| A Kiri, le amicizie erano importanti. Sapere di chi potersi fidare, a chi poter voltare le spalle senza rischiare un pugnale tra le scapole, magari assicurarsi qualche privilegio, era di certo un ottimo metodo per sopravvivere senza doversi continuamente concentrare su eventuali assassini nascosti nella Nebbia. Ma forse, le minacce erano ancora più importanti. E questo Aoki Kurage lo sapeva bene, così come sapeva che essere tra le poche persone in tutto il Villaggio ad essere a conoscenza della malattia del Mizukage era stato ciò che l'aveva resa così influente a Kiri. Aveva infatti ottenuto il posto di Capo della Sezione Medica senza troppe difficoltà e svolgeva anche il ruolo di segretaria di Hogo Kyujo. Nonostante fosse considerata la seconda dottoressa del Villaggio in quanto a bravura, la donna teneva però in mano la gestione dell'ospedale con grande competenza: era sempre nel posto giusto al momento giusto, con una soluzione per ogni problema, efficiente e professionale.
Non perse il sangue freddo nemmeno quando alcuni shinobi rientrarono all'interno delle mura portando con sè un ragazzino che era stato inghiottito dalle fiamme. Le sue ferite erano gravi e necessitava di un intervento d'urgenza, uno di quelli in cui era solo la mano ferma del chirurgo e una certa dose di fortuna a decretare la vita o la morte del paziente. E in quel momento Aoki non voleva avere una macchia sul curriculum solo per colpa di uno stupido ragazzino che si era messo a giocare col fuoco: sarebbe stata impeccabile, come sempre. Ordinò immediatamente di preparare la sala operatoria a coloro che l'avrebbero assistita nell'intervento e di portare dentro il ragazzo che stava lottando tra la vita e la morte. Che lei conoscesse le procedure... era talmente ovvio che chiederlo sarebbe stato insensato. Nel suo camice immacolato, percorse con passo deciso i corridoi dell'ospedale accanto alla barella in cui era disteso Fue. Attorno a lui ronzavano infermieri e dottori che, guidati dalle parole di Aoki, controllavano costantemente i parametri vitali e applicavano i trattamenti di base mentre lo trasportavano nella stanza.
Shizuka, le bende: ne serviranno molte. Kei, prepara gli aghi sterili. Yasai, è pronta la flebo?
Indossando i guanti in lattice, la donna assaporò con gusto il momento in cui il rivestimento aderì perfettamente alla pelle con un sonoro schiocco: era il segno che adesso era lei al comando, lei controllava la situazione e tutto era nelle sue mani. Era il dolce suono del potere. Ah, se fosse stato sempre così, anche fuori dalla sala operatoria... Oltre la mascherina protettiva che portava sulla bocca, il suo volto non tradiva però nessuna emozione e lo sguardo dietro agli occhiali trasmetteva solo freddezza e professionalità. Per prima cosa si occuparono di stabilizzare le funzioni vitali, tenendo sotto controllo battito e respirazione, nel tentativo di tenere il ragazzo fuori pericolo di vita. Contemporaneamente gli fu applicata una flebo che avrebbe continuamente iniettato direttamente nel suo sistema circolatorio i farmaci di cui aveva bisogno, tra cui anestetizzanti e antidolorifici per evitare che si svegliasse nel momento meno indicato. E poi, Aoki procedette con l'operazione vera e propria.
C'erano molte cose da fare, e le ustioni erano un tipo di ferita non facile da trattare: doveva agire con cautela per scoppiare le bolle, ma senza infierire sulla pelle già martoriata del paziente, allo stesso tempo evitando che la piaga si infettasse ulteriormente. Questo era il punto cruciale, altrimenti le ferite non si sarebbero mai rimarginate da sole. C'era poi da controllare quanto in profondità i tessuti fossero stati danneggiati per pensare ad eventuali metodi più invasivi per recuperare la perfetta funzionalità del corpo... sì, c'era molto da lavorare. Ma non per questo il Capo della Squadra Medica si sarebbe scoraggiato: aveva visto di peggio negli anni che aveva trascorso in quella struttura. Di lì passavano shinobi che avevano subito ogni tipo di ferite in missione, orrendi sfiguramenti erano all'ordine del giorno e ben presto ci si faceva l'abitudine a non perdere la compostezza di fronte al paziente, in qualsiasi condizione fosse ridotto. Non era un mestiere per deboli di cuore. Probabilmente, un altro medico in un altro Villaggio si sarebbe chiesto cosa aveva causato ustioni tanto gravi sul corpo di un ragazzino come Fue, ma non Aoki di Kiri. In un luogo dove per anni studenti dell'Accademia Ninja erano stati incaricati di uccidersi a vicenda per conquistare l'onore di andare in missione e morire per la propria terra, si imparava che spesso era meglio non farsi domande di cui non si voleva sapere la risposta. Sia per evitare di immischiarsi in situazioni più grandi di quanto si potesse immaginare, sia per preservare almeno l'idea che il mondo non fosse troppo diverso da quel posto -l'ospedale- in cui le persone univano le forze e davano il tutto per tutto per aiutare chi ne aveva estremamente bisogno.
L'operazione si concluse con successo, per quello che concerneva l'operato di Aoki. Come sempre, del resto: ognuno dei suoi assistenti era molto competente, attentamente selezionato in quanto ad abilità, e ormai avevano trovato un intesa che permetteva loro di portare a termine senza errori ciò per cui erano stati impiegati. Una volta terminata la somministrazione di farmaci e al momento in cui tutto il liquido infetto fu fuoriuscito dalle piaghe, era finalmente giunto per Fue il momento di riposare. Le ferite gli vennero fasciate con bende umide, così da rendere meno dolorosa la sua convalescenza, e ancora privo di sensi venne portato nella stanza in cui avrebbe trascorso le successive giornate in attesa del suo recupero più o meno totale. Stava al suo corpo decidere se e quando ciò sarebbe avvenuto: nel frattempo, ogni movimento delle parti ustionate gli avrebbe ovviamente provocato dolore e ci sarebbe voluto del tempo affinchè le croste lasciassero il posto a nuova pelle. Per le prossime settimane, infermieri e infermiere si sarebbero susseguite nella sua camera, aiutandolo nelle azioni quotidiane e provvedendo a ciò di cui aveva bisogno -tra cui il cambiare le fasciature che lo ricoprivano, applicare unguenti e somministrare i farmaci necessari-. Solo a quel punto Aoki potè togliersi la mascherina e i guanti, concedendosi un attimo di riposo seduta su una sedia. Non che non fosse soddisfatta del lavoro compiuto ma... la sua mente era già tesa verso il prossimo obiettivo, e quella volontà di proseguire, di procedere senza mai fermarsi di fronte a nessun ostacolo, con lo sguardo puntato sempre verso l'orizzonte, fu sufficiente a spingerla ad alzarsi nuovamente per dedicarsi al successivo paziente che avrebbe varcato la soglia dell'ospedale.
|