Acque Nere

cap 1, 2 e 3

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  1. thephysist
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    Questo è l'inizio di un racconto, è corto in quanto è inutile postare il resto se vi fa schifo.....quindi, sono gradite vostre opinioni ed eventuali correzioni e/o chiarimenti .......

    Acque nere cap. 1

    "Navigando nella nebbia, sotto la nera volta stà.
    Nacque così il marinaio, dell'acque solcatore
    impervio all'orizzonte, battente al Maestrale."

    Termina così una vecchia ciarla marinara che da bocca a bocca giunse fino a me.
    Non mi spiego tuttora cosa mi spinse ad andar per mare, non conosco la causa di quella
    balorda idea che mi venne tempo addietro; sfidar iddio...partendo per l'ignoto.
    Fatto stà, che all'alba partii:
    presi pipa e tabacco e a braccetto con i vizi m'imbarcai.

    Melanconiche le onde mi fluivano tergo, un inconfondibile fruscio mi moveva l'animo.
    Quella infinita coltre di niente mi sovrastava e mi schiacciava nella mia umana fattezza.
    C'era qualcosa tuttavia che mi spingeva in quel familiare oblio dove ingoiando l'obolo, incoscente m'addentrai.

    Era una fredda mattina di novembre, il 15 per esattezza, anche se dubito che potesse avere molta importanza.
    Mi recai come al solito in cambusa per la colazione, sempre se un tozzo raffermo di pane nero ed un bicchiere di vino
    si possano definire tali...dura era la vita del marinaio, un lungo flagello temprava la mente ed il corpo in attesa della
    redenzione dopo che da Euterpe abbandonato fu; così questi rozzi surrogati di uomini scontavano le proprie colpe, redente alla società,
    ma gravanti nello spirito.
    Consumato il frugale pasto, mi recai sul ponte: nulla era meglio d'uno schianto di Ponente sulla faccia per scongiurare
    il residuo di sbornia della notte scorsa; già, l'alcol era l'unico nostro sfogo in sfida alla nera signora:
    sei bicchieri di rhum e il corpo non necessità più della mente, fuoriesce la vera natura dell'uomo...la mala bestia.
    Scarrozzai per la prora indaffarato nelle più banali complicazioni nautiche, quella vecchia chiatta ne aveva viste di tutti
    i tipi, chissà quanto ancora sarebbe durata prima di entrare definitivamente nel regno di Nettuno; e noi con lei.
    Passarono così le ore, io ed i miei colleghi lavorammo e lavorammo ancora; "Il lavoro nobilita l'uomo" disse un giorno un
    qualche nobile filosofeggiando ottimismo....può mai nobilitare qualcosa che ti consuma a poco a poco?
    "Dente di cane, scazza la randa!"
    "Genocchia valghe, svuota la rumentiera!"
    I più coloriti epiteti rimbalzavano per tutta la noce, tuonando ordini e commissioni.
    Non c'era spazio nella vita di un marinaio per pensare, riflettere o andar per romanticismi...tutto era conforme alla comunità
    tutto era fatto per il bene collettivo; sporchi automi mal conci la cui unica asirazione è arrivare al vespro senza scorbuto.
    E' questa la condizione in cui si fa specchio l'uomo, tutti sono marinai...faticando per il bene superiore, quando per la maggiore non
    si conosce né il termine "superiore" né tantomeno "bene".

    Edited by EricNorth - 4/11/2015, 21:40
     
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    SinnoH

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    Sei migliorato moltissimo! Già questo, rispetto a quello precedente, sembra scritto da un'altra persona! Ora utilizzi la punteggiatura in modo molto più appropriato, a mio parere ^_^
     
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  3. thephysist
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    inoltre non è mia abitudine scrivere racconti romantici, quindi in questo genere anche le frasi mi vengono meglio...e comunque sto cercando di seguire i tuoi consigli...soprattutto per la dispersione delle frasi.
     
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  4. thephysist
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    Posto ora la seconda parte del racconto, come al solito sono bene accette correzioni, consigli et cetera. Grazie per l'attenzione.

    Acque nere parte 2

    "Scivola nel flutto, Oh bifolco, la tua pena
    Non sia mai tregua tosto li rischi
    A te arride gioconda l'eburnea polena
    per chetar l'animo ti basta un Whisky"

    Chiuso l'breviario di vita marina come presbitero poscia la messa, così m'echeggiava in capo
    quella canzon di coloro che Furono...
    E coloro che Furono ben sanno che la vita non arride di certo al disgraziato nauta, ma si tratta di
    seplice spavalderia: "Far buon viso a cattivo giuoco" disse un tempo un grande; che poi non si sappia se "grande" di
    mente o corpore che fu, il punto è che i grandi hanno sempre ragione indipendentemente da ciò che fanno:
    la loro etica è certamente indiscutibile e poi, può un semplice mozzo contrariar l'albo filosofo?

    Dopo aver scacciato dal capo queste fandonie, ritornai alla mia ignoranza e con essa alla mia vita di marinaio.
    Mi appollaiai al ponte, placido come gabbiano in sullo scoglio; mastro Libeccio se ne andò: nodo dopo nodo, dopo nodo
    ci fermammo. E fu sera.
    "Cubano!" chiamai
    "llegada!" ottenni come risposta
    Quel bambinone dinoccolato mi si fece accanto; gli indicai qualcosa a ovest: il tramonto.
    Torvo guardandomi, se ne andò sbuffando per il tempo perduto:
    il tempo è il bene più pregiato di cui l'uom disponga, definito pari al dinaro: tuttora non capisco come una manciata di
    scatti di meridiana possano in regio metallo trasmutarsi; fatto stà che il tempo è limitato e stà a noi deciderne l'arduo
    impiego, tuttavia non si può nemmen soffermarsi troppo sulla scelta del tale in quanto sempre tempo si utilizza.
    Ed è mansione della coscienza nostra stabilire quando medesimo impiego è "perso" o "fruttato":
    a parer mio, conteplar d' Iddio il vermiglio affresco non è altro che buon tempo...non fraintendetemi se vi dico
    in somma alla mia scarsa cultura: "guardar il tramonto è come mirar la materia di cui siamo fatti".


    Il lento scorrere della mia vita in chiatta mi portava ad elocubrare strane liriche, nel tempo che non era dedicato al
    temprar delle membra solevo seder sull'asse dirimpetto ai venti che mi trattennero dal gittarmi in peciosi flutti:
    seguire con lo sguardo l'orizzonte e oltre ancora...tirando di tanto in tanto una boccata di tabacco dalla Calabash e
    banalmente boccheggiando al nulla; la salsedine mista alle foglie delle nuove Indie mi inebriavano, quelle piccole
    sottigliezze che madre natura ci aveva offerto in un semplice otre di terracotta e a cui Mnemosine ci aveva resi
    avvezzi; non senza un po' di invidia per la nostra mortale essenza: Noi...che avevamo tutto da perdere, assaporammo
    ogni primo attimo come se fosse l'ultimo.
    Già ancor nel grmbo materno e subito dopo, il pargolo svuota li polmoni gridando al firmamento: flebile vociare nell'antro
    del sacro discobolo; pensai.

    Tutto taceva.
    Quella sera le Allegre non furono; ci preparammo ad una tempesta.
    "Sveglio!....copri il bastione!"
    "E tu, Lloyd...non dormire!"
    "Muovetevi cani!" tuonava martellante il secondino.
    Raffiche d'algida aria sbuffando meste; di Tifone il regno in cui ci addenrammo: Ira glaciale;
    folate su folate, pulviscolo accecante ad'onta del capo, torbida nefanda aria olezzava in sulla noce.
    Colto dalla fobica ira corsi sull'opera viva e corsi ancora; mi calai sul timone e che l'Alto mi perdoni, attaccato
    più che mai a questa landa ch'io chiamo terra, lo sfidai:
    "E' questo che vuoi Padre?..."
    "Tu vuoi ch'io perisca per mano del gelido Titano?..."
    "E' la mia volontà...non la tua, la mi..."
    Non feci tempo a terminare il mio furioso delirio che un onda mi sciacquò dall'altra parte del bastimento; più
    furibondo che mai mi sollevai e preso di nuovo il comano, manovrai la nave come se il timone movesse le mie
    stesse gambe; un altro flutto, ancora più forte, mi scaraventò lontano sciabordando il ponte, l'albero maestro cadde
    deflagrando le cabine: orrore!
    Il panico scorreva nelle vene; non vinsi la natura, ma vinsi me stesso.
    E fu vento e fu pioggia.
    I Titani vinti si ritirarono ed il Sole tornò al potere.
     
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  5. thephysist
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    IO: bene sono arrivato all'ultima parte del racconto
    TUTTI: E dopo non ce ne saranno più?
    IO: esatto!
    TUTTI: yeeeeeeeeeeee!!!!!

    Cooomunque, come prima accennato sono giunto alla conclusione...

    "Gira il timone più lesto che puoi
    oh marinaio che sull'acque vai
    Tieni la fune dell'arca perduta
    farla finita in un bicchier di cicuta"

    Parole antiche riecheggiano tra i polverosi assi di larice della Gorgone, antiche leggende galleggiano
    sovra questo ponte martoriato da nefande ed al contempo eroiche gesta.
    Lungo fu il cammino di questa nave ed ora è giunto al termine, come è giunta al termine la mia storia.
    Ogni uomo è indissolubilmente legato a qualcosa di umana, animale o altra fattezza che sia, ogni uomo
    salda il suo debito alla fine e che Dio me ne scampi se il pegno mio non ebbi già reso;
    levato e mortal fatica, in canuta forma mi appisolai sulla lanca aspettando ordini:
    che la mente non mi giuochi un tiro mancino se l'gobbo tramontar del Sole non m'ebbe di già sovrastato il capo.
    Anche al vespro lo sprovveduto marinaro deve compiacer il divino calamo con estenuante lavoro;
    "Ora et Labora"disse un tempo un certo monaco continentale...
    "Dai a Dio quel' che è di Dio e a Cesare quel' che è di Cesare" disse un qualchedun' altro:
    insomma, gira e rigira a me: di miseria e fatica gravollo, non me ne viene in tasca nulla!
    lavorar di mente e filosofeggiar nell'ignoranza: questo è l'uomo...di scempio custode.
    Mosso da rurale etica; appagato da material inezia...
    Animo nobile seppur inquieto.
    Una mano sul capo e l'altra sorregge la schiena: questo è l'uomo.
    Un braccio a misericordia proteso e l'altro pugnal reggente: questo è l'uomo; strana bestia l'uomo.
    Fu allora che il delirio mi colse; di nuovo.
    Presi meco pipa, tabacco e a braccetto coi miei più cari amici: che mai m'abbandonarono e tosto partii.
    Svelto presi una scialuppa ivi m'infilai nella più tetra tenebra veloce più veloce quanto le mie ormai antiche membra
    potessero gravar di peso, caddi e caddi ancora.
    Cullato da natal arto, scivolai sulle onde; nullatenente partii e nullatente arrivai...immergendomi in acque nere

    Fine copyright (come se qualcuno davvero volesse spacciarlo per suo...) Thephysist
     
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  6. ilgiovaneh
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    qua anche le frasi più lunghe e "dispersive" non sono un eccesso ma trovano un loro senso..bravo!
    Questo pezzo in particolare mi piace molto:

    Passarono così le ore, io ed i miei colleghi lavorammo e lavorammo ancora; "Il lavoro nobilita l'uomo" disse un giorno un
    qualche nobile filosofeggiando ottimismo....può mai nobilitare qualcosa che ti consuma a poco a poco?

    A presto, il tuo amico virtuale. :)
     
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5 replies since 5/4/2012, 20:21   116 views
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