Marcato stretto

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  1. SunFly
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Avevo 18 anni e sapevo già da un pezzo di essere attratto dagli uomini invece che dalle donne. Ma non avevo mai avuto il coraggio di ammettere con qualcuno queste mie pulsioni, che trovavano sfogo solamente nel privato della mia stanza, davanti al computer e ad immagini di calciatori e ragazzi svestiti. Del resto avevo una vita che andava a gonfie vele: giocavo nelle giovanili di un'importante squadra di calcio e avevo tutti i benefici che tale condizione comportava. A scuola ero molto popolare, avevo molti amici e molte ragazze ambivano ad uscire con me. Nonostante la curiosità e la voglia di sperimentare il sesso con un ragazzo fosse tanta, non avevo alcuna intenzione di rinunciare al personaggio che interpretavo.

    In fondo, avevo la possibilità di allenarmi con miei compagni di squadra per 4 volte la settimana e di ritrovarmi in mezzo a 17 ragazzi della mia età che dedicavano alla cura del loro fisico gran parte delle loro energie. Benché faticassi non poco a frenare la mia eccitazione, il momento della doccia era il mio preferito. Approfittavo di quei momenti per vedere dal vivo quei corpi che nel chiuso della mia stanza erano al centro delle mie fantasie. Dopo ogni allenamento ero sempre l'ultimo ad uscire da quel luogo, felice e turbato dalla sconvolgente visione di tutti quei fisici così definiti. Durante le partite e gli allenamenti cercavo spesso il contatto fisico con i miei compagni, ma stavo sempre attento a non esagerare e a non attirare troppo l'attenzione. Giocavo in difesa e ne approfittavo per marcare stretto gli attaccanti avversari. Avevo fatto diventare questo modo di avvinghiarmi all'avversario la principale caratteristica del mio gioco e, paradossalmente, era proprio questo modo di giocare che mi stava facendo emergere nell'ambiente. Non potevo avere quei ragazzi, ma potevo sfregare il mio corpo sul loro, potevo toccarli quanto volevo, senza che nessuno, arbitro a parte, avesse nulla da ridire e la cosa mi stava anche portando a sistemarmi in una squadra professionistica.

    Fu proprio quando iniziarono a venire degli osservatori per vedermi giocare che iniziarono i miei problemi. Ad un tratto, nonostante fossi una pedina fondamentale per la nostra squadra, il nostro allenatore cominciò a lasciarmi in panchina. La cosa si ripeté per tre partite di seguito, senza che mi venisse data alcuna spiegazione. Stavo lì, seduto a fissare le gambe di 22 ragazzi e a vedere sfumare la possibilità di andare a giocare in una squadra vera. La mia unica consolazione era Mattia, il nostro portiere di riserva. Era uno di quelli che mi piacevano di più: aveva delle braccia fantastiche, frutto di ore di allenamenti specifici. Mi sedevo sempre vicino a lui in panchina e fissavo quei bicipiti definiti e le vene in evidenza sui suoi avambracci, perdendomi in pensieri sconci che facevano lievitare i miei pantaloncini. Ad ogni modo, nonostante sapessi come ingannare il tempo in panchina, non poteva continuare così. Mi decisi a parlare col capitano della squadra, si chiamava Paolo ed era il protagonista principale dei miei sogni erotici. Aveva carisma, un fisico mozzafiato e un gran pisello in mezzo alla gambe dal quale non riuscivo mai a distogliere lo sguardo. Forse Paolo era l'unico che si era fatto qualche domanda su di me. Lui era una punta e in allenamento capitava spessissimo che giocassimo contro e un paio di volte, si lasciò andare a commenti sarcastici sul mio modo di marcare. Non capivo se sospettasse veramente qualcosa o se fossero battute di circostanze ad ogni modo, per prudenza, cercavo di essere sempre meno invasivo nei miei interventi su di lui. Lo fermai dopo un allenamento e gli chiesi se sapesse perchè non giocavo e lui mi disse che se lo stava chiedendo anche lui, dato che senza di me avevamo problemi in difesa. Mi promise che ne avrebbe parlato col mister e mi rassicurò sul fatto che la domenica successiva avrei sicuramente giocato.

    Ma così non fu. Anche quella domenica restai in panchina a fissare il portiere di riserva e i miei compagni che giocavano. Perdemmo quattro e zero. Alla fine della partita fui avvicinato da un emissario di un'importante squadra che mi disse che se continuavo a non giocare difficilmente avrei potuto aspirare al grande salto. Fu quella la goccia che fece traboccare il vaso. Mi diressi verso l'ufficio del nostro allenatore, non lontano dagli spogliatoi dove i miei compagni si stavano lavando. Prima di entrare mi tolsi la maglia col numero 14 che mi aveva assegnato prima della partita ed entrai nella sua stanza. Ero nervosissimo e lo aggredii verbalmente, scagliandogli contro la maglia che mi ero appena tolto, dicendogli che non avrei accettato ancora di indossare maglie con numeri superiori all'11. Gli spiegai in maniera concitata che mi stava rovinando la carriera e che non capivo il perchè di questo atteggiamento.

    Lui non si scompose e mi lasciò sfogare, invitandomi a calmare. Non raccolsi l'invito e iniziai ad insultarlo, chiedendogli i motivi del suo comportamento, dato che non capivo cosa fosse successo. A quel punto lui iniziò a farsi più serio e mi chiese:

    Mister: "Andrea, lo vuoi sapere veramente perché non giochi?"
    Io: "Certo che lo voglio sapere, mi sta rovinando la carriera, ho il diritto di sapere il motivo"
    Mister: "Andrea, tu hai la ragazza?"
    Io: "No e non vedo cosa c'entri. Le mie prestazioni sono sempre di buon livello"
    Il Mister si fece forza e sussurrò: "Andrea, dimmi la verità, sei gay?"

    La sua domanda mi spiazzò. Non ebbi la prontezza di negare subito e lasciai passare qualche secondo che equivalevano ad una confessione. Il cuore iniziò a battermi a mille. Ero lì, in pantaloncini e calzettoni, davanti al mio allenatore che aveva scoperto quello che non avevo mai osato confessare a nessuno. Balbettando risposi: "Non capisco..."
    il mio allenatore cominciò a parlare: "Ho osservato a lungo il tuo modo di giocare... negli spogliatoi non riesci a staccare gli occhi dagli altri... e poi... oggi in panchina continuavi a fissare Mattia..." Io negai in maniera poco convinta, mi stava crollando il mondo addosso ed ero imbarazzatissimo.
    Continuò: "Anche Paolo, quando mi è venuto a parlare mi ha detto di farti giocare così la smettevi di guardargli il pisello..."

    Io rimasi senza parole e feci segno di no con la testa. Ero imbarazzato ed impaurito. Il Mister aprì un cassetto della sua scrivania e tirò fuori delle foto fatte l'anno prima durante i festeggiamenti per una nostra vittoria. Raffigurava alcuni dei miei compagni semisvestiti che facevano festa nello spogliatoio. Me le porse e mi chiese: "Dimmi la verità, Andrea, quando guardi queste foto provi attrazione per loro?" Guardai la foto e scoppiai a piangere. Non riuscivo neanche a non fissarla. Il Mister aspettò un attimo e concluse: "Bhè la tua erezione parla per te". In effetti, quella situazione così strana e quelle dannatissime foto, mi avevano causato un erezione. Continuando a singhiozzare pronunciai un "sì" senza senso. Il Mister mi incalzò: "Dimmi la verità, Andrea, non ti preoccupare... ti piacciono gli uomini?" Iniziai a singhiozzare, ero disperato, confuso, debole e con sibilo confermai il mio "sì". Cominciai a piangere a dirotto. L'allenatore si alzò dalla sua sedia e venne verso di me, mi mise un braccio intorno al collo, dandomi una pacca sui torace nudo ed esortandomi a calmarmi e a sedermi. Quando finii di piangere, tornò a sedersi dall'altra parte della scrivania e mi disse: "Andrea, tu capisci la mia situazione vero? Non posso permetterti di continuare a giocare con noi. Se un fattore destabilizzante e io devo tutelare i tuoi compagni e il buon nome della squadra. Fossi in te, nella tua situazione, penserei a smettere. Il mondo del calcio non gradisce certi comportamenti e certi atteggiamenti".

    Ero basito. In dieci minuti la mia bella vita e le mie speranze erano crollate. Avevo appena confessato il mio più grande segreto a colui che ora mi stava dicendo che non mi voleva più tra i piedi. Ripresi a piangere, ma lui continuò: "Oggi stesso saluterai i tuoi compagni e, fossi in te, gli direi la verità e gli chiederei scusa per averli ingannati". Ero distrutto. Quest'uomo mi stava chiedendo di andare dai miei compagni per dirgli che ero un frocio e che per anni mi ero ammazzato di seghe pensando a loro sotto la doccia. Continuò: "Fidati, in questi casi è meglio essere sinceri". Ripresi a piangere disperato. Lui ancora una volta si mosse a compassione, prese una sedia e si sedette accanto a me.

    Mi disse: "Ormai è inutile che fai così, Andrea. Dovevi essere più sincero, me lo dovevi dire prima, forse qualcosa si poteva ancora fare... un medico, uno psicologo..." ed io: "Mister, la prego... non mi cacci dalla squadra. Sono sicuro che è una cosa momentanea, mi passerà". Lui mi guardò perplesso, sembrava non credermi. Mi disse: "Rispondimi sinceramente, ti sei mai portato a letto una ragazza?". Il fatto che quell'uomo avesse scoperto il segreto che non avevo mai confessato a nessuno mi rendeva incapace di mentire e feci segno di no con la testa. Aggiunse poi: “ Senti, ma quando ti tocchi pensi alle donne o agli uomini?” io non ebbi il coraggio di rispondere e abbassai lo sguardo. Mi guardò quasi schifato e mi chiese: "Andrea, dimmi la verità, quando incontri i tuoi amichetti fai l'uomo o la donna?" La verità era che nelle mie fantasie erotiche mi immaginavo spesso nel ruolo del passivo, ma non potevo confessare al mio allenatore che mi piaceva succhiare i piselli e farmeli sbattere in corpo. Gli raccontai quella parte di verità che mi conveniva, dicendogli che non avevo mai fatto sesso con un uomo. Benchè dalla sua faccia capii che non mi credeva, ritenni che quello poteva essere l’unico argomento per cercare di convincerlo a non cacciarmi. Insistetti quindi su questo aspetto e provai a difendermi dicendo che io ero attratto soltanto dai calciatori e solamente da quelli forti. Che li ammiravo così tanto che alla fine ne ero attratto fisicamente, ma che si trattava solamente di una cosa psicologica e che mai mi sarei immaginato di andare a letto con un uomo. Il mio allenatore scosse la testa e con tono adirato disse: “Andrea, la pianti di prendermi in giro? Se non mi fai capire quanto sei deviato dovrò necessariamente allontanarti dalla squadra. Devo tutelare i tuoi compagni sia da quello che potresti fargli sia dalle possibili malattie che ti sei potuto prendere. Non posso vivere col timore che tu corrompa i ragazzi che mi sono stati affidati. Sono giovani e pieni di ormoni, se sotto la doccia ti venisse in mente di offrigli del sesso orale o anale, sarebbero anche in grado di accettare e io non posso permetterti di deviare i tuoi compagni” Ero distrutto, continuavo a piangere. Quelle parole mi avevano fatto sentire come un appestato, come un maniaco. Singhiozzando gli dissi: “non l’ho mai preso in bocca”. Lui intese questa mia affermazione come una specie di confessione e mi chiese se quando mi facevo penetrare usassi almeno il preservativo. Sempre singhiozzando dissi: “No, Mister, no, non l’ho mai preso, è la verità, può anche controllare se vuole”. Lui era nervoso, non mi credeva.

    Mi prese per un braccio e mi fece alzare. Mi condusse nella stanza del medico lì a fianco e nel farlo mi sfiorò inavvertitamente gli addominali. Questo contatto accidentale sulla mia pelle nuda, la situazione che si era creata con le sue domande e la sua presa decisa sul mio bicipite nel condurmi nell’altra stanza mi avevano fatto venire una notevolissima erezione. Quando mi chiese di abbassarmi i pantaloncini e di appoggiarmi al lettino per fargli controllare se avevo infezioni mi sentii a disagio. Mi aveva visto nudo già tantissime volte, ma mai in quelle condizioni. Tuttavia, con quello che gli avevo detto non potevo permettermi di rifiutare, in fondo era vero che il mio sedere non era mai stato deflorato e quindi non avevo nulla da temere. Mi abbassai i pantaloncini e quando lui vide la mia erezione scosse la testa con fare disgustato. Mi fece girare, indossò dei guanti e mi mise un po’ di gel tra le chiappe. Non appena iniziò a sfiorare il mio buchino non resistetti e portai la mia mano sul pene. Era la prima volta che mi stimolavano il buchino e non appena sfiorai l’asta, venni eiaculando copiosamente sul mio ventre. In un secondo il mio allenatore se ne accorse, mi prese per una spalla e mi girò di scatto. Si trovò di fronte il mio ventre ricoperto di sperma e la mia faccia in un misto di piacere e paura. Era furioso. Si tolse i guanti e con voce nervosa disse: “Ed io che ti credo pure… è bastato sfiorarti l’ano per farti venire come una puttana. Altro chè, Andrea, mi dispiace per te ma sei proprio gay e noi i froci in squadra non li vogliamo. Vai da qualche altra parte a fare queste cose e stai lontano dai miei ragazzi”. Si diresse nell’altra stanza e mi disse di rivestirmi che sarebbe andato a chiamare Paolo, il capitano.

    Tornarono immediatamente dopo. Io mi ero tirato su i pantaloncini ma non avevo trovato la maglietta che avevo tirato al mister entrando nella stanza. Avevo gli addominali sporchi di sperma. Quando entrarono tentai di coprirmi, ma fu inutile e Paolo mi vide in quelle condizioni. Il Mister gli disse: “Paolo, ascoltami bene, purtroppo Andrea mi ha appena confessato di essere gay e che pertanto ha deciso di lasciare la squadra. Si voleva scusare con te se qualche volta è andato un po’ oltre…” Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi di Paolo. Mi guardava con aria veramente schifata. Il Mister continuò: “Paolo, ti prego, di stare con lui finchè non raccoglie le sue cose e di accertarti che nel frattempo non molesti gli altri ragazzi. Poi nei prossimi giorni, ti prego di spiegargli che Andrea ci ha lasciato perché si era stufato di giocare e voleva cambiare vita. Non è il caso né di dare scandalo, né di esporlo al pubblico ludibrio e ti prego di tenere per te questa cosa”. Paolo fece di sì con la testa. Mi accompagnò senza proferire parola nello spogliatoio a raccogliere i miei vestiti e poi fino al cancello del campo, dove mi disse: “Vattene frocio e non ti fare più vedere se vuoi rimanere vivo”, prima di darmi le spalle e tornare dagli altri.

    Edited by Elchicoloco - 26/6/2014, 23:34
     
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  2. dam1
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    Un racconto gay senza gay... se non altro è scritto bene
     
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  3. ferdyx
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    ...brutta storia! :(


    nel senso di brutta che è triste! :(
     
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    MEMBRO GAY

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    su un sito gay tu pubblichi un racconto omofobo secondo me lo sei...omofobo !!!
     
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