Coming Out - Marco

La vita dura di un Carcere Minorile

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Le porte si aprirono è le due persone che mi scortavano, mi fecero entrare. Mi fermai davanti ad altre due persone che mi presero in custodia, e mentre le altre due uscirono, le porte si chiusero lentamente. Dovevo rimanere in questo luogo per un anno, ma come mi aveva riferito l’avvocato che mi aveva difeso, forse avrei scontato solo metà della pena se nel centro di detenzione per minori mi fossi comportato bene. Adesso non potevo più andare dove volevo, non potevo più fare i miei comodi.
    Il giudice aveva deciso questa volta che dovevo andare in un centro di correzione, in altre parole un carcere per minorenni. Avevo festeggiato il mio sedicesimo compleanno solo qualche settimana prima. Adesso mi ritrovavo ad essere rinchiuso è limitato della mia libertà. Avevo avuto la brillante idea di andare in giro con un gruppo di ragazzi non proprio raccomandabili. Durante una ricognizione notturna, il gruppo incrociò casualmente due ragazzi di un gruppo concorrente. Dopo averli circondati, cominciammo a tirarli pugni e calci. Dieci minuti dopo sentimmo le sirene della polizia arrivare, e scappammo in ordine sparso nel bosco adiacente. Purtroppo ebbi la sfortuna di inciampare su un sasso con conseguente lussazione della caviglia. Fui aiutato da due poliziotti che mi avevano visto gridare, ma dopo avermi dato il primo soccorso, fu chiaro che ero uno di quelli che avevano picchiato gli altri due ragazzi.
    In definitiva ero ben conosciuto dalla polizia. Il mio fascicolo probabilmente occupava un intero scaffale al reparto archivio. Già dall’età di 10 anni ebbi il piacere di conoscere i locali della polizia. Mio padre ci aveva abbandonati quando avevo solo quattro anni. Mia mamma cercò di tirare avanti la famiglia, ma dopo alcuni anni decise di mettersi insieme ad un altro uomo. Inoltre dedicò sempre più tempo bere. Il suo uomo mi odiava, e litigavamo continuamente per ogni piccola cavolata. Un giorno decisi di andare via di casa. Avevo solo 12 anni. Da allora non ho fatto più ritorno da mia mamma e il suo compagno. Non era stata sporta alcuna denuncia di persone scomparse, questo voleva dire che anche loro erano contenti del fatto che ero andato via. Avevano un abocca in meno da sfamare.
    Imparai subito a vivere di espedienti, ma data la mia giovane età, spesso ero costretto ad andare in orfanotrofi o centri di accoglienza. Era chiaro che non sarei mai più tornato a casa dei miei genitori. Ero diventato un caso difficile anche per gli assistenti sociali che cercarono invano di trovarmi una famiglia.
    Durante il periodo in cui non ero nei centri, vivevo per strada ed imparai a chiedere l’elemosina. Grazie alla mia età riuscivo a racimolare un bel po’ di monete. Vedendomi molto giovane evidentemente intenerivo tante persone, soprattutto donne che elargivano generosamente qualche soldo. Un giorno un conoscente di un paio di anni più grande di me che incontravo nel parco in cui mi rifugiavano per la notte, mi propose di prostituirmi. Sinceramente non ero attratto dalla proposta, però decisi di seguirlo nei posti in cui si appostava di notte. I primi giorni mi limitai ad osservare quello che faceva, e mi resi conto che in una notte riusciva a guadagnare quello che io racimolavo in due settimane di elemosina.
    Un giorno mi chiese di accompagnarlo da un cliente che aveva chiesto una compagnia doppia. Andammo a casa del cliente e dopo esserci messi comodi nella salotto, bevemmo alcune birre. Avevo già 14 anni, quasi 15, però era già da un po’ che avevo conosciuto i piaceri della birra. Non mi piaceva lo stato di ebrezza che provavo dopo averne bevute alcune, ma non la rifiutavo quando mi veniva offerta.
    Dopo circa un’ora di conversazione i due cominciarono a toccarsi le parti intime. Io dissi che non volevo andare oltre, quindi mi lasciarono in salotto e si appartarono nella camera da letto.
    Dopo circa mezz’ora il mio amico uscì dalla camera da letto e mi fece segno di andare via con lui.
    Quando arrivammo nel bosco in cui pernottavamo, mi diede 50 Euro. Era quanto il cliente aveva pagato per la mia presenza. Lui invece aveva guadagnato ben 200 Euro. Aveva offerto qualche servizio aggiuntivo, e per questo era stato generosamente ripagato.
    Dopo circa una settimana decisi di andare di nuovo nel locale in cui il mio amico incontrava i suoi clienti. Incontrammo di nuovo lo stesso cliente della settimana prima che ci chiese se volevamo andare a casa con lui. Tranquilli del fatto di conoscerlo, salimmo sulla sua auto e andammo a casa sua. Anche quella sera bevemmo molta birra. Ad un certo punto il mio amico cominciò a toccarmi, e mi chiese se volevo partecipare ai loro giochi. Mentre mi toccava si avvicinò al mio orecchio sinistro e sottovoce mi disse che se lo avessimo soddisfatto, ci avrebbe dato tantissimi soldi. Gli aveva detto che ero ancora vergine, e per questo era disposto a pagare profumatamente la mia verginità. Acconsentii, anche perché avevo bisogno di un po’ di soldi. Fece cenno al cliente di avvicinarsi e di continuare quello che lui aveva iniziato con me. Ci mettemmo comodi sul divano, e lentamente mi tolsero prima la maglietta quindi le scarpe e i pantaloni. Anche loro si spogliarono insieme a me, è quando ci ritrovammo tutti e tre in boxer ci trasferimmo nella camera da letto.
    Mi fecero sdraiare sul letto, mi tolsero i miei boxer, e mentre il mio amico mi baciava con la lingua, l’altro prese possesso della mia verginità. Il tutto fu molto doloroso, ma il mio amico ogni voltache percepiva il dolore che aumentava, mi baciava sempre più a fondo smorzando le mie grida. Nel frattempo mi rassicurava dicendomi che la prima volta era normale. Io non riuscii a sentire alcuna emozione, l’unica cosa che mi interessava era il fatto che saremmo stati pagati per la serata. Dormimmo a casa del cliente, e alle prime luci dell’alba andammo via con in tasca 500 Euro io, e 300 Euro il mio amico.
    Dopo quella serata ebbi spesso l’opportunità di guadagnare un po’ di soldi velocemente, anche se per quel tipo di lavoro non mi piaceva.
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    I due poliziotti del centro di correzione mi fecero entrare in una stanza dove un un terzo poliziotto mi aspettava. Dovetti consegnare tutto quello che avevo nelle mie tasche, anche i miei indumenti. Mi fecero spogliare sul posto. Il fatto che altre persone erano nella stessa stanza non mi creò alcun disagio, dato che mi ero già trovato nudo in presenza di altri uomini.
    Mi diedero una uniforme del centro, è mi diedero una ricevuta in cui era elencato dettagliatamente quello che avevo appena consegnato.
    Con la nuova uniforme mi portarono in un’altra stanza in cui c’era il direttore del centro.
    “Si sieda, prego.”
    Senza dire niente mi sedetti sulla poltroncina che era alla destra della scrivania.
    “Allora, vedo dal Suo fascicolo che ha avuto un po’ di problemi in precedenza con la giustizia. È stato solo grazie alla sua giovane età che ogni volta è riuscito a non andare in carcere. Ma adesso sta diventando uomo. Ha giá sedici anni, e con il passare degli anni i giudici sono sempre meno clementi con Lei.”
    Io annuii senza dire niente.
    “Il giudice ha deciso che Lei deve rimanere per un anno qui nel centro. Se si comporterà bene, e non creerà alcun problema, molto probabilmente basteranno solo sei mesi. Mi auguro che con questa esperienza qui in centro cercherà di cambiare il suo modo di affrontare il mondo esterno.”
    Di nuovo, annuii sempre senza dire una parola.
    “Abbiamo alcuni problemi di capienza, quindi la metteremo nella cella 18 insieme ad altri tre ragazzi. Prima però i miei colleghi la porteranno in mensa dove potrà cenare, nonostante l’ora tardi. Ho già avvisato del Suo arrivo, ed in mensa in via eccezionale hanno hanno tenuto caldo un pasto per Lei”
    Detto questo, preme un pulsante sulla scrivania e dopo qualche secondo un poliziotto entra e mi fa segno di seguirlo. Durante il tragitto verso la mensa rimasi al fianco del poliziotto. Con gli occhi cercavo di capire l’ambiente circostante in cui dovevo passare alcuni mesi della mia vita. Si vedevano tanti ragazzi che stavano uscendo da un enorme stanzone che doveva essere la mensa. Tutti avevano l’aria indaffarata. Andammo nell’area in cui si potevano scegliere le portate, e dopo aver preso un paio di piatti ed un’acqua minerale ci sedemmo al primo tavolo libero. Oramai c’erano pochi ragazzi che stavano ancora mangiando. Notai che alcuni ragazzi cominciavano a pulire. Evidentemente erano stati assegnati alle pulizie della mensa.
    Mentre mangiavo, il poliziotto che nel frattempo si è seduto di fronte a me, mi fissò attentamente.
    “Marco, posso immaginare quello che stai pensando, e come ti senti adesso. Considera il tempo che passerai di qui come un’esperienza di vita. Spero per il tuo bene che non ti ritroverai mai più rinchiuso in un centro come questo o peggio ancora in un carcere vero e proprio.”
    Io annuii, mentre continuarono a mangiare.
    “Ti abbiamo assegnato una cella con alcuni ragazzi tranquilli. Ci sono delle regole del centro, e ci sono anche all’interno di voi ragazzi delle regole da rispettare. Alcune ti sembreranno assurde ed ingiuste,ma cerca di non fare problemi e vedrai che entro sei mesi sarai di nuovo libero. Con te ci sarà un ragazzo un po’ più grande di te. Il suo nome è Matteo. Inoltre ci sono due ragazzi di circa 15 anni. Sono Riccardo è Nicola. Comunque, avrai modo di conoscerli. Tra un po’ arriverà Matteo che ci accompagnerà in cella è ti istruirà su quello che facciamo qui in centro. Una buona parte della giornata sarà impegnata in attività varie, ma ci saranno comunque anche dei momenti liberi in cui potrai fare quello che vuoi.”
    Detto questo notai che un ragazzo si era nel frattempo avvicinato è seduto di fianco a me.
    “Marco, lui è Matteo.”
    Ci stringemmo la mano per salutarci, e quindi aspettarono che finissi la mia cena.
    “Io adesso vado, ti lascio nelle mani di Matteo. Non dimenticare quello che ti ho appena detto. Cerca di adattarti velocemente alla vita del centro.” quindi il poliziotto si alzò e andò via.
    Matteo era un ragazzo di circa 1 m e 80, occhi castani, capelli brizzolati. Nei suoi occhi leggevo curiosità, ma c’era anche qualcosa che mi preoccupava. Con un taglio di capelli molto corto, forse dettato dalle regole del centro, aveva un modo di fare molto amichevole e con un sorriso stampato sulle labbra. Anche se vestito con la stessa mia uniforme, mostrava un fisico asciutto che denotava la sua frequentazione assidua in palestra.
    “Dimmi Marco, come mai ti hanno rinchiuso qui?”
    “Insieme ad altri ragazzi abbiamo picchiato un paio di rivali. Purtroppo nel fuggire non sono stato ababstanza veloce, e la polizia mi ha beccato con una caviglia slogata. Purtroppo uno di quelli che aveva consosciuto i nostri pugni era figlio di una persona influente. Ha sporto denuncia e adesso mi ritrovo qui.” dissi mentre continuavo la mia cena.
    “Hai avuto sfortuna, se t’hanno beccato!”
    “No, non è sfortuna. Prima o poi mi avrebbero beccato, con tutto quello che ho combinato fuori. Ho avuto una fortuna sfacciata che solo adesso mi hanno rinchiuso.” dissi guardando fisso negli occhi color mandorla di Matteo.
    “Qui ognuno di noi ha alle spalle delle storie, a volte delle bruttissime storie. Comunque sappi che qui ci sono delle regole da rispettare. Se segui le regole del centro vedrai che non ci saranno problemi.” mi disse con tono molto duro. Dicendo questo avevo notato un cambio del comportamento da amichevole a distaccato. Sembrava non un consiglio, ma un ordine quello che mi aveva appena detto.
    Finito di mangiare ci alzammo ed andammo verso la nostra cella. Durante il tragitto mi limitai a seguirlo a qualche centimetro di distanza, mentre i miei occhi erano impegnati a cercare di captare più informazioni possibili di quello che succedeva nei dintorni.
    Entrammo in una cella che non doveva essere più grande di 16 metri quadri, con quattro letti, due dei quali a castello. In un angolo c’era un tavolo con quattro sedie, mentre dalla parte opposta si poteva vedere un water. Non c’era niente che lo separasse dal resto della stanza. Mi fu subito chiaro che lo avrei utilizzato il meno possibile. Una piccola finestra con delle barre di ferro era l’unico collegamento con il mondo esterno. Dalla finestra si poteva vedere un parco enorme separato da un muro altissimo. La sua maestosità non dava dubbi del fatto che era impossibili espugnarlo. Tutto il perimetro del muro era illuminato e sotto stretto controllo da telecamere presenti ogni 3-4 metri. Inoltre la sommità del muro era protetto da filo spinato.
    Seduti sul letto inferiore c’erano due ragazzi che vedendoci si alzarono e vennero verso di noi.
    Mentre mi allungavano la mano per salutarmi si presentarono.
    “Ciao, io sono Riccardo”, “Io invece sono Nicola”
    “Ciao ragazzi, io sono Marco” e strinsi quindi ad entrambi la mano.
    “Allora, Riccardo e Nicola dormono nel letto castello, mentre io dormo nel letto di sinistra. Tu dormirai in quello di destra.” disse Matteo con un tono autoritario.
    Io annuii, è appoggiai sul letto che mi era stato appena assegnato gli indumenti e gli asciugamani che mi erano stati dati precedentemente. Il mio guardaroba non era molto ricco. Mi aveva dato altre due uniformi, alcuni indumenti di ricambio come boxer, magliette e calzini. Infine cinque asciugamani ed un accappatoio completavano la mia dotazione. Mi avevano detto che avrei dovuto attaccarci il numero che mi era stato assegnato nel centro, dato che sarebbero stati lavati in un centro lavanderia del centro insieme agli indumenti degli altri ragazzi.
    “Prendi l’asciugamano che ti accompagno alle docce” disse Matteo mentre prendeva anche il suo.
    I due ragazzi della cella erano più piccoli di me, e si notava una certa paura nei confronti di Matteo. Era chiaro chi era il capo nella cella. Non solo la differenza di età, ma anche i toni con cui Matteo parlava a loro. Anche con me, dopo i primi minuti in cui mi parlò con un tono affettuoso, notai che stava diventando sempre più autoritario. Sentivo che voleva conoscermi meglio, ma forse desso voleva anche comunicarmi chi era quello che dettava le regole nella cella.
    “Matteo, tu come mai sei qui?” chiesi al mio accompagnatore, cercando di ristabilire un tono più amichevole.
    “Ho rubato un portafoglio ad una donna. Peccato che fosse la moglie di un giudice, e che mi ha riconosciuto subito. Devo rimanere qui per due anni, ma ho già scontato alcuni mesi.”
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    Durante il tragitto incrociammo altri ragazzi del centro, e molti di essi mi chiedevano di sfuggita come mai fossi li. Non c’erano evidentemente tantissimi ragazzi, dato che quasi tutti notarono la presenza del nuovo arrivato.
    Nei locali doccia ci avevano seguito anche gli altri due ragazzi della cella, però si erano isolati in un angolo del locale docce. Mi chiedevo se Matteo era la causa della loro paura che riuscivo a percepire.
    Sotto le docce incontrammo altri ragazzi che mi guardarono con curiosità. Erano tutti ragazzi sotto i 18 anni. Mi spogliai velocemente e cercai di pensare ad altro senza concentrarmi sui miei vicini. L’ultima cosa che desideravo era un risveglio inopportuno del fratellino. In definitiva ero circondato da tanti ragazzi nudi nel fiore della tempesta ormonale, e quasi tutto con un fisico rispettabile e moto invitante.
    Al contrario alcuni di quelli che erano sotto le docce mi guardarono con grande interesse è fecero delle allusioni esplicite al mio fratellino del tipo, “non vorrei ritrovarmi con lui in una stanza buia” o qualcosa di simile. Effettivamente la natura era stata molto generosa con il mio fratellino. Questo mi aveva anche reso famoso nel giro. Quando era necessario, non mi era difficile trovare un cliente che poteva avere un ragazzo molto giovane, e ben dotato per i loro piaceri.
    Mi asciugai velocemente e quindi uscì dalle docce. Matteo mi seguì qualche secondo dopo, e dopo esserci rivestiti ci avviammo verso la nostra cella. Mentre andavamo via notai che un ragazzo che era con noi otto le docce, ci auguro buon divertimento. Dietro di noi ci seguirono anche gli altri due ragazzi.
    Entrati in cella, Riccardo e Nicola andarono direttamente nei loro letti, mentre io mi creai un po’ di spazio nell’armadio per mettere le mie cose. Avevamo un solo grande armadio che dovevamo dividere in quattro. Comunque non avevamo tanta roba, quindi era più che sufficiente per i nostri bisogni.
    “Domani vedrai come funziona qui. Per non sbagliare, fai quello che facciamo noi e non fare storie. Se ti diciamo di fare qualcosa, non discutere. Falla.” e dicendo questo, Matteo si sdraio nel suo letto.
    “Sbrigati a sistemare le tue cose, tra cinque minuti spengono le luci.” aggiunse, e si girò da un lato mostrandomi le spalle.
    Seguii il suo consiglio. Sistemai le mie cose velocemente nell’armadio e quindi andai anch’io nel mio letto. Dopo un paio di minuti le luci si spensero. Nel buio cominciai a pensare allo spazio ristretto che dovevo condividere con gli altri ragazzi della cella. Nel passato sono stato spesso in centri di accoglienza per minori, o meglio orfanotrofi, ma lì avevo tanta libertà in più. Inoltre di giorno potevo spesso uscire. Qui invece ero limitato in tutto. Con questi pensieri mi addormentai tra le braccia di Morfeo.
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    Dopo circa mezz’ora mi svegliai di soprassalto. Mi sentivo mancare l’aria, i miei polmoni erano bloccati. Avevo un peso sopra di me. Qualcuno si era seduto su di me, e mi stava bloccando le mani.
    Cercai di gridare, ma i miei polmoni era bloccati dal peso che mi sovrastava e mi lasciava enza fiato. Sentivo qualcosa che si appoggiava sulla mia bocca.
    “Se provi a mordermi ti giuro che ti ammazzo. Fai quello che ti dico e non protestare.” disse Matteo a bassa voce al mio orecchio destro.
    Io cercai di divincolarmi dalla sua presa, ma un colpo netto al mio basso ventre mi tolse il respiro e mi bloccò.
    “Ti ho detto che devi fare quello che ti dico altrimenti non uscirai vivo da qui.” e dicendo questo mi infilò il suo pene in bocca.
    Capii che non avevo alcuna possibilità se mi ribellavo, quindi non reagii più alla sua violenza. Subii passivamente la sua violenza.
    Dopo avermelo infilato per metà in bocca, cominciò a muoversi ritmicamente spingendo sempre di più. Mi mancava l’aria, è il suo pene in bocca di certo non mi aiutava. Ad un certo punto lo tirò fuori lasciandomi qualche secondo per respirare, ma subito dopo me lo infilò violentemente fino in gola. Il ritmo aumentava col passare dei secondi, così come i suoi gemiti di piacere.
    Capii che stava per venire, quindi cercai di tirarlo fuori, ma lui prese la mia testa è premette contro il suo pene più forte. Qualche secondo dopo eiaculò nella mia bocca, quindi smise di muoversi. Aveva raggiunto l’apice del piacere, e si stava riprendendo. Allentò la presa della mia testa, e lasciò che il suo pene uscisse fuori.
    Mi ero trovato in passato già posizioni analoghe, anche se non con tale violenza. Sapevo che per qualche secondo doveva riprendersi dal suo orgasmo, quindi approfittai del momento, mi spostai di lato velocemente, presi il suo braccio sinistro con entrambe le mani lo piegai dietro le sue spalle e con un colpo di ginocchia lo scaraventai sul letto a pancia in giù. Con una mano lo tenni bloccato tramite la torsione che esercitavo al suo braccio, sputai il suo sperma su due dita della mia mano destra e le infilai nel suo ano. Sapevo che dovevo essere molto veloce. Non dovevo dargli il tempo di reagire, altrimenti sarebbe stata la mia fine.
    Matteo cercò di divincolarsi dalla mia presa, ma ogni suo movimento portava ad un aumento del dolore al suo braccio perché aumentava la torsione.
    Tirai fuori le dita dal suo ano, e con il resto dello sperma che avevo in bocca lubrificai il mio pene. Quindi con un colpo secco glielo infilai. Non ebbi pietà nella mia azione. Sapevo che il mio rivale stava provando un dolore terrificante. Aveva un braccio bloccato, ed un pene enorme che aveva appena lacerato violentemente il suo deretano. Ma nonostante tutto non gli diedi alcuna possibilità di muoversi.
    Attesi qualche secondo per farlo riprendere dal dolore, quindi cominciai a muovere ritmicamente il mio pene all’interno delle sue intestina. Col passare dei secondi sentivo che le sue forze si stavano esaurendo. Ad un certo punto non cercò più di divincolarsi, e subì passivamente la violenza che stavo sfogando su di lui. Sapeva che non aveva alcuna possibilità di reagire.
    Quando eiaculai nelle sue intestina, feci attenzione a non mollare la presa. Rimai per qualche secondo all’interno, quindi dopo che sentivo le mie forze che ritornavano lo tirai fuori lentamente. Mi misi a suo fianco tenendo sempre il suo braccio bloccato e gli dissi che se non avesse opposto resistenza lo avrei lasciato libero.
    Matteo annuii, quindi mollai la presa.
    Per un attimo rimase immobile sul mio letto, ma dopo qualche secondo, senza dire niente, si alzò e andò a sdraiarsi nel suo letto.
    I due ragazzi che nella prima fase della violenza su di me erano rimasti nel loro letto facendo finta di niente. Ma dopo che io avevo preso il sopravvento su Matteo, si girarono verso di noi, guardando meravigliati a bocca aperta lo spettacolo che si presentava ai loro occhi.
    Dopo che Matteo era tornato nel suo letto, anche due ragazzi si girarono e fecero finta di dormire.
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    Il silenzio calò nella cella. Riuscivo a sentire i respiri dei miei coinquilini. Sentivo il respiro affannoso di Matteo che un po alla volta diventava sempre più costante. Inoltre sentivo anche dei singhiozzi provenineti dal suo letto.
    Io ero rimasto bloccato nel mio letto. Fisicamente ero immobile, ma la mia mente stava girando a pieno regime. Cercavo di fare mente locale di quanto appena successo.
    Dai segnali che avevo intuito nelle docce, avrei forse dovuto capire cosa succede nelle celle. Di sicuro anche in altre celle c’erano dei rapporti omosessuali, ma quello che era appena successo non potevo definirlo sesso. Era semplicemente violenza, lotta del predominio. Matteo con il suo gesto voleva farmi capire chi comandava nella cella. Sicuramente anche Riccardo e Nicola avevano subito violenza da Matteo.
    Lo avrei dovuto capire subito che rapporti del genere erano possibili. In definitiva ci sono tanti ragazzi nel fiore della tempesta ormonale che in qualche modo vogliono trovare uno sfogo alle loro pulsioni. Questo spiegava anche il perché delle attenzioni che avevo notato sotto la doccia. In qualche modo stavano studiando se io avrei potuto essere il nuovo capo della cella, o se avrei subito anche io le violenze.
    Però io in definitiva mi sento attratto dai ragazzi del mio stesso sesso. Lo avevo capito già da tempo, ed in questo ambiente devo essere sincero che le mie fantasie potrebbero prendere tantissime fonti di ispirazioni. Qui avrei materiale in abbondanza per sfogare mentalmente le mie pulsioni. Non so quanti di loro possano definirsi gay, sicuramente solo una piccolissima parte, che tra l’altro penso che si terranno ben nascosti dal rilevare le loro tendenze.
    Eppure, anche se l’ambiente poteva sembrare molto restio ai gay, sentivo che dovevano pur esserci relazioni più profonde che esulavano dalla violenza.
    Per qualche ragione le cose non sono andate come previste da Matteo, e ciò che più mi preoccupava era che mi trovavo in un ambiente completamente nuovo. Non sapevo quali emozioni provava realmente Matteo, chi era. Lo avevo conosciuto come un ragazzo molto affettuoso, ma poi nel giro di un’ora era completamente cambiato. Fino ad usare violenza su di me.
    Preso dai miei pensieri, mi resi conto che il respiro di Matteo si era fatto regolare, e più lento. Segno che stava dormendo. E lentamente anche io mi addormentai.
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    Il rumore dello scarico del water mi riportò dal mondo dei sogni nella realtà della cella.
    Riccardo e Nicola stavano uscendo dalla cella per andare a fare colazione. Matteo si stava vestendo, e accortosi che mi ero svegliato, si avvicinò al mio letto.
    “Vedo che il rumore del centro non riesce a svegliarti facilmente” mi disse mentre si abbottonava la camicia.
    “Fai presto a vestirti, altrimenti non troverai niente per colazione. Dopo la colazione dovrai andare nelle aule scolastiche, ma non dimenticare che alle 11:00 devi andare dall’assistente del direttore che ti darà alcuni documenti in cui vengono elencate le attività che ci sono assegnate qui nel centro.” e dicendo questo uscì anche lui. Non mi diede nemmeno il tempo di aprir bocca. Ero ancora frastornato dal sonno.
    Dopo aver sbrigato velocemente i miei bisogni mattutini, mi vestii e andai nella sala mensa. Non sapendo dove sedermi, scelsi un tavolo vuoto. Sentivo tanti sguardi che seguivano i miei gesti. Facendo finta di nulla, consumai la mia colazione.
    Con la coda dell’occhio notai che Nicola e Riccardo erano con un gruppo di altri ragazzi che avevano la stessa espressione impaurita dei due. Invece in un angolo della mensa c’era un gruppo che doveva essere formato dai capi. Dal loro gesticolare era chiaro che erano quelli che decidevano.
    Matteo invece si era appartato in un altro tavolo vuoto, e mangiava da solo.
    Finii velocemente la mia colazione, e mi alzai per andare da Matteo. Appena si accorse che stavo andando da lui, smise di mangiare, si alzò e si dirise verso l’uscita. Io lo seguii con passo più svelto del suo.
    “Matteo, fermati, vorrei parlarti.”
    “Che cazzo vuoi ancora? Non ti basta aver vinto? Vuoi denigrarmi davanti a tutti?”
    “Cosa ho vinto? Non voglio denigrare nessuno, voglio solo parlarti.”
    “Ma ci sei o ci fai? Sei il vincitore, tu sei il capo della cella, e puoi scoparmi e violentarmi ogni volta che vuoi. Nicola e Riccardo stanno aspettando che usi la stessa violenza che hai usato su di me. Puoi decidere cosa dobbiamo fare, e cosa possiamo fare.”
    Rimasi bloccato da quanto mi aveva appena detto.
    “Ah, mio caro Marco, sei ufficialmente membro del gruppo del Bronx. Potrai stare sempre con loro e mangiare insieme a loro. Tu fai parte del gruppo di quelli che decidono cosa fare qui nel centro. Tanti auguri”
    E dicendo questo andò via, lasciandomi senza parole.
    Mi resi conto che si era fatto tardi. Dovevo andare nell’aula per le lezioni. Nicola, si offrì di accompagnarmi, dato che non sapevo dove fosse.
    Nell’aula mi presentai al professore, dopodiché la mia mente cominciò a divagare su ciò che realmente succedeva nel centro. Mi erano sempre più chiari i ruoli che c’erano all’interno del centro. Per qualche coincidenza fortuita mi ero ritrovato nella parte dei forti, ma sinceramente non ero felice di questo. Non volevo nemmeno essere dalla parte dei perdenti. Quello che volevo qui non esisteva. Dovevo abituarmi a dosi di violenze elevate per poter sopravvivere all’interno del centro.
    Finirono le lezioni, delle quali avevo recepito ben poco di quello che il professore aveva detto. Mi alzai, ed andai alla ricerca di Matteo che era in un’aula vicina. Anche loro stavano uscendo per andare a pranzo, e mentre mi avvicinavo all’uscita dell’aula, vidi che Matteo stava uscendo. Si accorse della mia presenza, e cercò di ignorarmi, ma io lo raggiunsi e lo bloccai.
    “Che cazzo vuoi ancora? Non mi dire che hai dimenticato di andare dall’assistente del direttore!”
    “Cazzo, hai ragione, l’ho completamente dimenticato... ma non è per questo che ti volevo parlare”
    “Vedo che hai la memoria corta. Preparati ad un paio di giorni di punizione.”
    “Cazzo Matteo, non riesci a capire che ti voglio parlare da amico, e non con la violenza? Ti sto chiedendo di ascoltarmi, ma mi rendo conto che hai più paura tu degli altri due ragazzi.”
    “Ok, vieni andiamo a sederci li a lato.” mi disse, indicandomi una panca vuota.
    “Matteo, io non so ancora cosa succede qui dentro, ho solo constatato che c'è una violenza inaudita, violenza che voglio evitare. Siamo quasi coetanei, e dobbiamo vivere e condividere gli stessi spazi, nel bene o nel male. Non possiamo aver paura di noi stessi. In definitiva siamo tutti nella stessa situazione di merda.”
    “Allora non hai capito che qui non ci sono vie di mezzo. Qui, o sei vincitore, o sei perdente. I tuoi coinquilini non hanno perso tempo a raccontare quello che è successo ieri sera. Non hai notato che gli altri ragazzi del centro ti guardano con rispetto? Tu fai parte del club dei vincitori, e se hai voglia di picchiare qualcuno dei perdenti, non ti preoccupare nessuno ti dirà niente. Se sei di turno per pulire le latrine, puoi farlo fare ad uno di noi tre della tua cella. Nessuno opporrà resistenza.”
    “Cazzo Matteo, ma io non voglio comandare qui, vorrei avere una vita tranquilla senza violenze e senza paure. Inoltre non voglio nemmeno vederti in questo stato.”
    “Sei stato tu a decidere gli eventi. Io sono oramai una stella cadente, e mi toccherà in futuro di aggregarmi al gruppo dei perdenti.”
    “Matteo, io non ho deciso niente, ho solo reagito alla tua violenza.” mi fermai per alcuni secondi a guardarlo negli occhi, quindi aggiunsi a bassa voce “Senti, io questa sera andrò a letto e sarò nudo. Dopo che le luci si spegneranno, potrai venire nel mio letto e fare di me quello che vuoi. Non opporrò alcuna resistenza, così potrai ritornare di nuovo nel club dei vincitori.”
    “Ma tu sei completamente fuori di testa!” mi disse guardandomi stupito dal quello che avevo appena detto. Quindi si alzò ed andò via.
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    Matteo
    Non riesco a capire il nuovo arrivato. Quando ieri l’ho visto la prima volta, mi ha colpito l’aria di persona vissuta. Era chiaro che non è un ragazzo di alto borgo, e credo che abbia un passato non molto bello. In definitiva se si ritrova qui nel centro significa che non è un angelo. Ma allo stesso tempo mi ha colpito il suo modo di fare. Si è messo subito a disposizione per capire cosa fare qui nel centro, ha chiesto subito quali attività facciamo nel centro, ed ha fatto quello che gli dicevo senza batter ciglio. Dietro una prima facciata di ragazzo vissuto, penso che si nasconda dietro un ragazzo che vuole fare qualcosa di buono nella sua vita. Tra l’altro, mi sono sentito continuamente osservato, come se ammirasse le mie gesta! Chi è questo ragazzo, e soprattutto cosa vuole?
    Ma la vita del centro è dura, e dovevo subito chiarire chi era il capo. Non volevo dare alcun dubbio della mia superiorità. Sono le regole, e gli altri del centro che lo chiedono. Vivi o muori.
    Per questo, dopo che le luci si erano spente, ho atteso che si addormentasse in maniera tale da prenderlo di sorpresa e non dargli tempo di reagire. L’ho bloccato con il mio corpo sul suo letto e gli ho infilato il mio pene in bocca. Riccardo e Nicola sicuramente sapevano che avrei agito la sera stessa, per questo erano andati subito a letto senza dire niente. Sanno che altrimenti l’avrebbero pagata cara.
    Come già successo in precedenza con gli altri, dopo qualche minuto sono arrivato all’apice del mio orgasmo, e l’ho costretto a tenere il mio pene in bocca mentre eiaculavo, ma lo avevo sottovalutato. Non so perché, non credo che fosse stata la sua prima volta che si ritrovava in quella posizione, ma di sicuro ha colto l’attimo giusto per ribaltare la situazione.
    Mi ha bloccato sul suo letto, e violentemente mi ha sfondato il mio ano. Mi ha comunicato chiaramente che non aveva paura di me. Il braccio bloccato, e il suo pene enorme che sembrava mi sfondasse le mie intestina non mi lasciavano alcuna possibilità di difendermi.
    Col passare dei secondi però ha allentato la presa, ed invece di finire il lavoro con violenza, ha agito con una dolcezza che mi ha alleviato il dolore iniziale. Voleva comunicarmi che era in grado di reagire, ma al tempo stesso emanava una dolcezza a me nuova.
    Dopo essere venuto, mi ha permesso di tornare nel mio letto. Con la coda dell’occhio ho visto le facce stupite di Riccardo e Nicola. Sicuramente sono contenti che io abbia trovato qualcuno che mi dia filo da torcere, ma sono anche sicuro che adesso si chiederanno che cosa gli aspetta in futuro. Non so se c'è tanto da rallegrarsi delle dimensioni del membro di Marco.
    Certe notizie corrono più veloci della luce, infatti, quando sono andato questa mattina in mensa non me la sono sentita di andare nel gruppo del Bronx. Sicuramente non sono più ben accetto dal gruppo. Si aspettano che sia Marco ad unirsi al loro gruppo. Al tempo stesso però non me la sento ad unirmi al gruppo dei perdenti. Rischio di diventare anche il loro zimbello. Per questo ho preferito isolarmi in disparte.
    Poi, inaspettatamente arriva Marco, e cerca di parlarmi. Non so se vuole prendermi per il culo o se ha una strategia per denigrarmi definitivamente. In un primo momento rifiuto di parlargli, ma oggi mi sono fatto convincere ad ascoltarlo.
    Non riuscivo a credere a quello che sentivo. Si è offerto volontariamente di farsi violentare da me, in maniera tale da che io riconquisti il mio dominio. E questo solo perché non vuole vedermi nelle condizioni in cui sono sprofondato. Non vuole essere il mio capo!
    Arrivato in mensa, ho preferito consumare il mio pranzo da solo. Se qualcuno ancora non era stato informato per colazione, adesso sicuramente tutti sapevano quello che era successo la notte prima. Infatti, il gruppo del Bronx aveva chiesto a Marco di unirsi a loro, ma stranamente lui aveva deciso di sedersi insieme a Riccardo e Nicola. A volte mi chiedo se è in grado di capire come funziona qui!
    Dopo pranzo sono dovuto andare nel locale lavanderia. Due volte la settimana vengo assegnato alla stiratura delle uniformi. In realtà spesso l’ho fatto fare a Riccardo o Nicola, ma adesso non sono più nelle condizioni di decidere. Ogni giorno abbiamo sempre delle attività, e come quasi ogni giorno, la sera arriva senza aver avuto il modo di avere tante possibilità di parlare con gli altri ragazzi del centro, se non quelli che erano con me a fare il mio stesso lavoro.
    Torno in cella dopo aver cenato da solo, e mi ritrovo già tutti i miei coinquilini in cella.
    Cercando di non incrociare gli sguardi degli altri ragazzi, vado verso l’armadio per prendere l’asciugamano. Marco mi segue.
    “Allora, hai meditato su quello che ci siamo detti oggi?”
    “Io penso che non sei sano di mente”
    “Riccardo, Nicola, andate a farvi la doccia.” disse Marco con tono che non ammetteva discussioni. I due ragazzi scattarono in piedi, e uscirono dalla cella senza dire niente.
    “Matteo, che tu lo voglia o no, io questa notte dormirò nudo, e ti darò la possibilità di ristabilire le posizioni di prima. Come ti ho detto oggi, se ci tieni tanto ad essere il capo qui, ti lascio lo scettro. Non sono io il pazzo qui, è il sistema che non funziona. Io non voglio essere partecipe di queste violenze in maniera attiva. Solo una cosa ti chiedo, cerca di non usare su di me troppa violenza.”
    E senza farmi dire niente, uscì anche lui dalla cella per andarsi a fare la doccia.
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    Come ogni sera, le luci si spensero. Riuscivo a sentire i respiri degli altri inquilini. Marco era veramente nudo nel suo letto, come mi aveva promesso. Sentivo i respiri irrequieti di Riccardo e Nicola. I ragazzi si aspettavano che Marco scaraventasse la sua violenza su uno di loro, e non erano molto felici, dato che avevano notato sotto le docce quanto madre natura fosse stata generosa con lui. Ma sicuramente avrebbero accettato anche le sue violenze. Sapevano che non avevano altra scelta.
    Dopo un quarto d’ora, decisi di andare nel letto di Marco. Non volevo essere un perdente. Ero stato per troppo tempo un perdente, e sapevo che non sarei riuscito ad andare avanti ad essere lo zimbello del gruppo del Bronx e dei perdenti stessi. E poi, se Marco era talmente pazzo da accettare di essere un perdente, erano problemi suoi, non miei. Quello che desideravo adesso, era di sedermi domani insieme al gruppo del Bronx.
    Mi infilai nel letto, di fianco a Marco. Era immobile, ma sapevo che non dormiva.
    Lentamente tolsi le lenzuola, e lo girai di spalle. Presi il lubrificante che mi ero portato, e lubrificai prima il mio membro, poi il suo ano. Prima con un dito, poi con due dita. Dopo averlo aperto sufficientemente con le dita, mi misi sopra di lui, e infilai il mio membro nel suo deretano.
    Marco cercò di trattenere il dolore, ma ad un certo punto emise dei lamenti di dolore. Ero certo che stava simulando, voleva far credere agli altri due ragazzi che era in corso uno stupro.
    Con le mie mani accarezzai la sua schiena, e scendendo verso il basso, lo spostai leggermente da un lato per poter prendere in mano il suo fallo. Quindi, feci seguire in sincronia il ritmo della mia mano con quello del mio pene.
    Dopo alcuni minuti in cui il ritmo aumentava sempre più, raggiunsi l’orgasmo. Nello stesso momento in cui eiaculavo nel sedere, venne anche Marco, sporcando le lenzuola.
    Sfilai il mio pene dall’ano di Marco, e rimasi al suo lato guardando il soffitto. Ero certo che questa volta non avrebbe reagito inaspettatamente. Mi resi conto che ciò che avevamo appena avuto non era ne stupro, ne violenza... era qualcosa di più bello. Mi voltai verso Marco che stava riprendendo fiato e lo fissai negli occhi.
    “Tu sei uno stronzo. Anche questa volta hai vinto.”
    Un sorriso si stampò sul volto di Marco.
    “Marco, come cazzo pensi che il tutto possa avere un seguito. Qui siamo in mezzo a dei stupratori, dei violentatori. Se si sapesse quello che è successo, non so se riusciremmo a uscire dal centro con le nostre gambe.”
    “Non so nemmeno io cosa succederà domani, ma io sono abituato a seguire le mie emozioni. E comunque non sopporto alcun tipo di violenza gratuita. Ne ho passate già troppe fuori.” E quindi avvicinandosi al mio volto aggiunse “e poi, sicuramente non posso usare alcuna violenza con una persona come te.”
    “Ma io non sono quello che pensi. Io non sono gay.”
    “A me non interessa se tu sia gay o meno. Io voglio averti come amico, e per questo non devi essere un gay per diventarlo. Quello che hai fatto fino a ieri con gli altri ragazzi era violenza e abuso. Ti volevo solo far notare che la stessa cosa, con i modi appropriati, può diventare ben altro.”
    “Io lo dicevo che tu sei pazzo, ed adesso ne ho la conferma....ed io stupido che ho anche fatto quello che volevi.”
    “Sono diversi punti di vista, ma penso che in fondo in fondo tu provi qualche sentimento.”
    “Ma come cazzo facciamo con gli altri? Domani a colazione tutti sapranno quello che è successo, e non so se arriveremo per pranzo.”
    “Su questo non ci ho ancora pensato, però la prima cosa da fare è non far uscire alcuna indiscrezione da questa cella.”
    “E come facciamo con Riccardo e Nicola? Non avranno capito tutto quello che ci siamo detti, ma sicuramente hanno intuito cosa sta succedendo!”
    “Fai in maniera che tengano la bocca chiusa.”
    “Perché io?”
    “Sei tu il capo di nuovo o no?”
    “Stronzo! … Riccardo, Nicola venite qui subito.”
    I due ragazzi si spogliarono e vennero lentamente verso di noi nudi, con sguardo fisso per terra. Avevano intuito qualcosa, ma erano terrorizzati da ciò che potevano subire. Inoltre sicuramente non capivano chi era dei due che comandava, e questo aumentava la loro insicurezza.
    “Potete rivestirvi, non vogliamo farvi niente. Vogliamo solo parlarvi.”
    I due ragazzi con espressione dubbiosa ed esterrefatta, si rivestirono come avevo comandato. Quindi con sguardo molto duro li guardai, e gli dissi “Tutto quello che avete visto questa sera qui non deve assolutamente uscire fuori da questa cella. Se veniamo a sapere che uno di voi due dirà qualcosa, anche solo allusioni, vi giuriamo che rimpiangerete di essere vivi.”
    Riccardo e Nicola si guardarono per un attimo, ed annuirono.
    “Domani sera vi diremo qualcosa di più. Adesso andate a dormire.”
    Senza dire niente, ritornarono in fretta nei loro letti.
    “Matteo, penso che anche te dovresti andare a dormire. Domani è sabato, ed abbiamo più tempo per studiare cosa fare.”
    “Ok, buonanotte”
    Finalmente la tensione che si respirava prima scomparve, e dopo qualche minuto tutti i membri della cella si addormentarono.
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    Marco
    Il fine settimana iniziò con aria più distesa. Ero l’ultimo a svegliarmi, dato che gli altri erano già vestiti. Matteo non mi guardava più con aria truce.
    Riccardo e Nicola erano in procinto di uscire, quando Matteo li bloccò, e li fisso negli occhi per qualche secondo. I due abbassarono la testa, ed andarono via. Non c’era bisogno di parlare, sapevano quale messaggio gli voleva trasmettere.
    Aspettò che mi vestissi, ed andammo insieme a fare colazione. Nella mensa decidemmo di mangiare comunque separatamente. Avremmo avuto abbastanza tempo più tardi, dato che il fine settimana non avevamo quasi niente da fare. Le attività erano molto limitate.
    Alcuni membri del gruppo del Bronx mi fecero segno di associarmi a loro, ma io li ignorai, facendo finta di niente. Finii di mangiare e ritornai in cella. Un minuto dopo mi seguì Matteo.
    Poco dopo arrivarono anche Riccardo e Nicola, ma Matteo li mandò via. I due ubbidirono senza fiatare.
    “Allora Marco, dato che hai creato questo casino, adesso come pensi di uscirne? Sembra che i due stiano tenendo la bocca chiusa, ma non ci vorrà molto che gli altri abbiano dei sospetti di quello che succede nella nostra cella.”
    “Io parto da due principi che per me sono fondamentali. Primo, non ho alcuna intenzione di usare violenza su di te, e se possibile non ne vorrei subirla da te. Secondo, non accetto categoricamente il sistema di soprusi che vengono qui perpetrati. Siamo tanti ragazzi, tutti con problemi. Dovremmo essere uniti, ma invece ci facciamo del male a vicenda. Non ha alcun senso questo.”
    “Forse non ti rendi conto che con questo sistema i nostri custodi riescono a tenerci a bada con poco personale. In definitiva il lavoro maggiore viene fatto dai vari capi di ogni cella. In cambio ricevono qualche favore in più. Conviene a tanti avere questo regime di terrore, e non è facile, se non impossibile scardinarlo.”
    “Ok, hai dato una ragione plausibile, ma questo non vuole dire che dobbiamo abusare l’uno dell’altro. Se non possiamo cambiare le cose, forse possiamo adattarci al sistema e vivere la nostra vita come vogliamo. In definitiva se non rompiamo le scatole agli altri, gli altri non dovrebbero avere niente da dire.”
    “E con Riccardo e Nicola come la mettiamo? Non so per quanto tempo riusciranno a non aprire bocca. E comunque prima o poi si renderanno conto che nella nostra cella c’è qualcosa di anomalo.”
    “Per quanto riguarda i sentimenti che provo, ti direi che anche io non sono gay, o almeno non ho avuto mai fino ad oggi una relazione con altri ragazzi. Ho avuto dei rapporti sessuali con altri uomini, ma era solo per necessità. Avevo bisogno di soldi, ed era un modo di guadagnarli. Uno dei pochissimi modi per chi vive sulla strada. Poi, parliamo con Riccardo e Nicola. Spieghiamo la situazione. In definitiva anche loro ne hanno da beneficiare. Non ultimo, non subiranno alcuna violenza da nessuno di noi due.”
    “A me sembra molto astruso. Non so perché, ma penso che possiamo fare almeno un tentativo. Accada quel che accada.” e dicendo mi questo mi diede un bacio sulla guancia, e uscì dalla cella.
    Rimasi sdraiato sul letto per la maggior parte della giornata, alternando la lettura di un libro che avevo preso in biblioteca a momenti in cui viaggiavo con la mente cercando di immaginare gli effetti nel centro di quello che mi ero proposto di fare.
    Nel pomeriggio ci riunimmo tutti nella cella. Presi subito la parola, dato che era quello che stava cercando di trovare una via di sbocco.
    “Riccardo, Nicola, ieri sera vi sarete accorti che è successo qualcosa di strano tra noi due.”
    I due si guardarono, ed annuirono.
    “Tutto quello che avete visto vi ripeto che deve rimanere tra queste quattro mura. Lo stesso, quello che vedrete e sentirete nei prossimi giorni. Detto in parole chiare, tra me e Matteo c’è qualcosa, e nessuno deve assolutamente esserne a conoscenza.” Dicendo questo, Matteo mi prese una mano.
    I due ragazzi si guardarono meravigliati, ma non dissero niente.
    “Da subito in questa cella non ci sarà più alcun tipo di violenza se riusciamo a tenere il segreto. Non ci sarà più alcun capo in questa cella. Tutti avremo lo stesso livello, e ognuno tratterà l’altro in maniera amichevole. Lo so che se lo venissero a sapere gli altri capi avremo tutti dei problemi, ma se riusciamo a tenerci per noi quello che succede qui, rimarranno solo delle voci.”
    Il viso dei due ragazzi si fece più disteso.
    “Avete delle domande? Siamo qui per analizzare le problematiche, e capire cosa fare per poter sopravvivere in questo centro.”
    Dopo un attimo di esitazione, Nicola prese la parola “Ma voi due siete...gay? … insomma ieri avevamo intuito che c’era stava succedendo qualcosa di anomalo, ma adesso...”
    Matteo non diede il tempo a Nicola di finire “Per quanto mi riguarda, non posso dire che sia gay. O almeno questo lo potevo dire fino a ieri. Da quando ho avuto a che fare con Marco sto sentendo delle emozioni che erano a me sconosciute. Non so se sono gay, ma di sicuro sto provando in questi giorni delle emozioni per lui.” e dicendo questo, strinse la mia mano.
    Quindi Riccardo prese la parola “Sapete che se la fuori si venisse a sapere, non avrete vita facile?”
    “So di questo rischio, ma credo che io e Matteo ci amiamo, e non vogliamo toglierci queste emozioni. Non so quanto durerà, ma vogliamo fare almeno un tentativo.”
    “E se poi non funziona? Ci violenterai di nuovo, come ha sempre fatto Matteo? O come vedete il nostro ruolo nei prossimi giorni?” aggiunse Riccardo.
    “Come ho detto prima, da subito nessuno violenterà più nessuno. Considerate che se si venisse a sapere, oltre ai problemi che rischiamo io e Matteo, voi due rischiate di cambiare cella, e sapete che nelle altre celle si va avanti solo con la violenza!” risposi a Riccardo.
    “Io non so se il piano funzionerà, ma se possibile non vorrei essere più sodomizzato, quindi accetto.” Disse Nicola guardando Riccardo.
    “Anche per me va bene.” Aggiunse Riccardo.
    “Ok ragazzi, come organizzarci il tempo e quello che faremo nei prossimi giorni lo vediamo più avanti, l’importante per adesso è che sia chiaro che dobbiamo essere uniti. Sarà solo con l’unione che riusciremo ad uscire fuori da questo buco.”
    Quindi ci alzammo, e mentre Riccardo e Nicola uscirono dalla cella, Matteo andò nel bagno comune, ed io mi sdrai sul letto per leggere un libro, non prima di aver dato un bacio a Matteo.
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    Per pranzo ci sedemmo tutti e quattro insieme ad un tavolo. Sapevamo che gli altri parlavano anche di noi. Il nostro comportamento era insolito, soprattutto il mio che teoricamente ero il capo della cella. Dal gruppo del Bronx mi lanciarono dei “richiami” ad unirsi con loro, ma io feci finta di niente.
    La giornata passò velocemente, e dopo la doccia, ci ritrovammo nei nostri letti. Dopo che le luci furono spente, Matteo si alzò dal suo letto e si infilò sotto le mie lenzuola. Io lo stavo aspettando, ed appena si fu sistemato, gli diedi il benvenuto con un bacio profondo. Lentamente aprì la sua bocca e lasciò che la mia lingua si incrociasse con la sua per arrivare all’apice del vortice di emozioni che ci coinvolgeva. Le mie mani che prima tastavano il suo viso, scesero al livello dei suoi capezzoli, e cominciarono a massaggiarli lentamente. Quindi la mia mano destra continuò il suo cammino passando da una vallata di muscoli per fermarsi all’altezza del monte che come un vulcano in eruzione era cresciuto a dismisura. Liberai il suo fallo dal boxer che era troppo stretto per esprimere le sue emozioni, e lasciai che la mia mano si avventurasse sul vulcano. Strofinai sofficemente con il palmo della mano l’estremità del monte. Sentivo dai gemiti che emetteva che apprezzava il lavoro della mia mano. Quindi, delicatamente mi impossessai del membro e lentamente in maniera ritmica andai su e giù con la mia mano.
    La mia bocca abbandonò la sua e si spostò prima sul suo capezzolo libero e lo feci indurire con dei giochi di lingua. Raggiunto lo scopo, mi spostai ad assaporare le delizie emanate dai suoi muscoli, e quindi andando sempre più giù, mi ritrovai faccia a faccia con il suo fallo. Smisi di masturbarlo, e me lo misi in bocca. Con le mie labbra tastavo ogni millimetro del suo membro, che lentamente spariva nella mia bocca. Dopo che era tutto nella mia bocca, cominciai a muoverla ritmicamente. Il ritmo aumentava sempre più. Sentivo il piacere che provava Matteo.
    Poco prima che Matteo venisse, mi tolse il suo fallo dalla mia bocca.
    “Adesso è il mio turno. Non è giusto che solo io goda di questo momento.”
    Quindi si abbassò all’altezza del mio pene, e dopo avergli dato un paio di baci, lentamente se lo infilò in bocca. Sentivo la difficoltà che aveva nel riceverlo tutto. A metà percorso per qualche secondo lo tirò fuori per respirare. Quindi continuò rimettendoselo in bocca, ed andò sempre più in fondo fino a quando non fosse tutto nella sua bocca. Sentivo che dovevo essere arrivato alla sua gola.
    Dopo qualche minuto cambiammo posizione. Nel classico 69, ognuno poteva avere a disposizione il giocattolo preferito, quindi ognuno prese in bocca il fallo dell’altro, e continuammo con i nostri movimenti ritmici. Venimmo entrambi nella bocca dell’altro nello stesso momento.
    Matteo non era abituato a quella posizione ed alla dimensione del mio fallo. Dopo un paio di secondi lo tirò fuori improvvisamente. Stava rischiando di soffocare.
    Mi avvicinai con la mia bocca alla sua. Si era nel frattempo ripreso. Quindi lo baciai, e ci scambiammo il frutto della nostra passione.
    Rimanemmo per almeno dieci minuti a baciarci. Ma oramai era tardi, quindi ci ripulimmo, e Matteo tornò nel suo letto. Non volevamo rischiare che le guardie ci ritrovassero abbracciati nello stesso letto.
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    Il giorno successivo iniziò con un nuovo tenore per tutti. Non si percepiva più alcuna tensione tra i vari coinquilini. Riccardo e Nicola era finalmente sorridenti, e scambiarono qualche battuta con me. Andammo insieme a fare colazione. Io ero sempre l’ultimo ad alzarmi dal letto, ma oramai anche gli altri stavano abituandosi!
    Nella mensa ci sedemmo tutti nello stesso tavolo. Lo stesso per pranzo e per cena. La giornata passò tra conversazioni, sigarette e lettura.
    Dopo cena ci riunimmo nella cella per fare un punto della situazione.
    Riccardo fu il primo a prendere la parola. “Oggi mi è sembrato di essere sulla bocca di tutti. Tutti si stanno chiedendo cosa stia succedendo in questa cella.”
    “È normale perché non stiamo seguendo le regole del centro. E poi, qui non hanno un cazzo da fare, e di qualcosa devono pur parlare.” Aggiunse Nicola.
    “Possono dire tutto quello che vogliono, ma fino a che non parliamo, non succederà niente. Potranno solo spettegolare, ma niente di più” disse Matteo.
    Dopo un attimo di pausa, Nicola continuò “Filippo, il capo della cella 29 oggi mi ha chiesto esplicitamente cosa stesse succedendo qui. Ho dribblato le sue domande rimanendo nel vago.”
    Quindi dissi anche la mia “Soprattutto a te, Nicola, e a te, Riccardo, cercheranno di tirar fuori la verità. Quindi confido in voi.” e dopo un attimo di pausa continuai “Gli spazi qui sono molto ristretti. Purtroppo per quanto si cerchi di non fare rumore, purtroppo ognuno sentirà tutto quello che gli altri fanno. Spero che ognuno di noi si abituerà!”
    “Non sono i rumori quello che preoccupano. Sono i vostri gemiti di piacere che ci preoccupano” ribatté Nicola sorridendo. Ricevette uno scappellotto alla nuca da parte mia.
    “Scherzo naturalmente. Potrete fare tutto quello che volete. Così sono più tranquillo quando ho voglio di menarmelo. Non devo necessariamente rimanere in silenzio, dopo tutto il baccano che fate” e dicendo questo Nicola gesticolò con la sua mano destro nell’atto di masturbarsi.
    Tutti sorridemmo alla scena che Nicola ci stava presentando.
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    La sera, dopo qualche minuto che le luci si erano spente, Matteo venne a farmi visita.
    Il pensare sempre al mio amore, e anche nel vedere tanti bei ragazzi in giro, oltre alla scena semi erotica di Nicola, mi aveva creato una certa eccitazione. Aspettavo con impazienza Matteo.
    Non mi fece attendere tanto. Si infilò sotto le mie lenzuola, e mi salutò con un bacio profondo. Subito la sua lingua salutò la mia.
    “Matteo, questa sera ti voglio in me.”
    “Non essere frettoloso. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo... E poi, lasciamo che gli altri due si addormentino.”
    “Secondo te dormono?”
    “No, secondo me si stanno sparando ognuno una sega... ma io voglio prima assaporare i tuoi muscoli.”
    Quindi la sua lingua cominciò ad esplorare i miei bicipiti,seguiti dai miei pettorali, quindi sempre più giù verso il centro del piacere.
    Mi fece girare, e con la lingua lentamente mi leccò la mia schiena,e andando sempre più in basso fino ad incontrare il mio sedere. Non voleva attendere. Si aiutò con le sue dita ad allargarlo, e con la lingua solleticò il mio ano. Con un movimento lento ma estremamente erotico allargò il mio buco sempre più con la lingua, lubrificandolo con la saliva. Simulò il movimento dell’atto di penetrazione con la sua lingua, entrando ogni volta sempre di più nel mio deretano.
    Quando il mio ano fu lubrificato per bene con la sua saliva, si alzò, puntò il suo fallo nel centro del mio piacere, e con un colpo secco entrò in me.
    Evidentemente anche lui aveva avuto una giornata molto stimolante, infatti dopo qualche minuto mi venne dentro.
    Col fiato ancora pesante, si appoggiò alla mia schiena, lasciando che il fallo rimanesse ancora dentro di me. Si avvicinò quindi al mio orecchio sinistro. “É stato bellissimo. Non credo che mi stancherò presto nel fare l’amore con te.”
    Io lasciai che il fallo uscisse con dolcezza, mi girai, quindi gli diedi un bacio in fronte.
    Con la mia mano destra iniziai a masturbarmi, ma Matteo mi bloccò. “Adesso è il turno di godere del nostro amore.” e dicendo questo, andò giù verso la fonte del mio piacere, e se lo mise in bocca. Con la lingua lo lubrificò con la sua saliva, ma sapeva che non sarebbe bastato. Allungò la mano sinistra alla ricerca del lubrificante gel che aveva portato con se, e me lo spalmò con entrambi le mani su tutto il mio pene. Si sedette su di me, e con le dita si lubrificò il suo ano. Si infilò prima un dito, poi due dita. Quando era allargato abbastanza, si alzò leggermente, posizionò il suo deretano all’altezza della punta del mio pene, quindi lasciò che venisse impalato.
    Non riuscì ad andare tanto in fondo, infatti, dopo qualche secondo se lo tirò fuori dolorante.
    “Se ti fa male, non dobbiamo farlo.”
    “No, mi devo abituare alle tue dimensioni.” quindi si riposizionò di nuovo, e questa volta lasciò che il mio fallo entrasse tutto nel suo deretano fino alle sue intestina.
    Lo sentivo gemere, ma un gemito di piacere. Riprese fiato, quindi cominciò a pompare andando lentamente su e giù. Io ero bloccato sul letto dal piacere. Stava facendo tutto lui. Ero in quel momento il suo giocattolo sessuale.
    Il su e giù che prima era molto lento, con i passare dei secondi divenne sempre più veloce. Forse per la scena di Nicola di poco prima, forse per la focosità accumulata con Matteo, forse anche per l’ano strettissimo che faceva si che sentissi ogni millimetro dell’ano di Matteo, non tardò molto che come un vulcano in piena attività, eruttai nel suo sedere con schizzi che in altre circostanze sarebbero atterrate ad almeno un paio di metri.
    Matteo si fermò, quindi lentamente lasciò libero il mio fallo, e si sdraiò di nuovo al mio fianco.
    Continuammo a baciarci per qualche minuto, quindi ci ripulimmo, e tornò nel suo letto.
    Nel guardarlo mentre tornava nella sua cuccia, mi resi conto che i due ragazzi non stavano ancora dormendo. Se non proprio visto, avevano sicuramente percepito quello che avevamo fatto.
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    I giorni passavano velocemente. Oramai si era creato un’armonia serena nella cella, e gli impegni che avevamo ci tenevano la maggior parte del tempo indaffarati. La sera ci riunivamo e ci raccontavamo delle novità che avevamo sentito, anche se ben poche, dato che eravamo praticamente isolati dal mondo esterno. Anche gli altri, dopo i primi giorni, ci avevano praticamente lasciati in pace. Eravamo diventati un’isola felice in un mare di violenza.
    Avevo però notato che i due ragazzi se con me erano praticamente diventati amici, si percepiva ancora qualcosa nei confronti di Matteo. Potevo intuire il motivo, in definitiva fino a qualche settimana fa era il loro capo con tutte le conseguenze negative.
    Avevo saputo che durante il fine settimana era sempre disponibile una specie di psicologo/sociologo. Volevo cercare di capire il mondo in cui mi trovavo con gli occhi di un esperto, per questo decisi di incontrarlo, e parlarci un po. Lo dissi a Matteo che non volendomi lasciare solo, decise che sarebbe venuto anche lui all’incontro.
    Fu così, che il sabato, dopo aver pranzato, andammo nell’ufficio dello psicologo che ci stava aspettando, dato che avevamo preso appuntamento con lui.
    “Buongiorno ragazzi, prego accomodatevi. Io sono Filippo Rossi, ma potete chiamarmi semplicemente Filippo.” e ci strinse la mano ad entrambi.
    Ci accomodammo, e prendemmo un paio di biscottini che erano sul tavolo. Nel centro non ci mancava niente come cibo, ma erano molto limitati nel distribuire dolci.
    “Allora ragazzi, se siete qui è perché volete sicuramente parlarmi di qualcosa. Sono qui a vostra disposizione. Ditemi tutto.”
    Cominciammo quindi con il raccontare del mio arrivo nel centro, di quello che era successo nei primi giorni, tralasciando i dettagli più intimi fino all’armonia che avevamo raggiunto nella nostra cella. Filippo rimase ad ascoltare, ogni tanto annuendo con la testa, ma ci lasciò praticamente parlare a ruota libera. Solo quando terminammo prese parola.
    “Sono meravigliato e stupito di quello che mi avete appena raccontato. Purtroppo so della gerarchia che esiste qui nel centro. I rapporti che si hanno di solito non si possono definire rapporti omosessuali. Sono semplicemente dei bisogni fisici che alcune persone pensano bene di sfogare nel modo da voi descritto. Qui ci sono tanti ragazzi che conoscono solo la violenza, e quello che esternano qui, non è altro che il loro unico modo di andare avanti. Poi non nascondo il fatto che un comportamento del genere fa si che i ragazzi siano più sotto controllo con meno personale. Qui in definitiva girano ragazzi nel pieno dello sviluppo, e se non si creano delle regole, c’è bisogno del quadruplo del personale di quello esistente. Vi dico questo solo perché ho capito che voi non rientrate nella normalità di vita del centro. Siete riusciti a crearvi un vostro mondo.
    Per quanto riguarda invece la reazione dei vostri due coinquilini, mi sembra anche normale. Fino a qualche giorno fa Matteo ha abusato di loro con la violenza. Non è facile diventare amico di uno che fino a poco tempo fa ha abusato di loro. Penso che dovete dare più tempo ai due ragazzi di avvicinarsi a Matteo. Vedrete che con il tempo le cose si sistemeranno. Mi farebbe piacere se nei prossimi fine settimana verrete di nuovo. Magari portate con voi anche Riccardo e Nicola.”
    Continuammo quindi a parlare di argomenti generali sul centro, quindi ci congedammo da Filippo con la promessa che gli avremmo fatto di nuovo visita.
    La sera parlammo con gli altri due del nostro incontro, e gli proponemmo di andare con loro la prossima volta.
    “Ma allora da quanto ci avete detto non è il tipico strizza cervelli.” disse Riccardo con curiosità
    “No, anzi, abbiamo avuto l’impressione di parlare con un amico.”
    “Oh, io non mi fiderei mai di un piedipiatti” provenne da Nicola
    “Scemo, non è un piedipiatti, è uno strizzacervelli.” rispose Nicola mente si lanciava per dargli uno scappellotto.
    “E poi ha degli squisiti biscotti a disposizione. Sapete, qui è una pietanza rara.” aggiunse Matteo
    “Si, voi due ne avete tanto bisogno. Con tutto il baccano che fate la notte.” disse Nicola che nel frattempo stava lottando con Riccardo.
    “Si, anche tu però ne hai bisogno. Lo vedi come sei deperito dalle seghe che ti fai.” aggiunsi io mentre stavo aiutando Riccardo a bloccare Nicola.
    Ne seguì una lotta con cuscini che volavano per tutta la cella. Matteo aveva deciso di aiutare Nicola e difenderlo da me e Riccardo. Dopo il volo dei cuscini e delle scarpe passammo con la lotta corpo a corpo. Alcuni minuti dopo ci ritrovammo che io ero su Nicola che gli bloccavo le mani, mentre Matteo aveva preso il sopravvento di Riccardo in una posizione simile alla nostra.
    Mi resi conto che Nicola aveva una erezione. Mi bloccai un attimo a pensare. Evidentemente la situazione creatasi aveva un qualcosa di erotico per lui. Quindi lo lascia libero. Matteo fece lo stesso.
    Dopo esserci ricomposti, decidemmo di andare a farci una doccia, quindi dopo lo spegnimento delle luci, Matteo venne a farmi visita, e come oramai ogni sera ci abbandonammo al nostro piacere intimo.

    To be continued... HERE

    Edited by Elchicoloco - 17/6/2014, 18:02
     
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    SPLENDORE GAY

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    triste ma bello
     
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  3. manu the beast
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    Già che è così lungo non è che potresti pensare di arricchirlo di ancora più particolari e con il tempo farlo diventare un libro ,in fondo è una storia davvero bella e con un finale amaro ,nonostante mi aspettavo che prima o poi i protagonisti avrebbero dovuto affrontare l'ira degli oppressori.

    P.S : CONGRATULAZIONI!!!!
     
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    Nico

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    Ti faccio i miei complimenti perché sei stato davvero molto bravo!
    Il racconto mi è piaciuto e mi ha preso molto e il finale mi ha messo davvero molta tristezza!
    Comunque non vedo l'ora di leggere un tuo prossimo racconto perchè scrivi molto bene:)
     
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    perchè quel finale? cioè, a parte qualche errore di scrittura, è stato un racconto stupendo, alternava momenti hot a momenti romantici. Il cambio di prospettiva biografica Marco/Matteo è stato geniale. Poi mi son perfino commosso e poche righe dopo (l'ammucchiata) ho sentito il bisogno di soddisfare le mie voglie, venendo in brevissimo tempo x l'eccitazione. E poi un finale così tragico? :( cmq concordo sul fatto che potresti farci un libro, è proprio scritto coi giusti tempi... bravo
     
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  6. cmn92
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    Una storia davvero ben scritta!
     
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    bravo, sei un genio, continua così, altro non posso dirti perché sarebbe sminuirti ;)
     
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  8. Palma46
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    Storia davvero bella, anche se il finale è triste, complimenti!
     
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  9. ReddyM
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    Dovresti scriverci un libro:complimenti!
     
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    FIGO GAY

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    Bel finale commovente anche se ho 46 anni mi sono scappate le lacrime alla fine -Scrivi da dio e potresti veramente scrivere un libro addirittura trovare uno scenografo e far si che questo racconto romanzo diventi un film da presentare ai vari festival dei cinema gay di tutta Italia,scusa se lo dico uno di questi potrebbe essere il festival del cinema LGBT di Torino sarebbe una bella trama da film . Che commuoverebbe tutti quanti e farebbe riflettere tante persone .
     
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  11. Luke__93
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    Mi associo ai complimenti di tutti. La storia mi ha trascinato fino alla fine :wub: , tanto da non accorgermi nemmeno della lunghezza, veramente bella e originale. La fine è triste ma fa riflettere...
    Se fai un libro o un film faccelo sapere ;)
     
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  12. tonx
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    Ragazzi, grazie mille per i complimenti.
    In realtà avrei in mente un seguito alla storia, ma sono molto indaffarato ultimamente! Comunque prima o poi trovo qualche minuto da dedicarci.
    Farlo diventare un libro o addirittura un film? Penso che sia molto più di quello che mi ero prefissato nello scrivere il racconto, ovvero rendere partecipi altre persone delle mie fantasie!
    Comunque se qualcuno vuole fare proposte più concrete sono a disposizione.

    Tony
     
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  13. giro92
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    i miei complimenti, molto spesso quando leggo un racconto se mi annoianole prime righe lo mollo ho se lo noto lungo inizio a saltre i pezzi, invece questol'ho letto molto volentieri, tutto, e con molta attenzione.
     
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    Crescere significa anche assumerci la responsabilità delle nostre scelte e dei nostri errori. Ma crescere significa anche puntare a migliorare ogni giorno, fosse anche di poco...

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    Complimenti. E' il racconto ipù bello che ho letto fino ad ora... sei varamente bravo

    Ancora complimenti
     
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    DOLCE GAY

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    Davvero, la scena dell'ammucchiata è stata fenomenale! E in genere tutto il racconto mi è piaciuto molto, anche se a tratti troppo veloce. Nel senso, il passaggio da violenza ad amore tra matteo e marco mi è sembrato poco realistico, così come il coming out con i compagni di cella. Però la storia è stata così coinvolgente e figa che questa cosuccia la ti si perdona più che volentieri! xD :D Bravo, bravo, bravo!

    P.S. La tua visione dell'eros somiglia molto alla mia. Non che importi qualcosa, ma mi andava di dirtelo ^^
     
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