LA storia di James deportato in Australia - Prima Parte

La storia di James Groom diciottene inglese deportato in Australia nel 1821, per un furtarello

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  1. itguy
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    L’odore era insopportabile anche per uno come lui abituato a vivere nei bassifondi. Gli anelli di metallo ai piedi gli mordevano la carne. James Groom non riusciva ancora a farsi una ragione di quanto era successo.

    Aveva grossomodo diciotto anni. Nessuno lo sapeva con precisione. Sua madre era la strada, suo padre l’orfanatrofio. Aveva sempre vissuto d’espedienti e soprattutto di piccoli furti. Era bravo. Poteva rubare un portafogli in un batter d’ali di farfalla e con la stessa leggerezza. Ma la settimana prima qualcosa era andato storto. E l’avevano arrestato. Pensava di cavarsela con qualche frustata, un po’ di prigione. Invece aveva sbagliato a scegliere la sua vittima: Sir John Macquarie, giudice di sua maestà.
    Trascinato in catene in tribunale ne era uscito con un peso ancor più grande: la deportazione a vita in nel Nuovo Galles.

    Ed ora si trovava rinchiuso nella stiva della nave Surrey I, in una delle tante gabbie di ferro, ciascuna popolata da una ventina di altri deportai. Criminali incalliti, vecchi mendicanti. Brutta gente anche secondo i suoi canoni. Non aveva paura, James. Non più di tanto almeno. Era svelto, sapeva cavarsela bene con i pugni. Qualche volta aveva anche combattuto sul ring per guadagnare una manciata di sterline. Però era il più giovane. Ed essere carne tenera fra venti lupi affamati di tutto poteva essere molto pericoloso anche per lui.

    Lo aspettavano poco meno di sei mesi di traversata ed il rischio di morire di scorbuto, dissenteria, o mal di mare era altissimo. Ne aveva sentito parlare tante volte sui moli del porto. E poi l’equipaggio di queste navi era formato da gente forse peggiore da quella rinchiusa dietro le sbarre.
    Doveva trovare un modo per sopravvivere. Doveva a tutti i costi. L’odore era sempre più insopportabile. Gli veniva da vomitare, gli mancava l’aria. Anche la luce che filtrava dal ponte superiore era scarsa.

    Proprio in quel momento con uno sferragliare di catene gli si avvicino un uomo sulla quarantina. Aveva un’enorme cicatrice che gli solcava il viso, dal mento fino alla fronte, sfiorando l’occhio. L’alito che filtrava fra i suoi pochi denti marci puzzava tremendamente e James d’istinto si ritrasse.
    “Che c’è ragazzo? Non ti piaccio che ti allontani?” gli chiese il suo compagno di sventura sottolineando la frase con una fragorosa risata
    “No signore. Nessun problema” rispose James
    Nel frattempo – con la coda dell’occhio – James notò altri tre probabili compari dell’uomo che si stavano avvicinando.
    Sarà per dargli manforte pensò preoccupato. C’era poco da fare. Nessuna via di fuga e rivolgersi ai marinai impensabile.
    “Meglio così. Ragazzo. Meglio così. Anche perché passeremo parecchio tempo insieme”.
    “Certo signore, il viaggio fino al nuovo Galles è lungo signore”.
    “Come ti chiami ragazzo?”
    “James signore”.
    “Bravo James. Si il viaggio è lungo. Ma per noi lo sarà meno grazie alla tua compagnia.” Pronunciò la frase sottolineandola con un ghigno crudele ed al tempo stesso divertito.
    “Cosa intende signore” rispose James con aria di sfida.
    “Non fare lo stupido James. Lo sai benissimo. E se non lo sai lo scoprirai presto.” Una volta pronunciata la minaccia si scambio uno sguardo di intesa con i suoi tre compari.

    James sapeva cosa lo attendeva. L’omosessualità, nell’Inghilterra del primo ottocento, era un reato gravissimo. Ma in prigione era tutto un altro discorso. Non solo i carcerati la praticavano fra loro. Anche molte guardie soddisfavano i propri desideri sui prigionieri che in fondo erano prostitute a costo zero. Con ogni probabilità sulle navi per la deportazione vigeva esattamente la stessa regola. James temeva di dover conoscere la riposta sulla propria pelle. Era forse la cosa che più temeva della deportazione.
    A lui piacevano le donne. Ma soprattutto le donne impazzivano per lui. Era bello, muscoloso, due occhi di un azzurro intenso con riflessi violetti. Aveva un successo notevole non solo fra le popolane del suo quartiere ma anche fra le signore della borghesia che ogni tanto gli era capitato di far divertire in cambio di un po’ di soldi.
    All’orfanatrofio qualche anno prima, quando aveva circa dodici, tredici anni, un paio di ragazzi più grandi avevano cercato di violentarlo ma lui li aveva sistemati a bastonate. Erano finiti entrambi in infermeria con un paio di nasi spaccati, oltre a qualche altro osso.

    Qui la situazione era diversa. Erano rinchiusi in una gabbia piccola. Non aveva armi se non le sue mani. Aveva le caviglie bloccate alle catene e soprattutto era solo contro almeno quattro criminali incalliti. Una situazione che sarebbe durata parecchi mesi. Questa volta temeva che il suo essere uomo sarebbe stato messo seriamente in discussione.

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 01:06
     
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  2. koko85
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    ....che storia!
     
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    FIGO GAY

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    Uahoo come inizio non c'è male c'è il seguito vero?Complimenti bel racconto
     
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  4. enil79
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    inizio formidabile aspetto il seguito!!!
     
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  5. Kobashi
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    Davvero un ottimo stile di scrittura, spero possa diventare una bella saga
     
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  6. itguy
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    Grazie! La saga continuerà.
     
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  7. Therastlin
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    Molto bravo ma aspetto il seguito
     
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    Aspettiamo il seguito...non farci attendere troppo però.....ihihi
     
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  9. koko85
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    wa k fantasia!
     
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  10. matik
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    racconto appassionante...
     
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  11. m@rco72
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    Inizio ora la storia e sembra proprio avvincente
     
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10 replies since 12/4/2010, 22:43   4530 views
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