Il bordello

18° episodio: Quarantena

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    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ========================================================

    Capitolo 18°: Quarantena

    Nel linguaggio comune, non c’è grande differenza tra il significato delle parole desiderio, sogno e fantasia. Si parla di sinonimi, ovvero di parole intercambiabili. Non bisogna essere studiosi dei segni per poter dire che una parola nasce dall’esigenza di attribuire un nome a una cosa; un sinonimo, dunque, non è altro che l’esigenza di distinguere almeno un particolare di una parola da un'altra.
    Quindi, qual è la differenza tra un desiderio, un sogno e una fantasia?
    Che ne so; posso dire che da bambino sognavo di diventare calciatore e desideravo di mangiare il gelato al cioccolato.
    Senza pretese, potrei affermare che si parla di sogno quando ci si riferisce a qualcosa di difficile da realizzare o di realizzabile in un futuro lontano.
    Diversamente, posso dire che parlo di desiderio riferendomi a una cosa raggiungibile nell’immediato, o quasi, o comunque ottenibile.
    Ma è un ragionamento privo di fondamenta; posso sognare la vittoria della mia squadra del cuore in una partita contro un avversario più debole e desiderare di vincere al lotto. In ogni caso, tendenzialmente, utilizzo la parola “desiderio” in riferimento alla sfera del possibile.
    Se il sogno è qualcosa di difficilmente realizzabile, la fantasia che cos’è?
    Dovrebbe suggerirlo il termine stesso: la fantasia è qualcosa che si colloca tra il possibile e l’impossibile. Diciamo che si parla di un desiderio implausibile o inverosimile. Alle medie, fantasticavo su quattro-cinque compagne di classe, immaginandole chiuse tutte insieme in una stanza con me. Se dunque potevo ritenere possibile finirci a letto con una di esse, fantasticarle tutte insieme a me, diventava implausibile.
    Eppure, una fantasia è sempre un desiderio.
    Nella vita, le persone desiderano tante cose, ma non tutto ciò che desiderano si realizza. Eppure, si continua a desiderare e si agisce in base ai propri desideri. Freud parlerebbe d’impulsi, la maggior parte dei quali di origine sessuale.
    La vita di un uomo medio però non si caratterizza per l’appagamento di questi impulsi. Con così tanti impulsi non soddisfatti, ogni persona dovrebbe quantomeno impazzire; ecco perché la ragione tende a soffocarli. La morale addirittura gli demonizza. Ma gli impulsi rimangono e caratterizzano la natura stessa degli esseri viventi.
    Una delle ragioni della sofferenza nell’uomo nella società moderna, è il bombardamento incessante di messaggi subliminali che moltiplicano i nostri desideri, inducendo le fantasie. Tra queste, alcune sono arrivate a far si che l’uomo sia divenuto capace di deprimersi, se percepisce di non poter soddisfare desideri implausibili.
    Eppure, basterebbe soffermarsi un attimo per capire che parte dei nostri desideri sono irrealizzabili. Per esempio, pensiamo a come ci sentiremmo catapultati in una situazione di quel tipo: chi non ha mai desiderato di trovarsi in una stanza con tante belle ragazze? Come ci comporteremmo in una situazione del genere? Saremo a nostro agio? Riusciremo a fare qualcosa di quello che ci piacerebbe fare?

    “Woo… Stai scherzando?” esclamò Vincenzo entrando per la prima volta nella casa estiva di Jury. Erano appena le undici di mattina di un tiepido venerdì assolato.
    “Ma i tuoi genitori cagano soldi?” fa Lorenzo.
    “Mio padre è operatore turistico… Male non sta” rispose Jury stupito ma compiaciuto.

    Però, quando lavori in un bordello, o meglio, nel bordello di Quinto, l’impossibile può diventare possibile.
    E l’implausibile, può diventare realtà.

    -

    Bastò una sola seduta al bordello per convincere Daniel e Lorenzo a invitare anche Nima. Non che quel ragazzo fosse un tipo timido e schivo; ne avevo già comprovato il contrario.
    Ognuno di quei ragazzi, me compreso, aveva rinunciato alla scuola, all’università, agli allenamenti e a ogni altra sorta d’impegno per trascorrere quella giornata insieme.
    Quello che più m’intimoriva era essere, con in miei vent’anni, il ragazzo più grande del gruppo. Infatti, per essere precisi, Nicolò era nato tre mesi dopo di me. Mi avrebbero considerato una sorta di leader?
    Pensai specialmente a Daniel, Nicolò, Leonardo e Gavin, ovvero i quattro ragazzi che avevo coinvolto io al bordello. Se per Daniel c’era poco da preoccuparsi, già solo per il fatto che fosse uno degli artefici della giornata, come si sarebbero comportati gli altri tre?
    La casa di Jury era un gioiellino perso nella campagna iesolana. C’era addirittura una grande piscina, comprensibilmente vuota, visto il periodo dell’anno, oltre a un ampio giardino, ora incolto. Dell’esterno dell’abitazione, mi colpì in particolare il rosone di vetro, che ricordava quello di una chiesa dissacrata. L’interno invece si suddivideva in diverse stanze in un unico piano, per lo più caratterizzata dalla presenza di mobili di legno grezzo di pino, più adatti a un ambiente umido come quello.
    Come c’era da aspettarcelo, passammo la prima parte della giornata a girarci attorno, osservando il posto e rilassandoci un po’. Ci eravamo divisi in tre auto: la mia, quella di Nicolò e quella di Jury. Come al solito, al mio seguito c’erano Daniel, Nicolò, Leonardo e Gavin, mentre il mio ragazzo si era offerto per andare a prendere Vincenzo, Francesco e Nima. Con Jury erano arrivati i restanti. All’appello mancavano, come risaputo, Luca, Nawfal e Thomas. Ma, a essere sinceri, non erano tra i ragazzi più popolari del gruppo.
    Tutti c’eravamo impegnati a portare da mangiare e da bere, mentre Francesco si era occupato dell’erba, mai provata dai più, vista la tenera età.
    E fu ora di pranzo.

    -

    Guardai il telefono. Era l’ennesimo messaggio di Teodoro.
    “Uff… Che asfissiante” commentai come nulla fosse. Ci trovavamo quasi tutti nella stanza dei genitori di Jury, una matrimoniale molto ampia, con una poltrona sulla destra. Sulla sinistra, invece, c’era la porta che dava al bagno; davanti a noi, un televisore da trenta pollici. Nicolò, il sedicenne, e Davide erano seduti sulla moquette impegnati a giocare a Fifa, con Leonardo e Lorenzo ad assisterli.
    “Chi è?” domandò Nicolò a mio fianco a centro del letto.
    “Teodoro” risposi sincero.
    Da quando gli avevo scritto la prima volta cinque giorni prima, non aveva mai smesso di cercarmi. Mi scriveva la mattina appena sveglio, quando preparava il pranzo, dopo lavoro, a cena, prima di andare a dormire, quando si toccava… Insomma, qualsiasi momento della giornata era buono per riempirmi il telefono di notifiche superflue. A volte si limitava a salutare e chiedere come stavo o cosa facevo, ma altre volte ancora mi chiedeva se potevo raggiungerlo. Nei momenti peggiori, mi scriveva i suoi pensieri e le porcate che avrebbe voluto fare con me. Era ormai diventato un incubo, ma, anche quando ero particolarmente spazientito e occupato, avevo sempre cercato di risponderli, con l’intento di mantenere un filo diretto. Per il momento, il rapporto tra noi non si era reso utile, anzi, sembrava, in apparenza, più quello tra due ragazzini alle prime armi che si scrivevano anche per sapere se c’eravamo grattati la nuca. O almeno questo era l’intento; da parte mia, era già stata ampiamente raggiunta la soglia di sopportazione e, se non avevo bisogno di usare what’s app, evitavo di collegarmi.
    Con il risultato che Teodoro cominciò anche a chiamare. Alcune volte, arrivai a rispondere, allontanandomi da tutto e tutti e interrompendo lezioni all’università, palestra, uscite con Nicolò o con gli amici, solo per sentirmi dire che era preoccupato o infastidito che non fossi abbastanza presente. Se gli chiedevo di Alfredo, mi rispondeva sempre allo stesso modo: “Ancora no”. Per il momento, ero almeno riuscito a dissuaderlo dal rivederci, palesando o inventando impegni improrogabili o convincendolo dell’idea che incontri continui sarebbero stati sospetti. Quasi invidiavo il rapporto minimalista di Alfredo con Nicolò.
    “E perché ha il tuo numero?” domandò sorpreso. Non avevo mai affrontato l’argomento.
    “Me l’ha dato ancora tempo fa. Quando ho portato Daniel e gli altri”.
    “Perché gli rispondi?”;
    “Non ho alternative…” risposi sincero. Erano passate un paio d’ore dall’ultima volta che mi collegavo e aveva già chiamato. Era già online, quindi mi decisi a rispondere via messanger:
    “Sono via, non posso rispondere adesso. Ci sentiamo stasera”.
    “Dove sei?” scrisse.
    “A Jesolo”;
    “Non mi hai detto niente…”;
    “Era già organizzato da tempo”.
    “Dove sei? Con chi?”.
    “Da Jury”.
    “Sì, ma vorrei saperlo prima…”.
    “Hai ragione Teo. Scusami”
    “Con chi sei?”;
    “Con Nicolò”.
    “Ah… Strano”;
    “Eh si… E’ solo il mio ragazzo ”
    “Ed io cosa sono? :P”;
    “Sei come un padre”;
    “Un padre che ti sbatterebbe dalla mattina alla sera ^.^”.
    “Teo devo chiudere. A dopo” e staccai.
    Mi sentivo tranquillo; avevo recitato abbastanza la mia parte, assecondandolo a più non posso. Nicolò mi scrutò mentre digitavo sul telefono.
    “Non è un po’ esagerato?” commentò perplesso.
    “Che ci vuoi fare…” divagai.
    “Uh! Questo è un karaoke!” esclamò d’improvviso Vincenzo, catalizzando la nostra attenzione davanti a noi.
    “Sì… Anche piuttosto nuovo. Ho messo parecchi brani…” disse Jury.
    “Possiamo usarlo?” fa Vincenzo.
    “Uhm… Non mi sembra che tra noi ci sia qualche talento nascosto” rispose ironico Jury.
    “Ma sì dai… A te Francesco andrebbe?”.
    “Ma sì…” annui lui timidamente.
    “Per carità!” sbottò Nicolò. Qualche giorno addietro, al bordello, questi si era scoperto conoscesse Francesco dai tempi delle medie e i rapporti erano stati mantenuti buoni anche in seguito. Quello tra Francesco e Nicolò fu dunque un incontro sorprendente; ecco perché tanta confidenza.
    “Io vorrei sentire Gavin cantare sardelle in saor per cortesia” commentai.
    Gavin, a bordo del letto, fece una smorfia: “Sar che?”.
    “Sentite tutti! Forse vi siete dimenticati il tema dell’incontro!” urlò Daniel da dietro di noi.
    Non era del tutto falso; eravamo talmente a nostro agio e tranquilli, che ormai ognuno stava per i cazzi propri. Ma non era neanche del tutto vero; ero dell’idea che tutti aspettassero la prima mossa di qualcuno. Non per altro, c’era chi mangiucchiava, ma soprattutto beveva, in attesa di essere pronti a chissà che. E fu Daniel, a dispetto della sua età, il più intraprendente e concreto.
    “Ha ragione, siamo qui per scopare” commentò Lorenzo, che dava i primi segni di ebrezza.
    “Beh, io ho messo la casa. A voi il resto” fa Jury.
    Ognuno rimaneva al suo posto.
    Vincenzo ora era sempre appiccicato a Francesco, seppur questi non si potessero definire una coppia. Francesco non aveva ancora dato una risposta ufficiale e, al di là della sua disponibilità, questi non pareva essere vicino a superare l’impasse attuale. Quanto erano strani i rapporti tra i ragazzi al bordello? Era più probabile avere un rapporto fisico piuttosto che una vera e propria relazione sana. Se io e Nicolò avevamo a fatica svoltato, rimaneva ingarbugliato quello tra Jury e Davide, con quest’ultimo incapace di scegliere tra l’amico e la sua storica morosa. E a dare il buon esempio non c’erano neppure più Flavio e Marco.
    Il mio ragazzo, cercò silenziosamente di attirare la mia attenzione dandomi alcuni colpetti con gomito sul braccio.
    “Che c’è?” sussurrai.
    “Guarda” rispose altrettanto silenziosamente.
    Nicolò fissava con insistenza Lorenzo, in prima linea a canzonare Vincenzo e completamente ignaro di essere osservato.
    “Lo punta? Dici che lo fa?” sussurrai divertito al mio compagno.
    “Vedrai…” rispose sicuro.

    “Bottiglia? Obbligo o verità?” si pronunziò Daniel, attirando la nostra attenzione.
    “Banale…” commentò Lorenzo.
    “Sì, troppo ovvio” si unì Jury.
    “Che ne dite di uno strip poker?” propose entusiasta Vincenzo.
    Qualche attimo di silenzio.
    “Mi stuzzica… Però… Siamo in troppi, andremmo avanti all’infinito” rispose ancora una volta Jury.
    Ci fu un bisbiglio di sottofondo che parve confermare quella di Jury come l’opinione più diffusa.
    “E allora cosa?!” esclamò con teatralità esagerata Vincenzo.
    “Se facessimo una web cam?” s’inserì Daniel.
    “Sei per caso un covo di idiozie?” rispose rudemente Lorenzo. Alcuni ridacchiarono.
    “Uhm… Non è un’idea malvagia” esordì Nicolò a mio fianco, cogliendo per un attimo l’attenzione.
    Lorenzo lo guardò storto.
    “Non lo è?” domando Jury, in attesa di spiegazioni.
    “Si che lo è. Siamo in dodici, come pensate di fare?” sbottò Lorenzo.
    “Hai ragione, non va bene per dodici… Ma per uno sì” rispose tranquillamente Nicolò, tra la perplessità generale.
    “Per uno?” ripeté Davide, come se cercasse conferma di aver capito.
    “Sì, per uno… Sarebbe come un preambolo per il dopo. Un assaggio dell’antipasto” disse sorridendo lievemente.
    “Tradotto, stai dicendo che uno potrebbe sacrificarsi in modo da coinvolgere gli altri?” chiese Jury.
    “Dire sacrificarsi è fuori luogo… Siamo qui per questo. Ma sì, il concetto è quello… Che qualcuno accenda la miccia”.
    “Uhm… Mi piace!” esclamò infine Jury: “Ma chi dovrebbe?”.
    “Secondo me uno dei tre Nicolò” suggerì Daniel.
    “E come saresti giunto a questa conclusione?” domandai sarcastico.
    “Si non ho capito proprio perché io!” sbottò sorpreso Nicolò da lontano.
    Daniel si rivolse a quest’ultimo: “Beh, non hai fatto qualcosa di simile la tua prima volta? In cam chi si fermerà?”.
    “Ma che centra? E’… E’ diverso… E poi questa spiegazione è una stronzata! Tutti hanno fatto quello che ho fatto io. Non ha senso!” rispose Nicolò alterato.
    Daniel rinunciò a dare ulteriori giustificazioni. Nicolò era sin troppo agitato e non propenso a un discorso costruttivo.
    “Ok… Allora direi che dovrebbe essere uno degli altri Nicolò”.
    “Spiegati” chiesi, calmato proprio dalla reazione esagerata dell’altro Nicolò, seppure neanch’io fossi molto eccitato dall’idea di prenderne parte.
    “Perché sei il più grande di tutti noi Nicolò” rispose con tono stanco, come se fosse così scontato da far sì che la risposta divenisse un fastidio inutile. E aggiunse: “E poi se quello più esperto tra tutti noi”.
    “Esperto? Io?” risposi davvero sorpreso, seppur compiaciuto.
    “Daniel, guarda che metà gente ha passato molto più tempo di me al bordello. Anche Vincenzo e Lorenzo sono forse più esperti di me…”.
    “Non fare il modesto…” m’interruppe seccato: “In ogni caso, dovrebbe comunque essere uno dei più grandi”.
    “Che differenza fa? Qui tutti hanno fatto cose al di fuori…”.
    “Ha ragione” mi bloccò ora Lorenzo: “E’ differente, non possiamo proprio rischiare” aggiunse scuotendo il capo comicamente, a sostegno della teoria di Daniel.
    “E noi sì?” sbottai.
    “Non tirarla per le lunghe dai” fece Daniel sempre più scocciato. “E’ giusto così. Dovete essere voi a dare il buon esempio…”.
    “Uhm…” commentai. Ero consapevole che si fosse finalmente arrivati a una svolta; era stata trovata un’idea e, in fin dei conti, anch’io pensavo che sarebbe stato di buon senso fosse un “grande” ad assumersi questa responsabilità. Quindi decisi di acconsentire alla proposta, ma non di prenderne parte.
    “Comunque, non abbiamo già deciso che debba essere io”.
    “Non mi hai detto perché io?” s’intromise Nicolò a mio fianco.
    Daniel lo scrutò, quasi sorpreso della presenza del mio ragazzo, e gli rispose con tono annoiato: “Ah… Si… Perché l’hai proposta te”.
    “Per essere corretti, sei tu che l’hai proposta, io l’ho solo limata” rispose Nicolò pacatamente.
    “Si… Quello…” confermò Daniel sbrigativamente.
    “Io non ho alcuna intenzione di farlo con uno che mi fissa da una videocamera… Non ci penso proprio” commentò Davide indignato.
    “Che differenza fa da quello che facciamo?” fece Lorenzo.
    “Beh, è diverso… Innanzitutto non siamo pagati per farlo, poi la persona non è presente e…” cominciò Jury.
    “Si capito, capito” lo fermò Lorenzo: “E’ chiaro a tutti cosa significa. Comunque mettetevi dell’idea che si fa comunque”.
    “Non abbiamo ancora stabilito che debba esserci qualcuno, potremmo solo fare un video…”.
    “No, facciamo la web cam… Lo dice la parola stessa… Web…” gli rispose annoiato Lorenzo. Questi, probabilmente quello che più aveva bevuto fino a quel momento, era ogni secondo più impaziente.
    “E poi non perdiamoci in ciance… Sappiamo che sarai tu a farlo” fa rivolto a me.
    “Cosa?” risposi infastidito.
    “E’ la cosa più ovvia”.
    Ed era vero; quella era l’opinione diffusa. Fissavo la platea guardarmi e mi sembrava che non si aspettassero altro. Io stesso credevo di esserne consapevole e non sapevo cosa pensare di questo. M’infastidiva e allo stesso tempo mi onorava. Mi metteva pressione e allo stesso tempo mi compiaceva. Ero però convinto di non voler perpetuare quell’idea che avevano di me, né di mettermi in mostra più degli altri. E credevo che rifiutare fosse una prova della mia avversione alla fama che mi ero guadagnato.
    “Nooo…” cantilenavo irremovibile, mentre Daniel, Lorenzo e gli altri mi supplicavano inutilmente ad accettare.
    “Lo faccio io” infine disse Nicolò da un momento all’altro.
    Lo guardai sorpreso, e non fui l’unico.
    “Tu?” domandò Daniel scettico.
    “Perché ti sorprendi? L’hai detto tu che dovrebbe essere uno di noi” rispose Nicolò.
    Ero certo fosse deluso di quella reazione; sapeva perfettamente, non era un mistero, che la maggior parte dei ragazzi stravedeva per me, mentre provasse una tiepida indifferenza verso di lui. Daniel, Lorenzo, Vincenzo e forse anche gli altri, nascondeva un malcelato desiderio di vedere me. Non che Nicolò non fosse un bel ragazzo; a me piaceva ogni giorno di più ed era una scoperta continua. Ma per loro, era meglio il ragazzo dai capelli folti e prestante che già avevano conosciuto che quello ricciolino, sempre sulle sue e un filo arrogante.
    Ma io lo sapevo che Nicolò non gli avrebbe delusi. Loro no.
    Se gli avessero dato una chance, si sarebbero dovuti ricredere.

    -

    Quello che si compose nel bagno nel tardo pomeriggio, fu una sorta di set cinematografico in miniatura catalizzato nella doccia.
    Un gradino di circa dieci centimetri rialzava il piano dal pavimento del bagno e incorniciava la piattaforma di blu. A circa venti centimetri da esso, c’era il computer, sistemato su una sedia. Tolti i panni, sfilato il telo della doccia e ogni oggetto superfluo di disturbo, accesa la videocamera del computer, posizionata alla distanza ottimale e aggiustata la luminosità e contrasto, ecco che la regia, diede l’ok per la fase finale dei preparativi.
    Il pubblico era già pronto allo spettacolo; infatti, la piattaforma in ceramica della doccia, ovvero l’inquadratura della videocamera, era esattamente di fronte alla porta del bagno, e questo permetteva a tutti una visione ideale dello spettacolo a circa quindici metri di distanza. Per permettere che tutti vedessero, la maggior parte si sedette sulla moquette o sul letto, in attesa di vedere il protagonista principale all'opera. Il quale, sarebbe stato Nicolò.
    Non sapevo se sentirmi violato di una cosa mia o se orgoglioso di condividerla. Questi, era l’unico di noi a trovarsi a camminare in giro per la stanza senza vestiti, seguito comicamente da Vincenzo, il quale aveva il compito di farne le veci. Nicolò, il mio ragazzo, era ora nervoso e in silenzio, in attesa di essere chiamato in causa.
    Come mai prima, gli occhi erano per lui, solo per lui.
    Lorenzo e Daniel, che si trovavano appena dietro al computer, come due registi pronti a impartire la loro guida, lo chiamarono a sé. Questi, lasciò Vincenzo e passò davanti ignorandomi, troppo concentrato sul da farsi. Come al solito, non aveva bisogno di alcuna sorta di incitamento da parte mia, e ne fui sollevato. Rimasi dunque a guardarlo con rinnovato sbalordimento, incerto se sistemarmi con la folla e immergendomi nell’anonimato, o se stare più vicino, in posizione privilegiata e dimostrando, non so a chi, il mio senso d’appartenenza. Nel dubbio, rimasi in piedi lì, fermo, incapace di udire i consigli sul da farsi di Lorenzo e Daniel, almeno fino al momento cui fui intimato a spostarmi per non impedire la vista al pubblico. Allora mi sedetti sul water, in modo che nessuno dietro di me potesse osservare come avrei reagito d’ora in avanti.
    Quando finirono di parlare, Jury fece un cenno a Vincenzo che corse con un asciugamano.
    “Stiamo per iniziare” fa Lorenzo.
    Vincenzo, come nulla fosse, s’inginocchia, mentre Nicolò gli porge i piedi e lascia che questi gli deterga delicatamente, prima l’uno e poi l’altro, dalla polvere e dallo sporco del pavimento. Infine, questi si sistema all’interno del piccolo quadrante, mentre Vincenzo, che aveva concluso, si allontana, raggiungendo gli altri sul letto. Sento l’atmosfera circostante farsi più silente e concentrata.
    Con uno scrupolo fuori dalla sua portata, Daniel si appresta a correggere con meticolosità la posizione della camera, con il chiaro intendo di dare una visione intera di quel corpo seduto all’interno della doccia. Lorenzo invita Nicolò a spostarsi leggermente, in modo da finire completamente all’interno della quadratura, dalla testa ai piedi.
    “L’audio lo attiviamo o no?” domandò Daniel.
    “Io preferirei fosse spento” commentò Nicolò.
    “Come spento?” fece Lorenzo contrariato.
    “Non voglio sentire i commenti dall’altra parte…” si giustificò Nicolò.
    “Beh, non ha torto… Se dobbiamo dargli delle direttive…” dice Daniel comprensivo.
    “Ma no! Gli portiamo via il bello… E poi non abbiamo bisogno di dire niente. Siamo d’accordo che gli indicheremo cosa fare…” insistette Lorenzo.
    “Fidati, va bene così… Sarà più attento all’immagine” provò a convincerlo ancora Nicolò.
    “No, no, no… I rumori ci vanno” fa irremovibile.
    “Come facciamo allora?” domanda nuovamente Daniel, impaziente di arrivare presto a una conclusione.
    “Spegni l’audio del computer… Non parleranno e in caso gli ignoriamo. Così loro possono sentire il nostro. In ogni caso, Nicolò, non parlare”.
    “Non lo farò” rispose apparentemente più sollevato da quell’indicazione.
    “Allora, siamo pronti?” fa Lorenzo.
    “Nicolò sei pronto?” ripeté con più convinzione, esclusivamente rivolto all’attore protagonista.
    “Si…” rispose questi sottovoce, arrossendo.
    “Ragazzi! Silenzio in sala!” fece rivolto all’indietro, sempre più preso dalla parte. Ma non ce n’era bisogno.
    “Ok, avvicinati” ordina a Nicolò.
    Mentre questi si posiziona per sedersi sul gradino, Lorenzo continua:
    “Quando pensi di aver trovato uno giusto, comincia a scriverci… Sono sicuro che non ci vorrà molto… Daniel mettiti a lato del box, ma stai attento a non farti vedere. Basta che riesci a sbirciare un po’ cosa scrive il tipo in chat” fa ora rivolto alla sua sinistra. E così fece; anch’io decisi di seguirlo, troppo preso dalla situazione.
    “Così va bene?” chiede Daniel.
    “Sì, va bene” annui Jury, apparendo alle nostre spalle. Come nulla fosse, si sedette a terra a fianco della sedia con sopra il computer, alla destra di Lorenzo.
    “Che chat è?” domanda Nicolò che già batteva sulla tastiera.
    “Scrivi sex chat gay. La prima che trovi andrà bene” rispose senza impegno Daniel.
    “Ok…”.
    Era tutto pronto.

    -

    “Ehy” scrisse nuovamente Nicolò.
    “Hi” rispose infine qualcuno senza sconnettersi, dopo un mix di quadri neri, sguardi persi e peni in azione.
    “Years?” domanda un faccione barbuto, proveniente a quanto pareva dalla California e illuminato dalla sola luce del display del pc.
    “Twenty… You?” risponde Nicolò veloce scrivendo con la mano sinistra. Jury gli aveva fatto cenno sin da subito di toccarsi e Nicolò presto prese senza complimenti a giocare lentamente con il suo membro barzotto.
    “Sixty-two. Cute”.
    “Thank” lessi.
    “Where are you from?”
    “Venice”.
    “Do you want see a show?” scrisse Nicolò.
    “Ok” rispose senza problemi il tipo.
    Non c’era tanto da stupirsi; quello era una normalissima richiesta di chat erotica tra sconosciuti, non dissimile da tante altre. C’era chi gli piaceva guardare, e chi farsi guardare. Bastava solo che questi due emisferi si incontrassero. E non era cosa assai rara.
    Daniel alzò il pollice verso Jury, che contraccambiò. Nicolò invece mosse l’indice al tipo in cam, chiedendoli di aspettare un attimo.
    Osservai un ultima volta la videocamera: il tipo robusto, inquadrato fino alla bianca e lunga barba grigia, si muoveva impercettibilmente, seduto evidentemente alla scrivania. Sull’altra, un ragazzo nudo e riconoscibile, dalla bellezza perversa, era ora sistemato dentro la doccia, con i piedi che lambivano frontalmente il gradino, toccandolo appena e con le gambe piegate e leggermente divaricate, in modo da mostrare il suo membro e il solco del suo tonico bacino.
    Decisi solo allora di allontanarmi e vedere cosa sarebbe successo: Nicolò aveva già cominciato ad accarezzarsi il petto e l’addome con la mano sinistra, mentre con la destra continuava a palparsi con una foga un po’ maggiore, quando m’incamminai verso gli altri. Il viso, era a volte contratto e concentrato, altre invece ridente ed emozionato per quello che si apprestava a fare davanti a tutti. Jury mimava da dietro i movimenti da eseguire, Lorenzo zittiva e sorrideva compiaciuto, Daniel continuava a fissarli di riflesso sulla cam. Tutto questo, mentre io m’infilavo tra Francesco e Nima, in quella folla silenziosa e calda.
    I piedi di Nicolò seguivano il flusso degli impulsi lanciati dal suo corpo. Per variare un po’, comincio a prendere iniziativa, camuffando leggermente le dritte di Jury, tanto che questi, a un certo punto, decise di lasciare carta bianca. Sempre più, mi ricordava me stesso appena qualche giorno prima, ubriaco fradicio sul tavolo di Denise.
    Presto, Nicolò parve sempre più isolato nel contesto tra lui e l’osservatore virtuale. Non si tratteneva più e cominciò a menarsi con più foga: prima si passò le mani sotto le cosce, menandosi con ambedue; poi si sdraiò sul muro piastrellato dietro di se, alzando leggermente le gambe e rimanendo con i piedi appena sollevati a mezz’aria per riprendere allo stesso modo.
    “Va bene, ma più lentamente…” sussurrò Daniel che leggeva i commenti sulla dashboard.
    Silente, Nicolò ascoltò le impartizioni e si risistemò come in precedenza, toccandosi piano e accarezzandosi l’aureola destra turgida.
    “Butt… Chiede il culo, vuole vedere il culo…” sussurrò Daniel in maniera impercettibile ma chiaramente eccitata, in modo tale da essere sentito solo da pochi intimi.
    Nicolò non se lo fece ripetere e si girò, per poi arcuare la schiena ed estendere con le mani le soffici natiche, mettendo il tutto in bella mostra. Appoggiare le tibie alla ceramica doveva essere dolorosissimo, ma Nicolò persistette stoicamente.
    “Gli piace…” ridacchiò inutilmente Daniel.
    Nicolò si passò la mano sotto l’addome, strofinandosi attorno all’ano e infine penetrandosi con la punta dell’indice.
    “Sta… Sta leccando la camera” rise Daniel e così parte dei presenti.
    Non fu però abbastanza per Nicolò che, ormai alla soglia di sopportazione, si girò nuovamente, rimanendo seduto in punta di piedi e riprendendo affannosamente a masturbarsi.
    Un po’ perché affaticato, un po’ perché stanco, comincio a gemere a bocca aperta, in un’espressione ridicola ma inebriante, di chiaro coinvolgimento.
    Con la coda dell’occhio cercai di osservare la reazione dei presenti. Cosa gli sembrava? Che cosa stavano pensando di lui?
    Nel silenzio, rotto solo dai movimenti di Nicolò e da versi sempre più concitati, la folla scomparve. L’iniziale imbarazzo fu piano piano sopraffatto. Nicolò non era più al centro della scena: era la scena.
    Questi si sedette sul gradino come all’inizio e scrisse qualcosa che Daniel non riportò.
    Stette poi un attimo ad aspettare, limitandosi a giochicchiare con il membro in tiro. A un certo punto, sorrise guardando in basso lo schermo davanti a sé, si sollevò appena e raggiunse la maniglia sinistra della doccia, aprendola. Poi scattò per non essere colpito dal getto d’acqua e si sedette in attesa.
    Ogni tanto, metteva la mano sotto di esso; solo quando fu soddisfatto, s’inserì piano piano all’interno. Prima rimase a stretto contatto con il bordo opposto al rubinetto, sempre seduto, poi, si accentrò, fino a che i capelli non gli schiacciarono sul viso, appesantiti dall’acqua che colava giù, dipingendo i pettorali.
    Nicolò sospiro, accogliendo il piacere dell’acqua calda batterli il corpo e riempirli la bocca; la stessa sensazione che immaginai dovette provare quel privilegiato vecchietto californiano.
    Il rovente calore sulla sua pelle sciolse ulteriormente i suoi indugi. Nicolò ora era rilassato, seduto stravaccato con le gambe piegate lateralmente e che lambivano il fondo e quasi accecato dall’acqua che scendeva dalla fronte. La mano destra era sempre magnetizzata sul membro e i genitali; quella sinistra ora però aveva lasciato il petto e operava capovolta in basso. Allungando il solo dito medio, scivolò al suo interno.
    E ora che il vapore scaldava la ceramica, Nicolò, come nulla fosse, stese la schiena su di essa, alzando le gambe e portandosi le braccia sotto i femorali, penetrandosi ancora e mostrando tutte le sue grazie al pubblico live.
    Non capivo perché non riuscivo a sorprendermi; sì, ero emozionato da ciò che stessi vedendo, perché mi sentivo privato della mia intimità, ma non sorpreso da ciò che questi stesse mostrando. Era come se fossi troppo abituato, come se non facesse niente di strano. Avrei quasi potuto dire a tutti: “Avete visto? Avete capito perché lui e non altri?”.
    Perché Nicolò gemeva e non provava vergogna. Allargava le gambe più che poteva, per mostrare al suo avido spettatore tutto se stesso. Si penetrava ora con il secondo dito, scuotendo meravigliosamente il suo corpo e contrastando il rumore battente della doccia con quello del suo incessante sfregamento. A un certo punto, Daniel fece un gesto con la mano inequivocabile, perché il nostro nuovo amico aveva preso in mano la situazione. Letteralmente.
    E allora, quasi come comparendo dal nulla, Lorenzo attirò l’attenzione di Nicolò. Questi, sbarrò gli occhi e si sedette nuovamente, ma solo per un attimo. Quindi, si alzò a gambe flesse, chiuse i rubinetti e si mosse verso Lorenzo, prendendo l’oggetto che gli stava porgendo. Infine, si risedette in punta di piedi, sistemò il giocattolo fallico sotto di sé, tenendolo serrato nella mano sinistra e cominciò piano piano a inglobarlo, mentre con la destra smise per un po’ di menarsi, evidentemente per non arrivare al limite.
    Tutto quel tonico e splendido corpo di più di un metro e ottanta era ora tutto contratto attorno a una minuscola ventina di centimetri sotto di sé, e poi dentro; mentre il dildo compariva e scompariva, in un eccitante gioco del nascondino, il protagonista accompagnava il processo con ampi e profondi sospiri di fatica e trasporto, ma così forti e concitati che ora che il rumore dell’acqua che scorreva era scomparso. Si stringeva ora i capelli bagnati nella mano; sembrava così contento come se fosse la sua festa di compleanno e il dildo fosse il regalo per lui.
    Fradicio, così come il suo corpo, il membro di gomma penetrava con una facilità disarmante; ancora una volta, Nicolò si mosse e più nessuno perse un suo movimento. Anch’io rimasi quasi scandalizzato da tanto trasporto di fronte a tutte quelle persone. Come ci riusciva? Io non ne sarei mai stato capace.
    Quello spettacolo non aveva più uno spettatore principale; aveva smosso gli animi esattamente come si sperava. Avrei messo una mano sul fuoco nel dire che, se avessi fermato tutto, avrei trovato sul letto una piantagione di arbusti. Ed ero altrettanto sicuro che, con un poco meno pudore, così come Daniel apertamente, anche altri avrebbero preso a toccarsi.
    E mentre tutti questi pensieri balenavano nella mia mente. Nicolò, ormai in preda alla concitazione più totale, tremante per l’emozione e per il freddo bagnato sulla pelle, scivolava volta per volta in posizioni sempre diverse, staccando le mani dalle zone erogene, quelle più calde, e dal dildo, solo per spostarsi. Prima si sedette come all’inizio di tutto, penetrandosi più profondamente possibile e accompagnando lo sforzo con gemiti sempre più profondi e sonori. Poi, non riuscendo ad andare oltre, si capovolse completamente sottosopra, appoggiando la schiena al fondo e allungando le gambe lungo il muro, per poi piegarle e appoggiare i piedi. In questo modo, mostrava alla camera del computer e al pubblico dietro sé tutte le sue grazie sotto sopra, con gli addominali e tutti gli altri muscoli meravigliosamente in tiro e imperlati dalle goccioline d’acqua sopra di essi.
    Quasi per la prima volta dopo più di venti minuti, smise di strozzare il suo membro per tenersi ancorato con la mano sul gradino, appeso all’insù.
    Tutto questo, era stato eseguito con il dildo conficcato perennemente al suo interno; ora che era ben saldo, poté riprendere, per la gioia della platea. Con l’aiuto della gravità, il giocattolo poteva scendere ancor di più, per non uscire mai. E così successe; Nicolò giocava solo con la base, e il resto non ricomparì. In cambio, potemmo ammirare le sue gambe affusolate, il suo addome spasmodico, i suoi muscoli lunghi e tonici, le labbra morbide e spesse da cui, aperte in una smorfia di puro godimento e accompagnate a occhi chiusi, fuoriuscivano versi animaleschi ed esagerati.
    E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso; Nicolò, che fino allora si era ammirato sognante in tutto ciò che faceva mentre giocava con il suo corpo, ora serrava gli occhi, così lasciando per un po’ solo a noi tutto quel ben di dio.
    Sarà che forse tutti provarono la mia stessa sensazione, sarà che la perdita di controllo di Nicolò stesse scaldando gli animi, ma Jury si allontanò velocemente dal bagno per scavalcare il trio formato da me, Nima e Francesco.
    “Basta, non ce la faccio più…” disse senza nasconderlo, prima di sedersi in mezzo al letto, vicino agli altri.
    Come nulla fosse, tiro giù i pantaloni fino alle gambe e prese a masturbarsi indisturbato, sospirando di liberazione. Solo poco dopo, quando si accorse degli sguardi dei presenti, prese la mano destra del malcapitato alla sua sinistra, che era Gavin, e la strinse attorno al suo pacco, tra le risa dei presenti. Questi, stralunato, accompagnò i movimenti di Jury.
    E, poco dopo, un sorriso apparve alla mia di sinistra, e un cazzetto ballonzolò fuori dal nulla per essere trastullato dal suo possessore.
    “Nima…” commentai sorpreso e divertito.
    Le grida di Nicolò si fecero quasi spaventose; poi d’improvviso si arrestò, proprio quando parve a un attimo dalla perdizione.
    Crollò giù e, qualche secondo dopo, smise di darci la schiena e si accasciò seduto e ansimante sul muretto della doccia per riprendere fiato. Il corpo era ormai già pressoché asciutto, ma il giocattolo fallico era sempre ancora lì.
    Fu allora che Lorenzo fece un gesto a Nicolò che io non vidi perché di schiena. Questi lo scrutò e, prima rimase immobile per qualche decina di secondi, poi, ormai ripreso, si stacco dal muro per tornare seduto come da posizione inziale. Lo stesso membro era ora più molle e barzotto, ora che per qualche istante era stato lasciato tranquillo.
    Lorenzo gli passò un piccolo panno di spugna; Nicolò lo raggiunse, senza lasciare intravedere alla videocamera che qualcuno glielo stesse porgendo, infine, lo sistemò sopra lo scarico, calpestandolo e tenendolo saldo con il piede sinistro.
    Fatto ciò, si rimise semplicemente seduto e tranquillo, accarezzandosi l’invitante membro con la mano destra e mantenendo vivo il movimento al suo interno con quella sinistra.
    Nicolò respirava profondamente, cercando di mantenere il controllo. Non capivo cosa stesse aspettando.
    E quando cominciò tranquillamente a farsela addosso, continuai a credere che non poteva essere così.
    Nicolò non aveva mai manifestato quella fatiscenza; Lorenzo sì, ma Nicolò…
    Eppure il suo gesto era così naturale e il getto limpido e libero da arrivare fino alla bocca. E ben presto fu di nuovo grondante come qualche minuto prima.
    Perché mi stupiva tanto? Io stesso avevo pensato che gli altri si sarebbero ricreduti. Eppure fu così. Solo ora mi capacitavo di cosa significasse avere due anni di esperienza alle spalle e cosa fosse essere un professionista del campo? Ero io che mi sbagliavo? Ero io che avevo vissuto il bordello come un’esperienza fantascientifica, sopravvalutando le mie capacità e prestazioni?
    Così come un attore del porno deve essere pronto nel momento cui è richiesto, così sarebbe presumibilmente dovuto essere per chi lavorava al bordello, seppure la giovane età non aiutasse.
    Nicolò ne era il chiaro esempio: aveva sviluppato il “dono”, proprio lui che dalla vita non aveva nulla da chiedere. O, se non era così, da farlo credere.
    E fu così che si distese con la schiena sulla ceramica viscida, con il sedere e le gambe piegate all’aria. Tra schizzi, penetrazioni, riprendendo a smanettare il suo membro unto. In tutto il suo sudiciume.
    Nicolò l’algido, il presuntuoso, il fiero, era lo stesso Nicolò sporco, vizioso e depravato. Tante facce della stessa medaglia. Tanto diverso da me nei modi, quanto simile a me nei fatti.
    Non mi sentì tanto convinto quanto in quel momento. E quasi come se non fossi io, come se la mia mente fluttuasse lontana da quel luogo, mi alzai in piedi e camminai a passi sicuri verso il computer. Quindi, tra lo sbigottimento generale, chiusi il monitor.
    Dopodiché, prima di capire cosa stessi facendo, mi liberai di ogni vestito, raggiungendo il mio ragazzo e mettendomi sopra di lui.
    “Che fai?” domandò stupefatto quanto divertito, ma io non risposi, limitando a baciarlo sulle labbra e stringendo quel corpo caldo e bagnaticcio.
    “Nico… Dai Nico… Spiegati… Ah!” esclamò quando per zittirlo presi in mano la base del dildo, penetrandolo con la mano sinistra.
    “Ah… Nico smettila… Ah!” mi pregò dolorante.
    Deglutì e lo baciai senza fiato. Sentivo il mio corpo avvolto dall’umidità di quei centimetri, mentre i miei piedi s’impregnavano del puzzo acre e del sapore salato del corpo e del pavimento unto dal piscio.
    “Ti prego…” insistette lui. E alla fine cedetti, liberandolo del fallo. Rimanemmo ansimanti, l’uno sulla fronte dell’altro, con la mia mano sul suo mento e le sue sulle mie braccia. Ingoiai famelico il fallo di gomma, leccandolo da ogni lato. In men che non si dica, mi sentì degradato nella bocca come sul corpo.
    E a sorpresa, ma neppure troppa, fummo raggiunti da un altro corpicino gommoso, quello dolce e aggraziato di un fan recente.
    Gli lanciai uno sguardo, che rispose con uno suo d’intesa. Non chiesi altro, e gli feci spazio.
    Le labbra di Nicolò conobbero quelle di Daniel. Gli accarezzai la minuta schiena, quasi con fierezza. Ma Daniel non fece complimenti, e presto si avvolse in Nicolò.
    L’idea della web cam fu vincente.

    -

    Il mio cuore pulsava direttamente nel mio cervello.
    Ero steso, nudo e grondante di sudore, sul letto dei genitori di Jury. Intorno a me, un’atmosfera viziata e squallida. Sembrava che l’aria fosse pesante e densa di scarti umani. Ricordavo appena com’ero arrivato lì. Non saprei essere stato preciso su cosa o con chi, ma ero certo di aver provato di tutto.
    Urla concitate e sfregamenti di corpi vagheggiavano ovunque. Io stesso contribuivo a tutto quel degrado.
    Steso su di me, dandomi la schiena, c’era Leonardo. Io dentro di lui, penetrandolo con foga rabbiosa accompagnata da gemiti indecenti.
    Quel corpo, piccolo e fanciullesco, era un peso leggero, aderente alla perfezione alle mie forme. Le mie gambe erano flesse in modo che questi potesse poggiare sulle cosce le piante dei suoi piedi freschi e ancorare le calde mani sul mio petto. Io lo agganciavo dai fianchi.
    Leonardo urlava così forte che pensai di aver sentito la sua voce solo ora per la prima volta. Proprio lui, quello tra tutti che doveva fare presenza. Gli faceva male? Poteva darsi, ma non me ne importava molto. Quel ragazzo rappresentava uno dei frutti proibiti che continuavo a mordere. Come Gavin, Nicolò, Lorenzo, Francesco, Vincenzo e tutti gli altri. E l’unica cosa che pensavo, era quanto fosse saporito.
    Tutto scorreva.
    Le figure attorno a me si univano e si scambiavano e lo fecero per molto tempo. Non ne ricordai molto, ma potrei affermare che furono tra i momenti più belli della mia vita.
    E mentre anch’io scorrevo dentro Leonardo, a pochi centimetri alla mia sinistra, nello spazio rimanente del letto, Gavin era posseduto con la stessa prepotenza da Jury, steso di fianco. Lo sguardo di Gavin era perso e sognante, i suoi capelli appiccicati alla fronte. Dietro di lui, intravedevo appena il corpo di Jury, che, da un momento all’atro, parve gonfiarsi e poi sparire.
    Senza godere della vista del suo lavoro, Jury si spostò ai nostri piedi, lasciando Gavin a se stesso.
    Qui, infatti, c’era Vincenzo, in un’ibrida posizione tra la pecorina, con il busto appoggiato sul materasso, e a novanta, con piedi a gambe flesse sul pavimento. Dietro di lui, Francesco, intento a penetrarlo e, dietro ancora, Davide, che leccava i sapori tra le natiche del ragazzo ricciolino.
    E proprio a loro si avvicinò Jury, alla ricerca di un suo spazio d’azione.
    Cercai Nicolò, il mio compagno, e presto lo trovai: era seduto con i piedi sopra la poltrona alla mia sinistra. In mezzo alle sue gambe, trovavamo Nima, accucciato e con la bocca impedita.
    Alla mia destra, appoggiati al muro, c’erano invece Nicolò e Lorenzo su di lui. Proprio Lorenzo, che aveva assoldato Nicolò, era ora alla sua mercé.
    E Daniel dov’era? Dopo essere stato posseduto da Nicolò, aveva fatto l’en plein con gli altri, di questo non c’era da preoccuparsi. Ma ora non si vedeva.
    Se lo chiese Jury, che aveva rinunciato all’idea di fare la festa a Davide o Francesco.
    “Sono qui!” urlò una voce fuori campo, quella del diretto interessato.
    “Merda!” biascicò Leonardo, mentre Jury usciva dalla stanza.
    Anche a me parve, da un momento all’altro, di aver scavato più in profondità. Non c’era da stupirsi, visto che stavo dando tutto me stesso.
    Leonardo tolse la mano destra per occuparsi del suo membro. Sentivo le dita premere sulla carne del fianco, così come i piedi sulle mie cosce. Il suono dello smanettare sopra di me mi era appena udibile, tanto i testicoli tambureggiavano sonanti sulle natiche; a un certo punto fui così irrispettosamente impetuoso da dover stringere dietro le cosce con le braccia per far si che non sfuggisse dalla mia presa, così da lasciarlo gambe all’aria. Questi, che aveva preso a contrapporre le endorfine della masturbazione al dolore lacerante nel suo retto, rimase sorpreso dall’impatto della manovra.
    “No! No! No!” urlò a squarciagola, mentre il suo corpo sballottolava come un manichino in un crash test.
    Non mi sarei fermato, ma Leonardo mi scivolò a destra; prima che potesse fare qualcosa, gli fui subito sopra.
    Questa volta, le mie battute furono certamente meno veloci, ma sicuramente più profonde e altrettanto potenti. I miei colpi lo scuotevano tanto da farlo scivolare verso la parte superiore del materasso. Ma a differenza di prima, forse proprio a causa della minore frequenza di battute, non volle liberarsi e decise di gestirmi, e così i miei movimenti, arrampicandosi sul mio corpo con gambe dietro il coccige e braccia attorno al collo. Infine, cominciai a baciarlo sulle labbra, assaporando esse e la sua lingua.
    Il viso di Leonardo era mozzafiato, pura meraviglia. Non mi ero mai accorto dei suoi occhi cerulei, troppo estasiato dall’irreale perfezione dei suoi tratti mitigati. Così come non avevo mai fatto caso a un arrossatura sul collo, proprio all’altezza della gola.
    “Che cos’è questa?” domandai, interrompendomi.
    “Di che parli?” chiese stralunato, spostando verso il basso la testa.
    “Di questa cosa qui sotto…” dissi, indicando con il dito.
    “E’ una voglia… Ce l’ho da quando ero bambino”.
    “Che strana… Sembra una scottatura” commentai stupidamente, scioccato dal ritrovare una piccola imperfezione in quel corpo.
    “Eh sì, lo so…” fa lui. Aveva dovuto sentir quel commento chissà quante volte.
    “E’ che non sapevo… Non ci avevo fatto caso”.
    “Non è così evidente, può capitare…” rispose sempre più perplesso per tanta enfasi.
    “Continuiamo?” suggerì.
    “Sì…” annuì e ripresi a baciarlo, ma con molta più dolcezza. La lunghezza del mio intervento fu così lunga e inutile da rendermi più umano e sciocco, ai suoi occhi quanto ai miei. Solo ora mi sentivo di pensare a lui come a un essere umano.
    Leonardo era una meraviglia del genere umano, quello l’ho già detto. Mentre lo baciavo a occhi chiusi, immaginavo le sue forme leggere, ma maschili. Pensavo che questo ragazzo avesse qualcosa di speciale; se avessi incontrato un ragazzo di tale aspetto anche nei momenti più grigi della vita, sarebbe bastato per considerare la vita degna di essere considerata tale. Leonardo, delicato nell’aspetto e procace nei punti giusti, era una di quelle persone che abbagliavano senza bisogno di far nulla se non esistere. Tanto da neanche rendersene pienamente conto.
    Ero certo che, pur con il passare degli anni, non avrebbe perduto quel dono che madre natura gli aveva regalato. E sarebbe solo migliorato con il tempo.
    Nicolò aveva solo tredici anni, e non ne dimostrava di più, ma mai come allora sperai di godermelo crescere. Avrei voluto esserci giorno per giorno, per capire l’effetto che fa; magari, potergli dare qualche dritta, se avesse perduto per un attimo la retta via.
    E per questo mi ritenni davvero fortunato; ero tra quelle persone che, pur illuminate dalla sua luce, non ne erano cancellate dal bagliore. Avevo dalla mia parte la fortuna del fatto che, quando la cieca giustizia divina aveva distribuito i pregi, avesse scelto di concedere un po’ di bellezza anche a me. Almeno abbastanza da non sfigurare. Poi avrebbe abbondato sette anni più tardi, ma avrei potuto avere ciò che serviva per essere quello che mi auspicavo.
    E mentre m’issavo Leonardo sulle spalle, per godere del piacere del suo membro tra le fauci, mi sedetti sul bordo del letto, trattenendo Leonardo per il bacino mentre questi mi schiacciava il viso tra le cosce. Un altro essere incantevole mise a dura prova la mia forza di volontà: Gavin si piazzò all’altezza delle mie gambe e prese ad assaporare le mie intimità.
    Solo un grande autocontrollo, pari a una buona dose di equilibrio, mi serviva per gestire entrambi. L’integrità della mia schiena non ringraziò quando sciolsi l’abbraccio su Leonardo, per accarezzare i lunghi e spinosi capelli di Gavin.
    Anch’egli, alla pari di Leonardo, era un dono di natura, seppure per lui essa non avesse adoperato lo stesso stampo. Gli occhi erano troppo intensamente azzurri, da non poterli ritenere angelici, mentre la forma dei suoi denti ricordava quelli di uno scoiattolo. E come un roditore, Gavin inglobava con famelicità.
    “Puoi venire un attimo per favore?”. Sentì nelle mie vicinanze la voce di Jury rivolta a qualcun altro. Con la coda dell’occhio, vidi che si trovava nelle vicinanze della seggiola.
    Il ragazzo seduto nella sua interezza sembrò non prestarli inizialmente attenzione, distratto dal fagocitare delle sue membra. Ma così non fu e ben presto acconsentì di raggiungerlo al momento opportuno.
    Jury rimase interdetto in mezzo alla stanza. Io stesso, nel mio totale disinteresse, percepì qualcosa di insolito nel suo modo di fare, cosa che non doveva essere sfuggita a Nicolò. Eppure, questi non si mosse subito e Jury scomparve tra la folla.
    “Ah…Uhm… Uhm… Ah!”. Nicolò finì comodamente il servizio di Nima, non prima di esserli venuto interamente in bocca.
    Anche Leonardo, che prima manteneva con impegno la schiena ritta, ora mi strozzava in una posizione fetale, conficcandomi i talloni sotto le scapole.
    “Così mi soffochi…” sussurrai con il fiato mozzato nei polmoni.
    Ma Leonardo non era in condizione di assecondarmi. Strinse con forza mostruosa il braccio destro dietro al mio collo, avvinghiandosi pericolosamente al punto da obbligarmi a staccare la mano dalla testa di Gavin per unirla all’altra e provare ad allontanarlo per respirare. Ero infastidito, perché volevo sapere dove Nicolò stesse andando e, soprattutto, per fare cosa.
    Invece, non lo vidi che scomparire, prima che Leonardo gettasse tutto se stesso nella mia gola. Dietro di me, sentì sulla schiena il gesticolare incontrollato dei piedi prima che questi aderissero completamente a essa con le morbide piante e per tutta la conclusione dell’atto.
    Solo quando l’ultimo schizzo fu sceso nell’esofago, la presa sì indebolì e riuscì a scaraventarlo sul materasso.
    “Meno uno” pensai liberatomi di quel peso e prima di dedicarmi completamente alla bocca famelica che nutrivo lì sotto.
    Un certo sesto senso, una curiosità inspiegabile, voleva far sì che raggiungessi il mio ragazzo. Che cosa architettavano? Non volevo rimanere tagliato fuori. Eppure, non ero vicino a venire e, anzi, l’affanno provocato da Leonardo aveva un po’ spento i miei bollori. Dovetti dunque decidere di rilassarmi, lasciando in cambio che Gavin potesse gustarmi. Ma quando poco dopo recuperai il controllo, non ero più in grado di rinunciare al calore attorno ai miei genitali.
    Dovette passare più di qualche istante prima di convincermi ad alzarmi in piedi. Non volli però essere maleducato con Gavin che, docilmente, aspettò inginocchiato che sgrullassi a un palmo dal suo viso. Prima, gli sbattei il membro sulla fronte, prendendolo letteralmente a “pisellate”, poi, gli schizzai sulla stessa e lasciai colare lo sperma come schiumosa birra sull’asta del mio membro. Questi, divertito, non rinunciò di assaporare la mia burrosa melma.
    Solo allora, mi allontanai dal vespaio.

    -

    Non pensavo certo di aver finito la giornata. Di certo non così.
    Trepidante, raggiunsi gli altri in sala. Rimasi sorpreso dalla quiete di Nicolò, Jury e Daniel.
    A prima vista, risi. Che senso aveva tutto quello?
    Jury era seduto sulla sedia della scrivania, mentre alla sua sinistra Daniel e Nicolò fissavano il monitor del computer portatile. Non avevo prestato attenzione ai dettagli, ma dal concitare delle scene intuì subito che erano concentrati alla visione di un porno.
    “Ma che fate?” domandai ridendo ancora una volta. Cercavo di attirare la loro attenzione, di mettergli in ridicolo. Non ottenni la reazione sperata.
    Perché guardare un porno quando la realtà nella stanza adiacente era mille volte migliore? C’era un motivo particolare? Volevano replicare qualcosa?
    “Come… Dove è… Dove è saltato fuori questo? Come l’hai trovato?” chiese Nicolò.
    Rimasi immobile, stupito della debolezza della sua voce.
    “Una mail… Mi è arrivata questa mail quasi due ore fa sul telefono, ma l’avevo ignorata. Daniel mi ha chiamato e… Evidentemente l’ha trovato perché ho la posta come pagina iniziale… Non so chi sia, te lo giuro…”.
    Cosa stava succedendo? Perché tanta concitazione per un video?
    Mi avvicinai allo schermo per scrutare con maggiore attenzione. Raggiunto Nicolò alle spalle, mi accinsi a guardare. Finalmente, misi a fuoco il contenuto.
    “Fammi controllare…” fa Jury, riducendo il video alla barra degli strumenti del desktop.
    “Cosa vuoi vedere?” domandò Daniel timidamente.
    “Voglio solo provare… Ma spero…”. Non terminò la frase.
    Quando entrò su uno dei famosi siti hard dallo sfondo nero, cercò nella categoria dei ultimi video e presto s’imbatté evidentemente in quello che parve lo stesso video.
    “Ora inserimento sedici e quarantatré di oggi” lesse Jury che poi si girò, guardando Nicolò preoccupato.
    “Che cosa nei sai di tutto questo?”.
    Nicolò si limitò a scuotere il viso impercettibilmente.
    “C’è solo qui?” chiese Daniel.
    “Ho paura di no” rispose Jury con convinzione “Nella mail ha scritto… Dappertutto”.
    Ci fu un momento di silenzio.
    “Non credo che menta… Anche se non so chi cazzo sia, né perché ha mandato questo a me” commentò Jury solenne. Non ci furono ulteriori domande, ne interventi. Un silenzio assordante s’interpose definitivamente tra i presenti.
    Non riuscì a sopportare di più: “La serata è finita. Ce ne andiamo”.

    -

    Strinsi la mano di Nicolò, che non rispose con lo stesso vigore.
    Parlare fu difficile, anche ora che ce ne stavamo nella comodità della nostra casa, seduti sul morbido divano bianco vicino al camino.
    Era passata più di qualche ora da quando vidi quelle immagini, ma esse erano ancora vividamente impresse nella mia mente.
    Non era tanto il contenuto a impressionarmi; non si trattava che di un banale video porno come tanti altri, di niente di particolare. Un video tra uomini omosessuali; nulla di sconcertante per chi fosse abituato al genere, o semplicemente al porno.
    Erano altri dettagli a lasciarmi senza parole. Non riuscivo a spiegarmi un perché, e così neppure Nicolò.
    Perché quel video? Perché ora?
    Non lo avevo mai visto prima, ma avevo già visto chi ne prendeva parte.
    Ancora qualche manciata di minuti prima, avrei voluto dire che forse non c’era troppo da preoccuparsene, che sarebbe passata. Ma non era così.
    Non potevamo tenere nascosto tutto agli altri e, ben presto, le ricerche aumentarono e così anche le conferme.
    Quel video non era l’unico e non era neppure rintracciabile solo sul sito in cui Jury aveva cercato. Il filo conduttore era solo uno: un personaggio che si ripeteva in continuazione, accompagnato da altri interpreti, sempre diversi. Questi erano stati resi mascherati con maestria con la sfuocatura dei volti. Tutti interpreti non riconoscibili, almeno non da noi. Ma tale precauzione non era stata riservata per Nicolò. E non ce ne spiegavamo il perché.
    “Supereremo anche questa” dissi con convinzione, ma sapevo di mentire. E lo avrebbe capito anche Nicolò se avesse prestato attenzione all’affievolirsi della mia stretta tra la sua mano. Ma questi mi parve ogni minuto più assente. Il suo viso però non fu mai solcato dalle lacrime.
    Lo avevo portato a casa in fretta e furia, spaventato dall’idea che potesse fare qualcosa di stupido o violento, oppure dal lasciarsi prendere dallo sconforto. Niente di tutto questo; Nicolò recitava solo una silenziosa parte, sempre con lo sguardo basso, fisso sul pavimento di marmo.
    Ora che mi ero arreso all’idea di poterlo tirare un po’ su, a vederlo così in quello stato, ed io impotente, mi fece montare sempre più una rabbia quell’ingiustizia ingiustificata. Per Nicolò, la sua autostima, la sua immagine, era tutto. E Alfredo, dopo tutti quegli sforzi, gliela aveva negata.
    “Gliela faremo vedere! Gliela faremo pagare, te lo giuro!” inveì.
    Nicolò parve ascoltarmi e piegò il viso in mia direzione.
    “Che serve…” mormorò senza forza.
    “Come che serve?!” esclamai teatralmente: “Non deve più accadere. Dovremmo…”.
    “Ma è già accaduto…” disse pacatamente.
    “Ormai…” continuò, per poi fermarsi. Non poteva più fingere che la sua voce non fosse impedita dal dolore.
    Osservai Nicolò, e una sofferenza lacerante trapasso il mio cuore. Non potevo immedesimarmi, ma potevo ben capire.
    “Nicolò, io ti prometto…”.
    “No…” m’interruppe: “Peggioreremo solo le cose…”.
    “Ma che dici? Nicolò non farti spaventare!” sbottai sperando in una non auspicabile diatriba. Quelle solite.
    “Quello che ha fatto… E’ la sua fine. Se facciamo aprire le indagini, potremo risalire al posto. Qualcuno sicuramente riconoscerà qualcun altro dei protagonisti. Se così fosse, potremmo ottenere la loro confessione in cambio di un patteggiamento…”.
    Nicolò scosse la testa, sorridendo amaro.
    “Per non parlare di come ora tutti saranno allarmati. A partire dagli altri… Fidati Nicolò. Alfredo ha firmato la sua condanna” proseguì sempre più convinto delle mie parole.
    Nicolò mi guardò negli occhi.
    Rimasi in silenzio; non gli avevo mai visti così opachi, quasi incolori e spenti. Sembravano le iridi di un’altra persona. Quegli occhi erano presenti e, allo stesso tempo, assenti. Poi tirò fuori un sorriso che mi fece quasi sobbalzare.
    “Sai… Quando ti ho conosciuto, mi sono accorto subito di questo tuo aspetto…” disse facendo una pausa.
    Che stava tirando fuori? Gli pareva il momento?
    “All’inizio, mi sembravi solo un bel ragazzo pieno di sé. Esattamente come me, forse solo un po’ più… Guappo” e allungò il sorriso, distogliendo lo sguardo al pronunciare dell’ultima parola.
    “Sapevo che non te la stavi cavando molto bene, almeno all’inizio…” proseguì.
    “All’ora mi sono accorto di questo tuo aspetto. Tu non molli… Tu cadi e ti rialzi sempre… Anche dopo quello che è successo, dopo quello che hai dovuto fare… E’ sempre stato così. Ti sei ripreso, come nulla fosse”. Infine, mi offrì un suo sorriso disteso.
    “Non… Non è così Nicolò” risposi sorpreso e un po’ imbarazzato: “Forse lo faccio vedere, ma anch’io… Però… Non è a me che è accaduto… Insomma, sono stato… Sono stato… Come dire… Ho avuto fortuna…” continuai dispiaciuto per non aver trovato di meglio che il termine “fortuna” per giustificarmi.
    “E anche se fosse, l’avresti superata.” rispose imperterrito.
    “Ti ho sempre ammirato per questo. E ho provato a imitarti”.
    “Tu imitare me?” dissi alzando le sopracciglia. Avevo sempre pensato il contrario.
    “Nicolò… E’ così anche per te, hai capito?” dissi con maggiore vigore.
    Questi mi fissò un’ultima volta inespressivo. Infine, si alzò per la prima volta dopo non so quanto tempo.
    “Qualsiasi cosa dovremo fare la faremo…” insistetti.
    “Hai ragione” finalmente disse, seppure non mi parve a prima vista troppo convinto. In ogni caso, sorrisi soddisfatto.
    “Vorrei non pensarci più… Almeno per un po’” disse guardando avanti a sé. Poi si volse di scatto in mia direzione.
    “Sai cosa mi piacerebbe?” domandò recitando un rinnovato entusiasmo.
    “Cosa?” chiesi timidamente, stupito da quel cambio repentino di umore.
    “Lo so, sembrerà un po’ stupido… Soprattutto ora…”.
    “Dai, dimmi” chiesi disposto a qualsiasi cosa pur di dargli un po’ di conforto.
    “Avrei troppa voglia di… Soda e Brezel” disse con convinzione.
    “Soda e brezel?” ripetei perplesso.
    “Sì… Quando ero piccolo ed ero un po’ giù, mia mamma mi comprava i brezel e la soda. Ora me n’è venuta voglia”.
    “Certo Nicolò… Hai visto che ore sono?”.
    “C’è un discount aperto tutta la notte fuori città”.
    “Davvero?” domandai, non tanto per essere sicuro di quell’ultima affermazione, quanto per accertarmi del suo desiderio insolito.
    “Sì, mi farebbe sentire meglio. Potresti andare tu?”.
    “Non vuoi venire?”;
    “No… Non me la sento… Vai tu?”.
    “Ok… Ci vorrà mezz’oretta…”;
    “Prendi pure la mia macchina. E magari noleggia un dvd”.
    “Un dvd?” risposi un po’ scocciato: “Quale?”.
    “Non lo so, scegli pure tu” disse e mi sorrise. Poi prese a salire le scale.
    “Vado a riposarmi un po’. Fai pure con calma e non scegliere una delle tue solite americanate” mi ammonì, sforzandosi di sorridermi con tutto l’entusiasmo che riuscì.

    -

    Trovare tutto il necessario non fu facile. Forse in quello stato, accontentare i gusti di Nicolò era meno difficile del solito, ma non volli deluderlo. Presi i brezel, la soda e persi un po’ di tempo a scegliere qualcosa che sarebbe potuto piacergli in un momento come quello.
    Al di là di tutto, non pensavo che quel momento sarebbe arrivato.
    La situazione attuale era quella: io ero stato risparmiato, ma Nicolò no. Perché?
    Cercai di darmi una risposta, anche dopo che la stessa domanda l’avevo posta più volte nella strada di ritorno con Nicolò da Jesolo.
    Aveva fatto qualcosa che l’avesse fatto particolarmente infastidire? A quanto pareva no.
    Ma, dopotutto, smisi di giustificarlo. Alfredo era un folle, infatuato di Nicolò e a cui, al di là di tutti i servizi per lui, non aveva infine accettato che il suo cuore non fosse per lui. Era una cosa infantile, quanto assai poco originale. Comunque, in qualsiasi caso la si volesse vedere, non c’era spazio per il perdono; ora ero relativamente calmo, ma non sapevo cosa sarei stato capace di fare se lo avessi avuto davanti.
    Non aveva risposto né a chiamate, né a messaggi. Anzi, a dire il vero, solo a uno, irritandomi ancor più e lasciando indifferente Nicolò. Questo recitava le seguenti scarne parole:
    “Non posso rispondere, mi spiace ma sono occupato. So che vuoi dirmi, ma non è come dite. Non posso aggiungere altro”.
    Vago, quanto prudente, Alfredo aveva negato, così come ci si aspettava, ma a cui non si poteva credere.
    Ecco perché, sempre più nervoso, contattai Teodoro prima di fare ritorno a casa di Nicolò. Anch’egli però, non fu molto esaustivo.
    Secondo la versione raccontata con tempestività al suo dirimpettaio, Alfredo era furibondo e negava di essere l’autore di quel misfatto. Inoltre, era dell’idea di far partire delle indagini interne per scovare chi dei suoi informatori aveva abusato del suo potere. Dopodiché, Teodoro tagliò corto, dicendo che egli stesso, così come Alessandro, Ajene e Jack, erano sotto torchio.
    Un po’ rincuorato dall’agitazione attorno ad Alfredo, parcheggiai la macchina e feci breccia verso il vialetto di casa.
    Hugo Cabret. Questo è il film che infine scelsi. Si trattava di un film di avventura e fantasia, uscito meno di un anno prima e cui ero convinto che Nicolò non avesse ancora visto. Avevo scelto un film più legato ai suoi gusti che ai miei, sicuramente meno sofisticati e comuni. Nicolò era un vero appassionato di cinema; guardava con piacere anche quelli di registi sconosciuti dell’est Europa, recensendo ogni aspetto filmografico. Scegliere dunque un film palesemente comico solo per cercare di divertirlo, sarebbe stata una scelta banale. Proprio adatta a me. Questo film parlava indirettamente del regista Georges Melies, un pioniere del cinema di intrattenimento, in contrapposizione con quello documentaristico dei fratelli Lumiere. Questo e pochi altri rudimenti della storia del cinema, gli conoscevo proprio grazie a Nicolò. Ero convinto che avrebbe gradito un film incentrato su quel tema, così come avrebbe apprezzato lo sforzo per non risultare banale.
    Sempre più soddisfatto della scelta fatta, girai la chiave ed entrai.
    “Nicolò sono tornato! Ho portato tutto, vieni! Guarda se ti piace il film, non farmi uscire di nuovo!” urlai rivolto alle scale, non vedendolo in giro.
    Rimasi un po’ scocciato per il fatto che non mi avesse né aspettato, né mi fosse venuto incontro dopo che l’avevo chiamato. Ma, dopotutto, non era il momento di essere inutilmente duro con lui.
    Lasciai la busta con il cibo e il dvd noleggiato a terra; solo allora notai un foglio di carta accanto al vaso per le chiavi.
    Presi il foglio; confermai di non averlo mai visto. Perché Nicolò aveva strappato un foglio di un quaderno e l’aveva lasciato lì?
    Lo girai e vidi che Nicolò aveva scritto alcune righe. Ne lessi l’inizio, solo due righe. Sopraffai subito la prima reazione di vertigine, ma non servì.
    Quando corsi di sopra e aprì la porta del bagno, era già tardi.

    Edited by ancient lover91 - 20/4/2017, 03:16
     
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  2. I'm Ciccio
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    dai dai dai sto sballando voglio io finaleeeeeeeee
     
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1 replies since 19/4/2017, 06:46   740 views
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