Sex Trip

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  1. spleen boi
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSUALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    Piccola premessa: se vi aspettate il tipico racconto osceno, spinto e privo di senso, con descrizioni iniziali banali e schematiche... VADE RETRO.

    TITOLO: Sex Trip
    AUTORE: spleen boi (Wang Puppy su EFP)
    CATEGORIE: young, scolastico, angst, introspettivo, malinconico, lemon, fluff



    Prologue



    « Lì. »
    Un gemito levitò nel vuoto - a vibrargli fu proprio l'anima -, solo il cigolio del letto incrinò il morbido silenzio che s'era poggiato, tenue, ai bordi delle labbra dei due.
    Lambire la bocca di Mark fu per Jackson un desiderio irrefrenabile; stringerlo al buio, forse, una richiesta inconfondibile.
    C'era arte nel modo in cui il bacino del rossiccio premeva contro le natiche tese del ragazzo platino, poesia nello scorrere ripetitivo della sua intimità fra le viscere umide e convulse del suo amore, alchimia nella forza incessante con la quale si cercavano, acciuffavano - e graffiavano, di tanto in tanto -, coperti da quella che parve loro l'ombra più oscura e pesta della camera dei suoi.
    Perché Jackson era un piglia-in-culo senza sosta speranze.
    Perverso, imprevedibile. Inafferrabile, mistico, vacuo, fatuo. Egli era la notte, egli era il vespro e l'alba insieme. Il fascino dei suoi zigomi affilati e definiti, l'incanto della sua bocca rossa come le ciliegie e gonfia, gonfia di preziosa eroticità: il corpo suo tutto urlava di non voler nient'altro che esser saziato da chi di dovere.

    Ne aveva avuta di sfacciataggine per infiltrarsi in quella stanza, così, con nonchalance. Si era poi spogliato di ogni abito ed era affondato goffamente sul materasso, per chiamare il maggiore e offrirgli la piccante visuale di una posa indecente, avvolto nel lunghissimo nastro da ginnastica della sorella.
    Dai fianchi in giù correva una serie di fasci in stoffa pregiata a comprimere ed esaltare la carne viva celata al di sotto. Naturalmente, il nastro non copriva le zone più osé.
    Aveva puntellato le coperte con le ginocchia - gambe sconciamente divaricate - per mostrargli impudicamente il sempreglabro paio di glutei, sodi ma pieni, che confinava con una coppia di cosce magre. Le gambe, toniche e slanciate, a dondolare a ritmo alterno.
    E i piedi, quei piedi... così invitanti da scatenargli una reazione di palese spaesamento.
    Con un palmo a sopprimere - o a tastare? - l'incipit d'erezione al cavallo dei jeans e una mascella abbassata a mostrar la dentatura aguzza, aveva boccheggiato un po' prima d'incastrar le parole fra loro, sulla punta della lingua.
    « Sei... incorreggibile, davvero » aveva tentato.
    « Vieni a punirmi, allora » aveva pigolato maliziosamente l'altro, che lo guardava di testa in giù, col capo sul copriletto a sporger le perle ch'erano i suoi occhi a mandorla oltre le sue stesse gambe.
    Mark non se l'era di certo fatto ripetere due volte.
    Per quanto fosse incazzato - del resto il suo parentado sarebbe giunto, di ritorno dalle vacanze, a spezzar la pacata tranquillità di casa Tuan di lì a un'ora - si sarebbe presto acquietato.
    Il livello di perversione di Jackson - chissà, forse per osmosi? - raggiungeva picchi talmente alti da contagiare, come un virus mortale, il mondo della sessualità di Mark, il quale più di una volta, nel corso dell'amplesso, sarebbe stato colto in flagrante dalla propria coscienza nell'occhio del ciclone di parolacce e porcherie attribuite alla bella persona di Jackson. Ma quest'ultimo ci sapeva fare così bene, dannazione. Chi mai avrebbe osato biasimare un adolescente come lui per essersi lasciato sedurre, stravolgere dal nuovo, frizzante e capace compagno di classe, giunto direttamente dalla Cina a scombussolargli l'esistenza?
    Abbandonata ogni titubanza insieme ai vestiti - che palle slacciare la cinta! -, lo raggiunse sul comodo giaciglio matrimoniale per aggredirgli la bocca con famelica passione, quasi volesse consumarlo, ridurlo a pezzi. Ma sarebbe stato un peccato sbranarlo - e che peccato! -, quindi preferì scendere con la bocca a disegnare i contorni della sua mascella.
    Jackson, dal canto suo, non s'interessava molto del romanticismo caotico e confuso propinatogli dal compagno. Al contrario, la sua mente - probabilmente situata o quanto meno ipoteticamente localizzabile chissà dove fra le sue gambe - visualizzava un unico, pregnante comando: afferrare il bel cazzo di Mark, rigido e svettante contro l'ombelico di quest'ultimo.
    Costui avrebbe potuto giurare di sentirselo pulsare all'unisono con quello che adesso stringeva fra le dita.
    Toccare il corpo asciutto del suo spleen boi risultava talmente accattivante da risvegliare quella che, più tardi, avrebbe compreso essere sì un'omosessualità latente, ma pur sempre di passaggio.

    A interrompere l'inspiegabile remissività di questa sua peculiarità era stato ciò che per lungo tempo aveva ritenuto un puro, mero gioco da compagni sportivi: schiaffeggiare i sederi e palpare i pettorali altrui.
    Trasferitosi da Hong Kong ad L.A. subito dopo la vincita nella scherma delle Olimpiadi londinesi, aveva abbandonato ogni briciolo di decoro orientale.
    Aveva di fatti iniziato a frequentare le ragazze di scuola che stravedevano per i suoi bicipiti e starnazzavano in coro, allo stadio, per ogni suo touchdown, a dispetto del metro e sessantasette - scarso - d'altezza.
    E sì, c'era da ammetterlo: solo allora aveva acquisito gusto per la moda e si era rifornito dei capi d'abbigliamento giusti da sfoggiare per i corridoi - perennemente, esclusivamente in total black.

    I ricordi di Jackson sfumarono quando avvertì l'apice della virilità dell'altro scivolare ripetutamente contro il bocciolo magnoleo custodito fra le proprie natiche. Aveva già portato il mento sul cuscino dei genitori di Mark quando questi si dilettò a far sguizzare ogni centimetro del suo turgido membro contro la pelle morbida di due glutei perfettamente disposti ad accoglierne l'intera misura.
    « Lascia che sia io a prepararti, la prossima volta » proferì mentre la fame di sesso lo aggredì inaspettatamente.
    « Zitto ed entra, per piacere » lo sgridò il biondino, spingendo il didietro in direzione del pube alle sue spalle.
    « ... Ok, ma poi non dire che ti faccio male » sibilò ebbro di desiderio, per poi entrare in lui senza delicatezza.
    Nonostante il lubrificante rendesse estremamente umida la parte, un bruciore intenso ed istantaneo colse Jackson di sprovvista. Soffocare un urlo di dolore fu inutile.
    Afferratolo per le spalle - i pollici a premere contro i trapezi accennati dell'ex schermista olimpionico - prese a stantuffare al suo interno emettendo rumori sgradevoli, imbarazzanti, ma tremendamente appaganti.
    Il glande lucido di Mark, deliziosamente circonciso, riceveva vampate di piacere nel ripetere meccanicamente - seppur con interessanti variazioni - il movimento di spinta di bacino.
    Non si trattenne nemmeno per un attimo. Anzi, di lì a poco si trovò a poggiare il busto contro la schiena del compagno per regalare ad entrambi uno scorrere più rapido del membro nelle viscere irritate di Jackson.

    Nonostante fossero praticamente coetanei, qualcosa in Mark lo aveva sempre reso vecchio. Jackson, invece, così fresh e cool, era piombato come un uragano nella sua vita e lo aveva ringiovanito. Risvegliato da un sogno, da un incubo.
    Al ragazzo di Hong Kong piaceva definirlo coma emotivo.

    La parte razionale di Mark sembrò intervenire per renderlo lucido quando la porta d'ingresso batté nel silenzio di quel desolato pomeriggio autunnale.
    Uno sguardo rapido alla sveglia di sua madre - le sei e trenta, cazzo - e un'occhiata curiosa oltre la finestra, il veicolo familiare parcheggiato nel vialetto.
    Voltato Jackson di pancia in su, sovrappose i palmi sulla sua bocca - non un accenno ad interrompere le spinte.
    Di fronte ai chiassosi mormorii del compagno, Mark rispose portandosi un indice sulle labbra, come per ribadire il concetto, e proseguì a penetrarlo.
    Rincasare così presto avrebbe permesso ai genitori e alla sorella di disfare le valigie e riprendere le forze per la giornata seguente, ma i piani dei due ragazzi erano ben differenti: o meglio, quelli del rossiccio, che abbandonò solo per pochi istanti il giaciglio su cui stava possedendo il suo amante affinché chiudesse la porta a chiave.
    « Mark, noi andiamo dallo zio Ben, raggiungici per cena! » spiegò a voce alta sua madre, dal piano inferiore, prima di richiudere la porta alle spalle della famiglia.
    A quanto parve, disfare i bagagli non doveva essere stato in cima alle priorità del suo parentado.

    Buon per loro.

    Tornato sul letto, non fece complimenti e divaricò le gambe per accomodarsi sul petto dell'ospite - l'erezione pulsante tenuta in una mano, un ciuffo platino stretto fra i polpastrelli della mancina.
    « Apri la bocca » imperò, risoluto, battendo la dura intimità d'acciaio contro la soffice consistenza del bel viso orientale che gli si parava di fronte.
    Jackson ubbidì senza indugi, e avvolse - fagocitò - per mezzo delle labbra buona parte della verga venosa e abbondante della sua metà.
    Qualche cristallo di lacrime si soffermò sulle sue ciglia per lo sforzo, ma una selvaggia sete degli umori di Mark lo colse impreparato - la mano di quest'ultimo a masturbare frettolosamente la corona del glande, mentre le labbra del biondino ciucciavano teneramente la pelle quasi violacea del medesimo.
    Un brivido sfrecciò lungo la schiena del ragazzo cremisi quando riversò il frutto del suo climax - un orgasmo lungo e delirante - nelle fauci golose del compagno.
    Copiosi fiotti di seme scesero per la sua gola, ingoiandone perfino le ultime gocce, sporadicamente rilasciate da un membro ormai in procinto di rammollirsi.
    « Fermo, lo sai che sono troppo sensibile quando vengo » lo ammonì Mark, nel tentativo di spostargli la testa dall'affare penzolante fra le sue cosce.
    « Lo sai che amo leccartelo da moscio » rispose senza vergogna l'altro, suscitando lo stupore, il fastidio e contemporaneamente il riso del suo amore.

    Dopo uno spintone giocoso si accasciò al suo fianco, sul letto, e gli tatuò un bacio di ringraziamento sulle labbra, pronto a sanare il debito di un acme indimenticabile.
     
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    stefanoroma

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