L' AMORE AI TEMPI DEI PUB

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  1. Albert De Klerc
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    IV



    Era passata una settimana esatta dall’ incontro con Marco e di lui non avevo più saputo nulla. Non ero preoccupato per l’ assenza di suoi messaggi, ma il fatto che non si fosse più fatto vivo mi rendeva decisamente triste.
    In fondo mi era parso seriamente interessato ad approffondire la nostra conoscenza e sicuramente desideroso di rivedermi, dunque quell’ inspiegabile sparizione mi dava molto da pensare.
    I due barman si erano fatti vivi dopo nemmeno due giorni e mi avevano chiesto come stavo, che stavo facendo e se per caso mi andava di raggiungerli al locale quella sera.
    Li ringraziai educatamente facendo capire che comunque sarei tornato, ma non quella sera. Non ero proprio del morale giusto.
    Comunque le mie ferie andavano avanti e ogni sera speravo di rintracciare Marco in qualche modo per sapere dove fosse e cosa stesse facendo, ma invano. Tentai per sei sere di fila di trovarlo connesso, ma ogni volta lui non c’era.
    Arrivai a pensare che si fosse scordato di me ( poteva essere un po’ brillo, oppure già impegnato ) e fui sul punto di strappare il foglietto col suo numero di cellulare che fino a quel momento era stato perfettamente inutile ai fini della ricerca.
    Quando ero ormai ad un soffio dal far sparire le poche tracce lasciatemi da Marco il cellulare squillò.
    Risposi con un tono vagamente depresso ma subito mi rianimai sentendo proprio la sua voce, forte e chiara.
    - ehi, come va? - chiesi io sussultando - è una settimana che ti cerco -
    - lo so scusa - disse lui - ho avuto un po’ di problemi con la connessione e poi ci sono stati casini in casa, non ho avuto quasi il tempo di farmi vivo -
    - fa niente, l’ importante è che alla fine tu lo abbia fatto -
    Ero molto sollevato, quasi esultante. Avevo temuto per un attimo di essere cascato nuovamente della trappola e invece eccolo li, vivo e vegeto e sicuramente anche disponibile.
    - senti, ti andrebbe di vederci stasera? Al locale magari? - mi chiese lui.
    - certo - feci io senza pensarci un secondo - a che ora? -
    - verso le undici va bene? Tanto da domani sono in ferie anche io, quindi non avrò più fretta di tornare a casa -
    - va benissimo per le undici - risposi io stringendo i pugni in segno di vittoria.
    - al divano dell’ altra volta d’ accordo? -
    - perfetto -
    Lui mi salutò e riattaccò.
    Io corsi in bagno e passai la mezz’ora successiva a darmi una sistemata: mi feci la barba, mi tolsi i pochi peli sul petto, accorciai il più possibile quelli sull’ inguine e tentai invano di fare qualcosa per i peli sul sedere. Ma non avendo la possibilità di girare la testa come i gufi e non disponendo delle capacità manuali di un’ estetista, fui costretto a lasciar stare il sedere com’ era.
    Prima di cena mi feci la doccia e passai quasi mezz’ora sotto l’ acqua insaponandomi al meglio corpo e capelli prima di risciacquarmi, uscire tremando e avvolgermi nell’ accappatoio.
    Quando fui asciutto e profumato ( forse anche troppo ) e dopo aver cenato, persi parecchio tempo davanti all’ armadio nella ricerca disperata di un abito adatto per la serata che non fosse troppo elegante ma nemmeno troppo casual. Puntai su un jeans leggermente strappato qua e la, una camicia a maniche corte bianca e un golfino da legare in vita, in caso di notte troppo fresca.
    Indossai il mio paio di scarpe da ginnastica nere e prima di uscire passai ancora in bagno dove passai tra i capelli una generosa dose di gel e una fugace spruzzata di profumo.
    Alle undici meno cinque ero seduto sul divanetto, con in mano un capace tumbler pieno di rum e coca cola e il viso contratto in una smorfia di trepidante attesa.
    Cinque minuti dopo, puntuale come un pendolo svizzero, Marco fece il suo ingresso nella saletta, mi vide e mi raggiunse sorridendo.
    - sembra passato un secolo, non ti pare? - chiese.
    - una settimana sembra corta, ma in certe occasioni diventa eterna - risposi io con enorme sollievo.
    - sono felice di rivederti - disse lui spostando il braccio sinistro dietro di me, come a circondarmi le spalle.
    - anche io sono felice di rivederti - feci io, con un sorriso grande come un quarto di luna.
    - sai - mormorò avvicinando il viso al mio - ho ripensato molto a quel bacio e ogni volta avevo sempre più voglia di replicare -
    Io mi voltai per guardarlo negli occhi.
    - io non ho mai smesso di pensarti - dissi con voce suadente.
    Lui accennò ad un sorriso e si avvicinò ancora: ormai le punte dei nostri nasi si sfioravano e io potevo sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle.
    - pensavo - sussurrò - che forse sarebbe meglio andarcene da qui. Non mi sembra il posto adatto per fare quello che avrei voglia di fare -
    - e cosa avresti voglia di fare, di preciso? - domandai io, sapendo esattamente quello che stava pensando.
    Lui sfiorò con le sue labbra la punta del mio naso e poi lentamente scese verso la bocca, ma non mi baciò.
    - se vieni con me - disse - lo scoprirai.
    Non me lo feci ripetere. Mi alzai quasi di scatto, terminai il cocktail in un sorso solo e mi feci prendere per mano da lui e trascinare verso l’ uscita.
    Notai che i due baristi ci guardavano con un filo di invidia dipinta sul volto, ma in quel momento avevo altro a cui pensare e la gelosia di quei due non era un problema mio. Avrei forse avuto modo di aggiustare le cose più avanti.
    Marco mi fece salire sulla sua auto, si mise al volante e partì a razzo.
     
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13 replies since 18/11/2014, 23:21   1497 views
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