La storia di James deportato in Australia - Dodicesima parte

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  1. itguy
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Puntate precedenti
    Prima parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=36837094
    Seconda parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=36884232
    Terza Parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=36925176
    Quarta parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=36967844
    Quinta parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=37001369
    Sesta Parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=37277931
    Settima parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=37293184
    Ottava Partehttp://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=37432460
    Nona Parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=41170427
    Decima parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=41189921
    Undicesima parte http://gayboysover17reloaded.forumcommunity.net/?t=41248742


    James, come molti altri deportati, trovava estremamente umiliante questo processo di selezione con i possibili padroni che non si facevano troppi scrupoli nel palpare uomini e donne con la scusa di verificarne la muscolatura, le condizioni di salute.
    Qualcuno dei prigionieri davanti a mani che si spingevano fino nelle parti più intime tentarono una reazione ma vennero subito domati dai vicini soldati, a colpi di frustate e minacce di deportazione nelle colonie penali.

    Il ragazzo intravide un paio di lussuose scarpe, in morbido cuoio, fermarsi davanti a sé. Alzò lo guardo e fu trafitto da due occhi di ghiaccio belli ma al contempo spaventosi. L’uomo che lo osservava doveva avere poco più di trent’anni. Come già le calzature anche i suoi vestiti, confermarono la sua condizione signorile. Ed infatti ad nu suo schiocco di dita fu subito affiancato da due servitori.

    “Che ve ne sembra?” chiese loro indicando il giovane con la punta del bastone da passeggio.
    “Mi sembra faccia al caso nostro signore”.
    “Si forse si. Verificatelo” ordinò loro.
    Uno dei due si chinò verso James. Gli tastò le spalle poi i bicipiti e l’addome. Infine spostò la mano verso il membro del ragazzo ed i suoi testicoli, dandogli una profonda strizzata che gli provocò una smorfia di dolore. Infine gli sbottonò la camicia lasciandolo a torso nudo. Si scostò per far vedere al suo padrone il corpo del deportato, ancora un po’ acerbo ma già ben costruito e muscoloso.

    Questi fece un cenno di approvazione. Il servitore si allontanò dirigendosi verso un funzionario del governo addetto a registrare le assegnazioni dei prigionieri. James si sentì morire. Qualcosa doveva essere andato storto e Ian, non era arrivato in tempo per salvarlo.

    Bastarono pochi minuti ed il servitore ritornò con un foglio di carta che attestava l’assegnazione di James al nuovo padrone.
    “Alzati gli ordinò quest’ultimo”.
    Il ragazzo ubbidì.
    Appena in piedi le sue mani vennero legate strettamente con una corda e gli fu intimato di seguirli.
    Il trio sia allontanò rapidamente dal porto addentrandosi nelle strade di Sydney.

    Giunsero in quella che sembrava una stazione di posta. Il padrone balzò in sella ad un maestoso stallone nero mentre i due servitori si accomodarono sulla panca di un carro scoperto trainato da due robusti ronzini. James venne fatto sistemare nel cassone, in mezzo a varie vettovaglie con la corda fissata al cassone.
    Viaggiarono per una mezz’ora su una grossa strada, con ogni probabilità una delle principali vie di comunicazione d’Australia. Poi svoltarono su un percorso molto più stretto ed accidentato. Il ragazzo, avendo le mani legate, faceva fatica puntellarsi per mantenersi seduto e ad ogni sobbalzo rischiava di perdere l’equilibrio. Un paio di volte sbatté con la testa sul fondo del carro. Il padrone sprono il cavallo e li precedette lungo il percorso. Trascorse forse un’altra ora. All’improvviso ricomparve lo stallone.

    Il padrone fece un cenno ai suoi servitori che fermarono i cavalli e smontarono dal mezzo. Slegarono la corda e fecero cenno al ragazzo di scendere.
    James pensava di essere arrivato a destinazione, nonostante non si vedessero abitazioni nelle vicinanze. Invece lo aspettava la prima di una serie di terribili sorprese.

    La corda che gli legava le mani venne assicurata ad un anello sul retro del carro. Le domande che incominciavano a formarsi nella sua mente trovarono immediata risposta nelle parole del padrone.
    “Ormai Sydney è lontana. Qui siamo nel mio territorio e l’unica legge sono io. Non tentare di fuggire perché non ci riuscirai mai. E quando ti dovessi riprendere nessuno ti toglierebbe tre o quattrocento frustate. Non rubare perché non abbiamo pietà per i ladri. Ubbidisci e basta. E’ l’unica tua speranza per sopravvivere decentemente è ubbidire. Per me sei una bestia e come tale sarai trattato. Ad incominciare da ora. Le bestie no stanno sui carri ed ecco perché ti abbiamo fatto scendere. Ora trotta e non lamentarti.

    Passarono solo pochi istanti ed i servitori, tornati a cassetta, spronarono i cavalli. Il carro prese a muoversi e James che ad esso era legato dovette muoversi a passo svelto per venire strattonato e rovinare a terra.

    Il percorso fu lungo ed in tre o quattro occasioni il povero ragazzo cedette alla fatica e cadde venendo trascinato come un sacco di patate. Impolverato, distrutto dalla fatica, pieno di lividi ed escoriazioni alfine arrivò all’azienda del nuovo padrone.
    Apparvero immediatamente numerosi altri servitori e cameriere. Tutti, uomini e donne, indossavano camicie della stessa stoffa azzurra, pantaloni marroni e scarponi di pelle. Insieme a loro vi erano alcuni uomini che James individuò come probabili deportati. Avevano i capelli molto corti, fatto del tutto insolito in una società in cui ad essere rasate erano solo le donne adultere per punizione ed umiliazione.
    Questi probabili prigionieri indossavano dei pesanti zoccoli di legno delle braghe di tessuto grezzo rosso e delle camicie senza collo a righe grigie e blu. Saranno stati una decina, tutti abbastanza giovani. Un paio di loro avevano delle pesanti catene ai piedi e si muovevano con difficoltà, con un passo innaturale. Tutti tenevano lo sguardo fisso a terra, quasi avessero paura di incrociare il gelido sguardo del padrone.

    Il carro fu svuotato in un attimo e James venne trascinato senza tanti complimenti verso le stalle, da un paio di prigionieri.
    Uno di questi, durante il percorso, trovò il coraggio di sussurrargli qualche frase. “Mi chiamo Samuel, Samuel Clarke, da Bristol. Tu?”.
    “James Groom da Londra”.
    “Ascoltami attentamente James, se vuoi restare vivo in questo inferno. Ci sono passato anch’io prima di te e sono sopravvissuto. Altri non ce l’hanno fatta. Dammi retta non reagire mai, qualunque cosa ti facciano. Subisci in silenzio e prima o poi finirà. Ubbidisci a qualunque ordine e fallo subito o ti massacrerà di botte e frustate”.

    Arrivarono davanti ai due servitori che avevano prelevato James da Sydney. Samuel riportò lo sguardo fisso sul terreno e si zittì.
    Il nuovo prigioniero venne condotto nella fucina. Con un pugnale uno dei servitori recise la corda che gli legava le mani. Il fabbro gli provò alcuni bracciali e gambali di ferro finché non trovò quelli della misura adatta. Anziché chiuderli con una chiave li fisso alle caviglie ed ai polsi di James con un rivetto incandescente. Il calore passò attraverso il metallo e James si lasciò sfuggire un breve lamento rimediando subito uno schiaffone dal più anziano fra i due servitori, quello che probabilmente era il responsabile dei prigionieri. Allo stesso modo il fabbro individuò un collare di cuoio e metallo adatto e glielo fissò al collo. Anche volendo sarebbe stato impossibile toglierseli, senza l’intervento di un altro forgiatore. Tutti ferri che gli erano stati messi avevano un anello a cui si poteva agevolmente fissare e togliere una catena, con dei semplici moschettoni. Al momento i piedi e le mani gli vennero lasciate libere mentre venne fissata una catena al collare con cui venne trascinato verso l’altro delle stalle, in una stanza preparata appositamente per lui.

    Al centro del locale, saldamente fissate al soffitto ed al pavimento vi erano due travi di legno poste a circa un metro di distanza l’una dall’altra. Le gambe e le braccia di James vennero fissate ad appositi ganci costringendo il suo corpo a formare una X.
    Venne lasciato li per un tempo che gli parve interminabile. Dopo qualche ora le braccia e le gambe incominciarono a fargli male. Faceva sempre più fatica anche a tenere la testa dritta, appesantita come era dal collare. Venne il buio e poi nuovamente la luce. La gola era secca ed i morsi della fame gli stingevano dolorosamente lo stomaco. I dolori agli arti erano ormai lancinanti e James incominciò ad augurarsi di morire. Sentì aprirsi la porta: qualcuno gli si avvicino alle spalle. Con qualche colpo secco di coltello gli vennero lacerati i vestiti lasciandolo nudo con un verme.

    Qualcuno rise crudelmente e poi diede ordine di ripulirlo.
    “Pulite per bene questa bestia disse”.
    Non ci volle molto per riconoscere la voce del nuovo crudele padrone. Bene ora ripultelo” ordino aIl ragazzo riconobbe immediatamente.
    All’improvviso qualcuno azionò una pompa a mano simile a quelle antincendio usate nelle miniere: il getto d’acqua ghiacciata colpì violentemente il suo corpo lasciandolo senza fiato. Poi qualcuno con uno spazzolone di quelli usati per la pulizia dei cavalli, gli sfregò energicamente la pelle. Avrebbe voluto urlare per il dolore, ma seguendo il consiglio di Samuel trattenne il respiro e non reagì in alcun modo. Gli infilarono anche una cannula nell’ano. Sentì il suo corpo riempirsi di una sostanza calda che ben presto espulse. Gli ripeterono il trattamento più volte. Poi il padrone gli si avvicinò ulteriormente.

    “Ti piace bestia?” gli chiese.
    James non sapeva bene cosa rispondere ed era terrorizzato dall’idea di poter sbagliare ed essere ulteriormente punito.
    “Ti ho chiesto se ti piace animale che non sei altro” ripetè il padrone accompagnando le sue parole con alcune frustate che fecero urlare il ragazzo.
    “Si signore, mi piace signore” rispose a questo punto, sperando di aver dato la risposta attesa.
    “Bene, bravo. E’ un bene che ti piaccia la sofferenza perché è ciò che riceverai”.
    Gli afferrò i lunghi capelli e li tirò brutalmente all’indietro. Fissò un attimo il viso del giovane deporato. Poi con l’altra mano prese un affilato pugnale e glielo passò vicino al naso, agli occhi. Poi con un colpo seccò gli taglio una grossa ciocca di capelli.
    “Finite voi” disse alle altre persone presenti nella stanza e se ne andò.
    “Forza muovetevi” ordinò il guardiano dei prigionieri ”.
    James vide Samuel ed un altro prigioniero farsi sotto. Samuel gli strizzò velocemente un occhio quasi a volergli comunicare la sua solidarietà. Entrambi avevano un rasoio ed incominciarono a radere ogni singolo pelo del suo corpo già abbastanza glabro di James. Gli rasarono le parti intime ed i capelli che vennero tagliati a zero, lasciandogli solo una leggera peluria. Una volta terminato venne di nuovo spruzzato con l’acqua gelida. Alla fine tutti se ne andarono lasciandolo di nuovo solo.
    Il dolore e la fame che avevano lasciato brevemente il posto alla paura per quanto gli stava accadendo, fecero prepotentemente la loro ricomparsa, accompagnati per di più dal freddo, visto che ormai era nuovamente calata la notte. Per fortuna era riuscito a bere un po’ d’acqua.

    James perse la nozione del tempo. Lo lasciarono così per giorni. Ogni tanto qualcuno entrava, assestandogli qualche manganellata o frustata, bagnandolo all’improvviso con il getto gelido. Era terribile ma le cose peggiorarono quando qualcuno gli infilò un cappuccio di pelle in testa. Era un vero e proprio attrezzo di tortura che terminava con un pezzo di legno che gli venne spinto il bocca e che gli impediva di parlare ma in pratica anche quasi di respirare. Non vedeva più nulla e faceva fatica anche a percepire i rumori. Si sentì totalmente disorientato e pensò di morire soffocato. Ma soprattutto andò molto vicino alla pazzia. Non seppe mai se passarono solo ore o giorni. Era totalmente isolato dal resto del mondo, i sensi tesi allo spasmo per capire cosa sarebbe successo di nuovo. Ogni tanto sentiva voci intorno a se, insulti, accompagnati da violente bastonate. Non riusciva più a capire da dove provenissero né le une né le altre. Attendeva solo la morte.

    Invece arrivò la luce, una luce lacerante. James emise un grido di dolore con gli occhi trafitti dal sole e l’aria che gli entrava liberamente nella gola ostruita fino a quel momento dalla mascherà.
    Lo slegarono e lui crollò in terra. Le gambe e le braccia incominciarono a tremare violentemente come una corda che improvvisamente perda la sua tensione. Venne trascinato via e gettato nella fontana d’acqua gelida dove si abbeveravano gli animali. Pian piano i suoi occhi incominciarono a riabituarsi alla luce. Gli venne fissato un laccio di cuoio al collo e venne accompagnato – totalmente nudo - verso la casa padronale, sotto gli sguardi di tutti coloro che si trovavano in quel momento al centro dell’aia. In alcuni percepiva pietà in altri scherno, in altri ancora indifferenza.
    Una volta sulla soglia di casa gli venne ordinato di mettersi in ginocchio.

    “Come ti ha spiegato il padrone tu sei una bestia James e d’ora in poi ti comporterai come tale. Quando sarai ammesso in questa casa potrai solo muoverti a quattro zampe. Non potrai mai alzarti a meno che il padrone te lo ordini. Per il momento non avrai diritto ad indossare nessun vestito e mangerai dalla tua ciotola senza poter usare le mani. Se disubbidirai ti riporteremo subito da dove vieni e ti lasceremo li a marcire. Un’ultima cosa: non guardare mai il padrone, tieni sempre lo sguardo a terra
    In quel momento James pur di non subire un’altra volta le torture dei giorni precedenti avrebbe fatto qualunque cosa, avrebbe ubbidito a qualunque ordine. Non era certo uno stupido e si rese conto che quel benvenuto serviva proprio a piegare i nuovi arrivati, a fargli conoscere subito il peggio così che il ricordo fosse talmente terribile da portarli all’ubbidienza totale ed incondizionata.

    Si mise dunque a carponi e come un cane al guinzaglio seguì il guardiano dei prigionieri che scoprì chiamarsi Daniel Gill, detto Dan la frusta.
    Venne portato in cucina dove poté rifocillarsi dopo giorni di digiuno. Mangiare da una ciotola era difficile. James versò metà del cibo fuori sporcandosi completamente la faccia e per questo ricevette alcuni dolorosi colpi sulle reni con uno sfollagente di legno. Fu costretto a ripulire il pavimento con la lingua ed infine gli fu concesso di ripulirsi la faccia con uno straccio. Camminare a quattro zampe sulle assi di legno del pavimento era doloroso per le ginocchia ma il ragazzo si guardò bene dal lamentasi.

    Venne portato in quella che probabilmente era la camera del padrone e legato ad una catena fissata al muro. Gli fu concesso di sdraiarsi su uno stuoino ai piedi del letto.
    La stanza era semplice, quasi monastica con un grande letto, una scrivania molto ordinata, uno spazioso armadio in noce, una libreria piena di registri e quaderni rilegati in pelle. Non c’erano invece né quadri né decori appesi alle pareti ed al posto della tappezzeria semplice calce bianca.

    James si addormentò accoccolato per terra. Fu risvegliato di soprassalto da alcuni forti calci che gli vennero assestati alle costole. Mezzo addormentato fece per alzarsi in piedi ma per fortuna si ricordò in tempo degli ordino ricevuti e si mise a quattro zampe.
    “Vieni qua” gli ordinò il padrone battendo una mano sulla coscia proprio come si fa normalmente per attirare un cane.
    James si avvicinò e gli sfilò gli stivali e le calze come gli venne ordinato.
    “Bravo ed ora leccami i piedi. Puliscili per bene”.

    Il ragazzo, sapendo di non avere alternative, ubbidì all’ordine e subì quell’ennesima umiliazione. Dopo una giornata passata a macerare nel cuoio i piedi del padrone avevano un odore terribile. James si fece forza, superò lo schifo egli iniziali conati di vomito e si mise a leccarli per bene dito dopo dito, piega dopo piega.
    “Brava bestia, brava” gli disse il padrone accarezzandogli la testa rasata e sedendosi sul letto.
    “Ora spogliami, ordinò”.
    James gli sfilò i pantaloni, la giacca e via via tutti gli altri vestiti.
    “Bene bestia. Ora ascolta bene. Ogni sera, quando arrivo dovrai fare come questa sera, e lavarmi con la lingua a partire dai piedi e poi via via le altre parti intime. Si Sdraiò sul letto a pancia in giù ed intimò al giovane prigioniero di leccargli il buco del culo.

    Non era brutto, anzi semmai il contrario. Aveva un corpo incredibile ed un cazzo di notevoli dimensioni. Ma se James, dopo i dubbi iniziali, aveva provato un amore un’attrazione vera per il conte Edward verso questo nuovo padrone provava solo terrore.

    Il ragazzo con la lingua si avvicinò all’ano del padrone e lo leccò dapprima intorno poi, su sollecitazione dell’uomo, anche all’interno. Poi fu la volta dei genitali. Partì dalle palle leccandole con attenzione per evitare incidenti di percorso. Poi passò alla verga che in pochi istanti si irrigidì. La leccò con cura, più volta, dalla base fin su verso la cappella. Fece per prendere in bocca il cazzo pensando che il padrone desiderasse un pompino ma invece questo gli tirò un malrovescio.
    “Non prendere iniziative stupido animale”. Apri la bocca gli ordinò. James ubbidì e appena le sue labbra si spalancarono il padrone iniziò a pisciargli addosso.
    “Bevila tutta” gli intimò “non farne cadere neppure una goccia”.
    Mentre lo diceva, di proposito, iniziò a modificare la direzione del getto spruzzandolo in piena faccia e facendo cadere l’urina sul pavimento”.
    “Idiota guarda cosa hai combinato” gli gridò contro spingendogli violentemente la faccia contro il le assi di legno bagnate. “Lecca tutto”.
    James ubbidì ma mentre lo faceva il suo viso venne solcato da lacrime. Le torture lo avevano debilitato fisicamente e psicologicamente ma questa ultima umiliazione forse lo aveva ferito più di ogni altra cosa.

    Il padrone tirò una corda e nella casa echeggiò il cupo trillare di un campanello”.
    Comparve di li a poco un servitore.
    “Accompagna la bestia a lavarsi” e poi lascialo li, gli chiese il padrone, consegnandogli il laccio di cuoio attaccato al collare.
    James fu trascinato verso la fontana dove già era stato ripulito in mattinata. Ora però era notte e appena uscito dalla casa il ragazzo incominciò a rabbrividire per il vento freddo. L’acqua era ghiacciata e ovviamente non gli dato nulla con cui asciugarsi. Venne legato ad un palo vicino alla fontana, tremante con una foglia. I suoi denti smisero di battere solo il mattino seguente al comparire del primo tiepido sole.

    Edited by Elchicoloco - 19/6/2014, 18:16
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  2. Matt87
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    ..quest'ultima parte è tremenda..povero James
     
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    FIGO GAY

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    Beh concordo anch'io che quest'ultima parte è la più crudele scritta fin'ora ma sono curioso di come vada a finire la sorte del povero James per me aspetto il seguito .Buona dizione e buona narrativa complimenti
     
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    Povero ragazzo....sembra l'inizio di un inferno....confido comunque nel ritorno di ed o di un suo amico....sicuramente si metterà alla ricerca...aspettiamo il seguito.
     
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  5. Tn10
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    uao, bel racconto
     
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4 replies since 18/10/2010, 16:55   4279 views
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