Signor Giudice

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  1. gaywriter
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Signor Giudice mi lasci spiegare.
    So di aver sbagliato, so che non avrei dovuto farlo. Però ho una giustificazione in qualche modo, è da dieci anni che lo amo, in silenzio ma lo amo. Sono dieci anni che la mia mano finge di essere il suo corpo, ero solo un adolescente allora, 15 anni appena, quando capii di amare il mio migliore amico. L’adolescente è cresciuto e con esso l’amore.
    Non dovevo, me ne rendo conto, ma la carne è debole e l’amore è forte, urla e zittisce la ragione.
    Adesso le racconto, le spiego bene cos’è accaduto.
    Eravamo usciti quel sabato sera, come sempre, io e lui gli amici inseparabili anche se, per me, lui era l’amore della mia vita.
    Sa com’è, da ragazzi la sera si beve ed eravamo arrivati in discoteca che già eravamo brilli.
    Io mi trattenevo come sempre, come in tutti questi anni, evitavo gli occhi dolci, evitavo di prendergli la mano, evitavo di dichiarargli il mio amore. Non le dico quanto male faceva ogni volta vedere che ci provava con qualcuna, vedere che la rimorchiava e che se la sbatt…, mi scusi il linguaggio, ci faceva sesso in macchina o nei bagni. Io restavo lì ad attenderlo fra drink e sigarette. Certe volte mi chiudevo in bagno e la mia mano accendeva il sogno del suo corpo, altre volte, se ero fortunato, per così dire, un ragazzo ci provava e io ci stavo, lasciavo che nell’angusto spazio del cesso lui s’inginocchiasse e che la sua bocca accogliesse il mio cazzo ed il mio seme. Io chiudevo gli occhi e sognavo Giuseppe, immaginavo che fossero le sue labbra e la sua lingua a darmi piacere. Godevo ma era tutto finto, restava in me solo amarezza e solitudine.
    Quella sera signor Giudice, quella sera l’avevo visto allontanarsi con quella bionda, non mi chieda il nome o com’era il suo viso, non lo so, facevo in modo di non vederla, d’ignorarla, l’avrei odiata senza nemmeno conoscerla.
    Il mio Giuseppe si allontanò con lei, sorridendomi come sempre, con lo sguardo del vincitore, quel sorriso beffardo. Chissà se era consapevole del male che mi faceva in quel momento, chissà se capiva che trafiggeva il mio cuore con lame roventi.
    Quei minuti in cui il suo cazzo si muoveva in lei per me erano angoscia, l’inferno in terra.
    Recitai la parte dell’amico felice, finsi che avevo rimorchiato anch’io un ragazzetto che mi aveva fatto un pompino, ma non era vero, ero a pezzi e ogni pezzo di me mi lacerava l’anima.
    La serata era finita signor Giudice e io e Giuseppe siamo tornati a casa. Avrei dormito da lui quella sera, casa sua era vicina al locale e l’avremmo raggiunta a piedi, non siamo persone che guidano ubriache.
    Avrei dormito da lui, come quasi ogni sabato sera, quella piccola gioia di dividere castamente il letto con chi ami.
    Lo signor Giudice, quella sera è andata diversamente, ora le spiego.
    Lui era più ubriaco di me, non lo so, forse solo più stanco. Io ero in grado di liberarmi dei vestiti e lui un po’ meno. L’avrei aiutato io, come mille altre volte, non sarebbe successo nulla, come sempre, ho sempre avuto autocontrollo nonostante questi sentimenti.
    Lui non dormiva, era sveglio, morbidamente rilassato direi.
    Era bello sorreggerlo, era bello sentire il suo calore e quel braccio che mi cingeva mentre si sosteneva.
    Lo feci sedere sul letto, su quel letto matrimoniale che avremmo diviso quella notte, come tante altre.
    Gli tolsi le scarpe e le calze e nel mentre lo guardavo in viso. Non le so dire quanto fosse bello, ma lo vede anche oggi in quest’aula che è splendido. Gli slacciai la cintura e gli sfilai i pantaloni. I suoi boxer scuri evidenziavano il suo pacco, mezza erezione forse pensava ancora alla ragazza della discoteca, una macchia bianca era il segno del suo orgasmo avuto con lei, non si era pulito bene dopo essersi sfilato il preservativo.
    Gli tolsi la camicia ed i suoi pettorali si mostrarono ai miei occhi. Li accarezzai distrattamente, come se non fosse quello l’obiettivo ma solo sostenerlo. I muscoli erano duri, i peletti accorciati pizzicavano piacevolmente la mia pelle.
    Lo feci distendere e si girò subito sul fianco. Mi distesi dal lato opposto del letto, guardai il suo culo messo in risalto dal leggero tessuto elasticizzato dei boxer.
    Le sue natiche sode tenevano tesa la stoffa, risaltavamo meravigliose. Il mio cazzo si svegliò e poi fu tutto un attimo. Dieci anni di sentimenti repressi, di desideri inespressi presero il sopravvento.
    Lo girai delicatamente a pancia in giù, non oppose resistenza. Non disse nulla e non si oppose nemmeno quando gli sfilai i boxer e piazzai un cuscino sotto la sua pancia. Non dormiva però, non penso dormisse, non completamente magari.
    Il suo meraviglioso culo era davanti ai miei occhi adesso. Accarezzai le sue natiche leggermente pelose, erano meravigliose.
    Allargai le natiche e misi in mostra il suo buchino. Mi tuffai con la lingua e leccai con piacere quel dolce prelibato, desiderato. Lui gemeva, godeva nel sonno, forse non dormiva, non lo so.
    Con l’indice poi gli sfiorai quella rosellina, entrò subito, eccezionalmente elastico per essee vergine. Lo mossi su e giù, dentro e fuori, poi le dita divennero due.
    Allargai le sue natiche ed il suo buchino, più dilatato di prima, mi chiamava voglioso. Mi sputai sulla mano e lubrificai il mio cazzo, poggiai la cappella e scivolai in lui, lo forzavo senza metterci forza. Disteso su di lui, il mio membro si muoveva in lui, gli ho strappato anche un bacio in quel dormiveglia, gli ho strappato anche un bacio prima di lasciargli il mio sperma dentro.
    Poi la stanchezza vinse, il rilassamento che segue all’orgasmo prese il sopravvento.
    Mi dica signor Giudice quanto grave è la mia colpa, quanta colpa ha l’amore che mi porto dentro. Mi dica signor Giudice se è giusto che sia qui, se devo subire una punizione.
    Mi dica signor Giudice perché mi trovo qui, accusato di violenza quando il mattino dopo mi sono svegliato con delle labbra che si muovevano sul mio membro. Non ho parlato in quel momento, non ho detto niente, mi sono goduto quello che nel dormiveglia credevo fosse il sogno dell’amore della mia vita che succhiava il mio cazzo.
     
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    stefanoroma

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    ironico e sexy
     
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