Due cuori nella neve

cap. 1, 2 e 3

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    Non so cosa mi è preso, ma mi è venuta un irrefrenabile voglia di scrivere un racconto romantico, è la prima volta che
    scrivo questo genere, sono abituato a scrivere horror, comunque volevo proporvene un assaggio, sono graditi commenti,
    in caso vi piaccia sono ben lieto di continuarlo (premetto già che è un racconto soft, non dovrebbe contenere quindi scene di sesso)
    almeno per ora :laughx.png:
    Grazie per l'attenzione.



    Notte bianca

    Placidamente l'autunno si coricò ai pie' d'un colle, il timido e sonnecchiante sole divenne un fioco stoppino nella notte.
    Arrivò mastro inverno con il suo eterno vagabondare, trascinando la sua algida coperta per le strade della contea
    gelandole all'istante, sbadigliando ci accolse quel rigido dicembre.
    Ero appena sceso nel fienile, finito di accatastare la biada per il bestiame, mi recai ancora una volta sul ciglio del
    vialetto che debordava dalla fattoria, già, ancora una volta.
    Quando la mia famiglia si trasferì in Canada, in questa piccola e ridente cittadina lontana dallo squinternato bailamme della città, fui al settimo cielo. Avevo quattro anni, e, per un bambino di quell'età, avere a disposizione fragranti estati in verdi pascoli, autunni dorati e, ogni anno, la cara amica neve, era davvero un motivo di gioia immensa. Si può dire che io crebbi in una palla di neve, come quelle giocattolo che vendono alla fiera, dove si vede una piccola famiglia felice intonare un coro natalizio; l'atmosfera era accogliente anche d'inverno, quando tutte le creature si abbioccavano ed io, davanti ad un camino, leggevo e sgranocchiavo biscotti allo zenzero intinti in una tazza di cioccolato.
    Ma ora, ora che avevo 16 anni, questo non mi bastava, avevo visto i miei amici perendere le prime cotte, avevo
    visto molti di questi scambiarsi le prime innocenti effusioni e vivere spensierati la propria giovinezza, io no,
    stranamente provavo attrazione per i ragazzi, mi vergognavo a pensarlo, pensavo di essere sbagliato.Ma sempre meno mi importava: come poteva una cioccolata sostituire il calore e la dolcezza di un abbraccio?
    Una lacrima cadde sulla mia guancia arrossata per il freddo e la fatica, e come facevo di solito in questi momenti, per
    scacciare dalla mia mente inutili pensieri, prendevo la mia slitta, il mio cane, Buck, già come quello del richiamo della
    foresta, forse il mio unico amico, forse l'unico che non mi avrebbe giudicato per quello che realmente ero, la favola si chiuse
    e la sfera gioiosa in cui vivevo cadde a terra e si infranse.
    Piansi, il viso al gelido vento, piansi, perchè io?, perchè?....
    Passarono due settimane ed ancora passavo i miei pomeriggi a piangere di nascosto, tediato dal freddo, un giorno, me ne stavo
    assorto sulla panchina della stazione, in preda ai miei sospiri, un giovane, più o meno della mia stessa età mi passò davanti
    lo scrutai dal basso verso l'alto, indossava scarpe eleganti, e un cappotto verde, probabilmente sarà appena arrivato dalla
    città, portava un abbigliamento poco consono allo stile di vita paesano.
    Gli vidi gli occhi, due iridi color del ghiaccio, mi persi...
    i capelli erano fili di sole tessuti con la massima cura e le labbra due sottili e rosee linee accuratamente
    disegnate su un eburneo volto.
    "Piacere Peter, Peter Collins" disse tendendomi la mano.
    Lo fissai imbambolato per una decade di secondi, mi ripresi, mi alzai bruscamente e risposi, John, John Highwell
    Rise, il suono cristallino di quella voce, mi fece sussultare, pallido guardai il vuoto.
    "Ti senti bene?, mio padre è un dottore, se vuoi..." chiamò il padre, che guardò il mio rossore con aria sospetta
    disse al figlio di non preoccuparsi, d'inverno tutti sono un po' accaldati, vero figliolo?
    Io con una leggera balbuzie feci le mie presentazioni, "Highwell?, il figlio del dottore?"
    Sì, risposi, mio padre aveva uno studio medico, l'unico in città, e ora che mi ricordo, una sera aveva accennato al fatto che un
    suo collega si sarebbe stabilito in città per dargli una mano.
    Se ne andò...mi alzai e mi ritrovai davanti quella creatura dall'angelico volto, senza che io potessi proferire verbo
    mi chiese se potevo fargli conoscere il villagio, così gli dissi di montare sulla mia slitta, andammo per una collina innevata
    che costeggiava la chiesa, Buck era forte e andava in un ritmo in crescendo, per la velocità Peter si strinse ai miei fianchi
    arrossii.

    Edited by EricNorth - 4/11/2015, 21:39
     
    .
  2. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    ecco il secondo capitolo, con un po' di azione, il primo era solo un assaggio, per chi non lo avesse ancora letto e fosse
    interessato a farlo, qui trova il primo capitolo... https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=50361900
    a coloro che ne avessero voglia, sono graditi commenti, correzioni, insulti ecc.... XD


    capitolo II NON POSSIAMO ESSERE AMICI



    Sfrecciammo per la valle arrivati a casa mia, trovammo mio padre e suo padre che discutevano come amici di vecchia data
    lo condussi in camera mia e gli offrii un te caldo, poi cominciammo a parlare.
    Mi raccontò della sua vita in città, monotona e frenetica allo stesso tempo, mi disse di come suo padre e sua madre
    avevano deciso di accettare un posto qui e mi raccontò di lui, lo stetti ad ascoltare per ore, di quello che diceva non
    riuscivo ad assimilare nulla, ma mi piaceva guardarlo, guardare il suo sorriso, i suoi occhi dolci fissarmi, la sua espressione
    di benessere nel vedere che qualcuno fosse interessato ad ascoltare le sue vicissitudini.
    D'un tratto mi fece una domanda che mi fece sussultare sul posto:
    "Dev'essere pieno di belle ragazze qui, tu come sei messo?"
    Divenni subito porpureo, lo notò e si scusò.
    Ci fissammo per dei secondi che sembravano interminabili, guardò l'ora e pensò che fosse arrivato il momento di andare
    Non dormii quella notte, la sua risata, la sua voce riecheggiavano nella mia mente, il suo viso...i suoi occhi,
    fu allora che morfeo mi prese in spalla.
    La mattina seguente mi recai a scuola nella solita routine, no, non era la solita routine, c'era lui.
    Peter mi aspettava alla porta, si era preso la premura di accompagnarmi, nonostante sapesse benissimo dove si trovava
    l'edificio, in quanto glielo avevo mostrato io stesso il giorno precedente,
    camminammo, l'unico rumore era quello dei nostri passi nella neve...l'unica cosa che mi risuonava nella mente era
    una parola "ragazze", quella singola parola trisillaba bastò per farmi cadere il mondo addosso, il mio mondo, lui.
    Ma daltronde, ero io quello strano, mi ero illuso da solo, mi ero costruito un castello senza fondamenta, ero triste,
    mi ricordo la prima volta che confessai quello che provavo ad un ragazzo due anni prima, raffiche di insulti, frocio...
    deviato, questi erano ormai i miei appellativi, questo era ormai il destino di un ragazzo il cui unico errore era quello di amare
    i miei genitori e i compagni ormai lo accettavano, perlomeno mi chiamavano ancora per nome, ma rimasi imprescindibilmente
    solo.
    Era questione di ore, minuti forse, e anche lui lo avrebbe saputo, avrebbe conosciuto chi ero veramente, già vedevo la
    sua faccia, quel candido viso che mi sorrideva trasformarsi in una smorfia di ribrezzo per poi insultarmi, di nuovo.
    Lo guardai mentre faceva conoscenza con gli altri membri della classe, tutti sorrisi, tutti amici, certo, una persona così un
    posto nella società lo trova subito, mi sedetti da solo, e lui mi raggiunse poco dopo.
    che gli altri non glielo avessero detto, che facessi così pena da lasciare ad una persona credere che io sia normale solo
    per pietà?, può darsi, più afflitto che mai cercai di seguire la lezione.
    La campana suonò tre volte e ci potemmo alzare, imboccai velocemente la porta e schizzai di lena sulla via che portava
    alla fattoria, vidi Peter che sull'uscio salutava i coetanei, suoi amici,....non mi illusi che mi seguisse, almeno si era risparmiato
    di insultarmi.
    Sentii una mano calda sulla mia spalla che mi tratteneva, e subito dopo, quella voce che tanto volevo sentire:
    "Hei, aspetta, pensavo volessi tornare indietro con me"
    ero stupito, mi venne istintivamente di correre, così feci, levai la sua mano dalla spalla e corsi...cercando di fuggire da
    lui, da tutto, fuggire da me.
    Mi fermai vicino alla catasta di legno da bruciare, e più solo che mai cedetti all'istinto più caro all'uomo, piansi.
    Mi raggiunse poco dopo, mi vergognai di piangere davanti a lui, si sedette accanto a me e mi chiese il motivo.
    Gli dissi quello che realmente ero, lo gridai, tutto d'un fiato cercando a stento di evitare i singhiozzi, poi abbassai la testa
    attendendo i soliti nomignoli e insulti
    Distese le gambe, appoggiò la nuca sulla catasta e fissando il cielo con quei diamanti mai stati più lucenti iniziò:
    "Sai, oggi a lezione me lo avevano riferito, ma non te l'ho detto per paura di ferirti, per me non è un problema, io"
    lo interruppi, "tu non puoi capire quello che io ho passato, non voglio essere compatito, ma non è questo il problema,
    voglio solo essere lasciato in pace"
    "Io voglio starti accanto, non è un problema chi ti piace, possiamo comunque essere amici"
    ogni parola fu per me una fitta, mi levai in piedi "E' proprio questo il problema, amici, tu non hai questi problemi, sei di
    bell'aspetto e normale, qualunque ragazza tu ami o amerai, sarà tua, tu non sai cosa significa lottare ogni giorno per
    conquistare la gente, non sai cosa significa lottare contro se stessi, è proprio questo il problema, non possiamo essere
    amici, tu mi piaci" finii la frase in preda ad una crisi di pianto, era allibito, mi fissava con quegli occhi spalancati.
    L'istinto prese il sopravvento, mi voltai e corsi, era meglio per me e per lui, dovevo andarmene.

    Edited by thephysist - 25/3/2012, 19:58
     
    .
  3.     Like  
     
    .
    Avatar

    SinnoH

    Group
    Utente Abilitato
    Posts
    1,489
    Reputation
    +52

    Status
    Anonymous
    Visto che come premessa al capitolo due hai detto che sono ammessi commenti, correzioni e insulti, mi permetto di darti il mio parere: hai una grande capacità nel saper ricreare atmosfere, per mezzo delle varie metafore e analogie ("il timido e sonnecchiante sole divenne un fioco stoppino nella notte"; "crebbi in una palla di neve"; ecc.) e personificazioni ("l'autunno si coricò ai pie' d'un colle"; "sbadigliando ci accolse quel rigido dicembre"; ecc.), e grazie ad un ricco utilizzo di aggettivi.
    Ciò che ti limita fortemente però è l'uso della punteggiatura: fai un uso spropositato di virgole, che a volte ti portano addirittura a perdere tu stesso l'orientamento all'interno della frase; per esempio:

    CITAZIONE
    Quando la mia famiglia si trasferì in Canada, in questa piccola e ridente cittadina, ero al settimo cielo, lontano
    dallo squinternato bailamme della città, avevo quattro anni e per un bambino di quattro anni avere a disposizione fragranti
    estati in verdi pascoli, autunni dorati e ogni anno la neve, la mia cara amica, crebbi in una palla di neve, come quelle
    giocattolo che vendono alla fiera, dove si vede una piccola famiglia felice, intonare un coro natalizio, l'atmosfera era
    accogliente, anche l'inverno in cui tutte le creature si abbioccavano, io davanti ad un camino leggevo e sgranocchiavo
    biscotti allo zenzero intinti magari in una tazza di cioccolato.

    Qui, la frase "e per un bambino di quattro anni avere [...]" esige una principale a cui reggersi, mentre tu passi direttamente a "crebbi in una palla di neve", lasciando il costrutto in sospeso.

    Mi sono permesso di ricostruirti il paragrafo così per come l'avrei disposto io:

    CITAZIONE
    Quando la mia famiglia si trasferì in Canada, in questa piccola e ridente cittadina lontana dallo squinternato bailamme della città, fui al settimo cielo. Avevo quattro anni, e, per un bambino di quell'età, avere a disposizione fragranti estati in verdi pascoli, autunni dorati e, ogni anno, la cara amica neve, era davvero un motivo di gioia immensa. Si può dire che io crebbi in una palla di neve, come quelle giocattolo che vendono alla fiera, dove si vede una piccola famiglia felice intonare un coro natalizio; l'atmosfera era accogliente anche d'inverno, quando tutte le creature si abbioccavano ed io, davanti ad un camino, leggevo e sgranocchiavo biscotti allo zenzero intinti in una tazza di cioccolato.

    Come vedi le informazioni che dai al lettore sono esattamente le stesse, né sono state modificate le espressioni utilizzate dalla voce narrante, ma la punteggiatura è molto più ordinata e permette una lettura più scorrevole e chiara.

    Ti faccio un altro esempio. La frase:
    "Ma sempre meno mi importava, come poteva una cioccolata sostituire il calore e la dolcezza di un abbraccio?",
    oltre ad assumere una valenza contraddittoria rispetto a ciò che stai affermando subito sopra e sotto di essa (ovvero che te ne importava eccome), apparirebbe molto meno artificiale sostituendo alla virgola, per esempio, i due punti; cioè:
    "Ma sempre meno mi importava: come poteva una cioccolata sostituire il calore e la dolcezza di un abbraccio?"

    Quello che hai scritto in questo capitolo è una sorta di monologo, quindi quando scrivi le frasi devi immaginarti di sentirle da un uomo che parla. Utilizzando troppe virgole dai l'impressione, da parte di chi racconta la storia, di assumere sostanzialmente un tono svogliato come se stesse dettando una lista della spesa. Disponendo più punti fermi, punti e virgola, due punti, crei un ritmo più incalzante e soprattutto fai sentire al lettore, nella sua mente, il tuo personaggio che gli parla; senza contare il fatto che corri meno il rischio di lasciare proposizioni sospese nell'aria :)
    Già prima d'ora ho avuto modo, nei vari tuoi interventi nel forum, di notare questa tua predilezione per le virgole. Stai attento però, perché spesso non solo rende la frase pesante, ma rischia soprattutto di alterarne la sussistenza logica, come ti è successo all'interno di questo testo. Auspico che tu prenda seriamente i miei consigli, perché se corretto da questo "vizio" credo che, nonostante la onnipresente aulicità che traspare dalla tua scrittura (è sicuramente un pregio, ma un pregio ancora maggiore è il saperla dosare in base al contesto), tu avresti la possibilità di far bene :)
     
    .
  4. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    tutto chiaro, -virgole e più attenzione all'omogeneità del racconto.
    Ti ringrazio
     
    .
  5. liuk92
        Like  
     
    .

    User deleted


    mi vado a leggere subito la seconda parte =)
     
    .
  6. liuk92
        Like  
     
    .

    User deleted


    bello come il primo... aspetto il seguito!!
     
    .
  7. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    domani arriva la terza parte e verranno corrette e revisionate le prime due per la gioia di Sinnoh :84832278.png:
     
    .
  8. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    Ecco il 3 capitolo, è molto romantico, forse anche troppo, spero solo di non essere caduto nel banale

    Il Bacio



    Ancora una volta calzai quel calle, innevato e gibboso che ostacolava il mio passo quasi a trattenermi.
    Corsi a perdi fiato per la collina, superai il boschetto e mi fermai dinnanzi alla grande ghiacciaia.
    Taqui dinnanzi a quella visione, non riuscivo più a pensare, la mia mente sgombra di qualsiasi pensiero.
    Solo uno stentato singhiozzare pasceva nell'addome e fuoriusciva strenuo dalle mie labbra, lacrime salate scorrevano
    sulle mie guance rosse per l'agitazione. Un'eco nella notte, una foglia caduta al vespro, il nulla si fece tutto, ebbi freddo e
    caddi.
    Quando ripresi i sensi, non seppi che ore erano, vedevo solo un gran buio e le membra stanche si erano artrofizzate
    per via del ghiaccio, non avrei superato la notte in quelle condizioni, nessuno mi avrebbe trovato, i miei genitori
    erano fuori casa, non c'era nessuno, ma forse era meglio così, forse mi sarei liberato da quella vita
    che non si poteva più definire tale, un assopito vegetare sulle sponde di un fiume, la mia esistenza era trascinata inerte
    dalla sua corrente.
    Fine delle mie pene e delle mie sofferenze, non senza un po' di timor nell'animo cercai di addormentarmi, per
    poi salire dolcemente sul nefando naviglio di Caronte.
    Mentre socchiudevo gli occhi una voce sentii, quella voce:
    quel suono dolce e cristallino, mi invocava velato questa volta da un inconfondibille tono di ansia.
    Lo vidi.
    Mi vide.
    In quell'attimo una strana sensazione di tepore mi pervase a dispetto dei chili di ghiaccio che mi seppellivano, mi
    estrasse a fatica; non vidi altro, cullato dal suo dolce volto, i miei sensi si spensero.
    Di nuovo mi svegliai sperduto, senza sapere dove mi trovassi; questa volta però fu diverso, una luce soffusa mi inebriava
    la vista, il calore di quella stanza mi accarezzava il cuore, nella mente solo il miraggio del suo volto, i suoi occhi.
    Non serviva: lui era li, con premura aggiustava la coperta che mi ricopriva, adagiò dei cuscini sotto il mio capo e continuò
    ad osservarmi; con un labile sospiro invocai il suo nome:
    "Sono quì", mi disse, lentamente mi ripresi, non feci tempo a parlare, questa volta fu lui a iniziare:
    "Sai, quando sono con te mi sento bene, sorrido e tutto il resto non ha più importanza; prima quando hai detto ciò
    che provi per me, mi hai colto di sorpresa, non credevo che..." mi sorrise.."anche io ti piacessi"
    "Anche"....quella sola parola mi fece rinvenire completamente, mi misi a sedere, lo guardai....la salivazione si fece meno
    riuscii nella più completa timidezza a biascicare: "vuoi dire che anche io insomma..."
    Per l'ennesima volta i nostri sguardi si incrociarono, caddi nei suoi occhi; i miei umidi per l'emozione,
    respiravo a fatica, ansimavo; eravamo sempre più vicini, d'un tratto si mosse in avanti:
    le sue labbra a contatto con le mie, una lacrima le sfiorò; smisi di respirare, il bacio continuò per un minuto che mi parve eterno
    quando ci staccammo avevamo entrambi gli occhi lucidi, tanto erano forti i sentimenti che porvavamo per l'altro.
    Ci abbracciammo inebriati dalla presenza reciproca, lo scoppiettio vivace del fuoco era una dolce nenia di sottofondo
    al nostro amore; dalla finestrella adiacente al divano potevamo vedere la neve cadere lenta ed il cielo spruzzato da
    qualche stella, dolci parole furono sussurrate vicino al mio orecchio, come per timore che possa perdere il loro
    magico significato "ti amo"; quel cielo che tutte le notti scrutavo solo, non mi sembrò mai più bello.

    Edited by thephysist - 26/3/2012, 18:29
     
    .
  9. tonx
        Like  
     
    .

    User deleted


    Bellissimo thephysist,
    Più che un racconto mi sembra di leggere una poesia. Riesci a creare l'atmosfera nei dettagli, e lentamente guidi il lettore nello svolgersi del tuo racconto. Bravo!
    Tony
     
    .
  10. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    ti ringrazio
     
    .
  11. liuk92
        Like  
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (tonx @ 27/3/2012, 11:41) 
    Bellissimo thephysist,
    Più che un racconto mi sembra di leggere una poesia. Riesci a creare l'atmosfera nei dettagli, e lentamente guidi il lettore nello svolgersi del tuo racconto. Bravo!
    Tony

    non posso che darti ragione!! scrivi veramente bene!
     
    .
  12. thephysist
        Like  
     
    .

    User deleted


    di nuovo ringrazio,...spero di postare al più presto il quarto capitolo
     
    .
11 replies since 25/3/2012, 16:33   159 views
  Share  
.