La vacanza in montagna

Capitolo 16

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    LEGGENDA GAY

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Capitolo 15


    Racconto inventato


    Indossati i dopo sci, andai fuori dalla baita.

    Il sole risplendeva nel cielo azzurro senza nuvole. I suoi raggi riscaldavano, come fosse primavera. La neve bianca rifletteva, la luce solare.
    Oggi, era una bella giornata. Peccato che era iniziata con quella spossatezza, mi sarei sicuramente divertito.
    Pazienza, toccherà sperare che domani il tempo sia clemente.

    Di primo mattino avevo concordato con Axel di pranzare al solito posto, cosi mi avviai approfittando delle ritrovate energie. Facendo una bella passeggiata.
    Il paesaggio era incantevole, vedere neve ovunque, per uno che non la vede quasi mai era bellissimo.
    Alberi innevati, rami secchi ricoperti di neve, cespugli, ecc. poteri continuare fare un elenco di tutti i posti in cui si era posata la soffice e bianca neve. Però meglio non annoiarvi.

    Aria sano e pulita.
    Ormai le camere avevano quasi tutte l'aria pesante. Avrei aperto la finestra per arieggiare al mio ritorno. Credo sarebbe stato utile per tutti, non respirare aria stantia.
    Non, che viva in una metropoli. Però l'aira qui aveva tutto un altro profumo.

    Passato, il sentiero mi trovai nel piccolo borgo di montagnina.
    Costeggiato il noleggio poi segui la solita strada.

    Nel parco giochi c'era qualche bambino, che si divertiva. Sorvegliato a poca distanza da un gruppetto di mamme, che parlavano tra loro.

    Raggiunto l'impianto di risalita, decisi però di prendere il sentiero.
    Cosi con tanta buona volontà, mi incammini per la salita. Faticoso, tanto che a un certo punto decisi di fermarmi per prendere fiato.

    Approfittando della pausa faci due passi addentrandomi nella boscaglia.Li la neve era più morbida, affondai con tutto lo scarpone. Però mi scappava la pipi e volevo nascondermi da eventuali occhi indiscreti.
    Cosi, quando mi sentii abbastanza al sicuro. Tolsi un guanto, poi l'altro e li misi nelle tasche del giubbotto.
    Poi estrai palle e cazzo dai pantaloni, appoggiandoli sul elastico di quest'ultimo capo.
    Con le dita della mano destra, ritrassi il mio abbondante prepuzio. La cappella con un balzo uscì.

    Nel ombra dei alberi l'aria fredda raggelava le parti nude del mio corpo.
    Come fosse una trivella, sentii percorrermi l'uretra dal un fiume impetuoso che sfocio in una cascata di caldo piscio.
    Il dorato liquido, usciva a forte pressione dal mio pene, per poi scontrarsi e sciogliere la neve sulla quale si posava, creando una pozza.
    L'odore di urina mi arrivava alle narici, sovrastando qualsiasi altra fragranza.
    Sembrava non finire. Quando piano, piano l'arco si accorciò sempre più, terminando con qualche schizzo. Una scrollata, rincappucciai la cappella. Sollevando l'elastico da sotto le palle mi corpi nuovamente.

    Indossai i guanti e mi voltai, per tornare lungo il sentiero.

    - Frocio di merda!

    No, perché lui.
    Il ragazzo, che mi aveva accantonato del bagno.

    - Ti, ricordi di me? Direi di si. Mi stai guardando terrorizzato.

    L'ultima volta, mi aveva usato in malo modo per usare dei termini buoni.

    - Te l' ho detto! Sono etero. Però mi piace, giocare con vuoi luridi e schifosi omosessuali. Sai usarvi, per le mie voglie perverse. Tu mi hai fatto arrabbiare, ora sperimenterai la mia furia.
    - Co.. co.. co.. saaa! Ho fattt to?!
    - Non sei venuto all'appuntamento. Ora vedrai il lato peggiore di me!

    Il ragazzo come un fulmine si avventò addosso a me, afferrandomi. Io cercavo di divincolarmi per liberarmi dalla sua possente morsa.

    Cercava di spingermi verso il suo pacco. Io però faceva resistenza. Non so in che modo, riuscii a espugnare la sua presa.

    Iniziai a scappare, lui a rincorrermi gridando:

    - Lurido frocio, non pensare di riuscire a scapparmi.

    Io dopo pochi passi, ero già senza fiato. Corre sulla neve, evitare alberi era faticoso per me.
    Cercavo di tornare al sentiero ma non capivo come raggiungerlo.
    Il cuore mi batteva all'impazzata. Guardavo avanti e indietro per vedere, quanto distante fosse da me.
    Questa cosa non aiutava, la sua vicinanza mi agitava.

    Con il piede destro, centri un ostacolo e caddi sprofondando nella neve.
    Cercai di rialzarmi, senza successo. Il ragazzo, che era poco distante da me, mi piombo addosso e venni schiacciato a terra.
    Lui, accovacciato sopra si me, mi immobilizzava e impediva qualsiasi movimento. Mi tolse il berretto, credo che lanciò via. Prese tra le sue mani i miei capelli e tirò.
    Cosi sollevò il mio volto, che fino un attimo prima veniva premuto sulla soffice e fredda neve.
    Sempre reggendomi per i capelli, fece si che lo guardassi in viso.
    Il volto era corrugato, in una smorfia che non nascondeva la sua ferocia.

    - Merda schifosa.

    Mi sputò in faccia.

    - Quando, ti dico una cosa tu devi ubbidire!

    Io ero, troppo impaurito, per rispondere.
    Il cuore tra la corsa e l'agitazione mi batteva all'impazzata.

    - Ora da bravo, alzati!

    Nel dirlo, mollò la presa e si spostò.

    - Non! Scappare!

    Anche se volevo farlo, le mie gambe mi impedivano di muovermi. Mi reggevo appanna in piedi. Vidi, il mio berretto era poco lontano.

    - Prendi il tuo stupido berretto. Finocchio! Muoviti!

    Con molta calma, lo presi e lo misi in tasca. Non riuscivo a muovermi più rapidamente.

    -Te ti piace farmi arrabbiare. Lurido frocio.

    Il ragazzo, mi venne vicino e mi diede una ginocchiata sul pacco. Io caddi sorreggendomi, su di lui che si trovava difronte a me.
    Mi faceva male. Ne ricevetti, un secondo...

    - Non devi toccarmi!

    Ne seguirono altri due, in un crescendo di forza. Io sentivo le mie palle chiedere pietà.

    - Basta! Fermati.

    Con poca voce e mezzo piagnucolante.

    Il ragazzo mi prese per i capelli, tirò portando il mio volto sul suo petto. Con lo sguardo verso la sua faccia. Mi sputo in volto nuovamente.
    La sua saliva calda, mi colava sul mio freddo viso. Non so se, dovevo vederlo come un umiliazione o unico attimo di pace in quei concitati momenti.

    - Ohhh, sai parlare. Però, devi aprire bocca quando lo dico io. Aprila!

    Io non eseguii.

    - Ho detto, aprila!!

    Io la tenevo chiusa e sigillata.

    La cute mi faceva male. Stavo con i occhi socchiusi, l'unica cosa che vedevo era lui, il suo volto terrorizzante.

    - Aprila! Aprila! Forza finocchio! Aprila! Fallo!

    Il ragazzo sputò. Colpì le mie labbra e poi lecco via il tutto.

    Il ragazzo ridacchiava, con una espressione tra il divertito e il folle. Cercava di guardami nei occhi. Però li avevo socchiusi e li risultava difficile.

    Un rumore, poi una voce:

    - Pino, lascia stare dobbiamo andare.
    - Ok, arrivo Riccardo. Quanto a te frocio, non pensare di passarla liscia. Quando meno te lo aspetti io ritornerò. Hai visto, sono come un ombra. Il mio amico poi è impaziente, di sperimentare giusto Riccardo!
    - Certo, maestro! Però ora dobbiamo andare.
    - Frocio non parlare. Non, serve che sprechi quel poco fiato che hai. Non ti crederà nessuno.

    Pino, mollo la presa e io caddi sulle ginocchia.

    - Pezzo di merda, dimenticavo. Sempre dritto in quella direzione e ritrovi il sentiero.

    Vidi i due andarsene di spalle.

    Io presi del tempo ,per tornare alla normalità. Cercavo solo di dimenticare.
    Pino mi terrorizzava, poteva apparire dal nulla nuovamente e in qualsiasi momento.

    "Luca, dai tirati su."

    Mi presi coraggio, tornai sul sentiero e mi incamminai verso il punto di ristoro.
    Tutta la calma che mi circondava, non riusciva a ridarmi la mia pace.


    Ero arrivato, per primo.
    Ne approfittai per andare a darmi una sistemata in bagno. Poi presi posto in un tavolo all'esterno.

    Il sole alto in cielo, riscaldava con un caldo tepore. Contribuì oltre all'ambiente affoltato a farmi tranquillizzare, giusto in tempo per l'arrivo di Axel.

    - Ciao, Luca!
    -Ciao
    - Come va?
    - Bene dai.
    - Passato tutto?
    - Certo! Te come è andata?
    - Fantastico, mi sono divertito un sacco!

    Il ragazzo iniziò a raccontarmi la mattinata.
    Io lo tenni al oscuro della mia, non credo mi avrebbe creduto. Era una cosa troppo in reale. Cosi preferii ascoltarlo per rilassarmi sempre più e insabbiare la cosa nei miei ricordi.

    - Ciao ragazzi!

    Soleggiante arrivò, la solita cameriera. Oggi mi guardava, con un aria che definirei strana. Dopo qualche convenevole e l'ordinazione se ne andò.

    - Luca, che le hai fatto?
    - Perché?
    - Ti lanciava certe occhiate!
    - Ho visto, ma non so cosa posso aver fatto.
    - Sembra che lei hai rubato, qualcosa. Ti teneva d'occhio in modo investigativo.
    - Dici?
    - Credevi di guardasse languida d'amore, come per Matteo.
    - Sai che si è fidanzato con Filippo e Marco. Una "coppia" a tre.
    - No. Che cosa, si sono inventati.
    - Una cosa complicata, mi sa. Nel pomeriggio fanno un orgia party, per festeggiare il lieto evento, se vuoi partecipare penso che più siamo meglio è per loro.
    - Siamo?
    - Mati, come suo amico, mi ha incastrato a partecipare.
    - Ok. Del buon sesso, non si rifiuta. Poi potrò giocare con te?
    - Vediamo, come vanno le cose.
    - Tanto devi partecipare.

    Anche se parlavamo, con un tono basso, arrivarono delle occhiate dai tavoli limitrofi. Va be, forse era il caso di cambiare argomento.

    - Luca, credi di non andarci?
    - Pensavo, che in qualche modo potevo evitare. Però sarei un pessimo amico.
    - Cosa si fa per gli amici.
    - Ah, ah, ah

    La discussione si fermò, era arrivato il pranzo. Durante il pasto scambiamo qualche parola su altri argomenti.
    Quando finimmo, uscimmo dal locale.

    - Luca, torniamo assieme? Io faccio, ancora un giretto con la tavola. Mi aspetti?
    - Si, ti aspetto qui. Mi metto a prendere il sole, sulle sdraio.
    - Ok, non ci metto molto.

    Io feci quattro passi e mi accomodai su una sdraio di legno.
    Arrivò la cameriera.

    - Se vuoi, ti portò una coperta.
    - Ok, grazie.

    La ragazza, tornò poco dopo. Si abbassò e mi sussurrò all'orecchio.

    - Non credere di sfuggire a mio fratello.

    Poi se ne andò.

    Questa frase, mi fece capire le sue occhiate strane. Mi teneva d'occhio, per conto del fratello.
    Mi agitai, non ero al sicuro. Poteva riuscire a aggredirmi di nuovo.
    Balzarono nella mia mente, l'incidente del bagno e l'aggressione di questa mattina. Contribuendo all'aumento della mia agitazione.
    Non fu l'unica cosa a salire. Tra le mie gambe, sentii crescere sempre più il cazzo.
    Ora al solo pensiero di poter essere aggredito in qualsiasi momento, oltre al malessere interiore mi faceva pulsare il cazzo.

    "Perché?"

    Per quale motivo, queste situazioni che mi facevano stare male. Provocavano una reazione simile.

    Il cazzo mi faceva male, implorava attenzioni dall'orgia del mattino.
    Lui era stato ignorato, il buco del mio culo invece aveva ricevuto molte attenzioni.
    Pensare a quella eccitante situazione, non aiutava.

    Poi come un fulmine a ciel sereno, un pensiero mi percosse la testa.

    Fino a quando stavo in mezzo alla gente non poteva succedere nulla. Cosi, mi tranquillizzai.

    Non ero il solo a prendere il sole.
    C'erano delle signore che chiacchieravano tra loro. Spiai la loro conversazione mariti, cena e amiche. Pettegolezzi, nulla di rilevante. Però aiuto a non farmi perdere nei miei pensieri, fino all'arrivo di Axel.



    Capitolo 17

    Edited by Jak-91 - 25/9/2019, 15:23
     
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