi?”
    “Anch’io non ho fantasie” si affrettò a rispondere.
    Arturo mi guarda sperando in un'altra mia trovata, ma stavolta allargai le braccia in segno di impotenza.
    “Beh, avrai qualche cosa che ti piace fare?”;
    “Sì...” rispose serio e a testa bassa.
    “Allora diccela”;
    “Promettete di non ridere?” chiede Lorenzo sempre a testa bassa, girando nervosamente i pollici.
    “Lo promettono tutti , vedi? Dai, non fare il bambino”. Che sei o dovresti essere, avrei aggiunto.
    “Il pissing”.
    Secondi interminabili di silenzio, Lorenzo sempre a testa bassa e visibilmente rosso in volto, l’unico a sorridere malignamente è Marco che, però, non sorretto dai compagni, si contiene.
    La sua fantasia erotica non mi stupì, visto che la ritenni una conferma alla concezione che avevo su di lui.
    “Non sei il primo ad avere questa passione” lo tranquillizza Arturo “e anche se probabilmente ai tuoi compagni non piace”, prosegue, “si farà lo stesso”.
    Marco e Vincenzo borbottarono infastiditi, ma Arturo sedò subito gli animi: “Ehi zitti tutti, sono io il cliente e decido io, quindi poche chiacchiere. Questa sarà la prova conclusiva, però prima ne farei un'altra. Vediamo… Nicolò tu proponi qualcosa?”.
    Mi ero già preparato mentre gli altri titubavano. Quindi dissi: “Non ho nessuna specialità, tranne che sono bravo in tutto e per tutto. Propongo che mi venga data la possibilità di scegliere una posizione appropriata per ognuno di loro in cui possa fare come meglio credo".
    La mia dichiarazione fu accolta all’unanimità di tutti e Arturo non poté che dire: “Mi hai convinto. La tua prova seguirà quella proposta da Vincenzo".
    “Quindi il bagnetto alla fine” concluse Marco sprezzante su Lorenzo guadagnando le risate di Vincenzo.
    Gli guardai: erano splendidi nella loro innocente lucentezza ancora non perduta. Per un attimo pensai a quanto fossi una cattiva persona ad approfittare di loro. Poi smisi di pensare.
    “Sapete se c’è il servizio in camera qui?” domandò Arturo in generale;
    “Sì, ma Alfredo preferisce che non venga usato” rispose Marco.
    “Alfredo è un coglione” concluse Arturo senza obiezioni: “Dov’è il telefono?” chiede girandosi intorno.
    “Lì, vedi? Dietro il televisore” indicò Vincenzo.
    Chiamato il bar, Arturo fece delle richieste un po’ insolite: chiese quattro vasetti di miele, un tubetto di panna spray, una bottiglia di liquore alla liquirizia e una confezione di sei bottiglie d’acqua da un litro e mezzo, oltre che qualche bottiglia di birra.
    “Sta roba a cosa serve?” Chiese ingenuamente Lorenzo, mentre Arturo continuava a insistere nell’avere tutto e prima possibile.
    “Proprio non ci arrivi babbeo?” risposi immediatamente: “L’acqua serve per la tua cazzo di fantasia e scommetterei che quei cibi ve li mettete sui piedi, eh Marco?”;
    “E’ inutile che mi incolpi, sei stato tu a parlare a sproposito, nessuno te l’ha chiesto!” ribatté lui.
    Io non stavo neanche ad ascoltarlo e, invece, pensavo alla stranezza di quel tipo che, invece di suonare, ci dirigeva come un direttore d’orchestra.

    -

    “Tu Vincenzo ,che sei scuretto, ti versi la liquirizia” fece Arturo. Vincenzo non gradì il termine “scuretto” e lo manifestò con una smorfia.
    “Marco che è dolce come il miele si spalmerà, appunto, il miele”. Marco si mette una mano davanti al viso imbarazzato.
    “E Lorenzo, non so perché, lo associo alla panna”. “Ora fatemi vedere come sapete organizzarvi”.
    Mentre i tre si preparano, mi sdraio supino sul tappeto persiano.
    Il primo ad arrivare è Vincenzo; versarsi il liquore richiede molto meno tempo della panna e del miele.
    Intelligentemente, mi sale sulla pancia, in modo da non toccare terra con il piede imbrattato, proprio per questo, evitai di insultarlo visto che il mio stomaco era stato preso per un marciapiede.
    “Stai cercando di sfondarmi le interiora?” domandai sarcastico all’immobile Vincenzo in piedi su si me. In verità, era molto leggero e lo sentivo appena. Se non per il fatto che il suo piedino destro appiccicoso era freddo. Vincenzo finge risentimento e mi sbatte il piede in faccia.
    Comincia il gioco: lo prendo con le due mani e comincio a leccargli le dita. Sinceramente, non è che la cosa mi facesse impazzire, ma dovevo ammettere che il liquore era buono e, inoltre, i piedi di Vincenzo, così come quelli degli altri due, erano diversamente carini, quei piedi fanciulleschi, grandi in proporzione al corpo, ma delicati e glabri.
    Arriva anche Lorenzo che, vedendo la scena, mi punta il suo piede sulla guancia sinistra. Lascio il piede unticcio di Vincenzo e passo a quello completamente ricoperto di panna. Mi tocca sporcarmi le mani per afferrarlo, però il gusto dolce non è affatto male.
    Vincenzo, per non rimanere a far nulla, mi struscia il piede destro sul corpo. Si muove a tratti perché unto e appiccicoso e si sofferma sul cazzo. Quindi comincia a massaggiarmelo.
    Era molto piacevole il suo tocco e il mio membro si eresse nuovamente.
    “Guarda a chi altro piace il fetish?” disse scherzoso Vincenzo a Marco che, nel frattempo, si era anch’esso avvicinato alla mia guancia destra: panna e miele ora riempivano il palato.
    La presenza dei tre mi eccitava più dei loro movimenti; a Lorenzo avevo praticamente pulito il piede, tanto che decise di spostarsi senza preavviso.
    Dove va? Mi chiesi, poi lasciai stare e mi concentrai sul miele.
    “Cambio” sento dire da Lorenzo. Vincenzo si toglie e si mette spontaneamente a leccarmi i piedi. Lorenzo si siede nello spazio tra le mie gambe.
    Mentre Vincenzo mi solletica i piedi con la lingua, Lorenzo prende i suoi piedi e li mette ai lati del mio pene: comincia a segarmi in questo modo.
    Approvai compiaciuto, meno Marco, che si sentì defraudato dalla sua specialità.
    “Eh no lo voglio fare io” piagnucolò comicamente.
    “Che bambinetto” risponde Lorenzo, “Dai c’è posto per tutti e due”.
    Marco si siede vicino al mio fianco destro, Lorenzo apre le gambe e toglie il suo piede sinistro dall’asta, posto che viene occupato dal destro di Marco.
    “Vieni qua Vinci” fa Lorenzo. Vincenzo smette di leccarmi i piedi e si alza.
    “Prendi”.
    Vincenzo prende i piedi di Lorenzo e Marco posti sul mio membro e comincia a scuotere.
    I loro piedi segano insieme il mio cazzo.
    Arturo ride: “Ne avete di fantasia, ma passiamo a qualcosa di più eccitante”.

    -

    “Vediamo che sapete fare” disse provocatorio Vincenzo sicuro di vincere.
    Marco si avvicina; siamo i piedi uno davanti all’altro.
    “Comincia pure” dice Arturo.
    Ora ci si diverte sul serio, pensai io.
    Marco era titubante, quindi presi l’iniziativa: lo presi in braccio. Marco, stupefatto, allarga le gambe e le incrocia sul mio fondoschiena: cerco di entrare a tentoni.
    Marco si accorge subito e dice preoccupato: “No, aspetta! Sei pazzo?!”
    “Così fa presa meglio” dico sadicamente.
    “No aspetta, ragioniamo… Ah!”. Un urlò strozzato di Marco echeggia nella stanza; avevo trovato e impetuoso mi ero infilato per un terzo del mio membro, solo perché il buco era troppo poco spesso per contenerne di più.
    “No ti prego!” pregava Marco.
    Il suo profumo di pulito su di me, il suo cazzo dritto sul mio addome accesero i miei istinti animaleschi: battevo senza accortezza, cercando di farlo entrare tutto subito.
    Marco non riusciva ad opporre resistenza perché era abbracciato a me con gambe e braccia e , quest’ultime, erano impegnate a sorreggere il corpo.
    La sua morbida guancia destra sulla mia, i suoi occhi chiusi esprimevano concentrazione.
    I suoi fianchi si aprivano involontariamente per arrendersi al mio cazzo e soffrire meno, le pareti spasmodiche del suo retto erano sovrastate dalla mia potenza.
    “Cazzo!”, Marco tentava di resistere al dolore, mentre io godevo pazzamente. Scivolavo all’interno, percependo il mio pene sempre più umido.
    Finalmente ero tutto dentro, ma faticava a muovermi fluidamente.
    “Mi stai segando il culo Nicolò! Rallenta per favore!”.
    Secondo voi potevo ascoltarlo? Potevo essere in grado di fermarmi a quel punto?
    “Vedrai che ti passa” dissi senza troppo impegno.
    Marco apre gli occhi e mi guarda torvo: “Fanculo”.
    Lo bacio intensamente e lui risponde.
    Il suo bacio dolce e partecipato mi ricordava della situazione in cui mi trovavo in quel momento: Marco era il primo minorenne che mi scopavo. Mi accorsi che, fin dal primo istante che l’avevo visto, avevo desiderato nel profondo un momento simile. Non ero pentito. Né perché era il ragazzo di un altro, né perché era minorenne.
    “Stop”
    “Già sono passati tre minuti?” chiesi laconico ad Arturo.
    Spostai lo sguardo su gli altri due seduti sul letto. Vincenzo si stava segando ferocemente, Lorenzo, sempre seduto, si teneva sollevato il culo e con le dita della mano sinistra si penetrava.
    La sua espressione era tranquilla, come fosse normale.
    “Dai Nicolò non disperare, tu lavori in sequenza” disse Arturo.
    Alzai Marco delicatamente, tolsi il cazzo e lo lasciai scendere a terra. Marco apprezza, mi sorride e da il cambio a Lorenzo.
    Questo avanza goffamente verso di me tenendosi ancora il dito medio all’interno; mi guarda e mi fa una smorfia.
    “Stupido” dico sorridendo e lui risponde al sorriso: toglie la mano dal culo, me la mette sulla guancia e mi bacia sulla bocca.
    “Che schifo! Toglimi le mani di dosso. Cazzo, te le sei lavate almeno?” sbottai recitando disappunto.
    “Eh, non stare a fare lo schizzinoso. Vedi che sono pulito” poi guarda dietro di me lo specchio fissato al muro: “Con che coraggio mi critichi? Quello in mezzo alla schiena è un brufolo gigante o è un punto nero?”.
    “Cosa?” feci io allarmato. Mi girai a guardare lo specchio; ero esterrefatto dall’idea di avere un brufolo sulla schiena, io attento sempre al minimo dettaglio quando si tratta di linea e cura personale.
    Poi, quando Lorenzo mi sale sulla schiena, capisco il bluff.
    Ridendo gli chiedo il senso di tutto ciò.
    “Ascolta, voglio vincere”;
    “Ah beh, con sta mossa hai la vittoria assicurata, non serve neanche continuare”.
    “Sta zitto sfigato” molla la presa e mi scivola davanti.
    “Come osi?” gli faccio: “Adesso la paghi”.
    “Pensi che debba soffrire io? Ti sbagli!” a sorpresa Lorenzo posiziona il sedere sulla punta del mio cazzo, poi calibra la direzione in modo da riceverlo tutto in un colpo. Infine, fissa i suoi piedi in mezzo alle cosce.
    “Che cazzo f...” con un gesto violentissimo fionda il suo culo sul mio cazzo che gli entra in gran parte.
    Rapidamente contrae velocemente le gambe, lega i piedi a pochi centimetri da terra sulle mie caviglie e le braccia al mio collo.
    Comincia subito a sbattere lentamente sul mio cazzo, che gradisce, mentre io sono ancora intontito dalla botta.
    “Allora? Pensavi di non soffrire vero?” mi fa Lorenzo che, però, dalla sua voce soffocata non riesce a nascondere la fatica.
    Lo guardo con ammirazione e lo bacio profondamente. Le nostre lingue si intrecciano nel palato e, intanto, Lorenzo continua da solo.
    Era incredibile quanta forza possedesse quel ragazzino, ma avrei dovuto immaginarlo. Il fisico di Lorenzo era atletico e scattante, i suoi addominali erano potenti e leggeri, mentre le sue gambe, muscolose e agili, rimanevano salde senza troppo sforzo. Inoltre, si sorreggeva da solo, quindi potei tenere, per mio immenso piacere, le mani appiccicose alle sode natiche e palparle.
    Leccavo il suo collo irresistibile, che Lorenzo mi sporgeva senza complimenti. I suoi lamenti assomigliavano a quelli di una ragazzina, il suo viso contratto però non nascondeva la sua anima sicura di se e narcisa; anche in questo mi somigliava molto.
    Se con Marco fui triste di lasciarmi, con Lorenzo mi venne quasi da piangere.
    La prova di Vincenzo però, poteva solo essere che la migliore.
    In quei pochi minuti con Lorenzo mi ero stancato molto, ma Vincenzo voleva cominciare subito:
    “Metti una mano sopra l’altra” ordinò e io esegui. Mise il piede destro sopra la mia mano per issarsi.
    “Tieni duro adesso” mi fece e io strinsi la base della caviglia. Egli piegò la gamba e con le sue mani mi strinse le spalle per sollevarsi, infine, con una mossa da acrobata, allarga le gambe e si siede sopra le mie spalle.
    A sorpresa, avevo il cazzo in tiro di Vincenzo sul naso.
    “Davvero complimenti” fa Arturo.
    Sento il suo forte odore e annuso facendo un apposito rumore con il naso perché si sentisse. Sorridendo soddisfatto, Vincenzo rimane ben poco in quella posizione perché, come un contorsionista, prima allarga le gambe e rotea di centottanta gradi il corpo, così che io avessi il cazzo dietro alla testa, poi, con una manovra molto difficile, si tiene completamente sollevato con le sole braccia stese sulle mie spalle. Vedo che lentamente si espone verso l’alto, sento le sue braccia tremare e ho paura che cada, ma prima che potessi aiutarlo lascia la presa con le mani e incrocia i piedi in modo che le sue gambe rimangano incrociate con il mio collo in mezzo.
    In questo modo scende con le gambe, fino a che sento i suoi talloni incrociati attaccati alla parte posteriore del collo. Con il viso Vincenzo è sceso fino a davanti al mio cazzo!
    I tre seduti sul letto applaudono e Vincenzo comincia un bocchino, mentre con le mani si tiene sulle mie ginocchia.
    Il mio cazzo rispose presente, perché il corpo caldo di Vincenzo che si muoveva su di me era eccitante all’ennesima potenza.
    A testa rovesciata Vincenzo succhiava ingordo mentre io fissavo le sue natiche sode che ogni tanto baciavo e leccavo.
    Non so quanto avrebbe potuto durare in quella posizione estrema, sta di fatto che il suo bocchino non superò il minuto, visto che tutta la manovra aveva consumato gran parte del tempo.
    Ciò non gli tolse però il primo posto provvisorio ai voti.

    -

    “Allora Marco, per te ho pensato questa posizione: steso sul letto, metterai le gambe sulle mie spalle. Al resto penserò io”. Scandì tutte le parole molto lentamente e comicamente, camminando per la stanza come un professore che spiegava coinvolto la sua materia.
    “Si, maestro”.
    Marco rispose presente e si distese supino. Molto lentamente presi posto anch’io.
    “Mi raccomando, non voglio essere disturbato mentre lavoro” feci rivolto agli altri, compreso Arturo. Poi, mi inginocchiai in prossimità del culo di Marco, gli sollevai le gambe, ponendole sulle spalle, e lo penetrai.
    Il silenzio circondava la stanza, tutti gli occhi su di me. “Comincia lo spettacolo” pensai.
    Presi subito a fotterlo violentemente perché il suo retto era già pronto. Ciò non bastò a Marco per non squarciare il silenzio con un urlo sordo; il suo corpo era scosso dalla mia forza, e lui non aveva la capacità di rallentare tali contrazioni. La sua espressione di enorme fatica era sulla sua bocca spalancata, in un misto godurioso.
    Cominciai a palpare con forza i suoi pettorali molto morbidi tendendo la mano destra, mentre la sinistra gli sorreggeva la soffice e calda gamba sinistra.
    Il suo viso mi era irresistibile e non potevo smettere di fissarlo: era dolce, dolcissimo e io volevo vedere ogni reazione. Gli strinsi forte il pettorale sinistro, come se cercassi di spremere un arancia con la sola mano.
    Marco urlava e non capiva, ma non accennava a fermarmi.
    Era bellissimo sentire il suo calore sotto di me e l’irresistibile visione della sua pelle liscia e fanciullesca. Sarò pedofilo? Pensai per un attimo, ma allontanai nella foga quell’idea. Ritenevo ingiusto pensarla così. Fottere un sedicenne non è sbagliato. La consideravo un’esperienza meravigliosa, perché certe caratteristiche adolescenziali le si posseggono per un breve tempo e io non avrei sprecato nessuna opportunità.
    Mentre pensavo a questo, notai lo sguardo fisso su di me di Marco: il suo viso imperlato dal sudore era dolce come al solito e i suoi occhioni chiedevano pietà e supplicavano di continuare allo stesso tempo.
    “Ti piace farti scopare da altri vero?” dissi provocatorio, in preda all’eccitazione.
    “Ti piace? Dillo che-ti-piace” e a ogni sillaba colpì con violenza.
    Ai tre colpi Marco rispose con gemiti di piacere, poi mi fissò come prima.
    “Non parli eh?”. Cominciai a scoparlo sempre più veloce; i miei testicoli tambureggiavano sul suo sedere.
    “E se ti vedesse il tuo ragazzo come godi con me? Se ti vedesse come sei perso per me”.
    Ero conscio che le mie frasi erano prive di senso, ma il solo pronunciarle bastava ad accendere ulteriormente la passione del momento e Vincenzo e Lorenzo, non indifferenti, si toccavano.
    “Ti prego, ti prego… Prendilo…”. Marco grondante di sudore mi parlò per la prima volta. Voleva essere segato? Guardai il suo pene eretto sbattere sulla sua pancia mentre lo scopavo.
    Lo presi con la mano sinistra senza rallentare; per tutto quel tempo stava sbattendo violentemente sul suo stesso corpo e bastarono pochi secondi per farlo venire: i primi getti furono così lunghi che alcune goccioline raggiunsero la bocca di Marco, per poi stamparsi sul suo petto. Gli altri schizzi sporcarono il suo addome, mentre gli ultimi imbrattarono la mia mano.
    Marco era esausto mentre io continuavo a scoparlo.
    Il corpo di Marco ora era più disteso, meno in grado di accompagnarmi nel mio gesto riproduttivo. Infatti, se prima riusciva a tenere tesi i suoi muscoli morbidi, ora le mie badilate piegavano la sua schiena in modo innaturale.
    “E’ stato bellissimo Marco” avrei voluto dirgli quando sentì che ero verso la conclusione.
    Il suo corpo stanco e sudato era ancora più attraente e io me lo mangiavo con gli occhi; ero contento di averlo sottomesso, ma mi rendeva ancora più felice il fatto semplice di aver fatto sesso con lui.
    “Pronto a ricevermi?” gli feci.
    Marco si svegliò un attimo dal suo torpore e allarga le gambe per non perdere nulla. Si issa sulla schiena e mi schiocca un bacio sulle labbra.
    Divenni ancora più veloce, tanto da non riuscire più a sollevarli le gambe e mi accasciai su di lui; mentre terminavo, sdraiato sul suo corpo, con lui che mi guardava sorridente, non riuscì più a fissarlo per l’imbarazzo. Fu la prima volta.
    Al momento, gemette di piacere, io rabbrividì e mi afflosciai su di lui ansimante.

    “Bene ora tocca a Lorenzo!” disse subito Arturo.
    “Ti prego… Dieci minuti” supplicai con le mie energie residue.
    "Ok, intanto continuate a bere ragazzi...".

    -

    "Lorenzo, con te voglio provare una delle mie posizioni preferite, cioè tu steso sul fianco del letto. Scegli tu quale, e poi vedi…"
    Lorenzo mi guardò serioso e, senza indugiare oltre, si posiziona come richiesto. Mi misi dietro di lui e, così come feci con Maurizio qualche sera prima, sollevai la sua gamba con la mano destra, tenendolo per l'esterno coscia.
    "Pff" commentò Lorenzo, "che posizione deludente. Non ha senso".
    "Quindi va bene per te" risposi con poca fantasia: "Comunque taci e vediamo come ti comporti!” dissi sprezzante all' orecchio e lo penetrai.
    Fin da subito cominciò a gemere di piacere; lo scopavo con forza, mordicchiando al contempo il suo orecchio sinistro. I suoi profumati capelli biondi accarezzavano la mia fronte.
    Infossai la mano destra libera tra il materasso e il suo busto, in modo da passare dall'altra parte e toccare le sue forme.
    "Più forte!" gemeva voglioso Lorenzo mentre gli palpeggiavo il petto; era assurdo credere che un quattordicenne avesse un fisico così lanciato e così ben definito. Ma era vero. Credetti a lungo che non potesse esistere al mondo un quattordicenne con un fisico magnifico come il suo, anche se era impensabile.
    La mia mano scivolava sul suo corpo sudato e liscio, il mio cazzo lo penetrava senza indugi, i miei testicoli picchiavano le sue natiche eppure, continuavo ad avere la sensazione che Lorenzo potesse subire di più. Era una consapevolezza o una speranza? Stavo dando il massimo o mi trattenevo inconsciamente pensando alla nostra differenza di età?
    Tali pensieri giravano nella mia mente e non mi permettevano di godere al massimo.
    Ciò non toglie che la scena che ci vedeva stretti in una morsa di passione e sudore avrebbe eccitato il più freddo degli animi: al di là della mia stanchezza per il rapporto con Marco, ansimavo e gemevo intensamente, respirando affannosamente sulla spalla di Lorenzo. Intanto, segavo il suo cazzo liscio e dritto, sperando di sentire colare dalle mie mani. Speranza disillusa: quel ragazzo possedeva anche una grande resistenza.
    Ma io volevo ardentemente che venisse e segavo con forza suscitando enormi gemiti da parte di Lorenzo, che però continuava a non darmi soddisfazione.
    "Perché non vieni Lollo?" dissi infine.
    "Forse perché non sei alla mia altezza" rispose.
    Che stronzo, pensai.
    "Devo fare sul serio?".
    "Per fortuna che me l'hai detto, mi stavo preoccupando a pensare che fossi tutto qui".
    "Parli troppo Lollo, non va bene".
    E cominciai a battere con tutta la forza che avevo. Adesso che stavo dando il massimo, il suo sedere era diventato un tamburo. Il mio membro sprofondava e Lorenzo gemeva di più.
    Ciò non toglie che un senso di inferiorità si continuava a contrapporsi tra noi: perché pensavo di non riuscire a soddisfarlo? Perché non riuscivo a farlo venire? Perché pensavo di essere inferiore a un ragazzino di quattordici anni?
    Non poteva essere, io non mi ero mai sentito inferiore a nessuno, almeno sotto le lenzuola. Per sfuggire a tale idea, lo scopavo con foga, ma facendo questo, non riuscivo a ottenere il massimo del godimento. Allora cominciai a schiacciare i suoi capezzoli, con l’intento di fare male, per simboleggiare la mia forza.
    Lorenzo sobbalzò per il dolore e cercava di divincolarsi dalla mia presa al petto, ma non urlava.
    Sudavo copiosamente, come non mai; anche se era ovvio che fosse difficile per tutti avere una doppia prestazione soddisfacente, anche questa fatica mi faceva avvalorare la mia tesi di inferiorità.
    Pure il corpo di Lorenzo grondava di sudore, ma la sua tenacia e la sua resistenza erano notevoli.
    Compresi che tutto questo era dovuto al fatto che il ragazzo più bello che avessi mai visto, più di Davide e Rigo, aveva solo quattordici anni. E questo mi feriva.
    I miei colpi si fecero più intensi; mi strinsi al petto di Lorenzo con le braccia, mentre il mio viso era appoggiato sulla sua schiena, la mano destra non aveva mai smesso di sorreggere la sua gamba.
    Il mio cazzo bruciava dallo sfregamento incessante, ma la mia eccitazione superava ogni ostacolo nascondendo ogni mio limite.
    Venni copiosamente dentro di lui, senza avere la soddisfazione di vederlo eiaculare.
    Avevo perso.

    Dieci minuti non erano sufficienti per riprendermi, ma Vincenzo era incessante nella sua richiesta di essere scopato.
    Mi sedetti sulla poltrona, altro comfort esclusivo della stanza numero uno: "Vincenzo..." dissi stancamente: "Dammi la schiena e inginocchiati sulla poltrona… Insomma ora vedi".
    Vincenzo sorrise: evidentemente aveva accolto con assoluto piacere la mia scelta. Ecco che sale in piedi sulla poltrona, dandomi direttamente il sedere, e comincia a piegare lentamente le ginocchia.
    Tengo con la mano il mio cazzo barzotto e osservo i suoi muscoli contrarsi a causa della posizione scomoda.
    Lentamente il suo sedere affonda e il mio membro scompare al suo interno. Mentre lentamente entra, gusto le fasi e ascolto godurioso i suoi lievi gemiti. Fisso il suo bacino sodo e tenero, in contrasto con il corpo bello e magro.
    Quanto tutto il mio membro è al suo interno, lo afferro sui fianchi e, insieme, facciamo l’amore.
    Vincenzo geme di piacere, mentre io osservo respirando profondamente. Alzo il mio dorso dallo schienale della poltrona e strofino il mio corpo roseo al suo olivastro. Comincio ad accarezzare i suoi muscoli ammirando la bravura di Vincenzo.
    E’ una scopata silenziosa e coinvolta.
    Accarezzo il suo corpo: sento le sue costole mentre tutti i suoi muscoli sono allungati nello sforzo. Accarezzo i suoi violacei capezzoli in contrasto con il corpo olivastro.
    Guardo i suoi piedi: sono bellissimi e incolpo Marco nella mia testa, per l’attenzione verso questi particolari.
    Decido di accarezzarli, per poi passare alle caviglie, agli stinchi, ai polpacci, alle cosce: ecco che comincio a segare il suo cazzo.
    Vincenzo approva ogni mia manovra e si lascia fare; mentre con la mano destro lo sego, con la sinistra gli accarezzo i testicoli.
    Le mie martellate si fanno gradatamente più intense; ansimiamo all'unisono mentre sposto le mie mani sull’estremità inferiore delle natiche accompagnando l’amplesso sempre più in profondità. A differenza di Lorenzo, ancora una volta mi accorsi che con Vincenzo c’era un empatia sessuale completa. Vincenzo era la piccola serratura perfetta per la mia chiave. La marcata differenza fisica tra noi due, non era discutibile. Per questo, il godimento era completamente concentrato sulla prestazione. Entrambi cominciammo ora a guaire dal piacere, senza ritegno per i presenti. Vincenzo, forse stanco per la posizione, era ora sopra le mie gambe, sempre dandomi la schiena, con i piedi che si affossavano nelle mie cosce. Apprezzavo moltissimo e sostenni quella posizione reggendo con le mani i fianchi, mentre i nostri ululati si facevano sempre più animaleschi. L’idea di essere il suo appoggio, il suo pavimento, mi faceva sentire grande, forte e importante. Se con Lorenzo non mi sentivo abbastanza, con Vincenzo credevo di essere unico e indispensabile. Inoltre, se Lorenzo mi sfidava, Vincenzo mi assecondava. Il risultato era il massimo.
    La platea assistette allo spettacolo in un silenzio di tomba. I nostri gemiti trapassavano le pareti e, in barba alle regole del gioco, quando mi accorsi che Vincenzo era stanco di quella faticosa posizione, senza dire una parola lo presi e lo posizionai a novanta sulla seggiola e io a novanta in groppa sopra di lui. Non parlavamo nemmeno, ci esprimevamo a grugni, troppo immersi per ragionare. Ci baciavamo appena potevamo e intanto letteralmente lo ingroppavo. Quando perdevamo le nostre bocche, le cercavamo disperatamente. Piangevamo e, senza chiamarci, ma solo a gemiti e grugniti riunivamo le nostre lingue che si intrecciavano. E così tutte le volte. Tutto ciò era così spontaneo e inumano. A un certo punto pensai davvero che fosse tutto naturale, così ovvio, che esistessimo per questo, per noi. Che io e Vincenzo ci stessimo riproducendo.
    I miei testicoli battevano incessanti sul suo bacino, il mio tronco era tutto sulla sua schiena. Nei momenti più intensi, accompagnavo il tutto con brevi grida animalesche di soddisfazione. Vincenzo allora taceva, ma quando osavo rallentare per prendere respiro supplicava sommessamente e si agitava. Se avesse cominciato a miagolare e io a morderli il collo, sarebbe stata una rappresentazione fedele di un accoppiamento tra animali vero e proprio. Avrei voluto non finisse mai, ma a un certo punto non riuscì più a frenarmi e alla fine lo “ingravidai”.
    Rimasi sopra di lui per un paio di minuti, triste perché avevamo finito e imbarazzato per essermi fatto trasportare come mai prima d’ora. Vincenzo non venne subito. Ma quando decisi di muovermi, non uscì subito da lui, ma mi riposizionai nella prima posizione da seduto, appoggiandomelo senza sforzi su di me. Vincenzo era leggerissimo e nuovamente con i piedi sulle mie cosce. Sorprendentemente, quando fummo fermi e gli altri stavano per venirci incontro, ecco che Vincenzo venne zampillando come una fontana su tappeto e parquet, tra le risa del pubblico che aveva rischiato di essere colpito a freddo.

    -

    Eccoli li, carinissimi nella loro fanciullezza, l'uno accanto all'altro seduti, inginocchiati, dentro la vasca vuota.
    Vispi e sorridenti, le tre pesti non sembravano che cuccioli indifesi di fronte a un ragazzo e a un vecchio ai bordi della vasca.
    "Siete pronti a lavarvi bene?" chiese divertito il brillo Arturo che, con la sua bottiglia di liquore in mano, pensava di essere molto divertente.
    Davanti alla cruda realtà, Vincenzo e Marco si incupirono, il solo calmo era Lorenzo.
    Chissà che ci trova di tanto affascinante in questa cosa? Mi domandai prima di notare che Arturo si stava già liberando.
    "Oh scusa Nicolò, avevamo detto in sincronia? Perdonami, ma, alla mia età, la vescica è debole" disse ridacchiando.
    Marco fu il primo ad essere colpito sul viso e chiuse gli occhi. Non era così semplice: allo stesso tempo ero disgustato, ma anche eccitato. Il fatto di essere brillo mi permetteva di sorvolarci un po’, ma pisciare davanti a delle persone, anzi, sulle persone, era veramente imbarazzante. Quando poi con enorme fatica qualche goccia scivolava nella vasca, guardando i tre cominciavo ad eccitarmi e quindi la vescica si irrigidiva.
    Alla fine, anch’io riuscì a liberarmi e cominciai a pisciare.
    Cercavo di non guardarli troppo, perché sapevo che persino questa cosa mi avrebbe eccitato e avrebbe complicato l’atto. Arturo invece, in preda all'alcool, maneggiava il suo cazzo pisciando a zig-zag sui poveri ragazzini.
    Il piscio bagnava i loro corpi freddi, visto che non scopavano più da quasi mezz’oretta buona .
    "Dai ragazzi anche voi, forza, riempiamo questa vasca" disse ridendo Arturo, ma il suo inneggio era serio.
    Marco e Vincenzo, che non erano molto eccitati dalla situazione, ed erano ormai assorti non ebbero troppi problemi a liberarsi, anche mentre il nostro piscio scendeva dai loro capelli fradici impedendogli una vista nitida.
    Sta di fatto che, per vendetta, indirizzarono entrambi il loro getto verso Lorenzo, che stava in mezzo, alla sinistra di Vincenzo e alla destra di Marco.
    Peccato che lui, ormai preso, apprezzasse e si girasse e rigirasse per prenderne più possibile, mentre il suo cazzo gocciolante faticava a liberarsi, troppo eccitato.
    Quando tutti e quattro finimmo di pisciare, la vasca era invasa dalla pozza di piscio e dal suo forte odore di urina, tanto da riempirla fino all'altezza di qualche centimetro, con i piedi dei tre in parte sommersi, così come le loro natiche.
    "Ragazzi, mi sono proprio divertito! Per questa ultima prova vi do a tutti nove, tranne a Lorenzo che l'ha proposta e si merita un dieci".
    In questo modo, seppi per la prima volta in anticipo i voti di Arturo. Vincenzo meritava la vittoria, ma…
    "Va bene, quindi ora tutto dipende da me" dissi compiaciuto dall’alto della mia posizione;
    "Darai a tutti nove o dieci come ho fatto io?" chiese ingenuo Arturo;
    "Eh no, Arturo, non posso";
    "Perché?" chiese;
    "Vedi, anche questa prova deve essere giudicata come le altre, questo è quello che penso";
    "Dai Nicolò è finito il gioco. E’ solo...";
    "No! Mi dispiace Arturo, sono un giudice coerente" dissi quanto più seriamente potevo essere un una simile situazione.
    "Vabbè, dai! Dicci i tuoi voti, ma non penso che le cose cambieranno tanto".
    Invece io avevo già fatto tutti i miei calcoli. Durante la serata avevo provato emozioni diverse. I tre mi avevano dato involontariamente molte conferme. Con Marco, avevo capito di non provare remore nell'abusare del ragazzo di un altro, anche un amico. Con Lorenzo avevo sperimentato una rivalità nuova, con una versione più giovane di me. Con Vincenzo avevo raggiunto livelli di intesa unici, perché, rispetto a Jury, Davide e Lorenzo aveva una fisionomia differente, che invece di essere complementare, mi arricchiva. Dunque chi avrei voluto che vincesse? A rigor di logica Vincenzo, per meriti e affinità. Ma non era così semplice per me. Io, come spesso accade, non scelgo la strada più ovvia.
    "Allora, per questa prova do a Vincenzo un bel... Sei"
    Vincenzo si guardò intorno per capire cosa aveva fatto per avere un voto così basso.
    "Marco merita un otto. Lorenzo un dieci".
    Non volli dare spiegazioni ai miei voti, anzi, volevo che fosse chiaro che facevo vincere appositamente Lorenzo, sapendo quale sarebbe stata la sua ricompensa.
    "Come al solito, ho vinto io" disse trionfante Lorenzo.
    "Si dai, come al solito trovi giudici che hanno un debole per te" disse laconico Vincenzo e lanciò una frecciata al sottoscritto che fu ignorata.
    "Beh Marco andiamo a farci una doccia che qui il piscio sta diventando freddo, lasciamolo soli questi due infami" fece Vincenzo sollevandosi in piedi e uscendo con il compagno fuori dalla vasca.
    Insieme ad Arturo, i due lasciarono il reparto vasca idromassaggio, chiudendo la porta scorrevole dietro di loro; eravamo rimasti solo io e il riscossore del premio.
    Ebbene si, scelsi di far vincere quello inizialmente più scontato, ma non il più meritevole. Non c’erano dubbi che con Marco e Vincenzo mi fossi trovato decisamente meglio. D’altro canto, pensai di aver raggiunto con loro una soddisfacente pienezza. Con Lorenzo no. Quest’ultimo, quello che più mi aveva colpito, era anche quello che mi sfidava e non lo sopportavo. La serata con lui doveva concludersi diversamente.
    Dopo alcuni attimi di silenzio, rotti dal rumore del rubinetto della doccia che veniva aperto dall'altra parte del bagno, Lorenzo si alza gocciolante dalla vasca e si siede sul bordo sinistro di essa, dandomi il profilo e tenendo i piedi a mollo nel piscio.
    Io che volevo vederlo di fronte cercai di stupirlo ed entrai nella vasca.
    I miei piedi furono sommersi dal liquido tiepido.
    Lorenzo mi fissò con aria superficiale; si sentiva padrone della situazione perché io l'avevo fatto vincere. Inoltre, entravo addirittura in quello che era il suo "habitat", senza che fosse richiesto, per dimostrare evidentemente qualcosa.
    "Non hai potuto resistermi vero? Non potevi non avere l'occasione di scopare con me" disse molto sprezzante.
    Le stesse sue frasi erano state pronunciate qualche sera prima da Thomas, ma l'effetto era ben diverso: ora il mio desiderio esplicito non era solo fare sesso, ma fare sesso con Lorenzo e la frase, per quanto rude e inappropriata, era indiscutibile.
    In silenzio mossi un passo sicuro verso la figura seduta davanti a me, ma, accidentalmente, scivolai sbattendo il ginocchio destro sul fondo vasca. Non caddi solo perché riuscì a reggermi sulle cosce di Lorenzo.
    "Porco***! Cazzo che male!".
    L'avevo vista brutta; mi ero salvato, ma l'avevo pagata lo stesso. Un dolore lancinante proveniva dal mio ginocchio irrigidendo tutto il mio corpo e non potete immaginate la mia rabbia quando un liquido caldo imbrattò il mio viso.
    Guardai Lorenzo che se la sghignazzava mentre il suo getto colpiva ora il mio petto e colava sull'addome.
    Insomma, mentre prima non riusciva perché eccitato, ora, di fronte a me, non aveva problemi.
    Era doppiamente umiliante.
    "Bastardo di un poppante, ora hai superato ogni limite. Ora la paghi!"

    Edited by ancient lover91 - 23/12/2016, 08:08
     
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  2. XxdanigagaxXx
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    bello.
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    FIGO GAY

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    Bellissimo eccitante come episodio spero che gli altri tre siano come questo .Anche se rimane l'amaro in bocca nel pensare che nella realtà in questi bordelli capitano queste cose.
     
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  4. oldmanny
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    scritto molto bene, intriso di un erotismo forte e penetrante
     
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  5. hot91
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    PErfetto! *-*
     
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