L' AMORE AI TEMPI DEI PUB

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  1. Albert De Klerc
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ========================================================

    I



    Che cosa mi aveva spinto in quel locale dall’ aria chiaramente equivoca, non seppi dirlo. Sapevo, o meglio, ero stato informato, che li dentro era possibile trovare un po’ di compagnia gratuita e qualche buon bicchiere di Gin Fizz.
    All’ epoca in cui comincia questa storia io ero un ragazzo normalissimo, senza grilli per la testa, abbastanza intelligente da non aspettarmi nulla da nessuno, tanto meno dalla vita.
    Ero giovane ma non stupido, molto meno di quanto credevano che fossi per lo meno, e avevo già sperimentato sulla mia pelle parecchie delusioni, in numero sufficiente per disilludermi sulla bontà della gente.
    Ero stato ingannato, abbandonato e umiliato da vari ragazzi che pensavo sinceramente amici e il dolore che il loro tradimento mi aveva causato era stato tale da far sparire dalla mia mente il desiderio di vendetta. Non valeva la pena di scendere al loro stesso livello.
    Avevo passato brutti mesi a piangermi addosso e a chiedermi perché proprio a me stava accadendo tutto ciò; solo ora mi rendo conto di aver perduto tempo prezioso per la mia vita.
    Comunque, superato il momento difficile, ero anche riuscito a trovare un lavoro come cameriere in un bar e anche se lo stipendio non era precisamente elettrizzante, mi permetteva di mantenere un tenore di vita modesto, ma dignitoso.
    Le mie ferie erano iniziate proprio quel giorno e per festeggiare mi ero deciso a fare un salto in quel locale che da tempo stuzzicava la mia fantasia. Non fu difficile trovare un parcheggio e neppure localizzare il posto, quello che mi creò qualche problema fu compiere il passo necessario per mettervi piede.
    Il mio carattere timido e solitario mi creava serie difficoltà frequentare discoteche, grandi ristoranti, centri commerciali e anche i bar. E dire che col mio lavoro ero costretto a parlare con parecchi sconosciuti …
    Comunque, entrato nel locale, mi guardai attorno e capiì di essere nel posto giusto, esattamente come mi avevano predetto i miei amici parlandomi della sua atmosfera rilassata e dall’ ambiente raccolto e quasi famigliare.
    Non era molto frequentato, non ancora per lo meno, ma sapevo che di li ad un’ora sarebbe stato molto difficile raggiungere il bagno situato sul lato opposto all’ ingresso.
    Ma i pochi avventori seduti al bancone del bar e sui divanetti attorno alla pista circolare mi lasciavano intendere che forse li avrei davvero trovato ciò che ero venuto a cercare.
    Un paio di ragazzi, forse sui venti anni che doveva essere i camerieri, mi guardarono da una porta accanto al bancone del bar, con aria apparentemente indifferente. Ero un cliente come tanti altri.
    Ma io li osservai molto bene mentre mi avvicinavo lentamente verso il guardaroba e ne trassi un’ ottima impressione.
    Il primo sembrava alto, più di me, biondo, occhi chiari e viso allungato e ben definito. Il fisico, nascosto dalla divisa, doveva essere longilineo e scattante, così come le gambe.
    Il secondo invece era molto più appariscente, e decisamente più intrigante. Castano, poco più basso dell’ altro, gli occhi verdi vivaci e dallo sguardo profondo e un fisico più tornito, come di chi pratica molto sport.
    Depositai il borsello sul banco del guardaroba affidandolo alle mani del guardarobiere e decisi di inaugurare la serata con un bel drink di benvenuto. Premetto che non sono mai stato un gran bevitore, ma di tanto in tanto mi concedo il lusso di farmi un paio di cocktail. Quella sera scelsi un classico Cuba Libre con molta cola, e una volta che ebbi preso il capace tumbler colmo di liquido mi avviai con prudenza verso uno dei divanetti disposti attorno alla pista, puntando all’ unico totalmente vuoto.
    Mi sedetti con buona grazia e bevvi il primo sorso del cocktail, assaporando il gusto intenso del rum scuro mischiato a quello dolciastro della Coca-Cola e a quello aspro del limone mentre mi davo un’ occhiata intorno.
    Fui molto felice di scoprire che l’ età media degli altri clienti si aggirava intorno ai 25 anni e notai che quasi tutti erano ragazzi assai carini e spigliati. Decisamente un buon segno.
    Non mi sono ancora descritto e credo sia il momento di farlo.
    Partiamo dal fatto che ero tutt’altro che sensuale e intrigante, al contrario mi consideravo piuttosto normale, ne bello ne brutto, non altissimo ma neppure piccolo, castano di capelli e bruno di occhi. Portavo gli occhiali da vista pur detestandoli e cercavo di curare al meglio la barbetta e i baffi che mi incorniciavano il mento e il sottonaso. Non ho mai avuto un gran fisico e nemmeno allora lo avevo, ero magro ma non scheletrico, non troppo muscoloso e abbastanza peloso, soprattutto sulle gambe.
    Il mio pezzo forte era, a detta di molti ragazzi che avevo conosciuto, il sedere. Io non ero così convinto che fosse realmente così, ho sempre pensato di avere un fondoschiena troppo poco sodo per essere interessante, eppure quasi tutti quelli che avevano avuto modo di lavorarci erano concordi nel dire che era perfetto. E alla fine a me bastava.
    In definitiva si poteva affermare, al mio riguardo, che ero un ragazzo come tanti senza troppi pregi e senza eccessivi difetti. Uno qualunque insomma.
    Comunque, quella sera ero deciso a divertirmi, anche a costo di sembrare avventato e rischiando qualche rifiuto netto.
    Il posto mi sembrava adatto, dovevo solo aspettare il momento giusto per passare all’ azione, e soprattutto individuare il giusto bersaglio.
    Nell’ attesa mi gustai il mio cocktail ascoltando la musica ad occhi chiusi, ignaro di ciò che sarebbe accaduto.
     
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  2. Albert De Klerc
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    II



    Era passata forse mezz’ora dal mio ingresso nel disco-pub ed io avevo ormai terminato il coktail.
    Ero indeciso se alzarmi e ordinarne un altro oppure aspettare un po’ e nel frattempo fare un giro nei vari ambienti per scoprire quante gente era entrata e verificare se la media di età era rimasta la stessa o no.
    Presi il tumbler e lo deposi cautamente sul bancone, poi varcai la porta del primo privè, che era piuttosto buio, e scoprii che c’erano già alcune persone intente a chiacchierare o a limonare. Feci qualche passo nella saletta e notai che alcuni dei ragazzi mi guardavano, anche se non capii con quale intenzione o sentimento lo facevano; finsi di non vederli e proseguii, cercando di sembrare impegnato nella ricerca di un amico, giusto per non dare l’ idea di un guardone arrapato.
    Ero ormai dietro il divanetto posto al centro della sala quando, con un briciolo di timore, sentii dei movimenti dietro di me e dei passi.
    Mi voltai di scatto e per un pelo non mi schiantai contro il viso di un ragazzo, piuttosto carino, immobile a pochi centimetri da me.
    Lui mi guardava con un’ aria pacifica ma allo stesso tempo intensa e sembrava volesse parlare proprio con me.
    - hai bisogno di aiuto? - mi disse infatti.
    Io provai a capire quale aiuto volesse darmi: aveva capito che ero in cerca di compagnia, oppure pensava davvero che stessi cercando qualcuno?
    Prudentemente decisi di tenermi sul vago.
    - dipende - dissi.
    - da cosa? -
    - bè, dall’ aiuto che vuoi darmi -
    Lui sorrise e mi resi conto che era effettivamente un bel ragazzo, poco più alto di me, castano, con gli occhi marroni e un fisico che doveva essere piuttosto definito, a dare credito alle forme che la maglietta faticava a nascondere.
    - stai cercando qualcuno? - chiese.
    - si e no - risposi io, sempre enigmatico.
    Lui probabilmente capì e mi allungò una mano.
    - piacere - disse - io sono Marco -
    Io, stringendo la sua mano, mi presentai.
    - spero di non averti spaventato - fece Marco quando fummo usciti dal privè e tornati a sederci sul divanetto che avevo occupato fino a pochi minuti prima.
    - no - risposi io sincero - ma confesso che non mi aspettavo una mossa da parte di qualcuno, non così presto per lo meno -
    Lui ridacchiò.
    - in effetti nemmeno io pensavo che sarebbe entrato qualcuno di interessante così presto -
    - mi trovi interessante? - chiesi io, un po’ sorpreso.
    - si - rispose lui - di solito nel privè entrano solo coppiette o comunque gruppetti di amici -
    - e quindi io che sono entrato da solo dovevo essere necessariamente interessante -
    - più che interessante direi che sei piuttosto carino -
    Io non potei fare a meno di arrossire ( i complimenti mi mettono sempre un po’ a disagio, specie se fatti da bei ragazzi ), e ridacchiai.
    - non sei abituato ai complimenti vero? -
    - diciamo di no, ne ricevo pochi e quasi sempre da uomini che potrebbero essere mio padre -
    Lui fece un gesto scocciato.
    - uh non me ne parlare - disse - io mi sono tolto da ogni sito di incontri proprio per colpa di quei vecchiacci. Non facevano altro che scrivermi complimenti … all’ inizio fanno piacere, ma dopo un po’ annoiano -
    Ero assolutamente d’ accordo con lui e scopriì che era solo la prima di parecchie cose in comune tra noi.
    Come lui anche io detestavo la matematica e l’ inglese, come lui ero un appassionato di architettura classica e proprio come lui anche io adoravo leggere prima di dormire.
    Dopo svariati minuti di conversazione lui mi chiese se mi andava un secondo cocktail e io accettai. Gli dissi cosa volevo e lo ringraziai in anticipo mentre lui si alzò e andò al bancone per ordinare.
    Un paio di minuti dopo era di ritorno con due bicchieri in mano, mi porse il mio e si sedette nuovamente al mio fianco sorseggiando la bevanda che aveva preso.
    Il discorso finì presto sui rispettivi lavori e fu così che venni a sapere che Marco era il figlio del direttore di una banca e che suo padre era pieno di soldi da far schifo.
    - Naturalmente lui dice che quei soldi sono anche miei - precisò - ma chissà come mai prima di darmi cento euro per uscire la sera passa mezz’ora a farmi il terzo grado su come li spederò -
    - deve essere piuttosto fastidioso - feci io, stupito più dal fatto che potesse avere fino a cento euro per una sola sera che dalle reticenze di suo padre nel darglieli.
    - abbastanza, soprattutto perché sa benissimo che sono gay e che frequento locali gay. E sa altrettanto bene che non fumo, non mi drogo e non vado con gli escort, quindi non capisco perché si preoccupa tanto. Darmi meno soldi a sto punto? -
    - puoi sempre dirglielo. Avessi io cento euro da spendere a sera - esclamai.
    - io non so nemmeno come spenderli tutti sti soldi - rispose lui un po’ imbarazzato - se va bene arrivo a spenderne quaranta o cinquanta, e capita solo quando mi allargo tanto -
    - purtroppo è un problema che non mi tocca - dissi io cercando di assumere un tono neutro - io me la devo cavare con venti euro a sera e nemmeno tutti i week end -
    - arrivo quasi ad invidiarti - rispose Marco -
    - io invece vorrei poter avere cento euro tutti i week end da spendere. Prima a cena fuori nei ristoranti, poi discoteca e se mi avanza qualcosa anche la colazione il mattino dopo. Ecco la vita che vorrei -
    - i soldi non danno la felicità, te lo assicuro -
    - questo lo so, ma se devo piangere preferisco farlo sul sedile di una Lamborghini cappottabile piuttosto che seduto su un motorino scassato -
    Lui rise di cuore alla mia affermazione e io notai che quando rideva era doppiamente bello.
    I suoi tratti perfettamente delineati, il suo viso ovale e di un pallore nobile, illuminato dai grandi occhi marroni e da una bocca che, parere puramente personale, doveva baciare divinamente.
    Archiviato il discorso lavorativo-economico, arrivammo a parlare di cose molto più terra terra.
    - senti - mi chiese ad un certo punto dopo qualche attimo di silenzio - mi levi una curiosità? -
    - certo -
    - ma tu, cosa cerchi in un ragazzo? Dal punto di vista sessuale intendo -
    Era una bella domanda, che meritava una risposta completa.
    - non cerco un ragazzo troppo bello - dissi - sono pochi i fighi che hanno anche un cuore e dei sentimenti. Diciamo che vorrei un ragazzo normale, che sia carino, dolce ma allo stesso tempo passionale, serio ma non triste e perché no, anche un po’ trasgressivo -
    - in che senso? -
    - bè, che sia aperto a nuove esperienze. Io non sono geloso e non cerco un maschio possessivo. Mi piacerebbe trovare qualcuno con cui potermi divertire anche in gruppo diciamo -
    - praticamente cerchi una coppia aperta -
    - si, diciamo di si. Voglio dire, sto assieme ad una persona ma se capita non dico di no all’ inserimento di un terzo e magari anche di un quarto. È ovvio che non lo farei da solo con un’ altro, ma se sono in coppia, perché no? -
    - non credo siano molti i ragazzi di oggi pronti ad accettare una relazione aperta come la intendi tu - mi fece notare lui.
    - lo so, infatti sono ancora single - risposi io con l’ aria di chi dice una cosa ovvia.
    - e non hai mai pensato ad una coppia tradizionale, tu e lui e basta? -
    - si, ma dovrei trovare un ragazzo di cui innamorarmi perdutamente. Vedi, io non sono un tipo troppo fedele. Potrei avere accanto anche un bel ragazzo, ma se ne dovessi incrociare uno anche meno bello ma più .. affascinante, non saprei resistere alla tentazione di andarci a letto -
    Lui mi guardò per qualche istante, come se cercasse di leggermi nel pensiero.
    - tu lo sai vero che se vai in giro a dire queste cose non lo troverai mai un ragazzo? - disse serio.
    - forse no. Ma posso accontentarmi anche solo di qualche scopamico con cui passare il tempo, a letto e fuori - risposi io, ammiccando spudoratamente.
    Lui accennò ad un sorriso.
    - il vantaggio degli scopamici è che puoi averne tanti senza tradirne nessuno - esclamò lui.
    - già - convenni.
    - e che ti piace fare a letto? - chiese lui impertinente.
    Io finsi di pensarci un po’ su prima di rispondere, anche se non ne avevo affatto bisogno.
    - bè, una cosa che adoro sono i baci. Intensi, profondi, passionali. Quelli in cui la lingua ti invade la bocca e ne prende possesso. E poi toccare a lungo, far scorrere le dita sulla pelle, sentirne il calore. Se c’ una cosa che mi attizza al massimo è sentire i gemiti di piacere di un ragazzo mentre gli stuzzico i capezzoli con la lingua -
    Marco era arrossito vistosamente ascoltando la mia risposta ma non era riuscito a celare il suo desiderio di provare quelle sensazioni.
    Per un attimo fui tentato di avvicinarmi e cacciargli la lingua in bocca, ma preferii evitare, almeno per il momento. Volevo che fosse lui a farsi avanti per primo.
    - e poi - continuai con voce suadente - scendere con le mani, appoggiarle sul pacco e accarezzare lentamente il rigonfiamento, farlo crescere … poi sfiorare anche il sedere e intanto mordicchiare il lobo delle orecchie e il collo e immergere la mano tra i cape ….. -
    A quel punto lui si fece avanti, mi poggiò un dito sulla bocca.
    - adesso basta. Chiudi gli occhi e non muoverti - mi sussurrò languidamente.
    Io obbediì e un attimo dopo sentii le sue labbra carnose e umide poggiarsi sulle mie.
     
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    Fantastico romantico e sensuale due capitoli buttati giu' di getto aspettiamo gli altri coraggio vai avanti sei fantastico
     
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  4. Albert De Klerc
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    Ma quale di getto. Io prima li scrivo su works, li correggo e controllo che tutto sia apposto, poi li pubblico.
     
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    CITAZIONE (Albert De Klerc @ 23/11/2014, 03:06) 
    Ma quale di getto. Io prima li scrivo su works, li correggo e controllo che tutto sia apposto, poi li pubblico.

    hahaha grande :D

    allora hanno ragione i tedeschi: "il genio è lavoro" (mi pare che la frase sia di Goethe)
     
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    Ragazzo non volevo mancarti di rispetto era un modo di dire se ho detto li hai scritti di getto volevo dire che li hai scritti uno dietro l'altro due capitoli in fila ora aspettiamo gli altri continua
     
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  7. Albert De Klerc
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    Ne ho altri 15 di capitoli .... aspetto solo commenti per andare avanti.
     
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  8. Albert De Klerc
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    III



    Nonostante il reciproco interesse e l’ evidente desiderio di entrambi, per quella sera non andammo oltre ai baci.
    Non sarebbe stato serio un rapporto completo con un ragazzo conosciuto nemmeno un’ ora prima, per quanto desiderato e voluto.
    Lui mi disse che gli piacevo ma che farlo con me così, su due piedi, gli dava l’ idea di una cosa mordi e fuggi che voleva assolutamente evitare.
    Seppure a malincuore io fui d’ accordo con lui e ci lasciammo i reciproci contatti prima di salutarci. Lui doveva svegliarsi presto ed era già tardi mentre io, essendo in ferie, potevo attardarmi ancora e infatti rimasi dov’ero con la segreta speranza di riuscire comunque a concludere la serata in maniera degna.
    Avevo passato quasi un’ ora a parlare di qualunque cosa senza andare oltre al bacio, ma io non ero venuto li per un bacio. Volevo altro e non mi ponevo problemi morali nel cercare sesso dopo aver baciato un bellissimo ragazzo che si era mostrato molto interessato a me. Non ci eravamo fidanzati e dunque non andavo contro a nessun giuramento di fedeltà.
    Ripresi a girovagare per gli altri due privè del locale, sperando di incappare in un altro bel giovanotto, ma almeno inizialmente rimasi deluso.
    Non che non ve ne fossero, anzi, solo che nessuno sembrava interessato alla mia presenza. Probabilmente era un segno del destino, forse io non dovevo aspettarmi altro e attendere invece che il bel Marco si rifacesse vivo.
    Mi risedetti sul divanetto solito e decisi di aspettare li ancora un po’, in attesa di qualche eventuale novità. Chiusi gli occhi appoggiando il capo allo schienale imbottito e mi ritrovai a pensare a cosa mi sarebbe piaciuto fare con Marco, il giorno in cui ci saremmo rivisti. E naturalmente mi ritrovai in un attimo con un pacco decisamente evidente, esposto quasi senza vergogna.
    Fu forse quello a fare da catalizzatore, perché dopo quelli che mi parvero parecchi minuti, una voce mi riportò alla realtà.
    - devi pensare a qualcuno di molto bello per avere questo effetto - disse.
    Riapriì gli occhi di scatto, spaventato, e mi trovai davanti uno dei due barman che avevo visto guardarmi quando ero entrato. Era ancora con la divisa e pure lui sembrava reduce da un bel pensiero.
    - più o meno - risposi tra l’ imbarazzato e l’ inebetito.
    - per caso è quel bel ragazzo che ti stava baciando pochi minuti fa, il soggetto dei tuoi pensieri? -
    Era indiscreto a dire poco ma in fondo il bacio era avvenuto davanti a tutti, quasi certamente era stato visto da altri ragazzi.
    - si, precisamente - feci io.
    Lui, senza dire una parola, si sedette accanto a me. Ok che lavorava li, ma avrebbe almeno potuto chiedere il permesso. Avrei potuto avere qualcosa in contrario, ma naturalmente non l’ avevo e anzi, fui decisamente soddisfatto.
    - è tutta la sera che ti osservo - disse - e devo dire che ti trovo molto carino -
    - ti ringrazio - risposi io, arrossendo come al solito.
    - presumo che tu non ti sia accontentato di quel bacio - riprese lui sempre con distacco - magari vuoi qualcosa di più -
    Io lo guardai in tralice e notai che con una mano si accarezzava il pacco, in evidente stato di allerta.
    Per un attimo fui tentato di rifiutare e andarmene, giusto per vedere la sua reazione. Ma come dire di no a così tanta bellezza?
    Tra i due barman era sicuramente il più figo e probabilmente anche quello messo meglio sotto, dirgli di no sarebbe stato, da parte mia, un gesto classificabile come reato punibile con la carcerazione.
    - tanto per sapere - dissi io cercando di mantenere un tono normale - tu cosa mi offriresti? -
    Lui mi guardò per un secondo con una faccia da maiale che mi mandò il sangue in ebollizione.
    - che ne dici di ben due coni gelato belli pieni di crema? - rispose.
    - perché no? - dissi io, ormai con gli occhi grandi come fanali.
    Lui si alzò, andò a chiamare il collega e me lo presentò. Poi chiesero ad un terzo ragazzo di sostituirli per un po’ prima di farmi strada nel retro.
    Mi condussero in quello che doveva essere il magazzino, un ambiente ampio, un po’ buio, ingombro di scatoloni e scaffalature.
    Uno mi tirava per mano e l’ altro mi spingeva, sembravano in astinenza da un pezzo vista la fretta che usavano.
    Alla fine mi sbatterono contro un pilastro e mi placcarono stretto.
    Uno, quello che mi aveva abbordato, mi cacciò la lingua in bocca e cominciò ad esplorare la mia mucosa, manco fosse uno speleologo, l’ altro, senza dire ne ahi ne bai, mi calò i calzoni e si diede da fare in quello che ricordo essere il migliore lavoro di bocca mai provato in vita mia, almeno fino ad allora.
    Dopo un po’ mi fecero mettere in ginocchio, tirarono fuori i loro “ coni gelato “ e, senza scomporsi, cominciarono a darsi il cambio nella mia bocca. Mi sembrava di soffocare, viste le dimensioni non certo trascurabili della loro dotazione, ma quel modo molto brusco di fare le cose mi eccitava e mi spronava a dare il meglio di me.
    Quando furono abbastanza in tiro ( e ci volle veramente poco in realtà ) mi fecero sdraiare sul pavimento di cemento, si piazzarono uno dietro e l’ altro sopra di me e, mentre il primo mi penetrava, il secondo mi tappava la bocca per non farmi gridare. Cosa che avrei fatto sicuramente e non solo di piacere.
    Si alternarono per circa venti minuti, dando certi colpi di bacino di spostarmi di parecchi centimetri. Alla fine, un attimo prima di venire, entrambi si piazzarono ai lati del mio visto, se lo menarono rapidamente e poi mi schizzarono in faccia un bel po’ di crema che mi tolsero a colpi di lingua.
    Prima di rivestirci passammo ancora qualche minuto a limonare furiosamente distesi, poi ci ricomponemmo e tornammo nel locale dove i due ripresero posto dietro al bancone.
    A quel punto ero soddisfatto dell’ andamento della serata e, preso il cappotto dalle mani di uno stanco guardarobiere, mi fermai al bancone giusto il tempo di lasciare ai due i miei contatti. Loro mi diedero i loro e infine li salutai prima di uscire.
    Un’ ora dopo ero nel mio letto.
     
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    SPLENDORE GAY

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    veramente belli questi racconti
    non vedo l'ora di leggere il continuo
     
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  10. Albert De Klerc
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    IV



    Era passata una settimana esatta dall’ incontro con Marco e di lui non avevo più saputo nulla. Non ero preoccupato per l’ assenza di suoi messaggi, ma il fatto che non si fosse più fatto vivo mi rendeva decisamente triste.
    In fondo mi era parso seriamente interessato ad approffondire la nostra conoscenza e sicuramente desideroso di rivedermi, dunque quell’ inspiegabile sparizione mi dava molto da pensare.
    I due barman si erano fatti vivi dopo nemmeno due giorni e mi avevano chiesto come stavo, che stavo facendo e se per caso mi andava di raggiungerli al locale quella sera.
    Li ringraziai educatamente facendo capire che comunque sarei tornato, ma non quella sera. Non ero proprio del morale giusto.
    Comunque le mie ferie andavano avanti e ogni sera speravo di rintracciare Marco in qualche modo per sapere dove fosse e cosa stesse facendo, ma invano. Tentai per sei sere di fila di trovarlo connesso, ma ogni volta lui non c’era.
    Arrivai a pensare che si fosse scordato di me ( poteva essere un po’ brillo, oppure già impegnato ) e fui sul punto di strappare il foglietto col suo numero di cellulare che fino a quel momento era stato perfettamente inutile ai fini della ricerca.
    Quando ero ormai ad un soffio dal far sparire le poche tracce lasciatemi da Marco il cellulare squillò.
    Risposi con un tono vagamente depresso ma subito mi rianimai sentendo proprio la sua voce, forte e chiara.
    - ehi, come va? - chiesi io sussultando - è una settimana che ti cerco -
    - lo so scusa - disse lui - ho avuto un po’ di problemi con la connessione e poi ci sono stati casini in casa, non ho avuto quasi il tempo di farmi vivo -
    - fa niente, l’ importante è che alla fine tu lo abbia fatto -
    Ero molto sollevato, quasi esultante. Avevo temuto per un attimo di essere cascato nuovamente della trappola e invece eccolo li, vivo e vegeto e sicuramente anche disponibile.
    - senti, ti andrebbe di vederci stasera? Al locale magari? - mi chiese lui.
    - certo - feci io senza pensarci un secondo - a che ora? -
    - verso le undici va bene? Tanto da domani sono in ferie anche io, quindi non avrò più fretta di tornare a casa -
    - va benissimo per le undici - risposi io stringendo i pugni in segno di vittoria.
    - al divano dell’ altra volta d’ accordo? -
    - perfetto -
    Lui mi salutò e riattaccò.
    Io corsi in bagno e passai la mezz’ora successiva a darmi una sistemata: mi feci la barba, mi tolsi i pochi peli sul petto, accorciai il più possibile quelli sull’ inguine e tentai invano di fare qualcosa per i peli sul sedere. Ma non avendo la possibilità di girare la testa come i gufi e non disponendo delle capacità manuali di un’ estetista, fui costretto a lasciar stare il sedere com’ era.
    Prima di cena mi feci la doccia e passai quasi mezz’ora sotto l’ acqua insaponandomi al meglio corpo e capelli prima di risciacquarmi, uscire tremando e avvolgermi nell’ accappatoio.
    Quando fui asciutto e profumato ( forse anche troppo ) e dopo aver cenato, persi parecchio tempo davanti all’ armadio nella ricerca disperata di un abito adatto per la serata che non fosse troppo elegante ma nemmeno troppo casual. Puntai su un jeans leggermente strappato qua e la, una camicia a maniche corte bianca e un golfino da legare in vita, in caso di notte troppo fresca.
    Indossai il mio paio di scarpe da ginnastica nere e prima di uscire passai ancora in bagno dove passai tra i capelli una generosa dose di gel e una fugace spruzzata di profumo.
    Alle undici meno cinque ero seduto sul divanetto, con in mano un capace tumbler pieno di rum e coca cola e il viso contratto in una smorfia di trepidante attesa.
    Cinque minuti dopo, puntuale come un pendolo svizzero, Marco fece il suo ingresso nella saletta, mi vide e mi raggiunse sorridendo.
    - sembra passato un secolo, non ti pare? - chiese.
    - una settimana sembra corta, ma in certe occasioni diventa eterna - risposi io con enorme sollievo.
    - sono felice di rivederti - disse lui spostando il braccio sinistro dietro di me, come a circondarmi le spalle.
    - anche io sono felice di rivederti - feci io, con un sorriso grande come un quarto di luna.
    - sai - mormorò avvicinando il viso al mio - ho ripensato molto a quel bacio e ogni volta avevo sempre più voglia di replicare -
    Io mi voltai per guardarlo negli occhi.
    - io non ho mai smesso di pensarti - dissi con voce suadente.
    Lui accennò ad un sorriso e si avvicinò ancora: ormai le punte dei nostri nasi si sfioravano e io potevo sentire il suo respiro caldo sulla mia pelle.
    - pensavo - sussurrò - che forse sarebbe meglio andarcene da qui. Non mi sembra il posto adatto per fare quello che avrei voglia di fare -
    - e cosa avresti voglia di fare, di preciso? - domandai io, sapendo esattamente quello che stava pensando.
    Lui sfiorò con le sue labbra la punta del mio naso e poi lentamente scese verso la bocca, ma non mi baciò.
    - se vieni con me - disse - lo scoprirai.
    Non me lo feci ripetere. Mi alzai quasi di scatto, terminai il cocktail in un sorso solo e mi feci prendere per mano da lui e trascinare verso l’ uscita.
    Notai che i due baristi ci guardavano con un filo di invidia dipinta sul volto, ma in quel momento avevo altro a cui pensare e la gelosia di quei due non era un problema mio. Avrei forse avuto modo di aggiustare le cose più avanti.
    Marco mi fece salire sulla sua auto, si mise al volante e partì a razzo.
     
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    DOLCE GAY

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    Molto intrigante :) Aspetto i restanti capitoli prima di dire altro
     
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  12. Albert De Klerc
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    Eh hai voglia ... XDDDD è un romanzo a puntate.
     
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  13. Albert De Klerc
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    V



    Aprì la porta di casa sua come una furia, mi spinse quasi dentro prima di chiudersela alle spalle lasciandoci nel buio più fitto.
    Lo sentiì avvicinarsi lentamente, allungando un braccio verso di me, avvertiì la sua mano posarsi sul mio petto e spingermi verso un’ altra porta, dietro di me.
    Mi lasciai spingere senza opporre resistenza, desiderando solo che mi baciasse, bramando con tutto me stesso il suo corpo e il suo amore.
    Lui accese la luce della camera da letto, mi diede uno spintone deciso facendomi cadere sul letto, poi si fermò e prese a spogliarsi con una lentezza esasperante, quasi temesse di fare rumore.
    Prima levò la maglia, poi la canotta, si slacciò i pantaloni e mentre lui si liberava dei suoi abiti io fremevo di impazienza, tremavo di desiderio represso. Avevo atteso quel momento per una settimana e ora stavo per cogliere i frutti della mia pazienza.
    Non avevo altro pensiero, in quel momento, che contemplarlo in tutta la sua gloriosa nudità e lasciarmi avvolgere dalle sue braccia.
    Marco, rimasto in slip, mi guardò con gli occhi pieni di ardore, mi pareva quasi di intravedere le fiamme della sua passione baluginare dietro le pupille. Era tanto e tale quel calore che me ne sentivo avvolto, come se attorno a me vi fossero delle fiamme vere e ardenti.
    Lui fece un passo, poi un altro e un altro ancora, fino a torreggiare su di me con il corpo madido rilucente nella luce dorata che veniva dal lampadario sopra di lui.
    In un attimo calò su di me, mi afferrò il viso con le sue mani e appiccicò le sue labbra torride sulle mie, le spalancò con un solo tocco di lingua che, rapida come quella di un serpente, si fiondò all’ interno della bocca fino ad incrociare la mia e iniziare con lei un duello accanito e feroce.
    Si lasciò cadere lentamente su di me, schiacciandomi sul materasso, premendo su di me con tutto il suo peso, ero prigioniero delle sue braccia e non potevo muovermi. Ma muovermi era l’ ultima cosa che avevo intenzione di fare, anzi, gioivo di quella situazione e il mio desiderio crebbe a dismisura invadendo ogni parte di me. Vibravo come se qualcosa dentro di me si scuotesse, sudavo copiosamente per il calore del suo corpo contro il mio e per il fuoco che ardeva dentro di me come in un vulcano pronto ad eruttare.
    Mi ritrovai non so come, nudo completo al suo cospetto. Lui mi guardava con uno sguardo quasi folle, gli occhi lampeggianti, il corpo scosso da un tremito incontollabile.
    Poi si tolse gli slip restando totalmente nudo, li, a pochi passi da me che anelavo il suo corpo perfetto.
    Si avvicinò nuovamente e si ridistese sopra di me, preoccupandosi di farmi sentire tutta l’ impressionante durezza del suo membro, puntato come un missile al mio sedere esposto.
    - questa notte - mormorò rauco - ti farò toccare il cielo. Ricorderai questo momento per tutta la tua vita -.
    Ed io sospirai con desiderio e lo attrassi a me, baciando ogni brano di pelle in grado di essere raggiunto mentre nella mia testa ogni pensiero veniva spazzato via e ogni preoccupazione si dissolveva come fumo nel vento, avevo un solo desiderio e un solo pensiero, un solo obbiettivo e un solo scopo … mostrargli il meglio di me, stupirlo, sconvolgerlo.

    Ricordo che ci svegliammo nel cuore della notte, nudi, abbracciati stretti, madidi di sudore e col cuore ancora in subbuglio. Ricordo benissimo il momento in cui mi aveva penetrato, con un colpo solo, deciso, con quella che sembrava una lama lunga e bollente, sentivo i colpi e avvertivo dentro di me uno sconquasso incredibile, era come se tutte le mie viscere fossero sconvolte da un ariete impazzito.
    Provavo il piacere massimo possibile, mi sembrava davvero di essere alle porte del Paradiso e mi sembrava quasi di intravedere le ali dei cherubini.
    Che notte fu quella.

    VI



    La settimana successiva io e Marco riuscimmo a vederci quasi tutte le sere, da lui, al locale o semplicemente in giro per la città. Ogni volta pareva sempre che fosse il nostro primo incontro e per tutto il tempo che trascorrevamo lontani dal suo letto sarebbe stato difficile per chiunque pensare male guardandoci.
    Dopo quella notte di follia avevo avuto modo di constatare che, oltre ad essere ricco di soldi, Marco possedeva in grande abbondanza anche un sacco di pregi, rari in molte persone.
    Intanto era molto generoso, con chiunque. Una sera a cena pretese di pagare lui il conto per entrambi ( e il posto dove mi aveva portato era decisamente fuori dal mio badget in effetti ), e la sera dopo aveva lasciato 20 euro di mancia al barista che ci aveva portato i cocktail al tavolo del pub.
    Se non lo avessi conosciuto già piuttosto bene avrei detto, a suo riguardo, che la sua generosità non era altro che un modo per farsi vedere, per far capire che i soldi non gli mancavano. Io invece sapevo che lo faceva perché non sapeva realmente cosa fare di tutti i soldi che possedeva e che solo quando poteva essere generoso e fare felici gli altri, anche lui era felice.
    Generosità a parte, Marco era straordinariamente gentile, raffinato, amante del bello e sempre pronto a fare cose buone per gli altri. Molto colto rispetto alla media, sapeva parlare di testi classici o fumetti pornografici senza problemi ed era in grado di passare da un argomento all’ altro con una facilità disarmante.
    Un secondo prima era intento a spiegare il senso di alcune frasi di Cicerone e un attimo dopo eccolo immerso nella descrizione del gol partita segnato dal suo attaccante preferito.
    Pareva che conoscesse a menadito qualunque argomento e che le sue capacità di discuterne fossero illimitate.
    Ero sbalordito dalla sua cultura e dalle sue passioni e passavo ore ad ascoltarlo quasi senza interromperlo, beandomi di ogni parola uscita dalle sua bocca.
    Oserei dire che provavo le stesse emozioni di chi vede la Madonna, o quasi.

    Le mie ferie sarebbero terminate quel fine settimana mentre le sue si sarebbero prolungate per altri sette giorni, e così decidemmo di passare quell’ week end lontano dalla città, per goderci un po’ di pace.
    Lui aveva una casa in montagna, in Valle d’ Aosta, e fu li che volle portarmi, conoscendo e condividendo la mia passione per l’ altura e la natura selvaggia.
    Il posto era incantevole, affacciato ad una vallata verdeggiante e dominato da una schiera di vette innevate luccicanti nel sole estivo. La casa, una tipica baita montana, era magnifica e arredata con attimo gusto, tutta rivestita di legno e piacevolmente lussuosa.
    Il lusso, quando si tratta di arredi, quadri o edifici, mi è sempre piaciuto molto e quella baita era poco meno di una reggia. Il grande salone era dominato da un colossale camino di pietra e da un quadro quasi sicuramente originale raffigurante un paesaggio al tramonto, racchiuso in una cornice stupenda in legno dorato.
    Nella camera da letto padronale, occupato da un colossale letto matrimoniale con baldacchino in legno scuro con inserti dorati, faceva sfoggio di se un lampadario degno dei saloni di Versailles, tanto imponente da lasciarmi senza fiato.
    Marco sembrava decisamente impacciato, quasi imbarazzato dal mio incantato stupore, e non faceva nulla per nascondere il suo disinteresse verso quelle meraviglie meritevoli di un museo.
    - la mia camera è molto più semplice - disse ad un certo punto guidandomi nel corridoio.
    E in effetti, rispetto al resto della casa, la sua stanza era decisamente spoglia e semplice, priva di letti a baldacchino, lampadari di cristallo o tele preziose. Era come stare nella cella di un monastero. Una cella sicuramente grande, ma adatta più per le orazioni di un benedettino che per i divertimenti di un figlio di papà.
    - quando veniamo qui in vacanza - mi disse - io sto quasi sempre chiuso in questa stanza. Il resto della casa mi mette l’ ansia, è come stare in un museo -
    - pensavo di piacessero i musei - feci io, accomodandomi accanto lui sul letto.
    - infatti mi piacciono - rispose - ma non se devo viverci -
    Potevo capirlo. Anche me l’ idea di dormire in un museo, al cospetto di un Giorgione o sotto la cornice di un Caravaggio, non piaceva molto.
    Parlammo di noi e del nostro rapporto per l’ intera ora successiva e giungemmo alla conclusione che, per il momento, non saremmo andati oltre alla scopamicizia. In fondo era una situazione che stava bene ad entrambi, perché permetteva a me quanto a lui di godere di una certa libertà e indipendenza e soprattutto evitava spiacevoli complicazioni, nel caso uno dei due fosse finito malauguratamente nel letto di un altro.
    Naturalmente Marco non mi dava l’ impressione di essere il tipo di ragazzo che passa da un partner all’ altro come le api sui fiori, ma conoscendo piuttosto bene il mondo gay non potevo essere certo riguardo alla fedeltà di nessuno, nemmeno del mio migliore amico.
    Io, glielo avevo detto subito, non sono mai stato un tipo particolarmente fedele, anche se non ho mai avuto il problema di tradire o di essere tradito perché non sono mai stato fidanzato, ma tradire un ragazzo come Marco che possedeva tutto ciò che potevo desiderare, sarebbe stato decisamente difficile. Sono pochi i ragazzi più fortunati di lui e ancora meno sono quelli più belli.
    Certo, i due baristi del locale sapevano il fatto loro e avevano un non so che di estremamente attraente, ma difficilmente avrei potuto costruire qualcosa di serio con uno o l’ altro. Avevo l’ impressione che fossero molto meno fedeli di me.
    Marco mi disse che era uscito da poco da una storia decisamente complessa e che quindi non era affatto desideroso di finire nuovamente nel turbine di una relazione stabile. La scopamicizia era decisamente più adatta al suo momento.
    - e poi - aggiunse - tu hai un qualcosa che mi fa bollire il sangue, credo che non potrei fidanzarmi con te senza che questo qualcosa venga a mancare -
    Io feci una risatina sciocca.
    - e cosa sarebbe questa cosa che ti fa bollire il sangue? - chiesi.
    - se lo sapessi forse non mi attirerebbe così tanto - rispose lui avvinghiandomi e baciandomi con passione.
    Io mi lasciai avvolgere dalle sue braccia e dal suo corpo, chiusi gli occhi, e attesi che la solita onda di piacere mi travolgesse. Ero li soprattutto per quello.
     
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  14. Albert De Klerc
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    VII



    La domenica sera, dopo cena, lasciammo la sua bella baita per tornare in città, ci salutammo davanti a casa mia ed entrambi passammo una notte tranquilla.
    La mattina seguente io ritornai al lavoro nel bar e passai quasi tutta la mattinata facendo caffè, cappuccini, marocchini e te per i clienti di passaggio. Arrivato all’ ora di pranzo non ne potevo più fisicamente, ma anche mentalmente ero piuttosto depresso.
    In tutta la mattinata non si era fatto vivo nemmeno un ragazzo giovane, erano stati tutti uomini di mezza età, bruttarelli, sposati, fidanzati ma sicuramente etero. Alcuni erano stati anche decisamente sgarbati, cosa che personalmente detesto.
    Finalmente, verso mezzogiorno e mezzo, la porta del bar si aprì tintinnando e un bel giovanotto entrò nel locale, si avvicinò al banco, lo ispezionò con cura e poi ordinò ( con grande educazione ) un panino con la mortadella, una birra e un croissant alla crema.
    Preparai quello che mi aveva ordinato e glielo portai al tavolino interno dove si era seduto, sfogliano un notiziario sportivo.
    - grazie - fece lui ripiegano il giornale e afferrando subito il panino.
    - di nulla - rispose io tornando verso il bancone.
    Mentre lui mangiava leggendo io ebbi modo di osservarlo molto attentamente e mi resi conto che era davvero un gran bel ragazzo, persino più di Marco e molto più dei due baristi del discopub.
    Alto, biondo con morbidi boccoli cascanti sulle spalle massicce, fisico sportivo, profondi occhi verdi, bocca perfetta e voce suadente.
    Decisamente un tipo con cui avrei volentieri iniziato una relazione.
    Alcuni minuti più tardi, terminato il suo pranzo, il ragazzo si alzò e si avvicinò alla cassa per pagare, io gli dissi il conto e lui prese i soldi da un borsello e li poggiò sulla superficie del bancone.
    - il resto è mancia - disse chiudendo il borsello e sorridendomi - ottimo pranzo e ottimo servizio -
    Poi, senza aggiungere altro, uscì.
    Io presi la banconota da venti euro ( il conto totale non arrivava nemmeno a dieci ) e la infilai nella cassa, ma sul marmo del bancone rimase un rettangolino di cartoncino bianco.
    Lo presi e capiì che era un biglietto da visita, lasciato li da qualche cliente distratto o indaffarato.
    “ Lo conservo casomai il proprietario tornasse a farsi vivo “ pensai e mi infilai il biglietto nel taschino del gilet nero.
    Tornato a casa dopo la chiusura, mi tolsi il gilet e facendolo lasciai cadere in terra il biglietto da visita. Lo raccolsi e mi resi conto che l’ unico che poteva averlo dimenticato era stato il giovane biondino del panino e della birra. Ma dimenticato era il termine esatto? Poteva sempre averlo tirato fuori dal borsello assieme alla banconota senza accorgersene e magari era anche l’ unico che aveva dietro. Probabilmente in quel momento lo stava cercando senza rendersi conto di avermelo lasciato.
    Decisi in un battibaleno di chiamare il numero di cellulare indicato sul biglietto per avvisare il proprietario ed eventualmente trovare un modo per fargli riavere il suo biglietto da visita.
    Presi il mio cellulare, composi il numero, premetti il pulsante “ chiama “ e attesi.
    Al terzo squillo rispose la stessa voce suadente che a pranzo mi aveva così stranamente colpito.
    - sapevo che avresti chiamato - esordì il tipo con un tono soddisfatto.
    - come scusi? - dissi io sbalordito.
    - ero certo che trovato il mio biglietto da visita avresti telefonato per avvisarmi, ma io te l’ho lasciato apposta -
    Decisamente non riuscivo a capacitarmi.
    - e come mai? -
    - perché ti ho visto una sera in un pub e ho saputo qualche cosa interessante sul tuo conto. Sono curioso di verificarne la veridicità -
    Era un ricatto? Una trappola? Oppure solo lo scherzo di un idiota? tanto valeva andare fino in fondo e capire esattamente le intenzioni dello sconosciuto biondino intraprendente.
    - tanto per sapere - dissi io - che cose interessanti si dicono a mio riguardo e a che pro vorresti verificarne la veridicità? -
    Lui rise.
    - forse è meglio se ne parliamo faccia a faccia, non credi? -
    - perché dovrei accettare? -
    - magari perché potresti soddisfare la mia curiosità e trovare in me un cliente assiduo e … generoso -
    Fu quel generoso finale che mi lasciò interdetto. E che stuzzicò la mia fantasia. Decisi di accettare con riserva.
    - dove e quando? -
    - magari a casa mia, stasera stessa -
    Decisamente il tipo non aveva paura di sembrare troppo precipitoso. Pur non essendo totalmente sicuro di ciò che facevo accettai e mi feci dire ora e indirizzo. Scopriì che il tipo abitava a poche centinaia di metri da casa mia e che a piedi ci avrei messo giusto qualche minuto.
    Mi diede appuntamento per le 21.30 e poi, prima di riattaccare, disse una cosa che pizzicò sensibilmente la mia fantasia.
    - non perdere tempo a farti la doccia, il mio bagno è molto spazioso -
    Prima che io potessi replicare lui riattaccò lasciandomi di sasso.
    Pensava davvero che saremmo arrivati a quello?
    Certo, il tipo non era niente male e certamente non avrei avuto problemi a farci sesso, ma così su due piedi il pensiero mi lasciò decisamente interdetto.
    Augurandomi che non fosse una trappola architettata da qualche pazzo omofobo assassino usciì di casa verso le 21.20 e mi avviai all’ indirizzo indicatomi. Prima di suonare il citofono presi la precauzione di inviare un messaggio a Marco: Se domani mattina non ricevi un messaggio da parte mia vieni a questo indirizzo e chiama la polizia.
    Allegai l’ indirizzo e poi spensi il cellulare.

    VIII



    Per mia fortuna il bel biondino non si mostrò per niente omofobo ne tantomeno assassino, anzi.
    Appena entrato in casa l’ occhio mi cadde immediatamente sul tanger accanto alla porta su cui facevano sfoggio alcune foto molto provocanti di lui in pose di nudo artistico e alcune riviste dal contenuto gay inequivocabile.
    Il resto della casa, che mi mostrò in pochi minuti, trasudava omosessualità da ogni angolo e in un baleno fu evidente che il suo proprietario non solo era gay, ma che lo erano anche i coinquilini.
    - non ti preoccupare - disse lui tornando verso il salotto - i miei amici torneranno tardi stasera, e poi sono abituati a trovarsi sconosciuti per casa -
    - ne porti così spesso? - chiesi io.
    - abbastanza, a volte li porto qui per divertirmi assieme ai miei amici, ma accade di rado -
    - organizzi anche orge? -
    - si, ogni tanto, quando trovo qualcuno che piace anche a loro -
    Mentre mi offriva da bere del whisky, che rifiutai educatamente non amandolo, il discorso cadde sul pub.
    - i due baristi mi hanno detto che hai un culo fantastico - esordì lui diretto come un freccia rossa.
    Io, vagamente imbarazzato, non risposi e mi limitai a fare un’ espressione di circostanza.
    Lui, che probabilmente non notò il mio imbarazzo, proseguì sulla stessa strada.
    - e poi so che al posto della bocca hai un’ idrovora -
    Questa volta arrossiì vistosamente e lui finalmente capì di avermi messo decisamente a disagio e ridacchiò.
    - non credevo fossi così imbarazzabile - disse.
    - non sono molto abituato a sentire cose di questo genere sul mio conto, specialmente da parte di un quasi sconosciuto - risposi io educatamente.
    Lui rise di cuore e si sedette accanto a me.
    - perdonami - disse - probabilmente i due giovanotti si sono dimenticati di dirmi qualcosa su di te -
    - penso di si - feci io.
    Per alcuni istanti cadde un silenzio profondo, ma non dubitavo che presto o tardi il bel biondino ci avrebbe provato sul serio. Non amavo molto il genere di ragazzi che al primo incontro si buttano a parlare di sesso in maniera così spinta e quindi non ero affatto entusiasta al pensiero di dover affrontare un tentativo serio di approccio.
    Certo, il tipo meritava senz’ altro, ma il modo in cui si era posto non mi attirava per nulla. Anzi.
    Per un po’ parlammo normalmente, tralasciando il sesso e le volgarità, ma le occhiate che mi lanciava erano un segno evidente che prima o poi avrebbe osato spingersi oltre ai complimenti spinti. Erano sguardi pieni di una lussuria che non avrei mai creduto possibile rivolta a me e la cosa mi spaventava. Avevo quasi il timore che, se avessi rifiutato di passare dalle parole ai fatti, mi avrebbe costretto con le cattive a soggiacere alle sue voglie e la cosa non mi entusiasmava affatto.
    In un’altra occasione, magari con qualcuno di già conosciuto, avrei anche potuto eccitarmi all’ idea di essere costretto a fare sesso, ma così, con un emerito sconosciuto per quanto bello no.
    Ad un certo punto lui allungò una mano e me la poggiò sul ginocchio e piano piano la fece risalire lungo la coscia verso l’ inguine. Era arrivato il momento, che fare? Mostrarmi compiacente e starci, oppure cercare di resistere e sperare di uscirne senza dover subire violenza?
    Avevo solo pochi istanti per decidere e certo lui non mi aiutò quando, avvicinando la bocca all’ orecchio prese a mormorare frasi decisamente oscene.
    - sai - disse - i due baristi avevano ragione sul tuo conto -
    - si? -
    - si, mi dai proprio l’ impressione di uno che quando ha voglia è disposto a tutto pur di godere -
    - e io ti sembro uno che ha voglia? - chiesi temendo una sua reazione.
    - direi di si. Sei caldo come un forno, la voce ti trema e il pacco si sta indurendo a vista d’ occhio -
    Purtroppo era vero. Sentire il suo fiato sul mio orecchio e la sua voce così calda mi stava procurando un’ erezione indesiderata.
    - devi essere un gran porco a letto - continuò lui sempre più suadente - quasi ti vedo, legato e bendato, nudo, mentre io e miei amici abusiamo di te in ogni modo -
    - non mi pare uno scenario molto carino - feci io con la voce più ferma possibile.
    - nel mio scenario tu stai godendo degli abusi - ribattè lui - tu non vedi l’ ora di essere scopato da tanti bei cazzi giovani e duri e prenderli in ogni buco e poi bere tutto -
    Io tremai vistosamente, ma non potei fare a meno di trovarmi d’ accordo con lui. In effetti avevo pensato spesso ad una situazione del genere e l’ idea mi stuzzicava molto. Ma perché proprio in quel momento dovevo essere così eccitato?
    Lui prese a carezzarmi il pacco da sopra i pantaloni e naturalmente si rese conto che era bello che pronto.
    - perché non mi fai vedere il tuo culo? - chiese lui con un mormorio eccitato, prima di darmi due colpi di lingua sul lobo.
    Ormai obnubilato, asservito al desiderio e posseduto dalla voglia, spazzando via i pochi resti di resistenza ancora presenti nel mio cervello, mi alzi lentamente e altrettanto lentamente mi spogliai.
    Rimasto nudo come un verme gli voltai le spalle e gli mostrai il sedere.
    Lui emise un gemito roco e subito dopo avvertiì una sua mano sfiorarmi i glutei.
    - avevano ragione - disse fremendo - questo è un culo da oscar -
    Io non risposi. Avevo la lingua incollata al palato …
    Venti secondi dopo la porta d’ ingresso si aprì e fecero irruzione in casa tre ragazzi mezzi sbronzi. I suoi coinquilini erano arrivati prima del previsto e si bloccarono quando videro me nudo mentre il loro amico mi accarezzava il sedere con la lingua penzoloni.
    Avrei voluto sprofondare negli abissi della terra e sparire per sempre dall’ imbarazzo. Ma ero solo io ad esserlo.

    IX



    Negli anni seguenti mi sono sempre chiesto come riusciì a trovare le forze per chiamare Marco e dirgli che stavo bene e che gli avrei raccontato tutto.
    Era stata una notte folle, come non ne avevo mai provate prima e come non ne ho mai provate in seguito.
    In quattro mi avevano preso in ogni modo e goduto di me in qualunque posizione e situazione. Anche io avevo goduto, ma terminato tutto mi era rimasto in gola come un nodo, inspiegabile, un qualcosa che mi impediva di essere felice.
    Il mio sogno di essere preso da più ragazzi contemparaemante, naturalmente escludendo quella volta con i due barman, si era avverato dopo tanto tempo, eppure non ero felice. Sentivo che mi mancava qualcosa.
    Marco mi chiamò il martedì all’ ora di pranzo e mi chiese spiegazioni. Io gli raccontai della notte trascorsa, senza nascondergli nulla, e quando lui rispose non potei fare a meno di sentire nella sua voce un tono di rimprovero che non gli avevo mai sentito prima.
    - D’ accordo che non stiamo assieme, ma non ti sembra esagerato scopare con quattro ragazzi assieme? Quattro sconosciuti? - mi disse.
    Aveva ragione naturalmente, e lo sapevo, ma cosa potevo farci? Non avevo chiesto io che mi scopassero tutti e quattro. Io pensavo che avrei finito per farlo solo con il biondino …
    - Senti Marco, hai ragione - risposi - ma non l’ho chiesto io. Quei tre sono arrivati all’ improvviso, non li aspettava nemmeno il tipo. Mi sono praticamente volati addosso -
    - Si ma tu avresti potuto dire che non te la sentivi -
    - E perché avrei dovuto scusa, in fondo erano tutti e quattro dei bellissimi ragazzi, e io avevo anche voglia. Che ho fatto di male? -
    Lui sbuffò.
    - Non mi sembra corretto da parte tua, considerando quello è successo tra di noi -
    - E cosa è successo? Abbiamo fatto sesso qualche volta, ci siamo visti a cena, siamo andati al cinema e abbiamo fatto una gita in montagna. Ma questo non vuol dire che siamo legati da un contratto -
    - No, ma siamo pur sempre scopamici, e tu avresti potuto dirmi cosa andavi a fare a casa di quel tipo -
    Io risi.
    - Io non sapevo che mi avrebbe portato a letto, pensavo volesse solo conoscermi. E poi scusa, da quando in qua gli scopamici pretendono di essere avvisati quando uno dei due scopa con altri? -
    - Non sta scritto da nessuna parte, ma è un comportamento che io vorrei fosse fatto -
    - Ah ecco, è un problema solo tuo. Be’ mi spiace ma non ho alcuna intenzione di mandarti un messaggio ogni volta che vado a letto con qualcuno. Non ti deve interessare -
    - E invece mi interessa -
    - E perché ti interessa così tanto? -
    Lui non rispose subito, lo sentivo respirare rumorosamente come per trovare il coraggio di parlare.
    - Perché tu mi piaci e non solo come scopamico, perché ci tengo a te e perché sono geloso -
    - Gli scopamici non sono gelosi l’ uno dell’ altro, altrimenti non possono essere scopamici. I fidanzati sono gelosi del partner e noi non lo siamo -
    precisai io.
    - Bè, io vorrei che lo fossimo -
    - Mi spiace, ma io non credo di essere pronto per una storia -
    - Quindi è un no -
    - Marco, tu non mi hai chiesto ancora nulla -
    - Sai benissimo cosa intendevo. Chiederti esplicitamente di metterti con me non ha senso adesso, visto che mi hai già detto di non essere pronto -
    - Tu lo sai da un pezzo che non sono pronto, te l’ ho detto subito, proprio per evitare situazioni come questa -
    - Si, lo so, ma è dura lo stesso essere rifiutati -
    - Io non ti sto rifiutando - dissi io - io ho solo detto che non mi sento pronto per una relazione -
    - Bè, fino a che non sarai pronto temo che il nostro rapporto debba interrompersi. Io non posso andare a letto con te sapendo che non provi niente per me mentre io ti desidero al mio fianco stabilmente -
    - Come scusa? -
    - Hai capito benissimo - disse lui deciso - da questo momento in avanti la nostra scopamicizia è finita. E anche la nostra amicizia -
    Io deglutii cercando di trovare le parole per evitare il naufragio di un’ amicizia così forte, ma non mi venne in mente nulla.
    - Non è giusto - gorgogliai mentre le prime lacrime scendevano sul viso.
    - No, è necessario - fece lui deciso.
    Attaccò senza darmi tempo di rispondere. Chiusi il telefono e,approfittando del fatto che il locale era deserto, mi chiusi nel bagno.
    Piansi come non avevo mai pianto prima.
     
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