Come imparare a non preoccuparsi e ad amare il pisello

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  1. loras
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Ciao a tutti :) E' il mio primo racconto erotico. In realtà è pensato per essere il primo capitolo. Se vi piace lo continuo ^_^

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    Al liceo mi chiamavano un po' tutti Harry. Ho qualcosa negli zigomi, nella forma degli occhi e nel pallore che fa pensare a Daniel Radcliffe, l'attore di Harry Potter, ma per il resto combaciavo quasi alla perfezione con l'Harry Potter letterario: i capelli — castano scuro, quasi neri — li avevo lunghi, spettinati, mossi, portavo gli occhiali da vista ed ero molto magro. Per di più sapevo di essere gay. Nonostante fossi insospettabile, col fatto che ero uno sfigato al nomignolo di Harry si aggiungevano tutta una serie di prese per il culo.
    Il bulletto della classe si chiamava Simone. Alto più di 1.80, occhi e capelli neri, il fisico perfetto, né troppo asciutto né troppo muscoloso, di chi si è dedicato da sempre al nuoto. Sorriso smagliante da stronzetto, perennemente abbronzato. Simone era il primo a dare il via a questa serie di battute: "Quant'è lunga la tua bacchetta, Potter?" era il suo ritornello ricorrente. Una volta la professoressa di storia, durante le cui lezioni c'era sempre un brusio di sottofondo, mi ha colto impreparato a un'interrogazione e subito la voce di Simone si è levata dall'ultima fila: "Non ha potuto studiare perché ieri pomeriggio ha passato tutto il pomeriggio ad allenarsi sulla scopa."
    Simone non mi dava tregua. Non ero l'unico sfigato della classe e lui non era l'unico bulletto a prendermi di mira, ma per me aveva un'interesse particolare. Una volta mi ha calato i pantaloni di fronte alle ragazze, le uniche amiche che avevo (dettaglio vero ora come allora e che contribuiva alle voci che fossi gay). Se non stavo attento a ricreazione ovunque fossi mi tirava schiaffi sul collo, a volte così forti da farmi cadere gli occhiali o da lasciarmi l'impronta della mano. Quando dovevamo andarci a cambiare per l'ora di ginnastica, nello spogliatoio, capitava che mettendomi contro il muro mi stringesse il collo e fingesse di strozzarmi. Se finivamo sulle panche l'uno di fronte all'altro, mentre si cambiava ed era in mutande, se notava che il mio sguardo si posava anche solo per un istante sul suo corpo e sul suo pacco, se lo prendeva tra le mani e mi diceva, abbastanza forte perché lo sentissero tutti: "Vuoi vedere quant'è lunga la mia bacchetta?"
    Alle provocazioni però non rispondevo. Da una parte ero un codardo, dall'altra in fondo mi piaceva. Non ero mai stato con un ragazzo e il contatto con il suo corpo, in un modo distorto e che tuttora faccio fatica a capire, mi appagava. Un po' lo odiavo (mi metteva in imbarazzo di continuo e nessuno degli altri ragazzi voleva essere mio amico per paura che prendesse di mira anche lui), un po' lo invidiavo (io con sempre un nuovo brufolo in fronte, un baffetto in stile scuola media che lasciavo sempre crescere troppo e il corpo gracile prova del mio stile di vita sedentario, lui con la pelle perfetta, sempre rasato e le magliette a maniche corte anche d'inverno che nascondevano a stento i pettorali e i muscoli delle braccia). Una parte di me voleva prenderlo a pugni, ma per il resto volevo sapere davvero quanto fosse lunga la sua "bacchetta".

    E' all'ora di ginnastica che è cambiato tutto. Il professore andava per i quaranta e aveva i capelli già brizzolati, ma era ben messo e giovanile. Oltre qualche giro di campo e qualche esercizio ci permetteva di fare il comodo nostro: i ragazzi giocavano a calcio, le ragazze a pallavolo. Io mi tiravo sempre indietro. Guardavo i ragazzi giocare oppure mi aggregavo alle ragazze per la pallavolo.
    Il mercoledì di solito ci toccava dividere il campo con un'altra classe. Occasione perfetta per disertare, e non solo, anziché rimanere a congelarmi in pantaloncini a un lato del campo, c'erano abbastanza ragazzi da poter tornare negli spogliatoi a cambiarmi.
    Ero in mutande e stavo prendendo i jeans dalla sacca quando ho sentito qualcuno dietro di me. Manco a dirlo, era Simone: maglietta nera attillata, pantaloncini corti, scarpe da ginnastica consumate e soprattutto con il solito sorriso smagliante. Ed è con quel sorriso che mi ha spinto al muro, la mano al collo, la sua fronte contro la mia fronte, i suoi occhi spalancati nella perfetta imitazione di uno psicopatico. Come sempre però sono rimasto in silenzio, guardandolo con aria annoiata. Era il solito siparietto. L'unica differenza era che eravamo soli e io dalla vita in giù ero in mutande. Le scarpe da ginnastica erano già dentro la sacca, dovevo rimettermi le converse. Il muro era freddo contro le mie gambe. Un brivido mi è corso lungo la schiena.
    "Hai paura, eh?" mi ha chiesto Simone.
    "Ho freddo."
    La stretta al collo si è fatta più forte. Mi ha anche sollevato da terra, facendomi strusciare contro il muro, e adesso eravamo faccia a faccia. Le vene in evidenza sui muscoli del braccio.
    Mi mancava il respiro, ma riuscii comunque a dire: "Perché non vai a giocare con gli altri?" Come se fossimo dei pari, come se non mi stesse facendo male.
    "Perché, non mi vuoi qui con te, Harry?"
    Ho fatto spallucce e ho distolto lo sguardo. Ancora qualche secondo e la mano di Simone mi avrebbe lasciato, quegli occhi avrebbero smesso di fissarmi, le labbra sottili distorte in un ghigno se ne sarebbero andate.
    Mi ha riportato a terra. "Perché non reagisci?" Sembrava incazzato. Cos'è, voleva che lo picchiassi? Ho cercato di liberarmi dalla sua presa, ma in tutta risposta il suo sorriso si è allargato e mi ha stretto ancora di più. Era più forte. Qualunque mia reazione l'avrebbe solo divertito e rivelato quant'ero debole, ecco perché preferivo sopportare in silenzio.
    "Sei proprio un frocetto."
    E mi ha leccato la guancia. Dal mento, sfiorando in parte le labbra, fino a sotto l'occhio. Non ho mosso un muscolo. Ma era sbagliato, avrei dovuto reagire, fingere disgusto. Ero troppo sconvolto però per fingere una reazione da etero. E in fondo il contatto della sua lingua con le mie labbra aveva risvegliato qualcos'altro in me.
    "La bacchetta non mente." Mi ha strizzato il pisello semiduro attraverso le mutande. Si è leccato le labbra. Mi stava toccando il pisello però non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. E se qualcuno fosse entrato in quel momento? Non mi teneva più per il collo, però non riuscivo a muovermi. Con un dito ha allungato l'elastico delle mie mutande e con l'altra mano ha liberato il suo pisello: io ce l'ho nella media, ma il suo era spesso, grosso almeno venti centimetri.
    Si stava masturbando puntando il suo pisello nelle mie mutande. La mano destra per scappellarsi, la sinistra per tenere l'elastico delle mutande. Ha socchiuso gli occhi, ha preso a menarselo più forte, ansimando. E' venuto in qualche minuto in un gemito prolungato, inondandomi le mutande di sperma. Per qualche istante è rimasto con la fronte attaccata alla mia, gli occhi chiusi. Poi si è ripulito la cappella e le dita sul mio inguine, mi ha lasciato le mutande e mi ha dato qualche colpetto sul pacco umidiccio.
    "Come si dice?"
    Non sapevo cosa rispondere.
    Si è stretto a me, muovendo il suo pisello semiduro contro il mio. Mi ha preso il mento, mi ha sfiorato le labbra con le dita e ha detto "Ringraziami" in un sussurro. Una richiesta e un obbligo. Le sue dita puzzavano di sperma.
    "Grazie."
    "E ora ringrazia lui."
    Mi ha messo in ginocchio e mi ha spinto la faccia sul suo pacco. Gli ho abbassato i pantaloncini e ho baciato la cappella tra i boxer. Ho ripetuto "Grazie." Pensavo che non si sarebbe accontentato e che me l'avrebbe sbattuto in faccia, ma ha sorriso compiaciuto ed è andato in bagno. L'ho sentito pisciare. Dopo un po' è uscito senza guardarmi. Mi sono rimesso le scarpe, sono andato in bagno a togliermi il suo sperma incrostato tra i miei peli, ma prima di farlo mi sono sparato una sega.

    Edited by loras - 3/8/2014, 17:04
     
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  2. Langidus97
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    Il titolo é molto ilare, devo dire che mi sono messo a ridere quando l'ho visto.
    Per quanto riguarda il contenuto, mi è piaciuto, mi ha elettrizzato. Diciamo che ti sei impegnato per farlo rendere un evento probabile, come primo racconto non è male.
    Non amo molto quando la storia prevede dei soprusi da parte di uno dei due, ma quella variabile psicopatica mi ha stranamente eccitato xD

    Continua pure!
     
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  3. loras
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    Grazie! :) Mi sono ispirato al sottotitolo di un film di Kubrick ^_^ Avrà più senso quando finirò il racconto, forse col prossimo capitolo.

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    L'atteggiamento di Simone nei miei confronti dopo quel giorno è rimasto identico. Mi prendeva in giro in classe e mi colpiva esattamente come prima. Io da parte mia cercavo come sempre di evitarlo, ma diverse domande mi ronzavano in testa. Quello che era successo nello spogliatoio era destinato a rimanere lì? Simone era gay? Non aveva avuto una ragazza qualche mese prima? Forse era bisex? Perché se gli piacevano gli uomini e gli piacevo io mi trattava così male?
    Se ripensavo a quella volta nello spogliatoio mi assalivano un senso di impotenza misto a un senso di piacere. La vergogna di essermi fatto venire nelle mutande e di essermi segato subito dopo, ma anche il piacere del contatto col suo corpo.
    In un certo senso dovevo piacergli, mi dicevo. Però evitavo in tutti i modi che una situazione del genere si ripetesse.
    I giorni in cui avevamo ginnastica andavo a scuola direttamente con la tuta e le scarpe adatte. Mi cambiavo solo la maglietta. Tempo due minuti e già tornavo in classe. Dopo la corsa e gli esercizi andavo a giocare a pallavolo con le ragazze.
    Questo almeno finché non ci è ritoccato dividere il campo con l'altra classe. Non avevo posto tra le ragazze e neanche volendo avrei potuto giocare con i ragazzi perché erano troppi e già alcuni dei miei compagni dovevano aspettare il loro turno per giocare. I professori ci avevano lasciato per conto nostro per andare al bar, quindi avrei potuto cambiarmi e tornare in classe, ma avevo paura che Simone mi seguisse negli spogliatoi. No, la mossa più saggia era aspettare che anche gli altri andassero a cambiarsi.
    Visto che faceva freddo all'ombra sono andato sulle scalette anti-incendio, un punto tranquillo, isolato, al sole. Ho cacciato il cellulare e ho cominciato un gioco giusto per passare il tempo.
    "Ma che fai?"
    Simone era ai piedi delle scale, le braccia incrociate al petto. Sorrideva innocente.
    Ho cercato di mostrarmi tranquillo. "Niente."
    "Che hai lì?"
    Gli ho mostrato la schermata del cellulare. E' salito i gradini e si è seduto accanto a me, a gambe divaricate, spingendomi contro la ringhiera.
    "Posso provare?"
    Gli ho passato il cellulare e ha giocato senza dirmi nulla. Dopo un po' ha cominciato a perdere, però. Notavo che era distratto e che dai pantaloncini della sua tuta spuntava un'erezione.
    Mi ha restituito il cellulare dicendo "Dai, andiamo a cambiarci, non possiamo stare qui a non far nulla."
    "Penso che resterò qui ancora un po'" ho risposto.
    Mi ha guardato con un ghigno. "Andiamo, così te lo faccio succhiare. Lo so che lo vuoi."
    Ho fatto un'espressione orripilata. "Ma anche no, che schifo."
    "Ah ok, come preferisci." Si è leccato le labbra, si è guardato intorno, ma non serviva, non passava nessuno lì a quell'ora. "Allora ridammi il cellulare, voglio giocare un altro po'".
    Ho fatto per prenderlo dalla tasca, ma lui si è allungato verso di me, fingendo di prenderlo da solo… però anziché prendermi il cellulare dalla tasca mi ha afferrato l'uccello, senza mettermi le mani sotto i pantaloni della tuta. Ha cominciato a strizzarmelo e a masturbarmi non appena mi è diventato duro. Era allungato in parte su di me, ma sembrava toccarmi senza pensarci. Si è aggiustato il pisello nei suoi pantaloncini continuando a guardare altrove, pronto a lasciarmi se avesse sentito qualcuno arrivare.
    Ma non è arrivato nessuno a disturbarci. Nonostante la tuta e le mutande di mezzo, Simone mi stava dando piacere. Per la prima volta qualcun altro mi masturbava.
    "Dai, smettila…" ho mugolato. "Ora basta, dai, e se viene qualcuno?"
    Lui però continuava imperterrito, anzi, più gli chiedevo di smetterla, più ci si metteva d'impegno.
    Ho cercato di spostargli la mano o di alzarmi, ma era più forte di me, mi teneva fermo dov'ero. Non sapevo come fermarlo.
    Finché…
    "Smettila, sto per venire" ho detto.
    "E vieni".
    Perché voleva che venissi?
    L'avevo detto per finta, però. Ero eccitato, ok, ma in qualche modo l'idea di venirmi addosso mi frenava, per non parlare del fatto che fossimo all'aperto e che potenzialmente poteva sorprenderci chiunque.
    Anche Simone però ha capito che fingevo e dopo aver sbuffato si è avvicinato al mio orecchio e, con la mano sempre più veloce sul mio pacco, ha preso a sussurrarmi all'orecchio, la voce in falsetto, quasi femminile "Aaaah, sì, dai, che bel cazzone che hai, mettimelo dentro… Sono la tua troia… Sborrami in faccia, voglio mangiare la tua sborra… Aaah, come godo…"
    Sono venuto con un "Oooh" mentre mi mordicchiava l'orecchio. Mi sono sentito inondare le mutande e anche i pantaloni della tuta. Siccome erano blu elettrico, le macchie di sperma erano ben visibili sul mio pacco. Addirittura alcune gocce avevano raggiunto una delle gambe.
    "Cazzo, ma perché l'hai fatto?"
    "Andiamo negli spogliatoi, devi cambiarti."
    "Ho solo questi pantaloni, con cosa mi cambio?"
    "Non preoccuparti, ti presto i miei."
    L'ho seguito senza fiatare, coprendomi vagamente con la mano il cavallo dei pantaloni. Mi sentivo sudicio, non solo perché ero bagnato e sporco, ma soprattutto per quello che mi aveva fatto e dove l'aveva fatto, persino peggio dell'altra volta. Invece Simone camminava tranquillo, le mani in tasca, e a parte per il fatto che camminandomi davanti mi copriva vagamente da occhi indiscreti, neanche sembrava che stessimo andando insieme negli spogliatoi.
    Però siamo entrati insieme. Gli spogliatoi erano deserti. L'ho seguito finché non mi sono accorto che stava andando in bagno.
    "E i pantaloni tuoi?"
    "Che schifo, non ti vuoi lavare prima? Io comunque devo pisciare, aspetta un po'."
    In effetti aveva ragione. Di cubicoli ce n'erano tre, lui è entrato nel terzo. Io ho preso la carta igienica dal secondo, ne ho staccato un pezzo, l'ho bagnata e mi sono tamponato il cavallo dei pantaloni. Lo sperma però era all'interno, così mi sono tolto le scarpe e sfilato i pantaloni. Sui miei boxer grigio chiaro c'era una grossa macchia grigio scuro dall'esterno ed ero appiccicaticcio sul polpaccio destro.
    Per la seconda volta Simone mi aveva riempito le mutande di sperma, prima il suo, ora il mio. Se gli piacevo perché era così stronzo con me? Perché doveva umiliarmi sia con gli altri che da soli?
    "Quindi sei gay?" ho detto. Lui era ancora nel cubicolo, però non sentivo il rumore della pipì.
    Mi sono affacciato.
    La porta non era chiusa. I suoi vestiti erano ammucchiati a terra. Lui, nudo a eccezione dei calzini tirati fin sotto le ginocchia, si scappellava l'enorme attrezzo, seduto sulla tavoletta abbassata. Anche i coglioni non erano da meno. Non aveva manco un pelo, nemmeno sull'inguine, solo alcuni sulle gambe.
    "Succhiamelo, che aspetti?"
    Ero lì davanti al cubicolo, immobile, in mano un pezzo di carta igienica umidiccio, il pisello di nuovo semiduro.
    Stavolta non ero al muro, potevo andarmene. Però non avevo dei pantaloni puliti…
    "Se non me lo succhi dovrai uscire di qui e tutti vedranno che sei sporco di sborra. E se aspetti che ti si asciugano ti giuro che mi alzo, ci sborro io e già che ci sono mi ci pulisco anche il culo. Ok?"
    Chiaro. Mi sono avvicinato, ma non sapevo cosa fare. Il pavimento era sporco. Mi sono inginocchiato e ho avvicinato la testa al suo pisello. Non era esattamente pulito, sul glande c'erano dei piccoli grumi bianchi. L'ho preso per mano e ho provato a mettermelo in bocca. Subito al contatto con la lingua mi ha investito un sapore forte, amaro, e l'ho allontanato da me.
    "Che fai, ci hai ripensato?"
    "E' sporco."
    Mi ha tirato per i capelli. "Mettitelo in bocca tutto, subito, e comincia a leccare, frocetto".
    Ho riaperto la bocca, mi sono riavvicinato al suo pisello lentamente, lui però mi ha spinto e di colpo mi sono trovato il suo glande giù in gola. Mi tiravo indietro e lui mi rispingeva avanti, in fondo, fino a farmi toccare con le labbra i coglioni e la pelle rasata del glande. Ogni tanto mi scappava un conato e lui mi lasciava allontanare la testa, ma solo per spingerla poi più velocemente e più a fondo. Qualunque cosa avesse sul pisello ce l'avevo in bocca e mi è toccato ingoiarlo. Se il suo pisello era sporco, allora ero sporco anch'io, o perlomeno la mia bocca doveva avere il suo stesso odore. Non so perché questo pensiero mi eccitava e mi sono ritrovato toccarmi di nuovo mentre con l'altra mano reggevo il suo pisello.
    Lui si è alzato e tenendomi la testa ferma con le mani mi penetrava come se fossi un culo. Ho alzato gli occhi su di lui, i capezzoli duri e dritti, gli occhi socchiusi, l'espressione beata, qualche goccia di sudore sul petto e sotto le ascelle… e poi stava per venire.
    Ho fatto per allontanarmi, ma mi ha tenuto con le labbra attaccate all'inguine e alle palle e il getto di sperma mi è finito dritto in gola. Ho cominciato a tossire e Simone mi ha lasciato andare, un filo di saliva e sperma tra il suo pisello lucido e la mia bocca. Ho tossito, mi veniva da vomitare, ma Simone mi ha sbattuto il pisello sulla faccia a suon di "Ingoia, ingoia, ingoia", ora guardandomi sorridendo beffardo.
    Ho ingoiato senza distogliere lo sguardo da lui.
    Si è riseduto sulla tavoletta, il pisello che tornava a essere moscio ma sempre grande. Ghignava verso di me, la testa inclinata. Poi ha cominciato a rivestirsi.
    Mi sono alzato con le ginocchia doloranti. Mi sono passato una mano sulla faccia e ho trovato saliva e sborra sul mento e sulla guancia.
    "Quindi sei gay?" gli ho chiesto di nuovo.
    Simone si è voltato di scatto. Stava per darmi uno schiaffo, ma qualcosa l'ha fermato.
    Dietro di me c'era il professore di ginnastica. Ci fissava con tanto d'occhi. E il cellulare in mano.

    Edited by loras - 4/8/2014, 13:52
     
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  4. L Riuzaki
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    bel racconto! :) continua!
     
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  5. loras
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    Grazie! Questo è il penultimo capitolo, il prossimo è un epilogo, spero vi piaccia :)

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    Il professore se n'è andato dicendoci solo "Tornate in classe, subito". Ci siamo ripuliti e rivestiti. Ho messo i pantaloni sporchi della tuta nella sacca e Simone se non altro mi ha davvero prestato i suoi jeans, quindi è tornato in classe in pantaloncini. Per fortuna avevamo la stessa taglia.
    Sono tornato in classe in anticipo, Simone mi ha seguito dopo un po'. Non abbiamo parlato. Sotto la sua solita aria strafottente però sapevo che era teso. Di solito stando da solo con me in classe mi avrebbe preso in giro, invece si è messo al suo posto senza fiatare.
    Quando sono tornati anche gli altri compagni avevo l'impressione che sapessero che era successo qualcosa. E quando due ore dopo, nel mezzo dell'ultima ora, il professore si è presentato in classe per chiedere alla professoressa se potevamo venire con lui, in classe si è alzato un brusio. Avevo intuito cosa pensavano gli altri: le prese in giro e i ceffoni di Simone erano passati a un altro livello. Che ero tornato in classe con i suoi jeans e che lui fosse restato in pantaloncini non era passato in osservato. Probabilmente pensavano tutti che in qualche modo me l'ero fatta addosso, che il professore lo aveva sorpreso mentre mi umiliava e che per questo ci convocava per parlarci a quattrocchi.
    Ci ha condotto nel suo ufficio e ha chiuso la porta a chiave dietro di noi. In realtà non era un ufficio vero e proprio, era una stanzetta accanto alla palestra senza finestre, solo degli scaffali con attrezzatura sportiva, scartoffie, sedie pieghevoli e al centro una cattedra
    Il professore si è seduto dietro la scrivania e ha posato il cellulare sulla cattedra. Aveva i capelli brizzolati, corti, l'attaccatura dei capelli alta. Era muscoloso e abbronzato. Indossava una tuta da ginnastica e al collo aveva un fischietto. Si è tolto anche quello prima di parlare.
    "Non potete fare il porco comodo vostro a scuola, lo sapete, vero?"
    Abbiamo annuito. Eravamo davanti alla scrivania, in piedi, io con le braccia rigide che non sapevo come tenere, invece Simone con le mani in tasca e l'aria di ascoltare l'ennesima ramanzina.
    "Quello che avete fatto è contro le regole. Dovrei dirlo al preside, ai vostri genitori… Potrebbero persino sospendervi."
    Facevo fatica a non tremare. Simone era impassibile, gli occhi socchiusi.
    "I vostri genitori sanno che siete gay?"
    "No" ho detto.
    "Guardi che non ha capito niente, io non sono un frocio" ha detto Simone.
    Il professore ha alzato lo sguardo su di lui. "Innanzitutto levati le mani dalle tasche, con chi credi di star parlando? Mani dietro la schiena, schiena dritta, testa alta… Siete miei studenti da anni e neanche sapete stare in piedi come si deve."
    Il rimprovero era rivolto a Simone, ma ho seguito anch'io il comando.
    "Secondo" ha ripreso il professore, "mi sembra che te lo stessi facendo succhiare dal compagno qui presente. E gli hai eiaculato in bocca. E gli hai detto di ingoiare il tuo sperma. Se non è questo essere gay..."
    Sono diventato rosso come un peperone, ma mi sono sforzato di mantenere la testa e di rimanere immobile.
    Simone invece ha spostato il peso da un piede all'altro, come prendendo tempo a un'interrogazione.
    "L'ha voluto lui… mi ha costretto lui… ero in bagno a pisciare e mi è saltato addosso… è un frocio fatto e finito, sono anni che dice che vuole succhiarmelo…"
    "Non è vero!"
    Il professore fa un gesto come per azzittirmi. "E perché eri nudo, Simone?"
    "Mi stavo lavando, poi sono andato in bagno per pisciare e lui mi ha seguito e se l'è messo in bocca. L'ho lasciato fare perché così almeno smetteva di chiedermelo."
    Il professore l'ha guardato con un sopracciglio inarcato. Poi ha guardato me. "E' vero?"
    "No! Mi ha costretto a seguirlo… Ha detto che se non glielo succhiavo non mi prestava i pantaloni".
    Mi sono sentito sempre più rosso.
    "Perché doveva prestarti i pantaloni?"
    "P-perché i miei erano sporchi".
    Simone ha trattenuto a stento una risata. "E' un frocio, si segava mentre noi giocavamo. Viene sempre nelle mutande quando ci cambiamo, è un frocio e dura anche poco."
    "Non le creda, professore, mi ha costretto lui, mi ha fatto venire addosso così lo seguivo negli spogliatoi…"
    "Basta, non voglio sentire altro" ha detto il professore. "Ora spogliatevi. Entrambi."
    "Perché?"
    "Spogliatevi e basta, niente storie."
    Ci siamo tolti le scarpe, i pantaloni, la maglietta con lentezza. Siamo rimasti in mutande e calzini. Il professore ci guardava in attesa, a braccia incrociate, da dietro la cattedra.
    "Ho detto spogliatevi, vi voglio nudi. Subito."
    Stavolta ci siamo sfilati i calzini e tolti le mutande senza fiatare. Abbiamo ammucchiato tutto a terra e siamo tornati nelle posizioni iniziali, però con le mani a coprirci i genitali. Il pavimento era freddo e avrei preferito restare in calzini, per non parlare delle mutande.
    "Cosa vi ho detto prima? Petto in fuori, mani dietro la schiena, schiena dritta."
    Abbiamo eseguito l'ordine. Seguire gli ordini però mi stava eccitando e sentivo il pisello che mi si induriva… Cercavo di non pensare alla situazione, ma ero accanto a Simone col suo fisico da statua greca e il professore ci guardava da dietro la scrivania, gli occhi che studiavano i nostri corpi e che si soffermavano senza imbarazzo sui nostri piselli.
    "Lo vede, professore, a lui piace farsi dare comandi" ha detto Simone con un ghigno. "Fa tutto quello che gli si dice, è proprio un frocio. E' come le ho detto io."
    Il professore mi ha guardato negli occhi. "Non gli dici niente?"
    "Gliel'ho detto, sta mentendo."
    "Però hai un'erezione."
    Ho abbassato lo sguardo. Mi sembrava che adesso anziché arrossire mi si alzava il pisello, il che era ancora più imbarazzante. Mi sono istintivamente coperto di nuovo con la mano.
    "No no, resta dove sei" ha detto il professore. "Simone, direi che visto che lui è già eccitato è ora che glielo fai tu un pompino."
    "Che cosa?!"
    "Mi hai sentito. Chinati e prendilo in bocca senza fiatare."
    "Lei è pazzo, non farò nulla del genere." Simone si è diretto verso i suoi vestiti, ma il professore gli è andato incontro, l'ha presa per il collo e l'ha spinto contro la parete.
    "Non ci pensare nemmeno. Ora tu fai quello che ti dico, altrimenti dirò a tutti che razza di frocetto sei e come hai trattato questo poveraccio."
    "Non le crederà nessuno, crederanno a me e al professore pervertito."
    Il professore gli ha sorriso. Era più basso di Simone, ma tenendolo contro la parete solo col suo corpo e la mano sembrava più alto e più forte.
    "Vi ho filmati, testa di cazzo. E lui dirà la verità se si finirà in tribunale, non è vero?"
    "Sì."
    Simone mi ha guardato storto.
    "Molto bene" ha detto il professore. "Ora chinati e prendilo in bocca, basta perdere tempo."
    Il professore lo ha lasciato e si è andato a sedere sul bordo della cattedra. Simone si è diretto a passo lento verso di me. Mi ha guardato con un'espressione carica d'odio, ma si è chinato comunque.
    "A meno che tu non abbia qualcosa in contrario" ha aggiunto il professore guardandomi negli occhi. "Se hai qualcosa in contrario dillo. Così se il Simone qui presente ha ragione e ti eccita essere comandato posso costringerti a fartelo succhiare."
    "Non serve" ho risposto.
    Il professore ha riso. Simone, a qualche centimetro dal mio pisello, mi guardava con disgusto.
    Il professore ha intrecciato le braccia al petto. "Sbrigati, non abbiamo tutto il giorno."
    Ma Simone non si decideva, guardava il mio pisello come se fosse stata la cosa più ributtante del mondo. Il professore allora si è avvicinato e lo ha preso per la testa.
    "Facciamo così, stronzetto, ti guido io. Prendilo per mano."
    Simone me l'ha preso in mano.
    "Ora scoperchiagli la cappella, giocaci un po'."
    Simone ha preso a masturbarmi.
    "Ora leccagli la cappella. Solo la cappella. Assaporalo. E non sputare."
    Con un po' di esitazione e l'espressione sempre più disgustata, mi ha leccato la cappella come se fosse un gelato, mentre con l'altra mano mi teneva scappellato.
    "E ora mettitelo tutto in bocca, da brava troietta ciucciacazzi quale sei."
    "Non sono una troietta ciucciacazzi."
    "Invece sì. Di' che ti piace."
    Simone esitava. Il professore gli ha torto un orecchio, ma Simone non cedeva. Il professore gli ha spinto il mio uccello in bocca, su e giù. Gli occhi di Simone si sono riempiti di lacrime, ha fatto un rumore come se stesse per vomitare.
    "Ti piace?"
    Simone si è asciugato gli occhi, allontanandosi. Il suo pisello era semiduro, però.
    "Va bene" ha detto il professore. "Se non ti piace succhiare il suo proviamo col mio."
    Simone ha spalancato gli occhi e si è rituffato a succhiare il mio, ma il professore ha schioccato la lingua, si è calato i pantaloni e le mutande e gli ha messo il suo in faccia. Era un po' più lungo del mio, ma era più grosso e l'odore di maschio era più forte. La cappella era un po' lucida.
    Simone si è tolto il mio dalla bocca e si è avvicinato a quello del professore. Senza che gli dicesse nulla ha fatto come con me. L'ha scappellato, ha ruotato la lingua attorno alla cappella e ha cominciato a spompinarlo a occhi chiusi, le lacrime che gli rigavano le guance.
    "Vuoi metterglielo dietro?" mi ha chiesto il professore.
    Simone ha riaperto subito gli occhi, spaventato, s'è tolto il pisello dalla bocca e ha detto "No no, vi prego, il culo no, mi piace succhiare, amo i vostri cazzi, sono la vostra troia ciucciacazzi, ve li succhio per bene, ok? A lui non gliel'ho messo dietro, la prego, non ho fatto niente di male."
    Ma il professore non l'ha ascoltato. Si è aperto la giacca della tuta, l'ha buttata sulla cattedra e si è tolto anche la maglietta. Aveva il petto villoso, due capezzoli piccoli e a punta sui pettorali muscolosi.
    "Che vuoi fare?" mi ha chiesto di nuovo il professore.
    Simone si è ripreso il mio pisello in bocca mentre segava il professore, supplicandomi con lo sguardo, ma mi sono messo dietro di lui, mi sono chinato e l'ho preso per i fianchi, spingendogli il mio membro caldo e umido tra le chiappe.
    "Lavoratelo con le dita, prima. Aspetta, mettiti il preservativo."
    Il professore ha fatto il giro della cattedra con i pantaloni e le mutande a metà. Ha preso un preservativo da un cassetto, ma prima di tornare da noi si è tolto le scarpe e i pantaloni. Aveva le gambe pelose quanto il petto.
    Mi ha lanciato il preservativo e si è seduto a terra a gambe divaricate. Simone continuava a dire "No, no, vi prego, no", ma rimaneva immobile, facendo solo dei tentativi vani di allontanarsi. Lo tenevo per i fianchi. Poi il professore gli ha spinto la testa contro il pisello e Simone ha ripreso a succhiare, esponendo in questo modo il suo bel culo glabro. Gli ho baciato l'ano, che tutto sommato sapeva di pulito, e l'ho leccato, tenendogli le chiappe aperte con le mani. Poi mi sono leccato un dito e ho cominciato a lavorarmelo… ben presto gli ho ficcato anche l'altro dito, poi un terzo. Simone straordinariamente non faceva resistenza, anzi, sembrava che se lo fosse già allargato da solo.
    Dopo essermi messo il preservativo gli sono entrato dentro lentamente e ho cominciato a penetrarlo, spingendomi avanti e indietro, accarezzandogli il culo e schiaffeggiandolo. Lui gemeva, ma non sembrava più dispiaciuto, anzi, è venuto prima di me senza neanche toccarsi sul pavimento. Il professore gli accarezzava la testa, sorridendo a me e a lui come a darsi l'approvazione.
    "Se stai per venire fermati, vienigli in bocca anche tu, così siete pari."
    Sentivo di poter durare ancora un po' visto che ero già venuto prima, ma dopo un po' sono uscito dal culo di Simone e gli sono tornato in faccia. Il viso di Simone era trasfigurato, mi guardava come se non mi conoscesse o come se non fosse più lo stesso Simone di prima. Sta di fatto che dopo che mi sono sfilato il preservativo l'ho penetrato in bocca come lui aveva penetrato me nello spogliatoio, come se fosse un culo, tenendogli fermo la testa ed entrandogli e uscendogli dalla bocca sempre più velocemente. Quando ha visto che stavo per venire mi ha detto "No, in bocca no, ti prego", ma gli sono venuto in faccia, a fiotti, in modo incontrollato, l'orgasmo più bello della mia vita, il viso di Simone coperto dalla mia sborra. Si è leccato le labbra istintivamente, poi è rabbrividito.
    "Aspetta, vi pulisco io" ha detto il professore.
    Si è alzato, ha preso maglietta di Simone dal suo mucchio e gli ha ripulito la faccia, poi l'ha sfregata per bene contro la mia cappella e alla fine ci ha ripulito il pavimento, dove aveva eiaculato Simone.
    "Rivestiti e vai in classe" gli ha detto poi.
    Simone si è alzato, ha ripreso la maglietta sporca che gli porgeva il professore e se l'è messa anche se aveva macchie di sperma e puzzava. Aveva il culo ancora aperto e arrossato. Simone è uscito senza guardarmi. Dubito che sarebbe tornato subito in classe, conciato così avrebbe perlomeno fatto una sosta in bagno prima.
    Stavo per rivestirmi anch'io, ma il professore ha richiuso di nuovo la porta a chiave.
    "Cos'è, ti sei già stufato?"
    "Pensavo…"
    "No, non pensare. Quello stronzo ha detto che ti piace essere comandato."
    "Mi ha costretto a fare tutte quelle cose…"
    "Ma ti è piaciuto."
    Il professore si è seduto di nuovo a terra e ha indicato il suo cazzo ancora in tiro. "Devi far venire anche me."
    Mi sono chinato sul suo cazzo, lui però mi ha preso il mento tra le dita. "Non così in fretta. Oggi ti darò una lezione di vita molto importante. Non puoi farti mettere i piedi in testa da quello stronzetto. Lui e quelli come lui non hanno potere su di te. A lui gli piace il cazzo, si vede lontano un miglio, e ha solo paura di ammetterlo. Anche se chissà, magari oggi l'ha capito… Ma stavo facendo un altro discorso. Non farti mettere i piedi in testa da quelli come lui. Non hanno potere su di te. Invece io sì ed è dai tipi come me che ti devi far sottomettere. Ora ti metto i piedi in testa io. Letteralmente. Leccameli."
    I piedi del professore erano almeno un quarantadue. Gli ho levato il calzino e l'ho avvicinato alla bocca. Lui me l'ha spinto in faccia, spalmandomelo su mento, fronte, guance, naso, persino sui capelli. Sapeva di piedi, ma anche di pulito, e mi sono ritrovato ad allungarci la lingua senza che lui me lo ripetesse. Tenendolo per la caviglia, con gli occhi chiusi, gli ho leccato la palma del piede dal basso verso l'alto, come se glielo stessi pulendo. Poi mi sono ficcato gli alluci in bocca. Guardavo il professore leccandogli le dita come se fossero un pisello, ficcandomene in bocca due o tre alla volta. Non mi piaceva così tanto da eccitarmi di per sé, ma mi piaceva che me lo stesse comandando, la strafottenza con cui mi spingeva il piede in faccia o buttava la testa indietro, come se fossi una "cosa" sua e fosse mio dovere procurargli piacere e ripulirlo per bene. Mi incalzava a forza di "Vai così, troietta, fai godere il tuo professore, da bravo", mentre si accarezzava l'uccello.
    Non sono passato all'altro piede, invece gli ho baciato i coglioni e gli ho leccato l'asta. Lui però mi ha fatto salire su di lui, strusciandomi il cazzo sul culo per un po', muovendo il bacino come se mi stesse penetrando. Mi ha persino baciato, cosa che mi ha quasi sorpreso visto che finora mi ero ritrovato a provare di tutto tranne che a baciare un uomo sulle labbra. Mentre insinuava la sua lingua dentro la mia bocca, mi sono ritrovato a spingermi il suo cazzo dentro il mio culo. Non ero mai stato penetrato, lo tenevo aperto come se avessi dovuto cagare, e visto che me l'ero già allargato un po' in passato non ho avuto problemi a ficcarmelo dentro. Mi ci sono seduto sopra gemendo, mi ha fatto un male cane, ma me lo sono tenuto comunque dentro e anzi l'ho spinto più a fondo, facendo su e giù da solo. Accarezzavo il petto del professore lui mi accarezzava le braccia.
    "Sto per venire..." ha detto.
    Ma non mi sono alzato, anzi, ho continuato a farmi penetrare sempre più velocemente. Mi ha sborrato dentro, ho sentito il calore della sua sborra dentro di me, e per la terza volta sono venuto anch'io, anche se sborrando molto di meno, col cazzo quasi dolorante. Il professore mi ha detto di alzarmi e di "cagargli" addosso lo sperma, sopra il mio, sul suo petto villoso, e così ho fatto. Poi l'ho mangiato, leccandogli prima i capezzoli e ripulendogli il pisello moscio. Lui mi teneva abbracciato e mi incitava con altri "Bravissimo, renderai felici molti altri uomini".
    Dopo essermi ripulito e rivestito e prima di uscire mi ha baciato di nuovo, afferrandomi per il culo e strusciando i nostri cazzi. Sentivo nella sua bocca il sapore di piedi e sborra. Avrei voluto rimanere lì per sempre e farlo godere in tutti i modi che voleva, ma mi ha fatto uscire. Una volta aperta la porta si è congedato dicendo questo "Non farti mettere i piedi in testa da nessun altro."
    Quando sono tornato in classe la campanella dell'ultima ora era già suonata e se n'erano andati tutti. Ho ripreso la mia roba e sono tornato a casa, chiedendomi come sarebbe stato d'ora in avanti con Simone.

    Edited by loras - 7/8/2014, 14:02
     
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  6. L Riuzaki
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    sono curioso di leggere il finale :)
     
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  7. loras
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    Ecco l'epilogo. Grazie a tutti quelli che hanno letto fino alla fine e a Langidus e L Riuzaki per aver commentato ^_^

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    Da quel giorno in poi la mia vita al liceo è stata in discesa. A parte qualche battutina dagli altri bulletti, non dovevo più subire attacchi fisici o prese in giro palesi di fronte ai professori. Ho persino stretto amicizia con un paio di compagni che fino a prima evitavano di parlarmi per paura di essere presi di mira come me.
    Ci ho provato col professore di ginnastica. Lui ha fatto finta di niente. Quando ho insistito che ci rivedessimo fuori dalla scuola, ha fatto una faccia sconvolta e mi ha detto "Non si può fare. E' stato bello, ma era sbagliato. Sono il tuo professore, tu non sei neanche maggiorenne… Però fammi sapere se Simone ti crea di nuovo problemi."
    Per Simone avevo smesso di esistere. Niente più "Harry", niente più battute sulla bacchetta e sulla scopa, niente più ceffoni o incontri ravvicinati negli spogliatoi. Gli altri pensavano che il professore gli avesse parlato e l'avesse minacciato di sospendermi se mi avesse fatto di nuovo male, qualunque cosa credessero che mi avesse fatto.
    Nessuno sospettava di quello che era successo col professore. O che fossi gay. O che lo fosse Simone.
    Andava tutto bene. E senza che potessi prevederlo le cose sono migliorate.

    Passato qualche mese, ero di nuovo su quella scala anti-incendio durante l'ora di ginnastica. Il tempo era perfetto per stare al sole ad abbronzarmi senza patire troppo il caldo. Mi ero portato l'iPod e ascoltavo la musica giocando col cellulare. Dopo un po' mi sono stufato di giocare perché con la luce faticavo a vedere lo schermo, così ho chiuso gli occhi e mi sono appoggiato con le spalle alla ringhiera.
    Qualcuno seduto accanto a me mi ha dato una ginocchiata amichevole. Ho aperto gli occhi: era Simone.
    Il sole negli occhi mi aveva lasciato un po' stordito perché mi sembrava che accennasse a un sorriso senza nessuna ironia o cattiveria, addirittura timido. Mi sono tolto le cuffie senza dire nulla.
    "La risposta è sì" ha detto lui.
    "Sì cosa?"
    "Quello che mi hai chiesto quella volta." Faceva evidentemente fatica a dirlo. "Sono come te."
    Il cuore ha cominciato a battermi più velocemente. Non mi aspettavo nulla del genere.
    "Non ti piacciono le ragazze?" gli ho chiesto.
    "No… A te?"
    "Nemmeno."
    Simone ha annuito guardandosi intorno. Non c'era nessuno nei paraggi però.
    "Mi dispiace per come ti ho trattato in tutti questi anni" ha detto lui. "Non so dirti neanche perché… credo che vedessi in te quello che non volevo accettare in me."
    Non sapevo che rispondere. Lui ora guardava a terra, le gambe divaricate, le braccia sulle ginocchia, un po' come un giocatore in panchina stanco dopo una partita.
    "Vabe'…" ha detto.
    E ha fatto per alzarsi, ma gli ho messo una mano sul ginocchio per fermarlo.
    Mi ha guardato dritto negli occhi.
    Non so come spiegarlo, ma non vedevo più il bullo che mi aveva tormentato per anni, vedevo un ragazzo della mia stessa età, spaventato quanto me del giudizio degli altri, e tutto trovava un senso… Persino il discorso del professore sul potere che Simone non aveva su di me.
    L'ho preso per la testa e l'ho avvicinato a me. Le nostre lingue si sono incontrate e abbiamo giocato l'uno con la lingua dell'altro, lentamente. Qualcosa mi ha fatto intuire che fosse il primo bacio che dava a un maschio.
    Dopo poco però lui si è staccato e si è guardato intorno, temendo che potesse arrivare qualcuno. Ci siamo tenuti per mano per un po', intrecciando e strecciando le dita.
    "Ti va di provare a stare insieme?" ha chiesto.
    "Ok" ho risposto.
    E siamo tornati insieme al campo dagli altri, tenendoci per mano finché eravamo soli.
     
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  8. L Riuzaki
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    carino l'epilogo :) speravo in qualcosa di movimentato, ma è bello anche così :)
     
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  9. DevidBlanco17
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    proprio bello!
     
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  10. bi0nd0
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    Bello
     
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  11. david95.
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    l'ho letto tutto, bellissimo racconto, ma soprattutto avvincente ! Che bello, ma non ci sarà un continuo?
    Mi sarebbe piaciuto anche a me conoscere un Simone quando andavo a scuola... :)
     
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10 replies since 31/7/2014, 13:35   8529 views
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