Gay Boys Reloaded

Posts written by agentX

  1. .
    CITAZIONE (cangrande @ 13/10/2013, 16:37) 
    non so, carino, ma non all'altezza degli altri 4. Mi sembra un po freddo, qualcosa in velocità, però magari mi sbaglio son un po assonnato oggi pomeriggio

    Lo attendevo con ansia anche io ma a malincuore devo concordare con cangrande. Sappiamo che si tratta di storie perlopiù inventate, ma qui, se posso permettermi, siamo volati un po' troppo nel surreale.
    Rimane cmq grande stima per quello che scrivi :) alla prossima puntata.
  2. .
    CITAZIONE (Robyswich65 @ 27/9/2013, 19:11) 
    Bel finale a sorpresa complimenti per dare peso al racconto ma dato che sono esperienze reali mi spiace per com'è andata. So che si cresce e le esperienze adolescenziali restano alle spalle ma le porterai comunque dietro per tutta la vita. Almeno tu le hai avute io le ho sempre solo immaginate be quando a 34 anni ho deciso di dichiararmi bsx con colei che ho sposato ormai parte della vita era passata,Quindi coraggio e spero per te che trovi il ragazzo della tua vita prima del previsto coraggio e auguri di cuore

    Io sono molto sereno :) grazie cmq!
  3. .
    CITAZIONE (Albus Silente @ 27/9/2013, 01:08) 
    Bellissimo racconto... :) Cosa hai provato nel rivederlo??

    Quasi nulla in realtà, ne è passata di acqua sotto i ponti. Sono i ricordi e la nostalgia di quei tempi che mi hanno dato da pensare, ma è normale!

    Grazie a entrambi cmq :)
  4. .

    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Premetto che sarà un racconto un po’ lungo e con una parte introduttiva abbastanza corposa, però non sono riuscito a comprimerlo in meno spazio. Qui trovate le, ormai datate, parti precedenti:
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=49256944 (quinta parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48749804 (quarta parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48586511 (terza parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48545102 (seconda parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48489678 (prima parte)


    Eccola finalmente arrivata: la gita di 3 giorni a Napoli, Pompei, Ercolano. Classica gita che si prospetta, prima o poi, in ogni carriera scolastica di un liceale che si rispetti.
    Partiamo con un pullman, due classi. Il rincoglionimento post-risveglio ci accompagna più o meno per tutto il tempo prima della fatidica e immancabile sosta all’autogrill. Ci sparpagliamo chi qua chi là, tra sigarette consumate velocemente e incetta di panini o sandwich. Io non dovevo soddisfare nessun bisogno particolare, se non quello di pisciare. Non so perché, ma quando sono in viaggio mi viene da farla più spesso. Noto con dispiacere che in diversi condividevamo quella necessità e, ancora peggio, c’era un solo bagno chiuso agibile con una fila interminabile davanti (di gente che si contorceva per urgenze di altra natura). Anche se controvoglia mi dirigo di corsa verso uno dei cessi a muro, che odio per la mia –come avrete ormai capito- poca propensione a mostrarmi nudo in pubblico, facendo attenzione a scegliere quello più nascosto possibile e soprattutto senza gente intorno. Tiro fuori il mio amichetto e inizio a farla, a occhi chiusi per concentrarmi meglio (in questi casi rischio di bloccarmi).
    “Oh cazzo, ma allora F. aveva ragione!” sento esclamare a brevissima distanza da me. Mi “risveglio” con uno scatto girandomi verso la direzione da cui proveniva la voce e mi trovo un ragazzo che conosco di vista (che chiamerò Y perché anche il suo nome inizia per M), dell’altra sezione, che mi guarda sorridendo. “Scusa, non ti stavo spiando, non pensare male. Ero solamente troppo curioso perché da quando tu e F. avete fatto quella gara a scuola, nello spogliatoio dopo gli allenamenti è nato questo mito del tuo pisellone…e devo ammettere che M. e F. avevano proprio ragione, complimentoni!”. Ero basito da cotanta naturalezza/sfacciataggine nel parlare a una persona del suo pisello (soprattutto con uno sconosciuto) da non riuscire a dire nulla se non un “ah, grazie” a mezza bocca; non pensai nemmeno di guardare come fosse il suo, di pisello…lo stimolo a pisciare ormai se ne era andato e, nonostante non fossi riuscito a farla tutta, perlomeno un po’ mi ero svuotato. “Cmq piacere, Y” aggiunge lui porgendomi la mano. “X” rispondo “e scusa se non ti do la mano ma, non è per sfiducia, ci stai reggendo il cazzo”...forse era un vizio dei calciatori, pensai tra me e me (vedi storie precedenti XD). Si mette a ridere “hai ragione, hai ragione…ci si becca allora. Ciao!”. Mi vado a lavare le mani ancora esterrefatto e irritato da quello che era appena successo: ero diventato un fenomeno da baraccone? Indipendentemente dal fatto che alla stragrande maggioranza dei ragazzi quello sarebbe sembrato un validissimo motivo di vanto a me non andava di essere noto in tutta la scuola come “quello che ha il pisello grosso”. Tornai verso il pullman, mi sedetti imbronciato e infilai le cuffie dell’iPod nelle orecchie. “Tutto a posto?” chiese il mio inseparabile amico S., vicino di posto. Risposi affermativamente solo con un cenno della testa e mi girai verso il finestrino per tutto il tempo rimanente.
    La prima cosa che facemmo arrivati a Napoli fu sistemarci nell’albergo. Non saprei dire veramente nulla di dov’era localizzato, ricordo solo che era veramente brutto. Mi ero organizzato per dormire con S. e altri due nostri compagni, poiché ci era stato riferito che le camere sarebbero state da 3 o da 4. Naturalmente, come accade in ogni gita, ci furono dei disguidi: le ragazze avrebbero dovuto mischiarsi tra classi perché era stato calcolato male il numero dei posti letto. Ovviamente queste iniziarono a frignare che avevano trucchi-vestiti-borse-piastre-vibratori o non so cosa in comune e la divisione-condivisione toccò a noi maschi. “Poco male” pensai “Di sicuro ci sarà gente che ha amici nelle altre classi e io potrò cmq stare con loro”; e mi sbagliai: i professori, infatti, già stremati dagli isterismi delle femmine, decisero arbitrariamente le camere in ordine alfabetico. Vidi quindi che iniziarono l’appello e , di 4 in 4, assegnarono le chiavi. Non ci stavo credendo: prima di me nell’appello c’era M. e tutto avrei voluto meno che finire in camera con lui. Mi avvicinai alla prof. protestando e dicendo che avrebbero potuto benissimo farcela da soli a distribuirci per camere, e come me anche altri, ma mi fu risposto di non cominciare a creare problemi dato il ritardo che avevamo accumulato per banalità come quella. Tsk. Come volevasi dimostrare capitai in camera con M., F. e con il loro amico Y. Quando si dicono “incontri provvidenziali”…Presi io la chiave in quanto considerato “il più affidabile dei quattro” dai professori. Mentre prendevamo l’ascensore che conduceva all’ultimo piano (era una delle sole due camere al quinto piano, l’altra oltretutto era vuota essendo noi gli ultimi 4 dell’appello) vidi che anche M. non era entusiasta di come stavano andando le cose ma scherzava allegramente coi suoi compagni di squadra, mentre io me ne stavo zitto da una parte, incazzato nero. “Daglie X, che ci divertiamo” disse Y, dichiarandosi contento perché in classe sua erano quasi tutti delle mummie mentre con F. e M. era sicuro che sarebbe stato meglio. Facevano un casino assurdo dentro quel minuscolo ascensore, ma li avrei detestati anche se fossero stati muti. Arrivati al quinto scesi per primo e mi diressi a colpo sicuro alla porta della nostra camera; gli altri mi spingevano gridando per l’euforia (che ci sarà di tanto bello nell’entrare in una camera, pensai acido), tanto che la chiave si piegò nella toppa e rimase incastrata. Fottuta. Ovviamente i prof. si incazzarono un bel po’ e gli albergatori non avevano nemmeno una chiave di riserva, tanto che nessuno avrebbe potuto aprire da fuori la porta una volta chiusa. Superata la ramanzina delle prof. (con tanto di “mi meraviglio di te” rivolto al sottoscritto) e i finti visi pentiti di noi ragazzi, ci sistemammo un secondo prima di scendere per il pranzo. La camera non era molto grande (= nessuna possibilità di ricucirsi un minimo di privacy), un matrimoniale e un letto a castello. Y si mise immediatamente in mutande “Raga ho tutto il culo bagnato a forza di stare seduto su quel pullman”; in effetti si vedeva, le mutande gli aderivano piuttosto bene alle chiappe. Tra l’altro, i complimenti glieli avrei dovuti fare io per quel fondoschiena: perfetta forma, probabilmente le chiappe erano anche belle sode. E il resto del fisico non era da meno: alto 187-190 cm penso, biondo anche se i capelli erano tagliati cortissimi, occhi celesti e bel sorriso. Fisico ovviamente atletico dati gli allenamenti serrati a cui erano sottoposti, un po’ più muscoloso di M. (F., non ricordo se l’ho detto, aveva decisamente un viso e un fisico bruttini). Non che non lo conoscessi di vista (era considerato uno dei ragazzi più fighi della scuola), ma non mi ci ero mai soffermato troppo sopra, neanche nelle mie fantasie erotiche. Mentre ero assorto nei miei pensieri mi arriva uno spintone che mi fa quasi cadere a terra: era M., appena uscito dal bagno alle mie spalle:”Preparati perché noi facciamo casino, o partecipi o te ne stai zitto senza lamentarti, sennò ti gonfio di botte”. La mia risposta fu solo uno sguardo di disprezzo dritto negli occhi: non mi faceva paura, non più. “Ahahah! Ma no, vedrai! Ha la faccia sveglia il ragazzo, e non solo…” disse allora Y, lanciando uno sguardo malizioso a F., che si unì alla risata “Sono sicuro che ci divertiamo, raga”. Concluso quel siparietto piuttosto ripetitivo, ognuno prese un letto (io optai per il letto a castello, sopra a Y) e scendemmo per l’agognato pranzo.
    Rividi finalmente gli altri amici e stetti con loro per il resto della giornata. Napoli mi era piaciuta parecchio e fortunatamente avevamo avuto sufficiente tempo per cazzeggiare qua e là per i negozi e per fare un po’ di foto da scemi (ho un po’ la passione per le foto, soprattutto quelle in compagnia). Si stava avvicinando il tempo di tornare in albergo e già sentivo il disagio crescere per il “momento doccia”. Temevo che, considerato l’episodio ai bagni dell’autogrill, qualche altro discorso attinente sarebbe venuto fuori. Come se non bastasse, rivedere M. completamente nudo avrebbe potuto far tornare a galla sensazioni ormai rinchiuse da qualche parte nel mio cervello e farmi star male. In ogni caso, dovevo affrontarlo. Tornammo in albergo; gli inservienti ci aprirono col passepartout che poi ci fu lasciato ed entrammo in camera. “Oh la doccia per primo la faccio io, eh” “No io!” “Non rompete il cazzo, la faccio io che voi fate sempre un lago”…finirono per gettarsi sul letto matrimoniale uno sopra l’altro, prendendosi scherzosamente a pugni e ridendo; ero completamente estraneo a quella goliardia e forse, vedendoli, un po’ mi mancava non interagire così con altri miei coetanei. Proposi, per placarli, di fare a estrazione; nell’ordine: F., Y, M. e io per ultimo. Cominciarono a spogliarsi tutti insieme, mentre io me ne stavo ancora vestito a smessaggiare al cellulare, steso sopra il mio letto e facendo finta di essere a mio agio in quella situazione che invece mi stava facendo salire sempre di più l’ansia. Di lì a poco avrei visto non uno, ma 3 ragazzi completamente nudi, cosa a cui non ero minimamente abituato non facendo sport. Ormai erano tutti e tre in mutande: il pacco di F. ero abituato a vederlo, sempre bello pieno e decisamente il migliore dei 3. M. si difendeva come sempre e Y non sembrava onestamente molto ben fornito, ad analizzarlo con maggiore attenzione (anche se sempre di occhiate fugaci si trattava). “Guarda che fisico di merda, ma quando ti decidi a buttare giù la pancia?” urlò Y a F., che rispose prontamente “Ma che vuoi? Io avrò la pancia ma tu questo mica ce l’hai!” e così dicendo si diede una energica tastata al pacco, stringendolo in modo da far risaltare tutto il suo contenuto. Mi sentivo arrossire in volto ma cercai di evitare, per quanto possibile. Non potei fare altrettanto con l’erezione che si stava facendo strada nelle mie mutande. “Guarda che mica è così piccolo” e così facendolo se lo tira fuori…e lì la mia erezione era proprio al massimo. “Sì, ma dove vuoi andare? Te lo sei scordato il mio, tonto?” e fu la volta del cazzo di F., che mi sembrava ancora più grosso dell’ultima volta in cui lo avevo visto. Una specie di salsicciotto gigante, largo e lungo almeno una quindicina di centimetri che penzolava giù da quelle mutande; quello di Y era nettamente più piccolo e fino e lui lo toccava per farlo un po’ imbarzottire. “Guarda che se te lo fai venire barzotto non vale, siamo tutti capaci” intervenne M., fino a quel momento spettatore come me, mentre stava ultimando di mettere a posto le sue cose. “Raga, ma da quant’è che non ci facciamo un bel segone di gruppo?” si illuminò a quel punto Y. “Ma smettila di fare sempre il frocio!” gli urlò contro F., scherzando ma non sembrando intenzionato ad appoggiarlo. “Dai, tanto te ne spari minimo 3-4 al giorno, l’hai dichiarato tu. Se devi fartela sotto la doccia e ritardarci tutti facciamocela qui tutti insieme. Io è da 3 giorni che non sborro, rischio di venire appena me lo tocco!”. Stavo con le orecchie puntate in alto come un alano, da una parte sovraeccitato e dall’altra terrorizzato all’idea che accadesse veramente. “Dai, guarda…ti si è pure intostato!” aggiunse Y. Mi girai quasi di scatto, involontariamente. In effetti F., che era rimasto zitto, aveva il cazzo in mano e lo stava trastullando; ormai era palesemente barzotto, se non qualcosa di più. “Oh ma la smetti? Se non sapessi quanto sbavi dietro alla fica mi preoccuperei!” gli urlò contro F., stavolta irritato. Tolse definitivamente le mutande, prese il bagnoschiuma e andò in bagno chiudendosi la porta alle spalle, col suo cazzo abbondante che ciondolava in su e in giù. “Hai esagerato” disse allora M., che nel frattempo si era sdraiato sul letto, rivolto all’altro “mica abbiamo 12 anni!”. “Oh, ho capito! Quante storie per una sega insieme, ce ne saremo fatte un miliardo fino all’altro ieri!” rispose Y “E tanto lo conosco, lo so che adesso ci mette 2 ore perché si sta spippettando”. Detto questo prese il cellulare, telefonò ai suoi compagni che avevano la camera al piano di sotto e li avvertì che sarebbe venuto a docciarsi lì perché qui le cose andavano per le lunghe. Infilò l’accappatoio e scese.
    Eravamo rimasti io e M., soli. Cosa che avrei evitato come la morte, se avessi potuto. Mi ero girato dalla parte del muro, sdraiato come se dormissi, in evidente atteggiamento di chiusura. “Tanto lo so che ce l’hai duro, frocetto” disse una voce sussurrante alle mie spalle “è inutile che fai l’indifferente”. Mi voltai di scatto, tirandomi su sui gomiti, lo guardai con il massimo disprezzo di cui ero capace “Che cazzo vuoi? Provocare?”. Si alzò di scatto sul letto e con due salti mi raggiunse, avevo la sua faccia ad altezza della mia; mi prese energicamente per un braccio, tirandomi e facendomi quasi cadere dal letto. Alla fine ci riuscì, caddi appoggiando però una mano al letto e i piedi per terra. “Oh, ma sei completamente rincoglionito? Mi sembra che volevi indifferenza totale ed è quello che sto facendo, non capisco cosa vuoi adesso!” gli urlai in faccia. Sapevo che poteva mettermi le mani addosso, ma il fatto che ci fosse altra gente e soprattutto i professori mi dava una certa sicurezza. “Ti ho visto come guardavi il cazzo di F.” mi disse, guardandomi dritto negli occhi a mezzo centrimetro di distanza dalla mia faccia. “E quindi?” gli risposi sicuro, ormai non mi faceva più effetto “Con te non ci sono molti misteri ormai, sai cosa mi piace e penso che puoi tranquillamente aspettartelo che guardo un cazzo se ce l’ho davanti”. Quella faccia tosta non l’avevo mai avuta, ma ero talmente irritato che forse venire alle mani, nonostante le avrei sicuramente più prese che date, mi stava quasi stuzzicando come idea. “Non deve succedere più, chiaro?” disse risoluto e piuttosto aggressivo. “Perché, sennò che mi fai? Mi picchi o gli vai a dire che vorrei fare con il suo cazzo quello che ho fatto col tuo?” lo provocai. Mi fissò incredulo, non si aspettava una risposta di quel genere evidentemente. Sentimmo la porta del bagno aprirsi, F. stava uscendo. M. si sedette sul letto di scatto e vedemmo comparire da dietro l’angolo un accappatoio azzurro e il faccione di F. che ci domandò subito dove fosse l’altro. M. prese accappatoio e bagnoschiuma e, con ancora le mutande addosso, entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Chissà come avrebbe reagito se F. fosse rimasto ancora un po’ là dentro? Io invece, mentre spiegavo perché Y era sceso, mi godetti la scena di F. che si asciugava. Si era tolto l’accappatoio ed era rimasto completamente nudo, indugiando non poco prima di cercare le mutande nel borsone. Se lo toccava, lo gingillava un po’, si grattava le palle…era veramente uno spettacolo ammirare quel cazzone ciondolante (dopo il caldo della doccia ancora più grosso di prima, ancora un po’ barzotto a forza di essere toccato) mentre parlavamo della scena di prima, del più e del meno. Non era esageratamente peloso, diciamo il giusto, però si capiva che non si aggiustava i peli come invece molti facevano e il tutto contribuiva ad incorniciare quel pisello dalla punta leggermente scoperta che ora lasciava intravedere anche un po’ di cappella. Per il resto, effettivamente, non era granché (non ciccione ma robusto, alto poco meno di me, faccia simpatica ma veramente brutta). “Oh ti conviene che ti spogli che M. ha quasi fatto” mi disse a un certo punto “Anche se stavolta ci sta mettendo più del solito…tu sta a vedere che la sega se la sta facendo lui e io non ho fatto un cazzo proprio perché quel coglione di Y rompeva” e rise. Mi associai sorridendo e iniziai a spogliarmi anche io, tentando di non farmi venire erezioni improvvise (in genere quando la situazione è tragica canticchio mentalmente, è efficace!). “Oh, si rimedierà più tardi!” aggiunse e mi guardò un secondo, poi scoppiò a ridere e si diede un’altra tastata al pisello mentre teneva in mano le mutande in procinto di essere infilate. Probabilmente avevo fatto una faccia strana a quelle parole. La sega di gruppo mi avrebbe eccitato come pochi ma non so se sarebbe stata una buona idea…fatto stava che sentivo il mio pisello risvegliarsi ancora e la cosa mi costringeva ad assumere una posizione piegata in avanti sul letto, da dove oramai aspettavo seduto il mio turno. Ero solo in mutande e ciabatte, con l’accappatoio e il bagnoschiuma in mano che avrei sfruttato per coprirmi nell’andare in bagno. Sentimmo bussare. “Oh vai tu che io che io sto ancora col cazzo di fuori!” disse F., affrettandosi a coprirsi. Andai alla porta, era Y. Entrò in accappatoio, mezzo bagnato (si vedeva che si era dato una rapida asciugata di sotto). “Cazzo non avevo portato neanche le mutande, pensa se incontravo la prof. nell’ascensore” disse “Salve prof.!” e così facendo aprì l’accappatoio e si mise a fare l’elicottero col cazzo, mimando l’ipotetica scena con la suddetta. Risate generali, interrotte da M. che uscì dal bagno in cui mi infilai immediatamente per dare tregua al mio povero amico che, lì sotto, stava veramente soffrendo ormai. La mia intenzione era davvero di segarmi per scaricare quell’eccitazione, ma non passò molto tempo che mi bussarono urlando che i prof. ordinavano di scendere massimo entro i dieci minuti successivi. Non ce l’avrei mai fatta, così finii di lavarmi e uscii di corsa. Gli altri erano già quasi del tutto vestiti per cui non ebbi grossi intralci. Nemmeno mi rivolsero l’attenzione quando mi cambiai (anche perché le mutande le infilai con l’accappatoio addosso, girato verso il muro), intenti come erano a mettersi il gel nei capelli. Scendemmo che avevo ancora i capelli mezzi bagnati, avevo fatto in tempo solo a dargli una phonata veloce.
    La cena era veramente buona, nonostante in gita si mangi generalmente male. Ero al tavolo con i soliti 5-6 amici, mentre gli altri 3 della mia stanza stavano insieme ad altra gente. Durante la cena ci si accordava su cosa fare dopo, in quali camere riunirsi per fare un po’ di casino, ecc…come sempre accade. Noi 4, avendo piani differenti, ci mettemmo d’accordo solamente sull’orario di rientro, in quanto io avevo le chiavi e dovevo essere già in camera per poterli far entrare. Si concordò che, salvo imprevisti, le 2 sarebbe stato un orario accettabile.
    Tornammo in albergo e andammo un secondo in camera per aspettare che i prof. andassero a letto. M. era piuttosto incupito, da quando avevamo fatto la doccia non sembrava il solito compagnone di sempre con gli altri. Non era comunque affar mio, me ne curai poco. Y e F. stavano smessaggiando con un paio di ragazze della nostra classe (le classiche fighette che sanno di esserlo e ci marciano) per andare in camera loro di lì a qualche minuto e portarsi anche M. dietro, quando arrivò loro un sms che diceva che i prof. stavano facendo la ronda proprio nel corridoio del loro piano, dove stavano quasi tutte le stanze delle ragazze, con il mazzo delle chiavi degli inservienti…evidentemente avevano colto qualche movimento strano e non volevano brutte sorprese al ritorno. Volarono bestemmie e insulti da parte dei due (M. era, stranamente anche in questo, rimasto impassibile) che già avevano sperato di inzuppare da qualche parte il loro biscottino, evidentemente. “Che rottura di coglioni, io già ce l’avevo duro solo al pensiero” disse Y, arricchendo la frase di particolari riguardanti le tettone di una delle suddette ragazze. F. si tastava energicamente il pacco, come faceva quasi sempre come vizio (si toccava veramente molto…dubito che fosse solo per sistemarselo nelle mutande, a meno che il suo coso non si muovesse di vita propria!) e non si dava pace “ma ti rendi conto? Quanta fica sprecata, si poteva fare…” e continuò aggiungendo anche lui particolari ben più spinti, che neanche ricordo perché obiettivamente non mi interessavano. “Che poi quella ce l’ha depilata…immaginati tu a leccargliela, tutta liscia…mmmh” controbatteva Y. Se ne uscì infine con un “Sentite, io non ce la faccio più. Devo farmi una sega”. “Ma così, senza niente? Almeno accendi la tv, in genere a quest’ora danno i porno” disse allora F. Stava succedendo veramente e io assistevo pietrificato alla scena. Pensavo che nessuno avrebbe raccolto l’invito di Y.
    F. accese la tv proprio su uno di quei canali che di notte danno film erotici (nei quali, tra l’altro, al massimo si vede un pelo di fica che se non voli di fantasia penso sia impossibile eccitarti). Appassionati dalla trama, tra gente che si contorceva e scopazzava a destra e a manca, piano piano i commenti presero il posto a silenzi rotti solo dal rumore che facevano le mani sotto le mutande. Ogni tanto un commento sulla porcaggine o sulle tette di qualche “topona” contribuiva a mantenere alto il tasso di testosterone della stanza. M. partecipava meno degli altri, cosa che non gli apparteneva granché. Perlomeno, me lo ricordavo molto attivo nei commenti verso l’altro sesso. Io in tutto ciò assistevo inerme alla scena. Guardavo la tv ma al massimo mi massaggiavo il pacco da sopra i jeans per non dare troppo nell’occhio, ma buttavo diversi sguardi anche agli altri (M. e F. perché Y mi stava sotto nel letto a castello e potevo solo sentirlo).
    “Raga, io lo tiro fuori…” disse proprio quest’ultimo, senza dubbio il più intraprendente. “Non fare il frocio, se vuoi sborrare lo vai a fare in bagno!” urlò M., irritato. “Ma che cazzo dici? Mica ti schizzo in faccia! Stasera sei una pugnetta, M.! Che cazzo c’hai, me lo spieghi?” ribatte’ l’altro. “E’ vero, smettila di rompere i coglioni!” si intromise anche F., mentre io continuai a starmene zitto. “Appunto!” esclamò Y tirandoselo fuori definitivamente. Non vidi svettare quel pisello ma sentii nitidamente lo SLAP del cazzo –durissimo, presumo- che sbatteva sulla pancia; immagino fosse quasi come segno di sfida nei confronti di M., che per tutta risposta si incazzò ancora di più e minacciando di arrivare alle mani. A quel punto anche F. se lo tirò fuori, duro anche lui, dicendo “e ora come la mettiamo? Ci meni a tutti e due? Mi sa che non ti conviene…”. “Che branco di froci…” disse M. a mezza voce, quasi ringhiando. Si alzò si scatto, prese il cellulare dal comodino e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Pazzo. Non sapevo più che pensare, tra i cazzi duri di quei due e il comportamento da psicopatico di M., ero abbastanza inebetito da non fiatare nemmeno. “Robe da matti…” disse allora Y “…facciamoci ‘sta seghetta in compagnia, va!” tornò a sorridere, spostandosi sul matrimoniale al posto di M. per stare più comodo e avere la TV davanti. “Oh ma tu lassù su quel letto che fai, non partecipi?” mi chiamò in causa F.; eccolo, il momento che più temevo. “No raga, a me ‘ste cose non piacciono…voi se volete fate pure, io mi giro dall’altra parte e dormo…”. “Ah, eccone un altro che rompe i coglioni stasera!” fece lui di tutta risposta. “Guarda che è come per le pisciate in compagnia: chi non si sega in compagnia o è un ladro o una spia…oppure ha qualcosa da nascondere”. Panico. Che voleva insinuare quindi? Mi aveva sgamato? “Non è che…” sudai freddo “…è talmente grosso che non ti si drizza?” insinuò Y ridendo. Scoppiò a ridere anche F., e pure io, dal sollievo. “No no, gli si drizza eccome!” disse a sua volta in uno scoppio di ilarità F. “Dai, tiralo fuori anche tu. Tanto con tutta ‘sta fica in tv ti si sarà drizzato per forza!”. Eh già, proprio così. Duro era duro, ma per altri motivi. Presi coraggio e mi decisi a tirarlo fuori anche io. “Oh, finalmente! Guarda che bestia!” fu il commento di Y, che aggiunse solo “Forza raga, diamoci dentro! La sborra deve uscire da sotto la porta!”. Iniziammo a menarcelo di brutto. Io un po’ più lentamente, mentre il loro ritmo era piuttosto frenetico. Stando sopra il letto a castello avevo una posizione piuttosto privilegiata, perché in linea d’aria ero un po’ più indietro rispetto a loro e potevo osservarli senza che se ne accorgessero più di tanto. Sentivo Y ansimare notevolmente, mordersi le labbra a ogni sussulto di piacere. F. era impassibile invece, sembrava quasi che non gli piacesse anche se muoveva la mano ritmicamente su e giù. Si leccava solamente le labbra una tantum. Io mi limitavo a fare quello che faccio di solito, con la sola differenza che non guardavo più di tanto la tv ma due ragazzi in carne e ossa vicino a me. Il pisello di Y era ciò che si potrebbe definire “nella media”: non lunghissimo, non larghissimo ma perfettamente dritto; la cappella era color magenta, lucida per il pre-cum che la ricopriva. Quello di F. era gonfissimo, proprio come me lo ricordavo da quella volta a scuola…ma vederlo in azione era tutta un’altra cosa: un trapano praticamente!
    Tanta era l’eccitazione di tutti che non ci accorgemmo nemmeno che qualcuno era entrato in stanza. Io vidi solo spuntare dal muro una faccia e mi prese un mezzo infarto. “Ma che cazz…!” era M. che era rientrato; insieme al cellulare si era portato via anche la chiave che stava appoggiata sul comodino. Anche gli altri due sobbalzarono, ricoprendosi d’istinto. “Avete proprio deciso di fare seriamente, eh? Perché non ve lo date anche sul culo già che ci siete?” aggiunse. Volarono di nuovo insulti. “Ero tornato a dormire qui, ma c’è una puzza di sborra che ammazza” disse solo prima di tornare sui suoi passi, non prima di avermi guardato con sommo disprezzo. Aveva dei seri problemi di testa, decisamente. Quell’improvviso colpo di scena ci fecero smorzare tutta l’eccitazione. Tra una maledizione e l’altra diretta contro M., rimettemmo i piselli al loro posto nei boxer e ci sistemammo per la notte. Il resto della serata passò normalmente: quattro chiacchiere e un paio di partite a carte bastarono per farci scoprire molto più stanchi di quello che pensavamo e in breve tempo eravamo tutti tra le braccia di Morfeo.
    Eravamo convinti che M. sarebbe tornato più tardi a dormire in camera, tanto che F. disse “se quello stronzo fa casino quando rientra e mi sveglia giuro che lo gonfio davvero stavolta!”. La mattina però, quando la sveglia suonò, il letto dalla parte di M. era intatto. Nessuno di noi commentò la cosa, ci limitammo a prepararci in silenzio come 3 automi e scendemmo di sotto a fare colazione. Io ero sinceramente preoccupato…chissà in che cazzo di casini si poteva essere ficcato quel deficiente e, soprattutto, chissà in che casini aveva ficcato noi che dovevamo inventarci una scusa plausibile da dire ai professori. Scrutavo nervosamente nella hall dell’albergo in cerca di qualche sua traccia. Non volevo mandargli un messaggio però. Mi limitai a chiedere agli altri due se avevano avuto sue notizie. “Sarà stata tutta una messa in scena per andarsi a scopare qualcuna, quello le studia di tutti i colori” “Di sicuro avrà trovato il modo di farsi qualche zoccolona e non voleva condividere con gli amici” dissero uno dopo l’altro, nemmeno lontanamente preoccupati come me di eventuali note et similia. Poi lo vidi. Al tavolo, con altri, a fare colazione. Perlomeno era vivo. Passammo lì davanti e F. e Y si sedettero al suo tavolo, io proseguii dopo aver detto “buongiorno” che non ricevette però risposta. Testa di cazzo. La prossima volta gli avrei tolto il saluto.
    Tutto il resto della giornata lo passai solo ed esclusivamente coi miei amici. Avevo un forte mal di gola, cosa che mi urtò non poco. Di sicuro non aver asciugato bene i capelli aveva avuto le sue conseguenze. Pompei e Ercolano le avevo già viste, quindi mi annoiai un po’ ma tra una cazzata e l’altra il tempo mi passò comunque bene. Il momento doccia serale non fu affatto degno di nota, data la fretta che ci misero i prof. (di nuovo per il ritardo accumulato): ci alternammo stile catena di montaggio tra dentro e fuori il bagno, parlando giusto per dire qualcosa. Uscimmo per cena, dove si ripresentò la solita scena della sera prima: ognuno col suo gruppo di amici. Non ci calcolammo per tutta la cena, tavoli separati. Dopo cena, subito di ritorno in direzione dell’albergo, F. mi disse che Y aveva convinto tre ragazze della sua sezione a farci passare la notte nella loro camera e che sicuramente ci sarebbe scappata qualche porcata. Stupito da quella proposta –pensavo avrebbe coinvolto M. onestamente- gli chiesi il perché e mi disse che M. non voleva venire perché diceva che a parte una gli sembravano cesse e che lui con le cesse non ci andava. Come dargli torto, in effetti: erano le classiche “basta che respirino”. Declinai anche io l’invito dicendo che avevo già da fare: sarei dovuto andare in camera degli altri miei amici, semplicemente a fare quattro chiacchiere e poi ninna (o meglio, ad aspettare gli altri in camera perché il passepartout lo avevano lasciato di nuovo a me). Tempo 5 minuti dopo che F. se ne fosse tornato dagli altri mi arrivò un sms: era M., con mia somma sorpresa. “Vieni in camera con me, per favore. Ti voglio parlare”.
    Tachicardia. E adesso che era successo? Avrei voluto tanto sfancularlo, dati i suoi comportamenti di merda, ma ero troppo curioso…e lui su questo sapeva di poter fare leva. Poi quel “per favore” suonava davvero strano. Così dissi agli amici che avevo di nuovo mal di gola e salii all’ultimo piano, in camera, non appena arrivammo in hotel. M. non si fece attendere molto. Bussò, andai ad aprire e lo trovai con la spalla appoggiata al muro, accanto allo stipite della porta. “Ciao…ti va di andare a fare due passi? In fondo al corridoio c’è una terrazzina”.
    Era una bella serata, tiepida come quelle di inizio primavera che ti fanno sperare di aver ormai lasciato il freddo inverno alle spalle. Tirava solo un leggero venticello di tanto in tanto a ricordarci che quel cielo limpido non era ancora maturo a sufficienza per far cadere stelle ed esprimere desideri come a San Lorenzo. Io me ne stavo con le braccia incrociate, rannicchiato dentro la mia felpona verde col cappuccio ad aspettare che M. rompesse quel silenzio quasi magico, che mi sarebbe piaciuto facesse da sfondo a una situazione decisamente più romantica. Mi decisi:”Insomma…che devi dirmi?”. “Hai fretta?” ribatte’ lui, col suo solito fare sbruffone che mi irritò in un nanosecondo. Ero stato nuovamente troppo buono a concedergli il mio tempo. “Sì, ho fretta di andare dai miei amici, come avrei dovuto fare fin dall’inizio invece che venire a perdere tempo qui con un coglione come te” e detto questo mi girai incamminandomi verso il corridoio. “Oh aspetta!” mi prese per un braccio, trattenendomi “Senti…andiamo subito al sodo, ok? La verità pura e semplice è che io mesi fa ti ho trattato…volutamente male, diciamo…ma non avrei voluto”. Alla buon’ora, pensai. Erano delle scuse quelle? Quel tentennamento, indice del fatto che si sforzava nel chiedere scusa (era palese che non ci era abituato) non mi incantavano. Ero rimasto impassibile, una statua di sale. Non volevo che le sue parole, nessun tipo di parola, potessero riaprire una ferita ormai cicatrizzata né tantomeno addolcire pillole amare che ormai avevo ingoiato. Mi limitai ad ascoltare in silenzio, continuando a dargli le spalle. Ebbe ancora un attimo di esitazione nel continuare a parlare, dopodiché fece un ghigno, quasi come a trattenere una risata che sta per scoppiare. Intervenni allora io, tentando di porre fine al tutto prima possibile “Non so di che tipo di scherzo si tratti, ma mi sa che ti sta riuscendo piuttosto male”. “No, è proprio questo il problema” disse, tornando serio “Che mi sono accorto che non è mai stato uno scherzo”. Mi mise la mani sulle spalle, a stringermi le braccia e finalmente mi voltai “Le altre volte che avevo fatto…”cose”, diciamo, coi ragazzi era stato tutto molto più animalesco, senza nessun tipo di sentimento, ed era proprio quello che volevo io…oh, mica chissà quante volte, poi! Io non sono frocio, non mi piacciono i ragazzi”. “Questo lo stai ripetendo a te stesso, io non ho bisogno di ripassare la lezione per l’ennesima volta” gli dissi, guardandolo negli occhi. “Non hai capito…” tentò di ricominciare quasi rassegnato quasi pensando che non ci arrivavo, ma lo interruppi “Oh sì, ho capito benissimo invece. Non so quanto la stai prendendo larga ma è chiaro che l’obiettivo è di scopare di nuovo! Solo che io mi faccio prendere per il culo una volta, ma non la seconda”. “Fammi finire, cazzo!” mi urlò contro, scuotendomi sempre per le braccia che non aveva ancora lasciato andare. “No!” gli avrei vomitato addosso mesi e mesi passati a recitare miliardi di ipotetici discorsi mentali che avrei potuto dire quel giorno di merda al sottopassaggio, rimuginati chissà quante, troppe volte. “Stavolta non voglio rimanere come un salame a…” e lì mi baciò. All’improvviso. Esattamente come la prima volta, per farmi stare zitto. Provai a scacciarlo ma non ci riuscivo, era troppo più forte. O forse ero io che non mi opponevo poi così tanto. E mi resi conto che, stupidamente, era proprio quello che avrei voluto e sperato fin dall’inizio. Non desideravo picchiarlo, insultarlo, fargli male. Io volevo quello: amore da quella persona. E anche quel bacio sembrò durare un’eternità. “Andiamo dentro” disse sorridendo quando ci staccammo, visibilmente contento di essersela cavata. Nonostante il corridoio fosse deserto in maniera quasi irreale, ne convenni che era più prudente andare in camera.
    Non gli diedi il tempo neanche di chiudere la porta che già gli stavo di nuovo addosso. Stavolta lo baciavo con passione, energia. Aveva acceso una scintilla che si stava trasformando velocemente in una fiamma.
    Come se fosse l’ultima notte al mondo. Come se non ci sarebbe stato un domani.
    A un certo punto gli morsi pure delicatamente il labbro inferiore e lui sorrise dicendo “Oh-oh…mi sei mancato”. Detto questo mi afferrò le gambe e mi prese in braccio portandomele alla vita. Io lo stringevo e continuavo a baciarlo. Mi portò verso il letto e ci sdraiammo uno sopra l’altro, in un attimo ci stavamo spogliando. Gli tolsi la maglia bramoso di rivedere quel fisico asciutto che tanto mi aveva fatto eccitare mesi prima e che nel frattempo era anche incrementato leggermente in massa muscolare. Anche io fui liberato della felpa e dei jeans e ci ritrovammo solo con le mutande ad accarezzarci il pacco, ormai visibilmente ingrossato per entrambi. Sfiorare ancora quel cazzo turgido mi mandava in estasi, un’esplosione di emozioni nascoste sotto la neve fino a quel momento e pronte a scoppiare tutte insieme, senza un minimo di razionalità. Anche le mutande volarono ai piedi del letto e finalmente ebbero inizio le “danze” vere e proprie: le lingue, dalla bocca, tornarono ad esplorare l’una il cazzo dell’altro; ben presto mi ritrovai sopra di lui in un 69 mozzafiato, da manuale. Mi sentivo un animale in calore, mi avventavo su quel pezzo di carne con una voracità che nemmeno pensavo di poter avere, visti anche i precedenti. Volevo rendere quel momento unico, da non rimpiangere. M. gemeva di piacere, ero orgoglioso di vedere che quasi faticava a starmi dietro ed ero io a guidare il gioco finalmente. “Ti ricordavo più prestante” lo sfottei sorridendo, guardandolo mentre aveva ancora il mio cazzo in bocca. “Adesso ti faccio vedere io…” rispose col suo solito sorrisetto a mezza bocca e tornò con più foga a succhiare. Anche io mi rimisi a finire il lavoro iniziato, quando d’un tratto sento che si stacca e subito dopo uno stimolo proprio in corrispondenza dell’ano…non era vero, mi stava leccando dietro! “Ma che fai?” mi alzai di scatto con l’intenzione di fermarlo ma lui mi bloccò le cosce con le mani costringendomi a inclinarmi in avanti per non sbilanciarmi, mentre continuava a darci dentro. Era una sensazione stranissima ma veramente piacevole, oserei dire la migliore che avevo provato fino a quel momento. Ero come ubriaco, continuavo a dire “basta” ma gemevo e me ne rendevo conto. Con quella mossa avevo decisamente perso il vantaggio accumulato, era di nuovo lui ad avere la situazione in pugno. Non avevo mai visto fare una cosa del genere, neanche nei film porno…pure perché ne avevo visti solo di etero oppure gay che si limitavano al sesso orale. Sembrava quasi simile al cunnilingus, o almeno così mi appariva. Era fantastico ma veramente stremante, eppure io non stavo facendo niente se non godere come un porco. All’ennesimo “basta, per favore” si fermò e mi lasciai cadere all’indietro sopra di lui, che mi accolse abbracciandomi. “Allora? Sai che è la prima volta che lo faccio? Non me la cavo male come principiante” mi sussurrò all’orecchio con dolcezza. “Direi proprio di no, sei proprio uno stronzo” ribattei sorridendo a mia volta. Ci guardammo negli occhi, un bacio a stampo e poi, dritto in faccia, quel “Ho voglia di fare l’amore con te” come un fulmine a ciel sereno. “Ma, tu, intendi…tutto?” chiesi ingenuamente, tanto per dire qualcosa perché proprio non mi aspettavo una frase del genere. Lui annui, semplicemente, mantenendo lo sguardo fisso e sereno. “Non ti farò male” mi assicurò. Perché ovviamente accettai. Avevo paura del dolore ma quella sera decisi che non avrei avuto alcun limite, me la sarei goduta tutta e fino in fondo. Perché non c’era persona più giusta di lui in quel momento.
    Mi misi in ginocchio sul letto, con le mani appoggiate allo schienale mentre lui ricominciò abilmente a leccarmi il buchetto e ad inumidire ancora. Non sembrava che non lo avesse mai fatto, ma non aveva importanza indagare. Si staccò, si mise dietro di me e mi diede un altro bacio, mentre nel frattempo sentivo la sua cappella che poggiava contro il buco. Non ci furono parole, uno sguardo bastò per dargli l’ok ed entrò di colpo in una botta sola, quasi a tradimento. Un dolore assurdo, bruciante, considerata la mia verginità e la sua dotazione tutt’altro che trascurabile, che mi spinse di getto a cacciarlo fuori. “No no, basta! Fa malissimo” dissi, sforzandomi di non urlare. “No ma è l’inizio, l’ho fatto di colpo perché così poi ti abitui subito e vedrai che godi tantissimo” si affrettò a sottolineare. Certo, facile dirlo per lui. Dopo un paio di bacetti, però, tornò alla carica e mi convinsi di nuovo: avevo detto niente limiti. Entrò di nuovo e stavolta fu già meno doloroso, anche se la sensazione di avere qualcosa di caldo e pulsante dentro non era delle migliori; rimanemmo fermi in quella posizione per un po’ per permettere ai miei tessuti di adattarsi a quel corpo estraneo, mentre lui da dietro mi teneva i fianchi e si sporgeva per baciarmi ancora. Quando sentì offrire meno resistenza cominciò a darci dentro davvero: avanti e indietro, prima delicatamente e poi con energia crescente. Sentivo mano a mano il piacere aumentare ed effettivamente il suo cazzo arrivava a stimolarmi lo stesso punto che aveva toccato con il dito la volta precedente, provocandomi quasi un orgasmo sub-continuo data l’estrema differenza di spessore tra le fonti di stimolazione. Ora era appoggiato anche lui allo schienale –le sue dita intrecciate alle mie-, per darsi maggiore spinta. Sentivo il mio cazzo durissimo, avevo voglia di toccarmelo ma non ce la facevo. Lui era sempre più fomentato, io sentivo di essere vicino all’orgasmo vero e proprio. “Sto per venire” gli dissi. “No, aspetta” rispose, portando una mano sul mio cazzo a livello del frenulo e stringendolo con forza ma senza farmi male. “Voglio che veniamo insieme, ci sono quasi anche io” sussurrò. La cosa mi eccitò ancora di più e sentivo di non potercela più fare a trattenermi. Seguirono altri 3-4, forse 5 movimenti di quel tipo e iniziò a segarmi con decisione. Lo sentii venire dentro di me, riempirmi di un liquido di caldo dentro e allo stesso tempo toccarmi il cazzo: venni anche io, schizzando su tutto il cuscino che avevo sotto di me e in parte sullo schienale del letto. Non urlai solo per non rischiare oltremodo, ma avrei voluto che tutta la città sapesse dell’orgasmo poderoso che avevo raggiunto. Che avevamo raggiunto.
    Distesi sul letto, sudati e sfiniti, sorridevamo ora soddisfatti. Non volevo chiarimenti, non volevo promesse. Il sesso con lui aveva avuto l’effetto di un’ebbrezza che cancellava via tutti i brutti pensieri. Al resto avrei pensato il giorno dopo, quando –lo sapevo- i sensi di colpa mi avrebbero dilaniato. La vibrazione del suo telefono interruppe quel flusso di coscienza. Si alzò di corsa e lo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni adagiati a terra. Cazzo, in effetti potevamo essere F. e Y che non erano riusciti nel loro intento e stavano tornando. “E’ F.” disse dopo averlo letto –bingo!, pensai- “dice che rimangono a dormire lì perché è andato tutto secondo i piani”. “Vedi? Ci hanno fatto quasi un favore con i loro piani!” dissi. “Ma che hai capito? Secondo i MIEI piani” disse, spalancandosi in un sorriso, cosa che mi inquietò un po’. Eccola, era in arrivo la cattiva sorpresa. “Che vuoi dire?” chiesi. “Che sono stato io a spingerli a provarci con quelle cesse: Y è un bel ragazzo ma in realtà non ci sa fare per un cazzo con le donne, F. l’unico pregio fisico che ha è il pisello quindi figurati se si lasciavano sfuggire questa possibilità per una volta. Così sapevo che avrei avuto campo libero con te”. Lo guardai male. “Quindi era tutto abilmente architettato anche stavolta”, deluso del veder già sfumare quel momento di felicità in un retrogusto amaro. Tornò a stendersi sul letto di fianco a me“No no, frena. Io volevo veramente solo parlare. Sei tu che mi hai “costretto” a tapparti la bocca…e non che mi sia dispiaciuto, visto come sono andate le cose” sghignazzò nel suo solito modo. Lo guardavo incredulo ma non volevo ribattere, volevo dargli il beneficio del dubbio. “Non mi credi? Non avevo nemmeno il preservativo, li ho lasciati tutti a loro. Pensi che vada in giro a metterlo in culo a chiunque, sei matto?”. In effetti non lo facevo uno dal comportamento avventato in quelle cose, ma con me lo era stato…anzi, a dirla tutta aveva detto che nel culo ai maschi non gli piaceva darlo, quindi forse lo scemo ero stato proprio io! “Ti giuro che era la prima volta con un ragazzo e non era affatto programmata…però lì per lì non ho resistito: hai un culetto da favola, pulitissimo e senza peli, non potevo non leccarlo…e so che sei uno a posto” alludendo a possibili malattie sessualmente trasmissibili “e su di me stai tranquillo, da quando è successa quella cosa a novembre non sono riuscito ad andare più con nessuna”, confessò di getto girando lo sguardo di lato per evitare il mio. “Come, come, come? Dai, non prendermi per il culo…so che sei stato con quella del primo F!”. “Ah, mi controllavi, eh?” si voltò nuovo verso di me ridendo. “No, tonto! E’ che queste cose, vuoi o non vuoi, si vengono a sapere”. “E allora sai anche che ci siamo mollati quasi subito, no?”. “Beh, sì” risposi. “Vuoi sapere il perché? Perché pensavo ancora a te, testa di cazzo. Ed era quello che volevo dirti prima”. Sgranai gli occhi: non credevo alle mie orecchie. Mi prese la mano e la strinse nella sua. “Non ci ho nemmeno fatto sesso” continuò “Speravo mi passasse al momento giusto ma niente, avevo in mente sempre e solo quello che era successo quel maledetto pomeriggio, le mie paure della sera stessa e come ti ho trattato il giorno dopo. E più ero triste, più mi sentivo in colpa e più facevo lo stronzo con te. Ma poi, ieri, quando ho visto come guardavi F. e Y mentre si segavano e quanto eri eccitato ho capito che era gelosia. Ti trattavo male perché ero geloso da morire che tu potessi stare con qualcun altro. Non sapevo se avrei spaccato la faccia a loro o a te. Tu dovevi essere solo mio. E’ per quello che sono uscito. E lì ho scoperto dell’esistenza del terrazzino, dove ho dormito”. Spiegato, senza che glielo chiedessi, il perché del comportamento bizzarro del giorno prima. Inutile dire che neanche la più rosea delle mie aspettative avrebbe potuto prevedere quell’epilogo, ma non riuscivo a dirgli nulla se non guardarlo esterrefatto. “Oh, ho capito che sono stato un pezzo di merda, ma almeno un insulto potresti dirmelo!” esclamò con tono scherzoso. Mi limitai a sorridergli e a baciarlo. Baciarlo e abbracciarlo e stringerlo forte.
    Ci pulimmo e rimanemmo a letto, nudi, fino all’alba. Ci baciammo, ci scapparono un altro paio di seghe reciproche per l’eccitazione che ogni tanto tornava nel vedere quei bei piselli a portata di mano e parlammo, parlammo un sacco. Già da quelle poche ore appresi un sacco di cose di lui: era molto più sensibile di quello che sembrava, guardava un sacco di documentari sugli animali e li amava molto (aveva anche una cagnetta), ci piacevano gli stessi gusti del gelato e gli stessi programmi tv cretini. Anche lui aveva suonato il pianoforte quando era piccolo e odiava mettersi l’orologio al polso. Tutte cazzate, insomma, comuni a chissà quanta gente. Ma per la prima volta lo vidi. E fu sicuramente una delle notti più belle della mia vita, che la porto nel cuore come un piccolo tesoro prezioso.
    “Quelle notti da farci l’amore, fin quando fa male, fin quando ce n’è”.

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    Io e M. abbiamo continuato ad avere una relazione “clandestina” fino a metà del quarto superiore. Ci consideravamo fidanzati, quello era un passo in avanti, ma tra tradimenti (suoi) e ripensamenti (miei) non è stato facile portarla avanti; sicuramente una bella storia però (altrimenti non l’avrei tramutata in racconto), fatta di momenti difficili ma anche di tanta tenerezza e romanticheria (cosa che dopo l’adolescenza di perde un po’) e –non ve lo nascondo- buon sesso!
    Proprio nell’anno in cui ci siamo lasciati io mi sono innamorato pesantemente di S., il ragazzo che ho solamente citato nel racconto, il mio migliore amico ai tempi della storia. Purtroppo mi dichiarai e lui mi confessò di aver capito tutto, sia di me che della storia con M., e di aver nutrito dubbi sulla sua sessualità proprio ai tempi in cui si svolge il racconto, ma che poi si erano dissolti completamente. Non mi ha mai detto se in quei “dubbi” ci rientravo anche io, ma l’ho sempre sospettato. Per lui ho sofferto molto e, anche se inizialmente abbiamo tentato di rimanere amici, le cose si sono inevitabilmente complicate e l’aver preso strade diverse all’università ha fatto sì che ci perdessimo definitivamente di vista.
    M. invece l’ho rivisto la settimana scorsa, cosa che mi ha spinto a completare questo racconto che era in ballo già da molto (troppo, perdonatemi!) tempo. Ci siamo guardati un po’ stupiti, forse colpiti e sorpresi di rivederci così cambiati e così uguali ad allora anche solo ad un’occhiata sommaria. Forse anche da parte sua c’è stato un tentennamento, ma alla fine nessuno dei due ha accennato a salutare l’altro; siamo rimasti semplicemente coi nostri gruppi di amici (lui, F. ed Y si vedono ancora).Onestamente non ho idea nemmeno di cosa faccia nella vita. Preferisco ricordarlo com’era, ma anche come eravamo a 16 anni.
    Se siete arrivati a leggere fin qui, beh…grazie allora!

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:55
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    CITAZIONE (Firescorpio @ 23/9/2013, 14:23) 
    CITAZIONE (TheDreamer1989 @ 23/9/2013, 11:27) 
    Grazie a tutti per i continui complimenti...

    Un film senza censure eh... forse sarebbe un po' troppo spinto (un vm18 probabilmente)... In effetti, quest'ultima parte alla fine è venuta fuori un po' diversa da come me la immaginavo... volevo restare sul romanticismo ma poi, non so bene perchè, sono sceso molto nell'erotismo... In ogni caso, per i romanticoni, non disperate: il romanticismo tornerà dal prossimo episodio...

    Personalmente ritengo che l'erotismo non abbia assolutamente intaccato il romanticismo del racconto.
    C'è sentimento e sintonia tra i due protagonisti. Un'intesa così profonda che, già di suo, rappresenta l'essenza stessa del romanticismo.
    Comunque rimnago in trepidante attesa del seguito e rinnovo i miei complimenti per il tuo stile di scrittura.
    Ah, un complimento particolare per la delicatezza del dono che Michi ha fatto a Samu.
    Quell'accenno di pompino inaspettato, è stato, a mio avviso, il egsto più romantico di tutto il racconto.
    A presto.

    Quoto appieno...c'è erotismo ed erotismo, non esclude la possibilità di essere romantici e non volgari.
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    Questi sono i racconti che preferisco. Alla prossima puntata ;)
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    Mi è piaciuto...continua a scrivere mi raccomando :)
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    CITAZIONE (bonoxcam @ 17/7/2013, 19:40) 
    Ahahahahahhahahaha bellissimo!!! M. fantastico!!!

    Leggiti anche gli altri se ti va :)
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    Ragazzi, sono rientrato per sbaglio a leggere le storie e con sorpresa ho ritrovato la mia. Purtroppo non ho avuto moltissimo tempo (e non ce l'ho tuttora) per continuare a scrivere, ma ci posso provare (in realtà la sesta parte era già iniziata, da qualche parte nel mio pc, solo che non l'ho mai conclusa).
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    CITAZIONE (Sperelli88 @ 15/1/2012, 14:29) 
    Molto meglio leggere questo di altri,dove prologo e introduzione ti portano ad annoiarti,si divertono a fare gli scrittori,ma se voglio leggere un racconto erotico voglio leggere un racconto erotico no la storia delle frustrazioni.. Non per essere superficiale ma quando ci vuole ci vuole! Complimenti!

    Grazie, ogni tanto mi sono dilungato anche io perché mi piace metterci anche un po' di sentimento e non solo sesso...però fondamentalmente la penso come te :) grazie dei complimenti
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    Hai ragione, è che ho preferito dividerlo per non appesantire troppo ogni singolo post ma se devo raggruppare basta dirlo :)
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    “E che dovrei fare come penitenza? Sentiamo…” ribattei cercando di fare lo sbruffone anche io. “Tranquillo, non ti farò niente di male” mi rassicurò lui…evidentemente mi riusciva in maniera pessima, si vedeva palesemente che ero un po’ preoccupato “Tu lasciami fare come sempre…ormai potrai fidarti un po’, no?” concluse facendomi l’occhiolino. E vi assicuro che nessuno avrebbe potuto resistere a quell’occhiolino.
    Mi sollevò di peso e mi mise tra le sue braccia, quindi si diresse verso la camera da letto. “Guarda che sono in grado di camminare, non c’è bisogno che mi trasporti come se ci fossimo appena sposati eh…” ci tenni a sottolineare, mi sentivo molto in imbarazzo ad essere trasportato in quel modo. “Ma che chiacchieri troppo te l’ho già detto? Saresti proprio una mogliettina perfetta invece da questo punto di vista…” ribattè lui. Non volevo dargliela vinta ma non mi andava di passare per la donnicciola piccata, quindi lo lasciai fare. Arrivati in camera mi gettò sul letto e si scostò a guardarmi, completamente nudo tra le lenzuola ancora disordinate dalla notte precedente. Mi accorsi che aveva di nuovo un’erezione poderosa, ma rimase comunque immobile a fissarmi; “Che c’è?” chiesi infine per porre fine a quel silenzio. “Adesso te lo spiego che c’è…” disse, buttandosi sul letto anche lui, sopra di me. Mi baciò, prendendomi per la nuca e sollevandola leggermente dal cuscino dove era poggiata: fu un bacio passionale, una lotta li lingue che si bagnavano e si contorcevano…non avrei saputo davvero distinguere la mia dalla sua. Nel frattempo sentivo il suo cazzo strusciarsi alternativamente sul mio e sulla mia pancia, in un movimento ritmico che mimava perfettamente la penetrazione. Me lo prese in mano e iniziò a segarmi, sempre continuando quel bacio lunghissimo. Ebbi un sussulto di piacere e si staccò dalla mia bocca; scese sul collo e poi sempre più giù fino all’ombelico disegnando una traiettoria di piccoli baci, per poi arrivare finalmente al cazzo. “Ce la faranno stavolta i nostri eroi?” disse allora ridendo. “Beh, se sei più bravo di me forse sì” lo provocai. “Non scherzare con il fuoco…” replicò M. in modalità faccia paracula.
    Si avventò con la bocca sulla cappella non ancora scoperta e iniziò un pompino se possibile superiore rispetto a quello del pomeriggio precedente. La foga che metteva nel leccare e il piacere che mi provocava scatenavano una serie di brividi che potevo avvertire in ogni centimetro del mio corpo, tant’è che gli presi la testa per i capelli nel tentativo di placare un po’ di quell’impeto. “Ti prego, basta…non ce la faccio, è troppo così” cercai di implorarlo. “Speraci…” furono le sue uniche parole prima di continuare: scese anche sull’asta per arrivare alle palle, che aspirò in bocca provocandomi ancora più piacere. Nel frattempo con un dito iniziò a solleticarmi il buchetto dietro, che però io non avevo minimamente intenzione di aprire. “Non ci provare, quella è zona off-limits” misi le cose in chiaro retraendomi un pochino. “Tranquillo che non ti inculo, non mi piace farlo coi maschi” ridacchiò ma continuò a solleticare e a pompare, cosa che mi fece andare letteralmente in estasi. Era arrivato il momento di venire anche per me, lo sentivo. Ero tentato di non dirgli nulla, ma mi sembrava sleale non farglielo presente; mi limitai ad un “ci sono quasi” ansimante di piacere. Mi guardò, con il cazzo in bocca e gli occhi furbi. Infilò di colpo il dito in culo, che nel frattempo si era bagnato notevolmente dal sudore e che quindi non oppose più di tanto resistenza. Cacciai comunque un urlo di dolore e sobbalzai, ma M. mi teneva stretto e soprattutto continuava a pompare talmente tanto forte che non riuscii a divincolarmi. Soprattutto il dolore fu veramente fugace, in quel turbinio di godimento che stavo provando: il dito si stava muovendo stimolando un punto del mio corpo che non avevo mai saputo di possedere. Ero rigido e allo stesso tempo percorso da una serie di scosse di piacere: una sensazione indescrivibile. Urlai fortissimo “Vengo!” a concludere l’orgasmo più bello e intenso che ebbi mai provato prima di quel momento. M. si ritirò, come avevo fatto io, appena prima che potessi schizzare fuori una serie di flotti di sborra densa e bianca, che atterrarono sulle sue mani e sulla mia pancia. Lo guardai, aveva una faccia che definire soddisfatta sarebbe riduttivo. “Allora, il fuoco t’ha bruciato?” mi disse prima di scoppiare a ridere. Per dispetto gli spinsi di sorpresa la faccia contro la mia pancia, riservandogli lo stesso trattamento che mi era toccato poco prima e mi misi a ridere a mia volta. “Bastardooooo” mi urlò sorridendo e si sollevò iniziando una lotta corpo a corpo che sfociò a breve in solletico(che io soffro in maniera patologica). Ridevo a crepapelle, lo supplicavo di smetterla e lui continuava a ripetere “Chiedi scusa! Chiedi scusa!”. “Va bene, va bene, hai vinto!” mi arresi. Si fermò e mi guardò dritto negli occhi “Grazie, mi è piaciuto un sacco. A te?” domandò poi. Annuii sorridendo. “Che dici, ci andiamo a lavare?” propose quindi e andammo in bagno uno per volta a sciacquare sudore , sperma e saliva che si erano prima mischiati e poi seccati sui nostri corpi nudi e ormai infreddoliti.
    Mezz’ora dopo eravamo ormai vestiti e di nuovo in salotto. Gli chiesi di riportarmi a casa e uscimmo di casa, erano più o meno le 16:30. Infilò il casco e montò sul motorino; mentre anche io stavo per farlo si alzò la visiera, si voltò a guardarmi e disse “Ah, prima non lo avevo specificato perché pensavo fosse scontato: voglio che ti aggrappi come ieri. E’ un ordine”. Niente, non riuscivo a dirgli di no, quindi obbedii e partimmo.

    Il resto della giornata fu nuovamente all’insegna delle mie –ormai inseparabili- seghe mentali. M. stava iniziando a piacermi, e anche tanto per giunta, ma io non sapevo gestire quella situazione del tutto nuova. Poco prima mi aveva salutato con il suo solito occhiolino ma niente di più: non aveva detto “ti chiamo dopo” o un banalissimo “ci vediamo domani” né tantomeno aveva accennato a quando ci saremmo rivisti da soli. Lo avevo semplicemente osservato sparire in fondo alla strada, nel buio di quell’inoltrato pomeriggio novembrino. Non potevo aspettare che facesse tutto lui come al solito, però. Stavolta lo avrei affrontato e gli avrei chiesto palesemente come avesse intenzione di impostare questo rapporto particolare, magari con la scusa di essere inesperto per non tradire un coinvolgimento maggiore. La sua reazione mi sarebbe servita per regolarmi di conseguenza: mi era piaciuto molto quello che era successo ma mi conosco, un tipo di indole fondamentalmente sentimentale come me non sarebbe in grado di reggere una condizione di solo sesso. Decisi dopo svariate lotte interiori di inviargli un sms(cancellato e riscritto almeno una decina di volte) con scritto che avrei voluto parlargli il giorno dopo a scuola, naturalmente lontano da occhi indiscreti.
    L’indomani mimò perfettamente la mattinata precedente, io nervoso tra i miei amici che si interrogavano del perché. Cortile della scuola, solita panchina, un orologio a scandire i minuti che passavano. M. non aveva risposto al mio sms, ero certo di aver fatto la mossa sbagliata e di aver compromesso tutto irreversibilmente anche se una piccola parte di me continuava a sperare che si sarebbe presentato. In fondo aveva avuto gesti e parole molto gentili con me, che io stesso non mi aspettavo una sorta di trombamico potesse fare e dire. Che fossero stati dettati dal momento? Che in realtà avesse forzato la mano per ottenere l’esperienza che tanto sembrava interessargli?
    “X”(mi appellerò così qualora fosse necessario durante il racconto) “ti posso chiedere una cosa?” mi domandò S., svegliandomi dallo stato di semi-vegetativo in cui militavo. S. era uno dei miei migliori amici, stavamo in classe insieme dalla prima elementare ed eravamo praticamente cresciuti insieme seppure non ci frequentassimo assiduamente. “Certo, dimmi” risposi più carinamente che potevo. “Che hai? Sono due giorni che sei strano, è successo qualcosa?” chiese subito. La cosa un po’ mi spiazzò; S. era un buon compagno di cazzate e di giochi, al massimo ci si poteva parlare di film ma non eravamo mai arrivati a farci alcun tipo di confidenza…dovevo essere proprio scandaloso nella mia stranezza. Blaterai un “No, niente…è che sono un po’ agitato per le interrogazioni, sai che me la prendo troppo per queste cose” che dallo sguardo che mi rivolse capii palesemente essere stata una scusa inefficace. Tuttavia S. si accontentò della risposta e tornò a chiacchierare con gli altri compagni di classe. Subito dopo mi squillò il cellulare, era un messaggio: “Ti aspetto in cima alla salita della scuola sotto il sottopassaggio”. Era M. e mi stava invitando a marinare la scuola, cosa che non avevo mai fatto prima. Ero uno studente abbastanza diligente e la cosa mi disturbava, ma sapevo che per risolvere la situazione dovevo ancora una volta accettare le sue condizioni. “Raga io mi sento poco bene, voglio tornare a casa…” dissi agli altri. Dopo averli tranquillizzati che avevo solo un po’ di nausea mi allontanai facendo una stradina alternativa per non essere beccato dai prof. e di lì a poco arrivai al sottopassaggio vicino alla fermata dell’autobus –ormai deserta- dove mi aspettava M., appoggiato al muro a testa bassa mentre si fumava una sigaretta. “Nemmeno lo sapevo che fumi…” dissi tentando di essere spiritoso per cercare di convincermi e convincerlo che non ero lì per fare alcun tipo di scenata(cosa tra l’altro vera). “Ogni tanto lo faccio, quando sono nervoso…” disse; la testa che si era alzata solo istintivamente si abbassò di nuovo, a guardare la sigaretta che perdeva cenere. Di certo non ero stato bravo ad alleggerire la situazione, l’aria era talmente pesante da poter essere tagliata con il coltello. “Insomma dove andiamo?” tentai di nuovo sorridendo. Mi guardò negli occhi, uno sguardo affatto rassicurante che incuteva anche un certo timore “non andiamo proprio da nessuna parte, io adesso finisco di fumare e me ne vado con i miei amici a farmi i cazzi miei da qualche parte. Mi aspettano in centro”. Ci rimasi di sasso, impietrito. “Ma scusa…quindi che mi hai fatto venire su a fare?” chiesi cercando di non arrabbiarmi. “Volevo vedere cosa avresti fatto” e aggiunse senza prendersi troppo tempo “Te lo ridico per l’ennesima volta, se non lo avessi capito: non sono frocio e non ho intenzione di stare con un maschio, quindi non metterti in testa strane idee”. Avevo messo in conto che potesse dirmi una cosa del genere ma non capivo cosa c’entrasse di punto in bianco; mantenendo la calma, freddo e impassibile dissi semplicemente “Guarda che non hai capito, io voglio solamente stabilire delle regole per non fare cazzate e farci scoprire dagli altri”. “Ma non dire cazzate!” mi interruppe “Tu non avresti mai saltato la scuola per venire solo a dire ‘ste stronzate”. A quel punto persi le staffe “Che cazzo dici tu?! Non so che viaggi mentali ti sei fatto, ma non credere che mi sia preso una cotta o qualcosa di simile per te perché ti sbagli di grosso!”. Sghignazzò, ironico e beffardo come faceva sempre quando voleva prendere per il culo qualcuno “Lo hai detto tu, non io. E poi non ci credo, rimango delle mie idee. Comunque non ci sono problemi, perché non ci vedremo più”. Avrei potuto insultarlo, prenderlo a pugni o calci, continuare a sostenere le mie tesi dalla rabbia che avevo in quel momento, ma niente. Non feci assolutamente niente. “Ah, e non ti venisse in mente di dire qualcosa a qualcuno perché a quel punto di spacco la faccia, sia chiaro” concluse lanciando il mozzicone in mezzo alla strada. Si alzò, borsa a tracolla, si allontanò senza più dire una parola.
    Non sono tipo che piange, non lo faccio praticamente mai. Non lo feci nemmeno quella volta. Mi chiusi nel silenzio tipico di quando stavo male per qualche motivo. A scuola, come ho sempre detto, M. mancava spesso e anche questo mi aiutò a metabolizzare il tutto, a fare finta che non fosse mai successo, mentre per il resto avevo le mie valvole di sfogo a darmi da pensare. In fondo ogni ipotetico sviluppo era stato troncato prematuramente, quindi non avevo avuto nemmeno il tempo di farmi qualche film in testa che potesse avermi deluso. Forse non sono davvero gay come avevo pensato, avrei dovuto vederla come una semplice esperienza “di transizione”. Anzi, probabilmente M. aveva fatto la cosa giusta trattandomi in quel modo.
    Passò qualche mese ed arrivò la primavera con le giornate che si allungavano e la tanto attesa gita di tre giorni…


    [Scusate tantissimo per il ritardo, Buone Feste a tutti!]

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:55
  13. .
    CITAZIONE (Dunk92 @ 28/11/2011, 01:36) 
    STRAORDINARIO, uno dei più belli, quand'è che arrivano gli altri ??

    Grazie mille di nuovo a tutti. Prometto che entro la fine della settimana scriverò la quinta parte :)
  14. .
    Siete sempre gentilissimi, spero di riuscire a scrivere il seguito a breve ma sono parecchio impegnato in questi giorni :) grazie ancora a tutti!!!
  15. .

    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Scusate il ritardo, per chi volesse rileggere(o leggere) le altre parti https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48489678 https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48545102 https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48586511 :)



    Quella sera non risposi al telefono. Dissi a mamma che dovevo finire i compiti e che avrebbe dovuto negarmi a chiunque avesse chiamato, inventandosi qualche scusa. E così fu: quando M. telefonò mamma disse che ero andato ad aiutare nonna e non sarei rientrato nell’immediato.
    Ovviamente quella notte non dormii bene. I pensieri affollavano la mia mente ammassandosi l’uno sull’altro e creando ancora più confusione di quella che immaginavo di avere: paradossalmente razionalizzando l’accaduto avevo ottenuto solo una serie di elementi discordanti tra apparenze, fatti e possibili conseguenze di quello che era successo. Solo di una cosa era certo: avrei dovuto ignorare M. e fare finta che niente fosse mai accaduto. Non mi potevo fidare di lui, avrebbe potuto sputtanarmi e dovevo evitare di compromettermi ulteriormente considerando anche che non avevo ancora preso nessun tipo di iniziativa ed ero ancora in tempo per venirne fuori abbastanza pulito.
    La mattina dopo l’agitazione perdurò. Ero silenzioso ed inquieto e tutti i miei amici se ne accorsero già dal viaggio in autobus, tant’è che alle prime domande tipo “cosa hai fatto?” risposi subito liquidandoli con un “Lasciatemi stare, oggi non è giornata”. Arrivammo a scuola e ci sedemmo sulla solita panchina dove si riuniva la classe intera prima del suono della campanella e tentai di ascoltare e di ridere alle cazzate che sparavano i miei amici. M. arrivava sempre in ritardo, “non dovrei avere problemi per il momento” pensai, “evitandolo accuratamente con lo sguardo posso reggere un eventuale confronto anche fino a ricreazione”. Ovviamente mi sbagliavo: M. arrivò addirittura con dieci minuti in anticipo quella mattina, tanto che gli altri postularono già una fine del mondo anticipata a quella visione. Abbassai lo sguardo per non incrociare il suo per un tempo che ritenni sufficiente a permettergli di salutare tutti, dopodiché lo guardai: era a pochi metri da me, in piedi, solita tuta blu e adidas ai piedi; mani in tasca e gambe divaricate, ad ascoltare ridendo F. ed altri ragazzi che raccontavano di sicuro qualche cazzata delle loro. Si voltò di scatto e mi guardò,per un attimo divenne serio. Abbassai di nuovo lo sguardo, velocemente, e non lo rialzai più. “Cazzo! Ma che sto facendo? Perché lo sto fissando? COGLIONE” domande e insulti simili rimbombavano nella mia testa.
    Finalmente la campanella suonò e le ore di lezioni assorbirono la quasi totalità dei miei pensieri. Ogni tanto buttavo un occhio verso il banco di M. ma mai lo beccai mentre mi guardava e mi rigiravo subito a insultarmi per averlo fatto. "Ma non è che mi sarò preso una cotta?" pensavo "sarebbe proprio il massimo, non c’è che dire…".
    Alla quarta ora, subito dopo la ricreazione, entrò la prof. di arte per le successive due ore di lezione e mi spedì a fare delle fotocopie nella sala al piano di sotto, adibita solo a questa funzione. In genere le faceva la bidella ma quel giorno era assente, cosicché mandò me. Per fortuna trovai un ragazzo più grande che sapeva impostarla e mi aiutò a farle: in 5 minuti avevo fatto un lavoro per cui avrei impiegato di sicuro mezz’ora da solo. Stavo tornando in classe quando, mentre percorrevo il corridoio, mi sentii all’improvviso tirare per un braccio “Ma che cazz…” “Shh, non urlare coglione”. Ovviamente era M., semi-nascosto dietro una delle colonne che dividono gli spazi tra una classe e l’altra, piano per piano. “Ah pure coglione? Scusa se m’hai messo paura!” risposi a bassa voce ma con tono deciso e alterato. “Scusa un cazzo, adesso vieni con me” rispose secco; non mi stava guardando male, ma si percepiva che anche lui non fosse proprio tranquillissimo. “Ma tu sei scemo mi sa” replicai deciso a non farmi coinvolgere in qualche altra situazione ambigua “devo tornare in classe sennò ci scappa pure la nota”. “Non dire cazzate. Hai fatto prestissimo considerato che non c’è la bidella, quindi hai tutto il tempo che ti pare. Sono uscito apposta per venire a cercarti, per cui adesso vieni con me”. Mi strattonò per un braccio e mi portò al bagno, lo stesso del giorno prima dove si era tenuta la gara di dimensioni con F. . Chiuse la porta, mi lasciò e si appoggiò al muro fissandomi dritto negli occhi. “Mi spieghi che vuoi? Siamo a scuola, non mi pare il caso di fare cazzate” dissi. “Se è per questo non mi pareva nemmeno il caso di farmi dire una cazzata da tua madre ieri sera quando ho chiamato” rispose secco lui. Cominciavo ad alterarmi “Ma che vuoi da me? Quello che è successo ieri è statu un errore gigantesco che non voglio più ripetere, ci ho pensato bene. Noi non siamo gay e non ha senso fare quelle cose. Non vedo perché continuare a parlarne oltre, rischiamo solo di farci sgamare per niente”. “Rischi di più di farti sgamare se continui a fissarmi, veramente”; cazzo, allora se ne era accorto…quindi lo avevano notato tutti? “Non cercare di prendermi per il culo” aggiunse e mi prese la mano libera dalle fotocopie mettendomela sul suo pacco, da sopra la tuta. Non ce lo aveva dritto ma sentivo che si stava indurendo piano piano allo struciare delle mie dita. “Vedi che lo vuoi? Ti saresti ritirato altrimenti” mi dimostrò col suo sorriso beffardo. Aveva ragione, non sapevo oppormi alla voglia di sesso che mi trasmetteva quando stavamo vicini; però eravamo a scuola, in bagno, e qualcuno ci avrebbe potuto vedere “ma…adesso che facciamo?” chiesi quindi. Scoppiò a ridere “Ah ti è venuta voglia, eh? Facciamo così: oggi stai a pranzo con me, io salto l’allenamento e ci divertiamo…che ne dici?” . Ormai era inutile fingere, per cui accettai e tornammo in classe, prima lui e poi io per non destare sospetti.
    Durante il resto dell’ora non seguii niente, pensavo continuamente a quello che sarebbe successo. Mi arrivò anche un suo bigliettino dove mi diceva di aspettarlo dietro la palestra alle 13:45, quando gran parte dei motorini e delle auto dei prof. se ne sarebbero già andati via. Al suono dell’ultima campanella, quindi, salutai i miei amici dicendo loro che sarei andato a pranzo con mamma –che lavora poco distante da scuola- e avvertii a casa che non sarei tornato. Raggiunsi la palestra e lo vidi, seduto sul motorino con una gamba a terra e i gomiti appoggiati ai comandi mentre fissava il vuoto. Sentendomi arrivare si girò, mi sorrise e mi porse il casco “Monta frocetto” disse, anche se in quell’insulto sembrava quasi esserci del tenero. “Ha parlato...” risposi buttandola sullo scherzo, infilai il casco e salii sul motorino. Stavolta però non mi aggrappai a lui, tentai di reggermi da solo anche se ammetto di aver avuto un po’di paura di cadere per tutto il tempo. A quanto potevo capire dal paesaggio che cambiava sotto i miei occhi, stavamo andando di nuovo a casa sua.
    Non mi sbagliavo. Dopo una mezz’oretta ero di nuovo in quel cortile dove ci eravamo salutati la sera prima. “Ma a casa tua non c’è mai nessuno?” domandai sfilandomi il casco e lui mi rispose “Di giorno no, i miei lavorano e mia sorella sta sempre fuori all’università”. Entrammo, sistemammo la nostra roba e si mise a riscaldare il pranzo che aveva pronto. Fortunatamente le porzioni erano abbondanti, per cui ce ne era per entrambi. Pranzammo tra una chiacchiera e l’altra, guardando i Simpson alla tv e ridendo qua e là di qualche cazzata…sembravamo quasi due amici. Finito il cartone, si girò a guardarmi e mi disse “Adesso ci starebbe proprio bene un pompino per digerire…” ridendo e stiracchiandosi le braccia, che portò alla nuca “Ti va di provare?”. “Se te la senti di rischiare tu…” risposi usando la stessa sua malizia, ero entrato ormai nello “spirito” del gioco. Sorrise, scansò la sedia dal tavolo e rimase in quella posizione, sempre con le mani dietro la nuca ad aspettare. Presi l’iniziativa: misi la mano sul pacco e lo sentii di nuovo indurirsi, presi ulteriormente coraggio e gli abbassai la tuta. Aveva dei boxer bianchi, non bellissimi ma gonfi a disegnare le forme del suo cazzo che effettivamente non sembrava affatto piccolo. Continuai a toccarlo un po’ e scesi con la bocca a mordicchiarlo da sopra le mutande, come avevo visto fare in qualche film porno su internet. La cosa fu gradita, tanto che sentii il primo gemito uscire dalla sua bocca “Bravo, continua…” disse inoltre. Gli sfilai anche i boxer e vidi finalmente il suo cazzo: perfettamente dritto, lungo nella norma o forse leggermente di più e piuttosto largo; non ne avevo visti moltissimi in vita mia, ma mi sembrava decisamente un bel cazzo. M. mi prese allora la testa e me la indirizzò senza fare forza verso quell’asta che cominciai e leccare dall’alto in basso per poi risalire. Arrivato alla cappella, la scoprii e finalmente iniziai il mio primo pompino. M. nel frattempo continuava a gemere e ogni tanto diceva cose tipo “sì” o “vai così, bravo” che mi fomentavano tantissimo; leccavo la cappella, sia sopra che a livello del frenulo(e quando lo facevo capivo che per lui rappresentava il godimento massimo) mentre con una mano lo segavo. In ptraica cercavo di imitare quello che aveva fatto lui il giorno prima e devo dire che mi sentivo meno impacciato di quello che pensavo quando immaginavo come sarebbe stato il mio ipotetico primo bocchino. Dopo un po’ mi fermò “Basta, vieni qui” mi prese per le mani e senza rivestirsi mi portò sul divano, col cazzo ancora in tiro e scappellato, si tolse scarpe tuta e boxer che io avevo solo abbassato e rimase seminudo davanti a me con le gambe divaricate aspettando il seguito del servizio. Mi chinai di nuovo ma mi bloccò ancora “Spogliati. Voglio vederti nudo”. Mi tolsi rapidamente tutti i vestiti, contento di liberare il mio cazzo che nel frattempo premeva contro la cerniera dei jeans dall’estrema eccitazione che provavo. Rimasi quindi completamente nudo(per fortuna i riscaldamenti sembravano funzionare meglio quel giorno) di fronte a lui che si lanciò in commenti “Hai anche un bel fisico oltre al cazzone, spalle larghe, pensavo fossi più magro…hai anche un bel culetto” aggiunse ridacchiando “Proprio da troia!”. “Te la faccio vedere io la troia, coglione” gli dissi e mi avventai di nuovo sul suo cazzo che per tutto il tempo non aveva perso per niente l’eccitazione. Lui godeva, lo sentivo benissimo ansimare e mugolare di piacere. Poco dopo infatti mi disse “Devo venire” ma io continuai imperterrito a succhiare e segare il suo cazzo, “Oh, smettila! No dai basta…” ripeteva. Lo sentii pulsare tantissimo e capii che stava venendo, allontanai la bocca proprio un secondo prima che schizzasse. Gridò di piacere e uscirono 4-5 schizzi potenti e gli finirono sulla pancia, che nel frattempo si era scoperto togliendosi la felpa. “Tu sei uno stronzo” mi disse “pensavo mi facessi venire in bocca e sul più bello ti sei scansato”. “Già, ‘ste cose le fanno le troie” gli risposi con palese riferimento alla sua battuta di prima. “Ah vuoi fare il simpatico?” disse allora M. ridendo e mi prese la testa spingendomela in giù con forza contro il suo addome pieno di sborra; lottavamo scherzosamente ridendo come due scemi ma ebbe la meglio lui e mi ritrovai con la faccia piena del suo seme. “No, lo stronzo sei tu!” gli dissi, anche se non ero poi così contrariato dalla cosa “Ti sbagli, si chiama legge della natura: i più forti vincono e i più deboli perdono, quindi ora devi fare la penitenza…”

    [continua]

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:56
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