GAME OF THRONES

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  1. Angel Riko Plum
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    Tratto dalla serie di Romanzi di R. R. Martin della raccolta Le Cronache del ghiaccio e del fuoco.
    Consiglio di Controllare su Wikipedia o su altri siti specializzati se volete avee un idea della divisione dei romanzi.
    Game Of Thrones è il titolo della prima raccolta di due romanzi, ed è il titolo scelto per tutta la saga.

    GAME OF THRONES
    Video



    Somewhere off in the distance, a wolf was howling. Crows circled the broken tower, waiting for corn.
    Ispirata originariamente alla Guerra delle Due Rose – tanto che i nomi delle due Nobili Case più importanti di Westeros ricordano da vicino gli York e i Lancaster della storia inglese – A Song of Ice and Fire è, a parere di chi vi scrive, la più importante opera fantasy dopo l’ovvio e seminale The Lord of the Rings di J. R. R. Tolkien. Le ragioni sono molteplici e spiegarle qui equivarrebbe a rovinare molte delle sorprese che aspettano chi si avvicina a questa storia per la prima volta. Per ora basti questo: a differenza dei molti, forse troppi, epigoni tolkeniani, George Martin si è avvicinato alla materia narrativa più con il rigore dello storico che con l’inventiva del creatore di leggende e ha fatto del realismo, psicologico prima di tutto, la vera cifra stilistica della saga.
    Se questo metodo, da un lato, ha portato ad una mitopoiesi assai più semplice di quella di Tolkien, il cui ideale, bisogna ricordarlo, era il poema epico, dall’altro ha consentito a Martin di concentrarsi sui personaggi che animano le sue pagine e che, in mancanza di una divisione manichea fra Male assoluto ed esemplari eroi aragorniani, sono il vero motore – umano, troppo umano – della storia. Certo, non mancano gli elementi meravigliosi, e gli White Walkers che abbiamo intravisto nel prologo sono lì a ricordarcelo, ma questi non hanno mai la precedenza sul dramma che scaturisce dalle complesse dinamiche dei personaggi, dallo scontro delle loro diverse e conflittuali visioni del mondo. Anzi, più spesso, servono invece a sottolinearlo.
    La domanda, a questo punto, non è se David Benioff e Dan Weiss (entrambi romanzieri ancora prima che sceneggiatori) siano riusciti a trasportare sul piccolo schermo tutte le minuzie di cui è intessuto il testo di Martin, impresa impossibile in partenza, considerando che la saga consta già di più di tremila pagine fittissime di nomi, date ed eventi (per darvi un’idea: solo l’elenco dei personaggi occupa, nell’ultimo volume italiano pubblicato, ben settantuno pagine). La domanda, più appropriatamente, è se siano riusciti a rimanere fedeli all’identità della saga e a trasportare sullo schermo ciò che ha reso A Song of Ice and Fire un unicum nel panorama letterario, con buona pace di quei (pochi, per fortuna) critici che ancora guardano al fantasy come ad un paria della letteratura: la profondità e la complessità dei personaggi, sempre delineati – dai grandi protagonisti alle comparse cui viene dedicata a malapena una riga – come individui a tutto tondo dotati di un approfondito background sociale e culturale e, soprattutto, di una moralità ricca, sfaccettata, crepuscolare.
    Adesso, dopo aver visto questo pilot, possiamo dire che la scomessa è stata vinta.
    We were meant to rule together. Robert Baratheon ed Eddard Stark hanno combattuto insieme contro il tiranno Aerys II Targaryen, il Re Folle. Insieme hanno liberato il regno e conquistato l’Iron Throne. Ora che il suo secondo in comando, Jon Arryn, Hand of the King, è morto – consumato da una febbre, si dice – Re Robert torna dal suo vecchio amico, con una proposta che suona insieme come una supplica ed un ordine: “You helped me win the Iron Throne, now help me keep the damn thing” dice Robert mentre visita la cripta di Winterfell, dove riposa Lyanna, sorella di Eddard, sua promessa sposa, assassinata, così si racconta, dai Targaryen. Inizia tutto da qui, dalla morte di Jon Arryn e dal mistero che la circonda, mistero di cui, per ora, non cogliamo che i primi indizi: “What if he told someone?” chiede la regina Cersei al fratello gemello, davanti al cadavere del vecchio consigliere. “If he told the king, both our heads would be skewered on the city gates by now” risponde Jaime. Che cosa sapeva Jon Arryn è la domanda che ci accompagnerà per gran parte della prima stagione, ma, per ora, Benioff e Weiss scelgono di non insistere troppo sul mistero e si prendono il tempo necessario per introdurre i personaggi. Non cadono, fortunatamente, nel tranello di dialoghi facilmenti espositivi e scelgono invece di tratteggiare i personaggi con poche, efficaci scene che ce li mostrano nella loro quotidianità: Eddard che pulisce la sua spada nel Godswood di Winterfell, Catelyn che sorprende il figlio Bran mentre scala le mura della fortezza, Robb e Jon (il figlio illegittimo di Lord Eddard) che scherzano tra di loro. E poi ancora Tyrion the Imp che dà mostra della sua lingua sferzante e dei suoi appetiti voraci a letto con una prostituta, Sansa che scambia occhiate fugaci con il futuro principe, Arya che indossa un elmo e sgattaiola su un carro per vedere l’arrivo del Re. E proprio il Re è il protagonista della scena migliore. C’è un’asciuttezza dolorosa nel modo in cui accarezza la guancia di pietra di Lyanna che dice più di mille parole. E la sua unica frase, concisa, diretta, senza ghirigori e inutili spiegoni, è perfetta: “In my dreams, I kill him every night.” Sentiamo che c’è un mondo dietro Robert, dietro tutti questi personaggi, ma quest’impressione non viene mai forzata. Scaturisce invece naturalmente dalle scene, che – qui nel freddo nord – sono buie, sgranate, consumate, sporche.
    When they write the history of my reign, sweet sister, they will say it began today. Al contrario, quelle ambientate al di là del Narrow Sea, nella città libera di Pentos, illuminate da un sole dorato e da colori caldi come il rosso e l’arancione, introducono con sfarzo il mondo decadente di Viserys Targeryen, ultimo figlio di Aerys II, “the Beggar King,” disposto a tutto pur di riconquistare il trono che fu della sua famiglia. Anche vendere la sorella, Daenerys, a Khal Drogo, signore dei Dothraki. Tutti gli attori – Sean Bean in primis, ma anche Mark Addy, Nikolaj Coster-Waldau, Michelle Fairley, Lena Headey – danno un grande prova in questa prima ora, ma Harry Lloyd è Viserys Targaryen. La scena in cui spoglia Daenerys, le accarezza i seni e le sibila “I need you to be perfect today. Can you do that for me?” basta da sola a rendere gli abissi della sua ambizione, tanto quanto la minaccia che segue – “You don’t want to wake the dragon, do you?” – ci restituisce la frustrazione e la rabbia repressa che covano dentro di lui. Al contrario, Emilia Clarke (Daenerys) non ha molto da dire in questo pilot, ma fa tutto con gli occhi. La scena in cui, nuda, con le spalle prostrate, le labbra che tremano, si immerge nell’acqua bollente dal bagno è, semplicemente, bellissima. Come bellissimo – la messa in scena, qui, si è superata – è il matrimonio Dothraki, violento e animalesco come i barbari stessi. Convincente anche l’interpretazione di Jason Momoa come Drogo, che riesce a conferire al personaggio il giusto fascino ferale, evidente soprattutto nell’ultima scena in riva al mare, pure così diversa da quella dei libri.
    I’ve always wanted to see the Wall. Molte preview avevano definto il pilot una “festa per gli occhi,” e avevano ragione. Dall’immensa distesa di ghiaccio della Barriera all’estetica fangosa di Winterfell, dalle ampie viste di Pentos a quella da mozzare il fiato di King’s Landing, gli ambienti scaturiti dall’immaginazione di Martin prendono vita sullo schermo in modo affascinante e realistico. E, soprattutto, fitto di minuscoli dettagli – nei costumi delle donne Dothraki, in quelli opulenti della regina Cersei e in quelli più grezzi delle donne del Nord; nei dettagli architettonici della sala del trono, della camera da letto di Eddard, della cripta; nei piccoli riti a cui assistiamo, dal funerale di Jon Arryn alle lezioni di cucito di Sansa e Arya – che, se da un lato faranno la gioia dei fan di vecchia data (come i fermagli a forma di teste di drago di Daenerys), dall’altro riempiono lo schermo anche per chi si accosta per la prima volta alla storia, dando, ancora una volta, l’impressione coerente di un mondo vivo, vero. Parimenti da lodare la regia, del veterano Tim Van Patten, che non si perde in troppi fronzoli e rimane sempre addosso ai personaggi, per permettere a tutti di familiarizzare con loro, anche con quelli – come Arya, ad esempio – che in questo pilot hanno un ruolo estremamente marginale. Eppure la cura per i particoli è così ricca che di ogni personaggio, ancora prima che apra bocca, riusciamo a vedere la storia. Non ci sono dubbi che, con il procedere degli episodi, assisteremo per forza di cose a dialoghi più lunghi, più spiegati, per così dire, ma l’equilibrio in questo pilot è praticamente perfetto.
    In sostanza, visto che mi sono dilungato fin troppo, Game of Thrones mantiene la promessa di raccontare una storia adulta e avvincente, di quelle che ti spingono a voltare ancora una pagina, ancora una. La sceneggiatura evocativa, la recitazione eccellente, la grandeur visiva… tutto concorre a creare un’atmosfera sontuosa, che nel gioco fra una luminosità accecante ed una nebbia che sembra divorare i contorni delle cose trova un’estetica densa, potente, affascinante. Certo, questo “Winter Is Coming” non ci catapulta ancora nel fitto della trama, procede con ritmi più lenti, lasciandoci il tempo di meravigliarci davanti alle miriadi di particolari che arricchiscono ogni scena, di conoscere i luoghi e i volti, di comprendere la posta in palio. Come in una partita a scacchi, metafora quanto mai adeguata per il “gioco del trono,” abbiamo disposto i pezzi sulla scacchiera, in rigide file ordinate. Non sappiamo ancora come ci muoveremo, che pezzo sceglieremo di muovere, ma già si intuisce che sarà una grande partita.
    [www.serialmente.com]

    Se interessa provvederò a cercare gli episodi ^_^
     
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  2. Angel Riko Plum
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    Il 14 luglio 2011 la serie ha ottenuto 13 candidature ai Primetime Emmy 2011, incluse quella per la "miglior serie televisiva drammatica" e quella per il "miglior attore non protagonista", premio vinto da Peter Dinklage il 18 settembre. Il 12 settembre 2011 la serie ha ricevuto un Creative Arts Primetime Emmy Award per il "miglior design di una sigla".
    Il 7 agosto la serie è stata premiata come "miglior nuova serie televisiva" alla 27ª edizione dei Television Critics Association Award.
    La serie ha ottenuto sette candidature agli Scream Award 2011,[92] vincendo nelle categorie "miglior serie televisiva", "miglior attore non protagonista" (Peter Dinklage) e "miglior attrice esordiente" (Emilia Clarke).
    Emilia Clarke ha vinto un EWwy Award nel 2011 come miglior attrice non protagonista.
    Il 24 ottobre 2011 CableFAX offre il riconoscimento come "miglior serie televisiva trasmessa via cavo".
    (wikipedia)
     
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  3. Angel Riko Plum
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    Ecco il primo episodio: www.videoweed.es/file/mjx0ismzt2u8v

    ( devo mettere la fonte o è ritenuto spam? )
     
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2 replies since 27/10/2011, 15:08   47 views
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