Il bordello

2° episodio: Il primo giorno da accopagnatore

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Capitolo Due: Rompere il ghiaccio

    Entrai furiosamente nell'ufficio di Massimo; era seduto e compilava alcuni fogli. Camminai velocemente verso di lui e sbattei entrambe le mani sulla scrivania, facendo scuotere le pile di documenti appoggiate su di essa; come d’incanto mi sentì molto stupido.
    “Qualcosa non va?” chiese Max sollevando per un secondo uno sguardo velatamente sarcastico.
    “Sono andato al bordello ieri”.
    “Oh bene” sorrise Max interrompendo finalmente il suo routinario scarabocchiare: “Hai delle informazioni utili?”;
    “Non so, ti sembra utile sapere che è un bordello di froci?” dissi con aria sconvolta;
    “Dai” rise Max: “Giuro, non lo sapevo” disse incontrando il mio sguardo dubbioso e ammonitore.
    “Comunque continuo a non capire: perché sei così alterato? Ti hanno fatto fare qualcosa di particolare?” chiese con un sorriso stampato sul volto.
    “No…” non capivo se mi leggesse nella mente o fossi solo paranoico;
    “Ti ha chiesto di fare la puttana?”;
    “Faccio il barista” sbottai io, per non dargli una risposta vera o falsa.
    “Ti ha chiesto qualcosa d’insolito?”;
    “Niente che io abbia fatto”;
    “E allora perché fai ste scene?”.
    Non potevo dirgli la verità, era troppo imbarazzante.
    “Allora, sai se lavorano minorenni?”;
    “Non so ancora. Era chiuso, c’era solo il proprietario. Dovrei cominciare stasera”;
    “A posto allora”;
    “Come a posto?”;
    “Suppongo che andrai”.
    Sinceramente non mi ero ancora posto la questione; l’idea di tornare mi faceva star male per ovvi motivi. Non è che io abbia niente contro quel mondo, ma non voglio sperimentarlo e, men che meno, esserne partecipe.
    “Nicolò fare il barista in un bordello non penso sia un lavoro cattivo, anzi, guadagnerai bene. Deve essere una cosa di qualche giorno al massimo. Per favore Nick, se ti fermassi adesso sarebbe ancora peggio perché la cosa sarebbe sospetta. Inoltre ti aggiungo altri duecento euro. Un super stipendio per il mio inserviente!” disse ilare.
    “Ci andrò Max tranquillo”;
    Feci per uscire dalla porta quando Max esclamò: “Nick”;
    “Si?” mi voltai;
    “Grazie”;
    Arrossì, non era da me. Mi starò rincitrullendo, mi dissi, sicuramente in quel momento mi sentivo debole. Infine chiesi:
    “Perché non lo fate chiudere il bordello?”;
    “Nick non essere ingenuo. Mettila così, tra di noi, sai quanti pezzi grossi frequentano quei luoghi? Noi lo sappiamo abbastanza bene per sapere quando agire”.
    Non ebbi modo di approfondire e uscii dalla porta.

    Il mio pomeriggio fu caratterizzato dall’inquietudine: avevo paura. Sapevo che dovevo andare, e questo non era in questione, ma avevo paura.
    Di cosa? Non è il mio universo e non lo capivo; certe cose non voglio farle. Non mi ero ancora reso completamente conto della situazione in cui mi trovavo. Abituato a cavarmela sempre facilmente, solo più tardi avrei cominciato a capire.
    Al momento mi preoccupavo solo dell’aspetto “carnale”: alcune immagini mi balzarono alla testa, immagini in cui mi trovavo in posizioni inconsuete. Provavo ansia e orrore.
    Nel mio viaggio in macchina verso Quinto cercai di convincermi che magari quella sera, visto che ero nuovo, sarei riuscito a cavarmela, a sviare da qualsiasi richiesta: non mi sarebbe stato chiesto molto e poteva essere anche il mio primo e ultimo giorno lì.
    Infine pensai: io sono un metro e ottantadue con un membro davvero notevole. Mal che vada, sono attivo. Che, in altri termini, era accettare il compromesso migliore per me, ma pur sempre un compromesso.
    Giunto a destinazione, alle ventidue e un quarto, fui accolto calorosamente al portone da Alfredo, che per la serata si era adornato molto elegantemente. Il suo vestito lo stringeva tanto da farlo sembrare ancora più grasso.
    Mi disse che l’orario di lavoro era dalle ventitré alle cinque, mentre dalle cinque alle sei potevo lavarmi, vestirmi eccetera. Chiunque avesse voluto, sarebbe potuto rimanere a dormire fino al giorno seguente.
    Il palazzo, oggi completamente illuminato, mi fu presentato da Alfredo stesso: comprendeva la sala sfarzosa che avevo visto di sfuggita la sera precedente che, mi disse, era adibita per gli incontri, ovvero, era lì che noi ragazzi dovevamo aspettare i nostri clienti. Questi potevano rifocillarsi al bar e sceglierci con calma. Nel piano superiore, erano presenti numerose stanzette, circa una dozzina, ufficio del proprietario compreso. Una di queste, invece, era lo spogliatoio, in cui Alfredo mi fece entrare.
    All’interno c’erano alcuni ragazzi.
    “Allora, questo è il vostro nuovo collega: Nicolò”.
    La stanza era abbastanza grande e comprendeva il bagno, con alcune docce, una vasca, il water e il lavandino, mentre sullo spazio restante erano fissate tre lunghe panche su cui sedevano gli altri.
    Dando una prima occhiata veloce a quell’ambiente, non potei non accorgermi della giovane età degli altri ragazzi: nessuno, a vista d’occhio, poteva essere più grande di me, e, inoltre, alcuni di essi erano palesemente giovanissimi. Tutti erano vestiti di un elegante vestaglia di seta rossa.
    Il mio arrivo fu accolto con tranquillità e velata curiosità; quasi tutti mi fecero un cenno di benvenuto.
    “Beh ragazzi, sta arrivando molta gente stasera e fra una mezz’oretta vi voglio tutti carichi. Adesso perché non vi presentate con il mio nuovo amichetto mentre vado a prepararmi ad accoglierli?” e ci lasciò senza attendere risposta, chiudendo la porta al suo passaggio.
    Ero il solo in piedi, e il solo vestito diversamente; notai un soprabito attaccato allo stendino e supposi fosse il mio. Mi inserì in mezzo a due di quelli che erano i miei nuovi compagni e presi il vestito.
    “Devi toglierti tutto sai, devi tenerti solo quello addosso” disse una voce arrogante alle spalle;
    Non mi ero accorto che un ragazzo si fosse diretto dietro di me: “Lo supponevo, comunque grazie” risposi più cordialmente possibile senza voltarmi.
    Sentì che il ragazzo mi stava toccando il sedere, e allora mi girai di scatto, staccandogli la mano.
    Lo guardai funereo: non sembrava si fosse offeso o sorpreso, anzi, pareva molto sicuro di se.
    “Piacere sono Thomas e ho diciotto anni”. Lo scrutai con attenzione. Non sembrava il più bello dei ragazzi presenti nello spogliatoio, ma aveva uno sguardo profondo: i lineamenti del suo viso erano molto duri, ma i suoi occhi erano di un azzurro intenso mozzafiato e insieme ai suoi capelli biondo paglia ondulati, il suo naso stretto e dritto contornato dall’acne, la sua pelle molto chiara, il suo fisico magro e longilineo e la statura pari alla mia, mi faceva venire in mente un giovane ariano balilla.
    “Piacere Thomas”;
    “Sei molto carino Nicolò”;
    Il suo complimento mi mise a disagio, ma feci finta di nulla cominciando a spogliarmi, come se nulla fosse.
    “Ti ringrazio”;
    “Beh, se ti fa piacere saperlo sono single, quindi mi piacerebbe conoscerti”;
    “O-Ok” risposi balbettante.
    “Allora ci vediamo, magari dopo lavoro” mi fece l’occhiolino e se ne andò senza indugiare oltre. Era stata la prima volta che un ragazzo mi faceva delle avance, ma lo trovai ridicolo, superficiale e affrettato. Possibile fosse così facile?
    Intanto, mi spogliai completamente e indossai la vestaglia di seta rossa: era un vestito unico paragonabile a un delicato soprabito che lasciava ampiamente scoperte le gambe. La “tuta da lavoro” comprendeva un paio di pantofole pelose che tenevano i piedi al caldo.
    “Patetico Thomas non trovi?” mi disse il ragazzo che stava a fianco e aveva osservato la scena, probabilmente l’unico.
    “Già” risposi;
    “Ti giuro che non siamo tutti così” disse sorridendo;
    “Lo spero” risposi. Il ragazzo che mi stava parlando era particolare: occhi azzurri, ricciolino, naso e bocca pronunciati, pelle molto delicata, dai lineamenti forti, alto poco più di me e dalle forme molto sode. Caratteristiche che incastonate insieme creavano un ragazzo non indifferente e diverso dagli altri.
    “Comunque piacere, anch’io sono Nicolò” disse lui. Sorrisi compiacente.
    “Quanti anni hai?” chiese;
    “Venti”;
    “Idem” rispose;
    “Però, ne abbiamo di cose in comune” dissi allegramente: “Mi sembravate tutti più giovani” aggiunsi.
    “Siamo solo in tre ad avere vent’anni, compreso te. Mentre gli altri hanno" e si mise ad indicarne uno per uno: "Lui diciannove, lui diciotto, anche lui diciotto, Thomas lo sai e sai che ha l’età celebrale di un cinquenne, lui diciassette, loro quattro sedici, lui quindici e lui quattordici” e prese fiato.
    “Cazzo siete tanti minorenni!” esclamai: “Ma cosa ci fate qui?” chiesi a Nicolò;
    “I motivi sono diversi ed è giusto che siano gli altri a parlarne, ma nessuno è venuto perché è stato costretto, te lo assicuro”;
    “Non lo metto in dubbio” risposi falsamente. Avevo ora le informazioni che servivano, sarei potuto andare via, ma, per non destare sospetti, sapevo di dover finire la serata.
    Mi guardai intorno e subito fui colpito da due ragazzi, uno di vent’anni e uno di sedici. I due, entrambi molto carini (erano effettivamente tutti molto carini) stavano limonando: Flavio, il vent’enne, mentre si baciava con il compagno, aveva la mano sinistra dentro la veste di Marco, che invece gli teneva la mano sul mento e lo accarezzava. I due erano molto presi e i loro lunghi baci erano udibili da tutti. Ma essi erano assorti completamente e non se ne curavano.
    Nicolò si accorse che li stavo fissando e, sorridendo, disse: “Quella è la coppia del gruppo, si sono conosciuti qui”. All’ udire queste parole, Marco si ferma e mi guarda arrossato in volto; rimasi colpito dal suo dolce sguardo e dal viso angelico incorniciato da una chioma nera di capelli lisci e media lunghezza. Due occhioni neri e un corpo fanciullesco e armonico facevano il resto. Ne rimango sorprendentemente estasiato. Flavio, invece, che non voleva di certo interrompersi, mi saluta tranquillamente e mi chiede se la cosa lo disturbasse. Il suo atteggiamento era cordiale, non c’era risentimento nella sua domanda e io feci cenno di no, ma Marco era troppo in imbarazzo per ricominciare e allora lasciò perdere. Flavio era un ragazzo carino, dal viso serio, lineamenti corretti, occhi azzurri, capelli castani di media lunghezza e mossi e fisico atletico. Era meno alto di me, ma più di Marco.
    Non ebbi il tempo di osservare gli altri compagni perché era giunta l’ora di iniziare; scendemmo tutti in salone e io mi accomodai vicino a Nicolò con cui cominciai a chiacchierare del più e del meno. Scoprì che, incredibilmente, nessuno si lamentava più di tanto per il lavoro e il trattamento: “Dipende più che altro da chi ci troviamo a scopare. Alcune persone sono pessime, mentre in altri giorni facciamo poco e troviamo anche gente piacevole”.
    La mia chiacchierata durò qualche minuto perché Alfredo si avvicinò presto a noi con un cliente e mi propose a lui con le credenziali di nuovo e vergine. Il tipo accettò volentieri.
    Oggettivamente, non mi andò male perché l’uomo era sulla trentina ed era di bell’aspetto, ma proprio io che speravo ciecamente di non dover far nulla quella prima sera, ero pronto ad essere battezzato subito.
    Tempo cinque minuti e io e questo tipo ci trovammo soli in una stanzetta al lume di candela.
    Il tipo si avvicinò a me: ”Piacere bellissimo, mi chiamo Giacomo” disse confidenzialmente.
    “Nicolò” risposi timidamente. Giacomo si era impegnato nelle formalità di rito: mi baciò su una e poi l’altra guancia, poi tentò ti baciarmi sulla bocca, mai io mi ritrassi leggermente indietro. Giacomo capì e si arrese subito, si allontanò e si sedette sul letto a baldacchino.
    “Sei un po’ timido Nicolò” disse “Non ti preoccupare. Non ti mangio mica, vengo qua spesso e mi trovo bene, ma non ho resistito alla merce nuova. T’insegnerò io cosa fare”.
    Rimasi di sasso, ero in preda al panico. Il tipo era un bell'uomo, robusto, capelli mori, molto piacevole, e dai modi gentili, ma io ero troppo spaventato.
    “Perché non mi fai uno spogliarello?”
    Questo avrebbe dovuto tranquillizzarmi? Ma decisi di tentare. Tremavo come una foglia, ma non volevo darlo troppo a vedere. Piegai la gamba sui piedi del letto e mi accarezzai la coscia goffamente.
    Giacomo apprezzava il mio tentativo, tanto da essersi già abbassato i pantaloni per cominciare a segarsi lentamente. Non avevo mai visto un uomo segarsi davanti a me e l’effetto fu quello di impietrirmi nuovamente. Gli guardavo il cazzo con gli occhi spalancati e la faccia inebetita.
    Ciò che mi sorprese fu che non provavo disgusto, così come quando Marco e Flavio limonavano; semplicemente ero terrorizzato.
    Giacomo comprese il mio stato, ma stanco di aspettare disse: “Dai Nicolò, levati il vestito”;
    Alla mia riluttanza Giacomo cominciò a perdere le staffe e inveire infastidito: “Nicolò dai, ho pagato quattrocento euro, voglio averti, muoviti!”.
    Mi feci coraggio e mi levai il vestito lasciandolo cadere a terra. Il mio cazzo era moscio, ma Giacomo subito lo guardò con ingordigia. Io, in panico totale, lo nascosi tra le mani. Giacomo stupito chiese: “Che fai? Dai levale subito!”.
    Alla mia mancata di reazione, Giacomo si alza ed è su di me: sento che è molto eccitato e mi vuole possedere, ma io sono freddo e immobile, stretto nel suo abbraccio.
    Giacomo mi sussurra all’orecchio: “Sei stupendo, ti desidero”. Il suo sospiro caldo mi scoglie un po’ e gli poggio le mani sulla schiena. Giacomo lo legge come un invito e comincia a strusciare il suo viso sulla mia guancia sinistra, per poi baciarmi il collo. Appoggia le mani sui miei fianchi e, mentre continua a leccarmi il collo, con una mano mi accarezza il sedere e con l’altra mi avvicina a se e il mio cazzo a penzoloni si avvinghia con il suo ancora sotto le mutande. Questo lo eccita ulteriormente, mentre io rimango passivo e spaventato, allargo le braccia, lasciandomi toccare con grande imbarazzo. Giacomo, con la mano che si era concentrata sul mio sedere, mi tocca il cazzo e me lo spompina lentamente con la mano rovesciata. Ero come carne da macello.
    Proprio quando pensavo di essermi abituato alla situazione, ecco che Giacomo esegue una manovra che mi coglie di sorpresa: mette entrambe le mani sui fianchi e, stringendo con forza, mi alza; voleva prendermi in braccio, essere l’uomo forte.
    Non mi opposi, e aprì le gambe in modo da avvinghiarmi con i piedi dietro al suo bacino; la cosa gli piacque molto, perché lo sentì gemere. Incrociai anche le braccia dietro al suo collo e, ora che ero ben agganciato, Giacomo poté lasciare i fianchi e premere le mani sulle mie natiche.
    Giacomo mi baciò in bocca e io risposi, ma subito tentò di entrare con la lingua e lentamente glielo lasciai fare. Sentivo che la sua lingua indagava qualsiasi angolo della bocca; io non risposi altrettanto, perché il mio disagio non mi permetteva di compiere alcuna azione.
    A un certo punto, Giacomo comincia ad accarezzarmi l’ano con la mano destra.
    Quando però infila l’indice all’interno, ebbi una scossa: staccai la mia presa da lui, misi i piedi a terra e lo spinsi sul letto violentemente. Era stata una reazione istintiva, la prima da quando avevamo cominciato.
    Giacomo, stranito, non si aspettava questa reazione. Prima balbettò un abbozzo di domanda, poi rinunciò e disse: “Vabbè non importa. Dai scopiamo vieni qui!”. Inutile fu il mio tentativo di mostrarmi contrariato.
    Giacomo si alzò, mi prese la mano sinistra e la mise sul suo cazzo in tiro, mentre con la destra si era tolto le mutande. Io non ci vidi più, serrai la mano destra e gli sferrai un pugno sull’occhio.

    -

    La porta della stanza accanto al salone, adibita a piccola infermeria, si aprì e Giacomo uscì con una vistosa fasciatura in testa. Lo vidi che si dirigeva verso l’uscita con il ghiaccio sul sopracciglio: “Tornerà?” domandai ad Alfredo.
    “Penso proprio di si” rispose divertito: “Ha scopato qui talmente tanto che dubito che non sarà qui già fra un paio di settimane”.
    “Non è che passeremo qualche guaio?” chiesi mestamente.
    “Figurati! Non è nessuno” poi, comprendendo che la sua spontaneità poteva essere fuori luogo, disse serio: “Piuttosto, non accada più una cosa del genere. Nicolò, devi capire che qui siamo un’eccellenza, non un posto di dilettanti allo sbaraglio”.
    Si girò e continuò: “Quello che ho creato è un impero, dove solo i migliori ragazzi sono scelti. Te ne sarai accorto” e sorrise con fierezza: “Qui non siamo bellissimi, siamo i migliori. Non diamo un servizio, regaliamo qualcosa di non replicabile. E nessun dilettantismo è accettabile”. Era ormai partito per la tangente.
    In quel momento mi guardò negli occhi: “Ascolta, ti ho accettato subito perché ho pensato che tu possegga questi requisiti. Può essere solo una sensazione, ma raramente il mio intuito mi ha mai tradito. Un errore può capitare. Lo posso capire, ma ripeto: non accada mai più”.
    “Sicuro” promisi a testa bassa.
    Nel salotto eravamo rimasti solo io, Alfredo e Marco (non il ragazzo di Flavio), un altro sedicenne molto carino, che avevo notato subito, oltre ad uno sparuto gruppetto di clienti che si erano avvicinati ad Alfredo.
    “Senti Nicolò, perché non mi aspetti in ufficio? Dobbiamo discutere su quello che è successo e mi duole dirti che devo prendere dei provvedimenti. Forse questo non è il luogo che fa per te… Io devo parlare un attimo con questo signore che vuole Marco e poi arrivo. Se vuoi accenditi la tv.”
    “Ok” risposi, e mi avviai.
    All’interno dell’ufficio rimasi solo, deciso ad accettare senza remore di essere cacciato dal bordello. Dopo cinque minuti non era arrivato ancora nessuno e allora decisi di accendere la tv.
    Quando accesi vidi un immagine inaspettata: Marco, quello che prima era in salone, stava cominciando a fare sesso con il tipo con cui Alfredo voleva parlare. La tv era collegata alle telecamere, o almeno a quella di una stanza.
    Entrambi erano nudi e si baciavano passionalmente. Non riuscì a staccare gli occhi dalle riprese. Ero troppo curioso e, inoltre, dovevo ammettere di avere un debole per quel Marco. Avevo un viso da snob, lineamenti duri ma piacevoli, occhi marroni, capelli corti e mori che teneva con una leggera cresta, alto come me, snello e fisico leggermente segnato, ma nei punti giusti. Sentivo che in qualche modo fosse la mia nemesi, ma anche quello cui più somigliavo. Ma forse era solo una mia supposizione senza argomenti. Il tipo con cui scopava, invece, era un bell'uomo sulla trentina, biondo, più che accettabile, ma i miei occhi erano solo per Marco e le mie mani erano involontariamente sul mio cazzo in principio d’eccitazione. Marco e il tipo continuavano a baciarsi molto dolcemente: Marco trasmetteva desiderio e il tipo era visibilmente eccitato. Mentre Marco era avvinghiato con le braccia dietro il collo, il tipo gli palpa il sedere con forza e gli molla regolarmente qualche ceffone. Marco sembrava non infastidito e continuava a limonarlo.
    A un certo punto Marco s’inchina e comincia un lungo pompino. Prima lo mena con foga e poi lo mette in bocca, ma solo la base.
    I rumori di saliva arrivavano agli auricolari, eccitandomi particolarmente e il mio membro era completamente in tiro: non potevo fare a meno di massaggiarmelo.
    Il tizio prende il mento di Marco; quest’ultimo lo guarda e, dopo un cenno di intesa, il tizio lo prende in braccio e lo fa sdraiare sul letto. Egli, successivamente, prende il membro di Marco e lo ingoia. Marco apprezza e gli mette la mano dietro alla nuca, tirandogli leggermente i capelli e avvicinando la testa al fallo.
    Marco geme leggermente di piacere a occhi sbarrati. Il suo viso contratto è irresistibile: mi verrebbe voglia di baciarlo attraverso lo schermo, lo vorrei stringere tra le mie braccia.
    Quando il tipo si stanca, fa girare Marco e comincia a leccargli la bocca dell’ano con ingordigia. Le sue mani sulle natiche sode di Marco sono salde in modo che la lingua possa entrare in profondità. Marco è in estasi: geme e si bagna le labbra. Il tizio è sbrigativo perché decide di non allargarlo, ma vuole entrare subito senza protezioni, che Alfredo quasi vietava, infischiandosi dei pericoli cui andavamo incontro.
    Marco si posiziona a pecorina, si tiene la testa tra i gomiti, che sono appoggiati sul materasso, pronto a ricevere.
    Il biondino entra lentamente e, alla vista del suo cazzo scomparire dentro Marco, mi eccito come non mai e mi sfilo la cintura del pigiama cominciando una frenetica sega.
    Marco urla di piacere mostrando un certo savoir faire.
    Quando il tipo entra tutto, si ferma alcuni secondi e poi comincia a batterlo, gradualmente più veloce. Il “ciaf ciaf” sulle natiche di Marco è inebriante; mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso il televisore: metto la mano sinistra sulla parte superiore e continuo a segarmi velocemente.
    Il tipo esce dal sedere e gira Marco, gli fa mettere le gambe magre sulle spalle e rientra dentro: ricomincia la scopata, ma stavolta più violenta e veloce. Marco adesso sta cominciando a soffrire perché i colpi forti lo scuotono considerevolmente e le contrazioni lo sovrastano. Per compensare, comincia a segarsi. Il tipo è eccitatissimo e Marco è ormai solo un oggetto che si scuote dalla fatica.
    Quando esce dal sedere il tipo sale su Marco sdraiato e gli viene sul petto.
    Io, invece, mi stavo ancora segando. Sinceramente, speravo in qualcosa di più sensazionale, ma era incredibile come per la prima volta mi stessi eccitando grazie a un uomo. Decisi di continuare a segarmi e non mi accorsi che nella stanza era entrato Alfredo che, quando mi vide con il pigiama aperto e fare ciò, diventò paonazzo. Pensai volesse sbraitarmi dietro, inorridito da quello che stessi facendo: dopo quello che successe, avrei preferito che lo avesse fatto.
    “Nicolò era proprio questo che volevo oggi!” disse rosso in volto.
    “Oggi voglio scoparti e non ci sono scuse!”. Rimasi impietrito con il cazzo in mano, incredulo da quello che avesse appena detto, mentre Alfredo aveva già spinto la sua enorme e pesante scrivania sul muro che fece un botto tremendo. Con un gesto, scaraventa a terra le scartoffie sopra di essa: il nostro letto.
    Il panico mi assalì, volevo scappare perché quel vecchio orco voleva violarmi, ma non avevo la forza di muovermi. Alfredo allungò il suo passo animalesco verso di me e mi trascinò sul muro laterale: ero in trappola. Con un brusco movimento mi sfila il pigiama e lo getta lontano.
    Di scatto appiccica la sua bocca alla mia e cerca con insistenza e senza complimenti di infilarci la lingua. Provo ad opporre resistenza, ma la sua pancia mi sta schiacciando sul muro tanto da farmi mancare il respiro. Ho fame d’aria. Cedo e apro la bocca… Alfredo è già dentro e con l’anguillesca lingua sembra volermi soffocarmi in gola.
    Come se avessi in bocca un pezzo di sterco, cerco di staccarmelo di dosso, ma è troppo forte. Mi aggrappo alla sua testa calva ma non ho presa, allora provo a respingerlo dalle spalle e con i piedi, facendo leva con la schiena sul muro e cerco di spingerlo via. Tutto inutile; non riesco a trovare un punto fermo e tutto ciò che ottengo è un “Lasciati andare” da parte di Alfredo, cui ogni tentativo rimbalzava sul suo corpo gelatinoso e potente moltiplicando il suo ardore. Ed è qui che scollego il cervello: desisto, perché era inutile, avevo perso ogni speranza.
    Sta succedendo. Sta succedendo a me.
    Torno a terra e lo lascio fare. Le sue mani indagatrici sono una sul mio cazzo barzotto ancora vigile dopo la scena precedente e sulle natiche. A un certo punto si mette a succhiare i miei capezzoli turgidi. Provo un gran disgusto, ma non mi oppongo conscio della sua forza. Mentre continua a leccarmi il petto, si leva la camicia e comincia a togliersi i pantaloni. Il suo corpo è sudato, unto e peloso, il suo fisico cascante e prodigo di grasso. Presto rimane nudo e avvinghiato su di me; è evidente il contrasto tra il mio corpo perfetto e leggero e la sua enorme appesantita mostruosità. Rimane sempre paonazzo e il suo stato d’eccitazione lo rende immune a qualsiasi tentativo evasivo e di supplica. Sento il suo grosso cazzo eretto sul mio; una sensazione rivoltante. Mi prende in braccio e io m’incateno dietro al collo e le gambe dietro alle sue; mi aveva alzato come fossi una piuma. Stavolta non oppongo resistenza e lo lascio che mi limoni, mentre il suo cazzo si sega sul mio addome. Mi pare che litri di saliva entrino a contatto delle mie papille gustative annullandole; sentivo i primi forti conati di vomito. Successivamente, mi porta, tenendomi in braccio, sulla scrivania e mi fa sedere. Solo allora mi lascia e, per la prima volta, mi sembra di respirare. Ma il peggio doveva ancora venire: mi prende il cazzo con la sua mano destra e comincia a segarmi violentemente. Sento molto male perché il mio cazzo è stato segato due volte consecutivamente e adesso brucia intensamente, inoltre la sua sega animalesca non ha il minimo rispetto ed è impetuosa, volontariamente non dedita a produrre piacere. Non riesco a trattenere il dolore e comincio a gridare, ma Alfredo m’ignora e alterna momenti di sega a leccate allo scroto. La prima volta che un uomo mi leccava il cazzo, ma il dolore mi distraeva abbastanza da dimenticarmene. A un certo punto comincia a leccare i miei testicoli e la sensazione sgradevolissima era accompagnata dal solletico provocato dai suoi baffi sulla pelle delle palle. Trasalì e Alfredo pensò che mi piacesse poiché disse: ”Allora godi eh puttanella? Ma adesso vedrai cosa ti regala il tuo papà. Dovrei punirti per la figura che hai fatto. Invece ti sto pure premiando”.
    Mi lasciò le parti intime e mi sdraiò lungo la scrivania, poi si mise dalla parte delle mie gambe e le allargò; capì cosa voleva fare e mi agitai violentemente.
    “Stai fermo. Non ti farà tanto male”.
    Non ci credevo e continuavo a muovermi, ma la sua presa ferrea mi bloccava le gambe che spinse vicino al suo cazzo. Poco dopo con un gesto violentissimo conficcò per metà il suo cazzo dentro di me. Un dolore lancinante mi fece urlare a squarciagola. Il mio culo era stato violato per la prima volta senza lubrificanti, senza essere stato preparato, senza preavviso sufficiente e mi sentì svenire. Alfredo era talmente eccitato da aver dimenticato qualsiasi precauzione, anzi continuò a penetrare fino a che lentamente non entrò tutto. Cominciai a piangere dal dolore e continuai a gridare: “Ti prego! No! Smettila!”. Non ci credevo; ero consapevole che non avrebbe mai smesso e che avrebbe fatto qualsiasi cosa avesse voluto. Non c’era assolutamente verso e cominciò a battermi violentemente.
    Ciaf Ciaf Ciaf.
    Il mio culo era un tamburo, mentre il mio retto lo sentivo soffocato dalla presenza di qualcosa di enorme, in preda a violente contrazioni che cercavano invano di bloccare. Non realizzavo, ancora non credevo a tutto ciò. Non ci avrei creduto a lungo, anche per troppo tempo. Vivevo tutto come se non fossi io. Come se mi trovassi un punto estremo della stanza e quella persona che subiva tali umiliazioni fosse solo uno che mi somigliasse. Anche quando gridavo, inveivo o supplicavo. Tutte quelle erano reazioni involontarie, non dettate dalla mia consapevolezza. Io guardavo. E basta.
    Quando non ebbi più energia e fiato, smisi di urlare: fui un corpo morto nelle sue mani, non opponevo nessuna resistenza, anzi, sembravo privo di una volontà propria. Mentre continuava a fottermi, lo sentivo caldo e sudato. Il mio corpo era inerte, i miei pettorali e addominali si muovevano incontrollati. Io imbianchivo, invece Alfredo sudava dallo sforzo e dall'eccitazione e il suo sudore colava sul mio corpo. Quando prese il completo controllo di me, sposta la sua mano sinistra che, come la destra, teneva le mie cosce appoggiate sui suoi fianchi e comincia a segarmi. Il mio cazzo barzotto, per i movimenti del mio corpo, diventa presto duro. Le endorfine del mio cazzo erano l’unica cosa che mi permettesse di sopportare minimamente la situazione. Purtroppo, dopo la sega di prima, il mio pene era già in procinto di venire e infatti in pochi istanti tre schizzi di sperma mi sporcarono l’addome. Se prima avevo un briciolo di eccitazione, ora ero completamente inorridito ed esausto. Alfredo per qualche secondo smette di penetrarmi e con lunghe leccate, passa sul mio ventre e assapora il mio liquido seminale. La sua lingua turgida e ingorda è così vorace che sembra volermi portare via anche la pelle. Subito dopo ricomincia a scoparmi. Il mio culo aveva perso qualsiasi sensibilità, “sarà rotto”, pensai, ma per lo meno non soffrivo più di tanto e per qualche attimo provai quasi piacere a soddisfarlo. Mi sentivo freddo e sudato, le mie braccia erano piegate all'insù e distese sulla scrivania in segno di resa.
    Per venti minuti fui la bambola di pezza nelle mani di Alfredo; a un certo momento, Alfredo cominciò a sbattermi più velocemente e ardentemente. L’eccitazione del vecchio era al massimo, tanto che mi aveva alzato il culo dalla scrivania e lo teneva in mano mentre mi penetrava. Poi si fermò e finalmente uscì.
    “Dai adesso me lo succhi e ti vengo in bocca” disse animalescamente. “Alzati!” ordinò.
    Provai a farlo, ma il mio culo adesso che era libero, mancava di sostegno e ricominciò a farmi male. Ogni mio piccolo movimento era fonte di forti fitte e spasmi che si propagavano fino all’addome. Non potevo muovermi: sentivo il mio ano talmente largo e incontrollato che avrei potuto perdere l’equilibrio. Con un barlume di razionalità, Alfredo comprese la mia situazione e, allora, bruscamente mi prese il braccio e mi fece inginocchiare a terra. Non che stare in ginocchio non provocasse notevoli contrazioni, ma apprezzai comunque l’aiuto. Stavo quasi per ringraziarlo, ma Alfredo mi spinse il suo cazzo in bocca. Il suo membro di circa venti centimetri era entrato per almeno tre quarti e dovetti fare ampi respiri con il naso per poter respirare. Ciò che odorai fu sesso maschile: sentivo un fortissimo odore di sperma raffermo e sudore e la cosa mi nauseò. Avevo quello schifoso cazzo in bocca e avrei dovuto mangiare il suo sperma. Non volevo, ma che potevo fare? Avrei mangiato, ne ero conscio. Mi lasciai prendere dalla paura e a occhi chiusi cominciai a succhiare velocemente, sperando che venisse prima possibile. Con la mano sinistra gli tenevo l’attaccatura del cazzo e con la destra mi segavo; si mi segavo, in modo da ottenere un minimo d’eccitazione che mi permettesse di resistere. Alfredo gemeva in preda a spasmi di piacere. Io non guardavo la scena, ma tenevo gli occhi chiusi per dimenticare. Sentivo come un tozzo wurstel in bocca e non era una sensazione obbiettivamente fastidiosa, ma neutrale.
    “Guardami!” ordinò Alfredo. Rimasi stupefatto. Lo guardai: neppure io avrei mai pensato che una ragazza avrebbe dovuto guardarmi quando lo faceva, come succede nei porno. Inoltre, tenere la testa all’insù ,mentre lo si aveva in bocca, era faticoso.
    Vidi nei suoi occhi l’immensa soddisfazione di avermi e sottomettermi. Distolsi lo sguardo dopo due secondi. Ma lui strinse la mano sulla testa e mi tirò i capelli tanto da farmi male, ordinandomi di guardare il mio carnefice.
    E così feci, continuai a succhiarglielo guardandolo con occhi vacui, assenti e luccicanti. Lui a volte mi fissava inebetito, a volte alzava gli occhi al soffitto, gli chiudeva e godeva a bocca spalancata.
    Ricordai le immagini di qualche video che avevo visto su siti porno di qualche brava troia che succhiava e segava la base del cazzo contemporaneamente e così feci in modo che venisse. Alfredo apprezzò parecchio e con la mano cominciò ad accarezzarmi i capelli. E continuammo così: con io che mangiavo il suo membro e guardavo la forza del mio padrone cui ero completamente avverso, quanto succube.
    A un certo punto sentì riempirsi la mia bocca di un getto caldo e denso. Un forte schizzo colpi il mio palato; volevo liberarmi la bocca, ma Alfredo, più pronto di me, me lo tenne conficcato perché con ambo le mani spingeva violentemente la mia testa sul suo membro che toccava l’epiglottide. Stavo soffocando e altri getti di sperma caldo entrarono sul palato e in gola, mentre io continuavo a guardarlo con occhi socchiusi e lacrimanti, le mani sulle sue cosce e tossendo in cerca d’ossigeno. Quando anche l’ultimo spruzzo uscì dal suo cazzo, liberò la presa e io rantolai a terra. Dovetti ingoiare lo sperma senza, per fortuna, assaggiarlo, perché se no sarei soffocato e non mi lasciò in pace finché non ebbi mangiato tutto. Finalmente potevo quietarmi? No, perché Alfredo volle che gli detergessi il cazzo con la lingua, che lentamente si assopiva. Allora m’inginocchiai nuovamente. Leccai e succhiai lo sperma che si era raffermato e faceva i grumi sul suo cazzo e pulì lo scroto. Stavolta, non potei non sentire il suo sapore gelatinoso e salato.
    Finito il lavoretto, Alfredo prese il suo cazzo semiduro e lo diresse verso la mia fronte. Non capii che voleva fare fino a quando sentì un liquido caldo colpire la fronte e scendermi in faccia e poi sul petto fino ai piedi: mi stava pisciando addosso. Rimasi immobile e incredulo; serrai gli occhi e lasciai che facesse il suo servizio. Ma anche qui, mi costrinse a guardare.
    Il suo piscio giallo imbrattò tutto il mio corpo. Furono secondi interminabili. Quando finì il suo ennesimo servizio ero completamente fradicio. Poi, come prima, dovetti pulire il membro.
    “Molto bene Nicolò, sono rimasto soddisfatto. Quest’ultimo gesto simboleggiava il fatto che ti possiedo. Non potevi scapparmi; tutti hanno scopato con me almeno una volta, volenti o nolenti” e con queste parole mi lasciò li inginocchiato, solo e umiliato nella pozza di sudore, sperma e piscio. Mi sedetti a terra, mi raccolsi tra le ginocchia e mi misi a piangere, senza accorgermene.

    Rimasi steso per un tempo indecifrabile. La mia paura si era rivolta verso i clienti, invece la serpe era in seno. Più che il mio corpo, era stata violata la mia dignità. Ma la cosa incredibile era un'altra. Non ero arrabbiato con Alfredo.
    Non che non lo odiassi: lo facevo ora più che mai, ma l’unica rabbia era rivolta verso di me e la mia debolezza. Ce l’avevo con me, che per tutta la vita ho creduto che la forza non servisse nel nostro mondo, accecato dal buonismo delle leggi, mirando sempre a ciò che c’è di più bello. Meglio essere rari e splendenti che forti, questo credevo ed ecco che quindi meritavo tutti ciò. Denunciare Alfredo? Non ci pensavo, Alfredo mi ha mostrato la strada del più forte, ciò che io non sono. Denunciarlo sarebbe stato umiliante.
    Mi avviai verso lo spogliatoio, intriso di puzzo, piscio e sesso. Il salone era vuoto e tutti dovevano essere andati via. Entrato in spogliatoio percorsi il breve corridoio che distanziava la porta dalle panche, ma mi fermai di botto quando all'angolo vidi una scena che mi fece riportare alla realtà. Sull'angolo c’erano Flavio e Marco che si baciavano passionalmente. Erano completamente nudi e bellissimi. Mi nascosi dietro al muro del corridoio per osservare ancora la scena. I due avevano cominciato già da un po’ perché stavano sudando copiosamente segandosi a vicenda con la mano, mentre si baciavano. A un certo punto Marco si distese sulla panca e Flavio, rimasto seduto, prese i piedi di Marco e comincio a leccarli. Erano lisci e glabri. A un certo punto, Flavio prende entrambi i piedi e gli affianca al pene. Marco irrigidisce i piedi e Flavio comincia a segarsi. Marco sorride sornione, mentre Flavio simula un orgasmo esagerato. Dopo poco, Flavio lascia la presa e si mette sopra a Marco che lo bacia calorosamente, mettendogli le gambe incrociate attorno al coccige. Con mio grande stupore, il mio cazzo da segni di vitalità, pur dolendo dall’esperienza precedente. Proprio mentre Flavio cercava il buco di Marco, ecco che quest’ultimo si guarda intorno e dice: “Non senti anche tu odore di piscio”. Flavio dice di no, ma è una risposta dettata dalla situazione.
    “Dai senti meglio”;
    “Effettivamente” risponde.
    I due si lasciano e si siedono. Facendo finta di nulla, entro e li saluto.
    “Hai fatto sesso con Alfredo?” mi domanda Flavio con sguardo torvo;
    “Come lo sai?” chiesi non troppo sorpreso;
    “Lo suppongo… Penso non sia stata una bella esperienza. Purtroppo funz…”;
    “No... ” lo interruppi, sapendo cosa volesse dire.
    “Mi dispiace Nicolò per te, comunque adesso stai tranquillo che ti lascerà in pace”;
    “Lo spero”;
    “Si si” fa Marco: “Lo fa sempre con tutti la prima volta, poi il restante delle volte è una brava persona, in fondo…”. Io pensavo a tutti all'infuori della brava persona e questo ragionamento mi fece infuriare, ma non volli sfogarmi sui due.
    “Ascolta, Marco ed io volevamo fare un bagno nella vasca idromassaggio, se vuoi puoi venire anche tu così ti levi quell'odore di merda. Magari prima ti fai una doccia a parte” disse lui sorridendo timidamente e provando ad alleggerire il clima. Tutto sommato apprezzai.
    “Volentieri”;
    Per un attimo, pensai che potesse essere un invito a qualcosa di più, ad altre esperienza non desiderate, ma per fortuna la mente malata a causa degli ultimi avvenimenti, fu smentita dai fatti, perché ci limitammo a parlare tranquillamente e, anzi, piacevolmente. Flavio lo trovai davvero molto simpatico e da quel momento legammo amicizia.
    Durante il viaggio di ritorno, la strada era vuota perché erano appena le sei e trenta. Pensai fosse il mio ultimo viaggio da Quinto. Non avrei immaginato che presto sarei stato nuovamente lì.

    Edited by ancient lover91 - 29/12/2016, 00:42
     
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    Come racconto è bellissimo e se devo dirla tutta non vedo l'ora di leggere le altre 6 parti. Ragazzo scrivi sempre da dio.Ma se posso dire una cosa spero che questo racconto lo leggano in tanti così che possano capire quanto è bella la vita senza fare quelle cose scritte nel racconto.Lo so che ora mi considererete un bacchettone ,ma dico questo perchè mi piange il cuore immaginare che nella realtà possa capitare questo tutto quì.
     
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  3. XxdanigagaxXx
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    da oscar! allora..... questo che ti sto per dire è un complimento, anche se detto in modo strano...
    quando parlavi di alfredo, mi veniva quasi (beh.... in looooooooooontananza) da vomitare, hai reso veramente bene l'idea!

    ma voglio chiederti una cosa........ c'è un fondo di verità in quello che scrivi??
     
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    CITAZIONE (XxdanigagaxXx @ 22/11/2011, 21:00) 
    c'è un fondo di verità in quello che scrivi??

    L'unica cosa vera è ke a 3viso c'èra un bordello. Poi le Iene hanno messo in onda un servizio ed è stato fatto chiudere, anche se già tutti sapevano.
    La storia è puramente inventata anche se su alcuni personaggi sono descritti prendendo spunti da persone reali.
     
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  5. manuxxx
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    bello ma lungooooo
     
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    CITAZIONE (manuxxx @ 22/11/2011, 21:50) 
    bello ma lungooooo

    è un porno romanzo :D .. immagino che magari appaia meno intrigante per i gusti di alcuni lettori,ma spero apprezziate lo sforzo :P
     
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  7. XxdanigagaxXx
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    continuaaaaa
     
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  8. itguy
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    Bravo. Mi piace!
     
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  9. XxdanigagaxXx
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    IL TERZOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
     
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    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48849469 questo è il terzo;
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48860212 questo è il quarto.

    Per gli altri ci vorrà un pò di tempo :D
     
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    FIGO GAY

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    Tranquillo ancient noi aspetteremo con ansia e trepidazione gli altri 4 racconti che completeranno questo tuo stupendo lavoro!!!!
     
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  12. atpac
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    gran bel racconto non male!
     
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  13. oldmanny
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    continua a scrivere: scrivi benissimo e come hai detto tu è un porno romanzo, quindi è giusto che sia lungo
     
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  14. hot91
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    Bello anche questo... anche se ammetto che leggendo la parte relativa ad Alfredo mi sono sentito male! xD
     
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    Capitolo 2 aggiornato
     
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