Gay Boys Reloaded

Posts written by Gaetano02

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    Il bagno nel seminterrato della scuola era guasto e non ci andava più nessuno. Sembrava perfetto per l’occasione. Luca mi aveva detto che il ragazzo che all’inizio dell’anno aveva fatto coming out si metteva sempre lì alla ricreazione o durante l’ora di religione. Era all’ultimo anno di liceo come me e faceva pompini gratis ai maschi. La maggior parte dei ragazzi lo prendevano in giro e lo bullizzavano, ma quando si trattava di farselo succhiare, che fossero gay o etero, non si tiravano mai indietro. La cosa andava avanti da mesi. Gabriele aveva cominciato a succhiarlo ai compagni di classe e questi avevano sparso la voce finché anche ragazzi di altre sezioni avevano deciso di andare a vedere. Ero curioso anche io.

    Arrivato al bagno, c’era già la fila. Erano almeno una decina i ragazzi prima di me.

    “Siamo arrivati tardi”, mi disse il ragazzo che mi stava davanti con una risata. “Mi sa che ci dovevamo prenotare”.

    “È la prima volta che vengo qui”, gli risposi.

    “Questa per me è la terza”.

    “Come funziona?”. Ero curioso di sapere i dettagli e cosa dovessi aspettarmi.

    “Vai lì, glielo metti in bocca e lui succhia. Ma io arrivo sempre tardi perché la mia classe è all’ultimo piano”.

    “Non è la stessa cosa se arrivi tardi?

    “Sì, ma lui è già stanco di succhiare. E ci credo… Quindi devi scopargli la bocca e fare tu il suo lavoro”. Deglutii, imbarazzato. Cominciava già a venirmi duro.

    “Dove si fa venire?”

    “Dove vuoi tu. In faccia, in bocca. Gli piace un casino ingoiare.”

    “Tu dove gli vieni?”

    “Io gli schizzo direttamente in gola. Questa attesa è sempre una tortura e ho bisogno di sfogarmi”.

    “Ma nessuno si accorge di quello che succede qui?”

    “Chi? I professori? Quelli non si accorgono mai di nulla”.

    “È la prima volta che mi succede una cosa del genere. Non pensavo fosse possibile”.

    “Incredibile, vero? Quel frocetto è insaziabile. Più lo trattiamo male e più cerca i nostri cazzi”, disse il ragazzo con un ghigno soddisfatto. “Io sono Ettore, comunque”.

    “Patrizio”.

    Ci scambiammo una stretta di mano. Dietro di me si accodarono altri ragazzi che scherzavano tra di loro insultando pesantemente il ragazzo che succhiava. Uno disse: “Gli sfondo la bocca a quel ricchione di merda. Gli faccio fare la femmina”. E un altro gli rispose: “Io devo pure pisciare. Dite che si fa pisciare in bocca? Ahahah”.

    La fila si era sfoltita e finalmente era arrivato il turno di Ettore. Mentre lui e il ragazzo che lo aveva preceduto si davano il cambio, intravidi per un momento Gabriele. Nel gabinetto dove succhiava il cazzo mancava il wc e lui era inginocchiato con le spalle contro il muro, in attesa. Ettore gli si mise davanti senza chiudere la porta. Era molto alto e la testa di Gabriele gli arrivava giusto al cazzo. Ettore si abbassò i pantaloni della tuta fin sotto i glutei lasciando scoperte le chiappe sode e muscolose e lo mise in bocca a Gabriele per farselo succhiare. Sentivo i suoi gemiti di godimento e gli insulti che non gli risparmiava. “Succhia, puttana”, gli diceva mentre Gabriele si dava da fare a pomparlo. Gli stringeva le mani alle chiappe per tenersi in equilibrio. Dopo un po’ doveva essersi stancato perché lo vidi mollare la presa. Allora Ettore gli prese la testa tra le mani e iniziò a scopargli la bocca spingendogli il cazzo in gola con molta foga. Sentii Gabriele strozzarsi e perdere il respiro, ma a Ettore non importava. Continuava a chiavargli la bocca finché con un grido soffocato contrasse le chiappe e gli venne in bocca schizzandogli tutta la sborra direttamente in gola. Ero senza parole.

    Quando finì, aspettò che Gabriele gli ripulisse il cazzo con le labbra e poi lo tirò fuori. Con mia sorpresa, gli lanciò uno sputo in faccia e si girò per andarsene. Mi diede una pacca sulla spalla con un sorriso e mi disse: “È tutto tuo”.

    Era il mio momento e mi salì l’agitazione. Era una cosa che non pensavo potesse capitarmi mai in una nuova scuola. Mi ero fatto succhiare il cazzo da molti ragazzi a casa mia, a casa loro, in macchina, al parco, ma mai a scuola e in quelle condizioni. Ora che ero davanti a Gabriele potevo vederlo meglio. Era un ragazzo molto carino. Quello che mi incuriosì di lui, però, fu lo stato in cui versava. Aveva gli occhi irritati e lacrimosi e le guance arrossate. Qualcuno degli altri doveva averlo preso a schiaffi. Le labbra e il mento erano incrostate di sborra. Dallo spazio tra gli occhi gli colava lungo il naso il grumo denso di saliva di Ettore. Gabriele sembrava non curarsene, come se gli piacesse. Mi guardava con un gran sorriso.

    “Sei nuovo? Non ti ho mai visto”, mi disse. Aveva la voce molto sottile. Da ragazza.

    “Mi sono appena trasferito”.

    “Allora ci vuole un trattamento speciale”, sorrise togliendo la lingua di fuori. Gabriele mi sbottonò i jeans e calò giù la cerniera per tirarmelo fuori. Era già abbastanza duro. Il mio, tutto sommato, era un bel cazzo, grosso e venoso con la cappellaumida. Gabriele lo prese subito in bocca e iniziò a succhiarlo facendomi sentire tutto il calore della sua bocca. Era bravissimo, davvero. Non avevo mai ricevuto un pompino così ben fatto. Sarà stato forse tutto l’esercizio che lo costringevano a fare ogni giorno in bagno. Spompinava con maestria senza fermarsi un attimo, come se non volesse lasciarselo scappare. Sentivo la sua lingua avida percorrere tutta l’asta, girare intorno alla cappella, stuzzicarmi il prepuzio. Le sue labbra lo ciucciavano con passione come un gelato. Quando aveva bisogno di riposarsi un attimo, affondava la faccia sotto il cazzo e mi prendeva le palle in bocca succhiandole con un gran risucchio finale. Cazzo, era davvero un pompinaro nato.

    A un certo punto, non resistetti più. Come Ettore prima di me, gli afferrai la testa tra le mani e gliela spinsi contro il muro con violenza. Lui si strozzò per un momento ma non fece una piega. Mi avvicinai ancora di più a lui e ora il mio cazzo era così in profondità nella sua bocca che la cappella gli sfiorava la gola e i peli delle mie palle gli solleticavano il mento. Iniziai a stantuffare forte e gli scopai la bocca con una violenza di cui non mi credevo capace.L’unico pensiero che avevo in testa era che volevo fottergli la bocca, fottergliela fino a farlo vomitare. Lui fu colto di sorpresa ma poi si lasciò andare ai miei colpi furiosi che lo lasciavano senza fiato. Dopo svariati avanti e indietro del mio cazzo, mi bloccai all’improvviso e affondai ancora di più nella sua gola mentre gli schizzavo dentro un getto potentissimo di sborra. Poi un altro e un altro ancora. Immobile, senza poter aprire la bocca, Gabriele fu costretto a ingoiare tutto il seme appena uscì dalla mia cappella pulsante. Lo sentii deglutire con difficoltà perché la sborra era tanta e densa, ma mandò giù tutto senza problemi. Quando ebbi le palle completamente svuotate, gli sfilai il cazzo di bocca e me lo rimisi a posto. Lui mi guardò, docile come un cagnolino, ancora senza fiato. Dai lati della bocca gli colavano dei rivoli di sborra che non aveva fatto in tempo a ingoiare.

    “Torna qui dieci minuti prima della campanella di uscita. Ci sarò solo io”, mi disse leccandosi le labbra.

    “Perché?”

    “Per il trattamento speciale, no?”. Non mi disse altro e mi fece cenno di far passare il prossimo.

    Mi chiesi cosa fosse il trattamento speciale. Chi lo avrebbe mai immaginato che, all’ora accordata, lo avrei trovato di nuovo in bagno ma questa volta in piedi e di spalle chino sul lavandino? Voleva prenderlo in culo da me. Che troia.
  2. .
    ‒ Mi raccomando, fai in modo che si senta a suo agio mentre sono via ‒ disse papà facendomi l’occhiolino. Era
    davanti alla porta della cucina, indaffarato a reggere il pesante giubbino di pelle e la ventiquattrore con la stessa mano, mentre con l’altra cercava freneticamente le chiavi della macchina.

    ‒ Stai tranquillo ‒ gli dissi con un sorriso. ‒ Buon lavoro!

    Lo guardai uscire di casa in tutta fretta. Era sempre in ritardo. L’ospite a cui si riferiva papà era Walter, un suo amico venuto a stare da noi per qualche giorno. Era arrivato ieri sera sul tardi e papà era andato a prenderlo direttamente all’aeroporto. Era da tempo che lui e mio padre non si vedevano, anche se non dovevano conoscersi da poi così tanto perché Walter sembrava molto più giovane di lui. Io non lo avevo ancora visto né lo conoscevo perché quando erano tornati la scorsa notte era tardi e già dormivo. Mi chiedevo come sarebbe stato, speravo carino e molto macho.

    Papà me lo aveva descritto un po’ prima di andare a prenderlo. Giovane, pressappoco sui trentacinque anni, alto, capelli neri cortissimi, zigomi pronunciati e muscoloso, mi diceva anzi che da quando si conoscevano non aveva mai smesso di fare palestra. Me l’ero immaginato mentre dormivo e non potevo fare a meno di pensare quanto sarebbe stato bello vedere il suo pene, il mio era rimasto duro per tutta la notte.

    Mi toccai per aggiustarmi i boxer. Ero seduto al tavolo della cucina a leggere una rivista. In canottiera e boxer per il gran caldo di quella notte, aspettavo che Walter si alzasse per preparargli la colazione. Fremevo dalla voglia di conoscerlo.

    ‒ Buondì... tu devi essere Luca! ‒ sentii una voce alle mie spalle, forte e da maschio. Doveva essere lui. Mi girai per ricambiare il saluto. Rimasi a bocca aperta dallo stupore.

    Walter era davanti la porta della cucina, con un gomito appoggiato allo stipite come a reggersi per non cadere. Era come papà me lo aveva descritto. Identico, ma… era completamente nudo. Aveva muscoli possenti e addominali da far paura. Sotto, tra le gambe pelose, il suo pene
    stava perfettamente dritto, come un missile pronto a partire. Era lungo e grosso, ma anche senza toccarlo sembrava durissimo.

    Walter sorrise, aveva degli occhi da togliere il respiro. Io, invece, non potevo fare a meno di fissare lo sguardo su quella verga perfetta.

    ‒ Scusa, non volevo spaventarti. Ti da fastidio? Di solito a casa mia giro sempre nudo. Sai, l’abitudine! Vuoi che vada a mettermi qualcosa?

    Non sapevo cosa dire. Volevo supplicarlo di non farlo, di restare com’era, ma le parole mi morirono in bocca. Per cercare di fargli capire, scossi la testa come a intendere che andava bene.

    ‒ Ma sì, dai! In fondo, siamo tra uomini ‒ disse, con una risatina innocente. Si mosse per raggiungere il lavandino. Mentre le sue gambe si muovevano ritmicamente, il suo grosso uccello dondolava su e giù, ma non si ammosciava, restava sempre duro e venoso, dritto in tutta la sua
    fierezza.

    Si mise proprio dietro di me, di spalle, ad armeggiare con una tazza sul lavandino. Io, dal canto mio, cercavo di leggere la rivista senza pensare a lui o alla sua creatura tra le gambe. Tremavo come una foglia e il cuore mi batteva all’impazzata. Speravo che non se ne accorgesse, tra i boxer il mio cazzo già si induriva in cerca di attenzioni.

    ‒ Cosa leggi? ‒ mi sentii dire. Era dietro di me, potevo sentirlo avvicinarsi. Mi girai lentamente verso di lui. Teneva una tazza in mano e con un cucchiaino girava il caffè. Guardava la mia rivista, come interessato. Stavo per rispondergli, ma ad un tratto si chinò verso il giornale per leggere e sentii di punto in bianco la sua verga poggiarsi sulla mia schiena e flettersi. Sentivo che sarei svenuto da un momento all’altro. Walter poggiava il collo sulla mia spalla nuda e cercava di sporgersi per leggere, il suo cazzo premeva duro, potevo sentirlo.

    ‒ Sembra interessante ‒, si avvicinò con la bocca al mioorecchio per sussurrarmi quelle parole. Il suo alito caldo mi penetrò fin dentro l’orecchio mentre le sue labbra carnose premevano sul lobo. Un brivido mi salì lungo la schiena. Volevo urlare. Aveva poggiato la tazza sul tavolo e con le mani aveva preso le mie. Erano bellissime, forti, possenti e da baciare.

    Mi scostai all’improvviso, imbarazzato. Walter non se l’aspettava e indietreggiò facendo cadere la rivista a terra. Sentendo un debole “scusa”, mi chinai per raccoglierla da terra, ma quando mi sollevai mi ritrovai faccia a faccia con il suo cazzo. Era dritto e pulsava, proprio in direzione
    della mia bocca. Rimasi immobile a fissarlo, come stregato. Non riuscivo a togliere gli occhi da quella massa di piacere che si muoveva impercettibilmente davanti ai miei occhi. Ad ogni respiro di Walter, il suo uccello si muoveva e sprigionava quell’odore di cazzo che ogni volta mi faceva andare fuori di testa.

    Alzai lo sguardo verso l’alto. Lui era immobile e mi guardava con un sorriso stampato sul volto. I suoi occhi erano bellissimi e pieni di malizia. ‒ E’ bello, vero? Ti andrebbe di giocarci un po’?

    Non sapevo cosa fare. Quella sua richiesta mi lasciò interdetto, non potevo credere che stava succedendo tutto così all’improvviso. La giornata era iniziata come tutte le altre, mi ero alzato e mi ero messo a fare colazione aspettando che l’ospite da intrattenere si alzasse. E ora mi ritrovavo in ginocchio con la sua verga puntata contro la bocca, che mi chiamava.

    Lo guardai ancora. Muoveva la testa come a incoraggiarmi a fare quello che mi aveva proposto. Io ero immobile, ma cosa mi prendeva? Di solito, non mi tiravo mai indietro di fronte ad una richiesta come quella. Non ci fu bisogno di riflettere oltre perché ci aveva pensato Walter a prendere in mano la situazione. Spinse il suo cazzo verso di me. Adesso avevo la sua cappella prominente poggiata contro la bocca. Walter tentava di spingere in avanti per farla entrare, ma avevo le labbra serrate e i denti stretti. Mi sarebbe bastato schiuderle un poco per ritrovarmi quella mazza nella bocca all’istate. Lo sentii sospirare per l’impazienza. Mi agitai, non volevo che si stancasse di me, non volevo perdere quell’occasione preziosa semplicemente per la mia titubanza.

    Aprii leggermente la bocca e il suo membro scivolò rapidamente all’interno. Aveva un sapore buonissimo, ne avevo assaggiati tanti di cazzi prima di allora, ma quello mi sembrò il migliore in assoluto. Ci entrava a malapena nella mia bocca, ma feci lo sforzo di aprirla quanto più potevo. Volevo accoglierlo completamente e giocarci fino allo sfinimento. Mi entrò tutto dentro, fino a sentirmi scorticare il palato. Le mie labbra urtavano le sue palle, il mio corpo era tutto un brivido. Guardai verso di lui e, con la bocca ancora totalmente occupata, gli sorrisi. Lui ricambiò il sorriso e cominciò ad accarezzarmi i capelli, sempre con più insistenza.

    Senza togliere lo sguardo da quegli occhi verdi fiammanti, cominciai a far scivolare le labbra verso la cappella, liberando il cazzo da quella morsa. Allontanata la bocca, scoccai un rapido bacio alla cappella rossa pulsante e, poi, con il solo aiuto della testa e della bocca scesi giù, verso i coglioni grossi del mio nuovo amico. Sì, lo consideravo un amico adesso, anche se prima di allora non lo avevo mai conosciuto. Cominciai a leccargli le palle, prima una e poi l’altra. Le prendevo in bocca e le risucchiavo al suo interno come un ghiacciolo. Poi le liberavo, piene della mia saliva, e ricominciavo. Tenevo le mani strette sulle sue cosce e potevo sentire i suoi gemiti di piacere. Gli piaceva quello che gli stavo facendo. E pensare che era solo l’inizio.

    Stancatomi di giocare con i suoi testicoli, ormai del tutto bagnati dalla mia saliva, presi a risalire il cazzo con la punta della lingua. Cominciai dall’attaccatura delle palle e lentamente salii fino alla cappella per poi spalancare la bocca e ridiscendere sul cazzo, infilandomelo tutto in bocca. Era una vera goduria, sentire quel cazzo duro e pomposo, immobile all’interno della mia bocca, schiavo della mia lingua. Da quel momento, cominciai il vero e proprio pompino, quello per cui tutti mi dicevano che ero un grande professionista. Presi a succhiare il cazzo di Walter, andando su e giù, avanti e indietro con leggeri movimenti della testa. Su e giù. Lo accoglievo tutto nella mia bocca, fin quasi a sentirmi accarezzare l’ugola con la sua cappella grossa, cercando di distrarmi dal non vomitare. Ma non mi interessava, lo volevo tutto dentro di me. Infine, lo liberavo pian piano per poi giocare con la cappella ormai rossa come un peperoncino. Ogni tanto davo un’occhiata a Walter. Lo vedevo come paralizzato, intento a reprimere il bisogno di venire, di liberare tutto il suo nettare, la sua sborra calda e schiumosa nella mia bocca. Era elettrizzato, si vedeva benissimo che quello che gli facevo gli piaceva da matti. Me ne accorgevo soprattutto da come, accarezzandomi la testa, mi stringeva i capelli con le dita e me li tirava, provocandomi un lieve senso di dolore. Ma lo eccitava, ed eccitava anche me. Non faceva che spingermi verso il suo cazzo e io non chiedevo altro.

    Dopo qualche minuto, con la mano mi diede un colpetto sul viso e mi fece capire che per il momento andava bene. Avevo intuito che stava per venire e non voleva ancora farlo. Aveva in serbo altre cose per me, potevo leggerglielo in faccia.

    ‒ Sei bravo! Mi hai fatto morire, chi ti ha insegnato a fare così? ‒ mi chiese, aiutandomi ad rimettermi in piedi.

    Mi poggiai al bordo del tavolo e lo attrassi verso di me. Gli sorrisi senza rispondere. In quel mio sorriso era nascosta tutta la malizia del momento. Nessuno mi aveva insegnato a fare le pompe, avevo imparato da autodidatta, guardando innumerevoli filmini porno ed esercitandomi con una banana. Già quando tenni in mano il primo cazzo della mia vita, sapevo cosa fare e come fare.

    Cominciammo a baciarci in modo romantico. Le sue labbra erano carnose e bollenti. Gli misi le braccia al collo e lo attrassi verso di me. Ero seduto sul tavolo e avevo intrecciato le gambe al suo addome, attraendo sempre di più la sua bocca verso di me. Dio, quanto era bello. Un adone ai miei occhi, ed era tutto per me!

    Iniziò a baciarmi in modo più spinto, infilando con prepotenza la lingua nella bocca. Le nostre labbra cominciarono a intrecciarsi e per parecchi minuti restammo in quella posizione, un tutt’uno nel piacere più sfrenato. Il mio cazzo era duro come la pietra. Walter se ne era accorto e ci giocava, afferrandomi il pacco, stringendomi il cazzo da sopra i boxer e iniziando un principio di masturbazione. Godevo. Eccome se godevo.

    Ad un certo punto, Walter si liberò dalle mia presa e mi spinse contro il tavolo, facendomi cenno di coricarmi. Avevo ancora le gambe strette intorno alla sua vita e con i talloni gli stuzzicavo le chiappe dure e sode. Con un solo movimento, mi strappò la canottiera lasciandomi in mutande. Non me lo aspettavo e lanciai un gridolino. Lui si mise a ridere e mi strinse le guance con la mano sinistra infilandomi il pollice in bocca. Nei suoi occhi vedevo la follia pura, quella follia che avevo visto in tutti gli altri uomini con cui sono stato e che preannuncia una scopata senza precedenti. Gli succhiai il dito e glielo morsi. Lui lo tirò via con una smorfia di dolore.

    Walter mi fece divaricare le gambe e, scendendo con le mani sul mio petto e poi sull’addome, mi sfilò con una sola mossa veloce i boxer che ormai facevano fatica a trattenere il mio cazzo. Appena fu libero dalla morsa, saltò fuori come una sorpresa. Era duro come il marmo, non grossissimo ma lungo il necessario. Walter lo guardava come se ne fosse incantato, lo prese tra le mani ma non si abbassò a farmi un pompino. Ne fui felice, ebbi modo di capire come la pensava. Lui era il dominatore e io il suo schiavo.

    ‒ Se ci vede tuo padre, mi ammazza! ‒ disse lui, guardandomi divertito.

    ‒ Non torna fino a stasera, abbiamo tutto il giorno ‒, gli risposi come se per con quelle parole intendessi fargli cogliere una sfida. Allora Walter mi fece voltare a pancia in giù, con il cazzo duro schiacciato contro il tavolo freddo. Senza farmi dire cosa avrei dovuto fare, avendo anche una certa esperienza, allargai le chiappe e le protesi verso di lui, dandogli pieno spettacolo della mia intimità. Ero in una posizione piuttosto scomoda ma non mi interessava, quello che volevo era il suo cazzo dentro di me e avrei sofferto quanto mi si richiedeva perché fosse possibile.

    Walter, guardando che mi posizionavo proprio come voleva lui, allargando le chiappe in modo che gli venisse facile penetrarmi, rise e mi disse che ero proprio un intenditore. Poi, mi diede uno schiaffo forte sulla chiappa destra. Gemevo dal piacere che mi dava la sua presenza dietro di me e aspettavo con impazienza il piacere assoluto che sarebbe arrivato di lì a poco. Walter si abbassò e prese a massaggiarmi le chiappe con
    una certa insistenza, prima di affondarvi la faccia nell’incavo e soddisfare i miei gemiti insistenti. Mi leccava il buco con una maestria che non avevo mai visto, spostava la lingua in su e in giù, in modo frenetico e con un certo ardore. Potevo sentire la punta della sua lingua maliziosa che cercava di farsi largo nel buchetto, leccando dolcemente la superficie, mentre con le mani allargava le chiappe il più possibile e con l’indice di entrambe stuzzicava il buco e cercava di allargarlo, benché fosse già abbastanza slabbrato.

    ‒ Non c’è molto lavoro da fare! Devono essere passati molti cazzi qui dentro! ‒ disse, rimettendosi diritto e facendo pressione con il palmo di entrambe le mani sui miei fianchi.

    ‒ Neanche puoi immaginare quanti!

    ‒ Sei proprio una troietta, allora! Bene così, mi piacciono le troie che smaniano per un cazzo ‒ esclamò.

    Sentii che si accarezzava il cazzo, masturbandosi per indurirlo fino al punto giusto, mentre con due dita bagnate di saliva mi perforava l’ano fino in profondità. Infilò altre due dita dell’altra mano e prese a spingere. Era una goduria, sentire quelle quattro dita che spingevano per farsi largo come se fossero un unico cazzo. Si fermò all’improvviso. Capii che era arrivato il momento più importante di quella mattina. Stava per entrare dentro di me, stavamo per diventare una cosa sola. Lo bloccai e gli sussurrai, con la voce rotta dall’emozione: ‒ Non usi il preservativo? Io non ne ho…

    Walter si mise a ridere con gusto dandomi una violenta pacca sulla chiappa. – Non mi piace il preservativo. Non lo uso mai, soprattutto se si tratta delle mie troie. Come fare a marcare il territorio, sennò? – e riprese a ridere dandomi pizzicotti.

    ‒ In che senso?

    ‒ Vedi, io di solito tendo a marcare il mio territorio. Vengo dentro alle mie prede così capiscono che sono diventato il loro padrone e che devono portarmi rispetto ed essermi fedeli. Tu sei mio adesso, perciò devo fare in modo che si capisca che sei mio soltanto… anche se non posso fare molto con questo buco rotto!

    Mi prese dai fianchi con violenza e mi spinse verso di lui. Sentii un dolore lacerante, ma ormai ero abituato a quel dolore forte, ben sapendo che presto sarebbe diventato puro piacere e goduria. Sentivo dentro il mio ano, dentro di me, l’enorme uccello di Walter. Lo aveva affondato tuttodentro, sentivo i suoi coglioni pieni di seme sbattere contro le mie chiappe sudate e incalorite. Io ribollivo di piacere. Dapprima prese a dondolarsi lentamente, andava su e giù, avanti e indietro. A volte faceva uscire il suo cazzo dal culo completamente, per poi riaffondarlo con violenza. Sentivo i suoi gemiti di piacere aumentare ad ogni spinta. Non pensavo ad altro che a lui su di me e dentro di me, pensavo a quanto era felice di fottere la sua troia sapendo che avrebbe potuto farlo quando e come voleva.

    Stanco di stare in piedi, Walter si gettò sulla mia schiena, poggiando la testa sulla mia e affondando la faccia nel mio collo. Era sudato come lo ero io e affannava ad ogni gemito per la forza che ci metteva nel fottermi, nel lacerarmi la carne. Mi baciava il collo, mi leccava la pelle, mi mordeva l’orecchio tanto da farmi male mentre spingeva il bacino sempre più giù. Potevo sentire i folti peli del suo pube grattare sulle mie chiappe che erano diventate ormai un fuoco impossibile da spegnere e percepivo la presenza ingombrante del suo cazzo che si muoveva dentro di me.

    Ti piace? Mi sussurrava nell’orecchio mentre mi chiavava con tutta la forza e l’ardore che aveva in corpo. Godeva come un maiale, godeva come l’uomo più felice della terra e mi stringeva a sé con le braccia, intrecciandole contro il mio corpo nudo. Stringeva e stringeva senza lasciarmi andare, come a farmi intendere che da ora in avanti ero e sarei sempre stato suo e che per niente al mondo avrei mai potuto fuggire. Speravo sapesse che io non sarei mai andato da nessuna parte, quello che volevo era lui, stare con lui, stare sotto di lui e farlo godere il più a lungo possibile. Tanto erano il dolore e il piacere che non riuscivo neanche a rispondere a quello che mi diceva, non riuscivo a pensare ad altro che alla sua verga dentro il mio ano.

    Dopo diversi minuti, io ad occhi chiusi, lui che mi leccava il foro dell’orecchio con la punta della lingua, sentii il suo membro fermarsi e uscire lentamente all’aria aperta. Lanciai un gemito soffocato. Walter si alzò e mi fece alzare a mia volta. Lo vidi in volto. Era completamente sudato, aveva le guance rosse e ansimava in modo accelerato. Sorrideva, però. E in quel sorriso era nascosto tutto il suo godimento. Non era finita lì e lo sapevo benissimo.

    Mi fece girare a pancia in su con la schiena contro il tavolo e le gambe divaricate per dargli lo spazio di entrare comodamente. Dopodiché, riprese a scopare la sua troia con un vigore ancora più forte. Lui stava sopra di me e mi guardava, aveva gli occhi incollati su di me mentre con il bacino andava avanti e indietro tra le mie gambe spalancate. Io stesso ricambiavo il suo sguardo, gli occhi nei suoi occhi, sorridendo a più non posso. Ero felice, felice. Fare la troia mi faceva godere in un modo inimmaginabile, ma quella volta era diverso. Sentivo di amare quell’uomo, quel corpo che mi possedeva. Sentivo di amarlo con ogni essere.

    Prendemmo a baciarci appassionatamente, era lui a tenere in pugno la situazione, io non potevo fare nulla, non potevo muovermi e se anche avessi voluto divincolarmi da lui (ma non era assolutamente così), non avrei potuto farlo. Avevo la testa contro il tavolo, lui mi baciava con violenza infilandomi la lingua fin dentro, mentre con le mani teneva estese e bloccate entrambe le mie braccia, in modo che non potessi muovermi. Ero bloccato, mi scopava, il suo cazzo smisurato andava su e giù dentro di me, e lo stesso accadeva con la sua lingua nell’altra mia bocca.

    Passarono alcuni minuti di immenso godimento. Poi, decisi che era ora di prendere in mano la situazione. A lui piacevano le troie, sarei stata la sua troia allora. Mi divincolai dalla sua presa, lo spinsi lontano da me e lo costrinsi a mettersi a pancia in su sul tavolo. Lui, divertito, mi lasciava fare. Presi il suo cazzo esausto e gonfio in bocca, era rosso e umidiccio, pulsava in modo innaturale. Passai alcuni minuti, mentre riprendevo a fargli un pompino di classe, ad accarezzargli i pettorali scolpiti con la mano. Infine, mi leccai le labbra per eccitarlo maggiormente e, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, mi sedetti sulle sue gambe. Con la mano tremante, sistemai il suo cazzo dentro di me e presi a fare quello che voleva, la troia insaziabile. Aggrappandomi alle sue cosce, presi a dondolarmi in modo violento avanti e indietro, su e giù. Anche lui cercava di dare del suo, spingendo con i fianchi contro il mio culo e in pochi attimi mi sottomise di nuovo. Capii che era un tipo che amava avere tutto sotto controllo. Decisi di non oppormi, di lasciar essere lui il dominatore.

    Esausto mi coricai su di lui, mentre ancora scopava il mio culo. Mi sentivo la puttanella più felice di tutte, avevo un toro sotto di me, che avrebbe fatto di me quello che desideravo, una puledra da monta. Lo cavalcavo in modo sfrenato.

    Alla fine, Walter si alzò e si mise seduto sul tavoloprendendomi a smorza candela, poi mi prese di peso e mi portò sul divano facendomi mettere coricato con il sedere sul bracciolo. Sapevo che era arrivata la conclusione di quel bellissimo gioco. Mi penetrò per un po’. Guardandolo muoversi e darsi da fare, capivo che era arrivato al culmine del piacere. Mi chiedevo, anzi, come aveva fatto a trattenersi per tutto quel tempo. Stava per venire, potevo capirlo dai gemiti tirati. Infatti, si stese su di me, mi scoccò un lungo e semplice bacio e spinse con tutta la forza e l’eccitazione che aveva. Mi piantò il cazzo in profondità e la sua cappella mi punse la pancia come un ago. Se avesse potuto, avrebbe infilato anche le palle dentro al mio culo, ne sono certo. A un certo punto sentii l’ano bagnarsi, sentii che il suo cazzo si muoveva in modo feroce. Sentii qualcosa di caldo e consistente attaccarsi alle pareti del mio ano e scivolare lentamente dentro di me. Era venuto. Era venuto dentro di me, ero suo adesso, i nostri corpi si erano saldati. Avevo il suo seme in corpo, avevo lui in corpo. Mi riempì completamente e promisi a me stesso che non mi sarei lavato quel seme dal culo fino al giorno seguente, volevo averlo dentro di me il più a lungo possibile. Sentire la sua vita.

    ‒ Ti ho ingravidato, puttanella! – mi sussurrò nell’orecchio. Quelle parole mi eccitarono come non mai e venni anche io, sporcandogli l’addome muscoloso di sborra calda. Alla fine, gli ripulii per bene il cazzo dalla sborra, un ultimo gesto prima di buttarci sfiniti sul divano. Avevo vissuto un’esperienza bellissima con un uomo che non conoscevo, ma che ora invece mi sembrava di conoscere da sempre. Non sarebbero mancate altre occasioni del genere.

    Da quella volta, Walter cercò in tutti i modi di rendere sempre più lontana la sua partenza da casa mia e io, allo stesso modo, cercai di trovare scuse con mio padre perché Walter non dovesse andare via. Alla fine, papà si era convinto ad accordare a Walter che quella era casa sua e poteva restarci fin quando voleva. Walter non voleva andare più via, aveva trovato la sua preda perfetta e non voleva lasciarsela scappare per niente al mondo. In effetti, provai a comportarmi come voleva lui. Walter era uno a cui piace dominare, uno a cui piace avere uno schiavo tutto per sé e fargli fare tutto quello che vuole. Una troia che apra le gambe ogni volta che lui ha voglia di scopare. E io avevo il desiderio di renderlo felice. Volevo essere la sua troia perfetta e soddisfarlo in ogni cosa. Ero contento di piacergli, perché lui era bellissimo. Da quando l’avevo conosciuto non riuscivo più a fare a meno di lui e del suo cazzo dalle dimensioni stellari. Fa-cevamo sesso parecchie volte al giorno, anche con mio padre in casa. Non ci importava molto di essere scoperti, la trasgressione rendeva tutto molto più eccitante. Mi trattava sempre come se fossi di sua proprietà e questo mi piaceva. Lo sapeva benissimo di potermi usare quando ne aveva voglia e che io ero esclusivamente suo, quindi non aveva bisogno di chiedermi il permesso di scoparmi. Lo faceva e basta.

    Quando mio padre andava al lavoro era il momento più bello. Avevamo tutta la mattina per noi perché io non andavo più a scuola e Walter non aveva nulla da fare. La passavamo nudi sul divano, oppure nel letto, o perfino sul pavimento. Il momento migliore delle nostre scopate. Mi prendeva come un toro. Si sentiva più rilassato, più attivo e più felice. Soprattutto felice perché sapeva che aveva sempre a disposizione il mio bel culo aperto che non aspettava altro che la sua verga dura e venosa.

    Eppure, gli avevo promesso che sarei sempre stato con lui. Per questo, quando dovette ripartire, una settimana dopo, fuggii con lui. Avevo trovato la felicità e non intendevo lasciarmela scappare.
  3. .
    L’estate del mio primo anno di università andai a Roma per una settimana, ospite a casa di mia sorella e del suo fidanzato Gaetano. Lui sapeva da sempre del mio interesse per i maschi, ma mai avrei immagino che la cosa potesse essere reciproca. Ho sempre avuto un debole per lui, ma a mia sorella non l’ho mai detto. E come poteva essere diversamente? Gaetano ha trentadue anni, è alto la bellezza di 1 metro e novanta, muscoloso e senza un pelo su tutto il corpo. Ha un viso bellissimo, un naso greco e due occhi molto scuri. I capelli castani sono lunghi e ricci e li tiene sempre legati a coda di cavallo.

    Accadde tutto una sera di luglio. Faceva caldissimo. Mia sorella era andata a stare qualche giorno da una sua amica a Cesenatico. Io e Gaetano restammo soli a casa. La prima sera dopo che lei era partita cenammo insieme parlando del più e del meno. Gaetano mi raccontava del suo lavoro di informatico. Non ne era molto entusiasta, la sua passione era la pallacanestro e avrebbe voluto da sempre diventare un giocatore a tutti gli effetti. Non potevo fare a meno di immaginarmelo con la divisa da giocatore mentre faceva canestro, e poi inevitabilmente negli spogliatoi e sotto
    la doccia. Il pensiero di lui era così forte che mi era venuto subito duro sotto i pantaloncini e facevo di tutto per non darlo a vedere. Subito dopo cena ci salutammo e io corsi in camera a spararmi una sega pensando a lui. Poi andai a dormire.

    Verso mezzanotte mi svegliò il rumore della televisione accesa. Confuso, mi alzai e andai a controllare. Gaetano stava guardando un film in salotto. Era seduto sul divano con solo i boxer addosso. Il petto muscoloso era liscissimo, così come le cosce e le gambe dai polpacci grossi e privi di peli. Era una visione davvero eccitante. Gaetano si accorse di me e si scusò subito per avermi svegliato. Mi disse che non riusciva a dormire
    per il caldo. Io gli risposi che non era stato lui a svegliarmi, ma che neanche io riuscivo molto a dormire.

    “Vuoi unirti a me”, mi chiese facendomi segno di andare a sedermi accanto a lui. Lo feci.

    Non potei fare a meno di dare una rapida occhiata al suo corpo di marmo. Avevo troppa voglia di toccarlo, ma non avrei mai avuto il coraggio sapendo che lui non era gay e per di più era fidanzato con mia sorella. Notai una lieve protuberanza sui boxer a quadri. Tra le fessure dei bottoni potevo intravedere qualche pelo del pube.

    “Che film guardi?”, gli chiesi distogliendo lo sguardo dal pacco prima che potesse accorgersene.

    “Una cavolata su Netflix, non sapevo che altro guardare”, disse. “Non ti fa caldo con quei pantaloncini?”.

    Avevo la canottiera e il pantaloncino del pigiama. Dissi di sì e feci per sfilarmelo, ma mi accorsi in tempo che sotto non avevo alcun intimo perché mi piace dormire libero, e me li lasciai addosso. Non sapevo se lui se ne fosse accorto e me lo avesse detto apposta, ma faceva veramente caldo.

    Guardammo il film per un po’. Gaetano aveva ragione. Era davvero noioso. Sbadigliai più volte e poggiai la testa sul divano, ingannato dal sonno.

    “Vuoi stenderti? Forse staresti più comodo”, mi disse all’improvviso.

    Lo guardai, confuso. Il divano era troppo piccolo perché potessi stendermi completamente accanto a lui. Quindi, o avrebbe dovuto alzarsi lui e lasciarmi il posto oppure…

    Mi sorrideva facendo segno con le mani di coricarmi sulle sue gambe.

    “Io non…”, feci per dire ma lui mi interruppe subito.

    “Lo faccio sempre con tua sorella, la aiuta a prendere sonno più facilmente”.

    Indugiai per qualche momento. Lui stava a gambe larghe in attesa. Mi sembrava assurdo che potessi fare una cosa del genere con Gaetano. Che intenzioni aveva? Ma alla fine cedetti. Mi misi steso sul divano poggiando la testa sulle sue cosce. Sentii subito il rigonfiamento del suo pacco premermi la guancia. Pulsava silenzioso sotto di me. Mi chiedevo come avrei mai potuto prendere sonno in una posizione del genere.

    Continuammo a guardare il film e a un certo punto lui prese ad accarezzarmi i capelli con movimenti lenti e cadenzati. Era molto gentile e rilassante, come se accarezzasse un peluche. Nel frattempo, sentivo il suo pacco crescere ancora di più, farsi più duro. Stava avendo una erezione vera e propria sotto la mia testa.

    “Ops”, disse lui con un risolino. “Mi sa che qualcuno si è svegliato. Ti dà fastidio?”

    “No”, gli dissi senza pensarci e lui allargò ancora di più le gambe continuando ad accarezzarmi la testa. Non so cosa mi diede il coraggio di farlo in quel momento, ma spostai la testa e affondai il viso direttamente tra le sue gambe. Avevo il naso nella fessura dei suoi boxer e aspiravo con avidità l’odore che proveniva da lì sotto. Il suo cazzo aveva un odore forte di maschio. Annusai ripetutamente cogliendo ogni sentore. L’odore forte dell’uomo mi fa impazzire, e infatti mi venne subito duro nei pantaloncini.

    Gaetano si accorse che quella situazione mi stava facendo eccitare come succedeva a lui e mi fece alzare la testa per sbottonarsi i boxer. Con un rapido movimento tirò fuori il cazzo dalla fessura, liberando anche le palle. Era un cazzo mastodontico. Stava eretto all’insù, lungo e grosso e leggermente scappellato.

    “Ti piace?”, mi chiese.

    Non gli dissi nulla e invece mi misi subito all’opera. Iniziai a baciargli le palle. Erano calde e sudate. Le leccai e le presi in bocca risucchiandole tra le labbra. Erano grosse e immaginai che dovessero essere belle piene. Poi presi a leccare la base dell’asta e con la punta della lingua risalii lentamente fino ad arrivare in cima. Infilai la lingua nelle pieghe del cazzo intercettando subito la cappella umida. Sentii il sapore fortissimo dell’eccitazione e del piscio ancora fresco. Doveva aver fatto la pipì da poco.Gaetano era impaziente perché dopo un po’ che gli leccavo la superficie, fece pressione con la mano che mi accarezzava la testa e cercò di spingermela più giù. Era il suo modo per dirmi che voleva che lo prendessi in bocca. Infatti, mi lasciai guidare schiudendo le labbra quel poco che bastava per accogliere la sua verga nella mia bocca. La sentii scappellarsi tra le mie labbra. Gaetano gemeva mentre continuava a farmi scivolare la testa sempre più giù verso le cosce finché mi trovai con il suo cazzo completamente in bocca. Le mie labbra urtavano le palle e la sua cappella grossa e pulsante mi grattava la gola. Mi tenne la testa premuta sul cazzo per svariati secondi e mi lasciò andare solo quando vide che cominciavo a strozzarmi. Liberai la bocca dal cazzo per riprendere aria. Feci un bel respiro e tornai di nuovo ad affondare le labbra su quel bellissimo bastone di marmo. Non avevo tempo da perdere. Lo volevo divorare.Iniziai a succhiargli il cazzo seriamente. Su e giù. Avanti e indietro. Dapprima con dolcezza, poi con sempre più foga. Lo sentivo gemere. Doveva provare tanto piacere perché non mi guidava più ma si era lasciato andare sul divano con le braccia stese e lasciava fare tutto a me. Io stavo tutto il tempo con la testa affondata tra le sue gambe e il culo leggermente sollevato.

    A un certo punto sentii la mano di Gaetano scivolare nei miei pantaloncini e un suo dito affusolato stuzzicare il buchetto liscio e glabro. Era sorpreso di scoprire che sotto non avevo nulla. Si mise a giocare per un po’ con il mio culo. Lo accarezzava e stuzzicava il bucoasciutto. Sentii che si sputava su un dito e me lo infilava dentro.

    “Di qui deve essere già passato qualcuno”, mi disse. Io risi senza dire nulla. Pensai a Silvio, un mio conoscente, che negli ultimi due anni mi aveva scopato almeno tre volte a settimana, prima di trasferirsi a Milano.

    Gaetano, sempre più eccitato, infilò prima il dito indice facendolo andare avanti e indietro, poi vedendo che mi eccitavo e allargavo le chiappe il più possibile per accoglierlo dentro, mi forzò il buco infilando indice e medio insieme. Lanciai un gridolino per il dolore ma Gaetano non si fermò, anzi andò ancora più a fondo. Per distrarmi dal dolore continuavo a succhiargli il cazzo sempre più gonfio e pulsante.

    “Ti voglio”, mi disse all’improvviso. Dal suo tono di voce percepivo l’urgenza del suo bisogno.

    Gaetano mi mise delicatamente una mano al collo e mi fece alzare la testa allontanandola dal suo cazzo.

    “Ti voglio”, ripeté guardandomi dritto negli occhi.

    Mi sfilai i pantaloncini e li lasciai cadere a terra. Poi, con un movimento lento ma deciso mi sedetti sulle sue gambe. Ora avevo il suo cazzo tra le
    chiappe, lo sentivo pulsare pieno di eccitazione. I nostri visi erano alla stessa altezza e ci guardammo negli occhi. Aveva dei bellissimi occhi profondi nei quali avrei voluto perdermi. Ora capivo perché mia sorella se lo voleva sposare. Era la perfezione. Gli poggiai le mani sui pettorali muscolosi e cominciai a muovermi oscillando il bacino in modo suadente. Il suo cazzo duro, intrappolato tra le mie chiappe, si scappellava e questo faceva gemere Gaetano. Mi afferrò i glutei con entrambe le mani e li strinse tra le dita palpandoli per accertarsi di quanto fossero morbidi e sodi allo stesso tempo. Io gli intrecciai le braccia intorno al collo e mi sporsi verso la sua bocca. Gli baciai le labbra con dolcezza. Lui rimase immobile per qualche secondo, poi si sporse verso di me e ricambiò con un baciò più appassionato. Era un tipo passionale, in fondo, e me ne accorgevo dal modo in cui baciava. Mi divorava le labbra con foga, con urgenza. Infilò la lingua con prepotenza e mi perlustrò la bocca in cerca della mia. Io ricambiavo il suo trasporto con altrettanto trasporto stringendomi più a lui e continuando a dimenarmi mentre pomiciavamo.

    A un tratto si bloccò e si staccò da me quel poco che gli serviva per guardarmi. Con le mani continuava a strapazzarmi le chiappe.

    “Cazzo quanto mi fai eccitare”, disse serio.

    Io lo guardai con un ghigno malizioso e non dissi nulla. Cogliendolo di sorpresa, mi portai la mano alla bocca e ci sputai sopra. Poi me la passai sull’ano per inumidirlo. Mi inarcai un po’ e gli presi il cazzo in mano indirizzando la cappella verso il mio ano. Quando sentii che era pronto a entrare, forzai un po’ e scivolai lentamente sul suo cazzo finché non sentii i peli del suo pube farmi il solletico. Era tutto dentro di me. Gaetano, il ragazzo di mia sorella, era dentro di me. Mi ero fatto penetrare a pelle, senza protezione. Ma a lui non sembrava importare perché non
    mi aveva detto nulla. Evidentemente anche a lui piaceva così. Avevo fatto quei movimenti senza distogliere gli occhi dai suoi. Lui mi fissava con gli occhi spalancati e la bocca semiaperta, in estasi.

    Iniziai a dimenarmi su e giù con il suo cazzo gonfio che si muoveva dentro di me e gli rimisi le braccia al collo riprendendo a baciarlo con ancora più foga. Lui si lasciava fare tutto tenendomi stretto per i fianchi snelli. Sentivo che si eccitava sempre di più perché iniziava a muovere il cazzo dentro di me in modo più veloce e io, in risposta, saltellavo più forte. Il suo cazzo grande mi faceva male, molto male. Continuavamo a guardarci e mi accorsi che il suo sguardo eracambiato. Si era fatto di colpo più duro, più feroce. L’animale che era in lui stava lentamente uscendo fuori. Da quel momento in poi accadde tutto in modo più veloce e frenetico e non capii più nulla. Era totalmente cambiato. Divenne più rude e violento, come se non fosse lui ma qualcun altro che aveva preso il suo posto. Mi afferrò e mi sfilò il cazzo in modo brusco. Mi spinse a terra e mi mise a pecora intimandomi di allargare le chiappe il più possibile. Mi tirò uno schiaffo forte a una chiappa e mi penetrò con forza lasciandosi andare a un grugnito di soddisfazione. Mi afferrò stretto per i fianchi e prese a scoparmi con foga sul tappeto. Mi dava botte così forti che iniziai a gridare per il dolore costringendolo a mettermi la mano sulla bocca per zittirmi e non farmi sentire da tutto il palazzo. Si chinava su di me e mi sussurrava all’orecchio: “Ti piace, puttana?” Il suo alito caldo nel mio orecchio mi eccitava tantissimo, ma ancora di più il modo in cui mi chiamava. Mi sentivo davvero una puttana, la sua puttana. Mi chiavava con violenza. Sentivo le sue palle pesanti sbattermi contro le chiappe e il suo cazzo voglioso spingersi fino in profondità. Mi affondava nella pancia come un pugnale rovente.

    A un certo punto mi mise una mano sulla schiena e mi costrinse a piegarmi più in giù e a tenere le chiappe sempre più aperte. Iniziò a giocare con il suo cazzo. Me lo infilava di colpo fino in fondo e poi lo sfilava lentamente. Lo infilava e lo sfilava più volte. Io cercavo di tapparmi la bocca per non farmi sentire ma non potevo impedirmi di gridare. Era un dolore straziante. Lui se ne accorgeva e faceva sempre più forte. Mi affondava dentro con l’intenzione evidente di farmi male. Si fermò un momento perché aveva iniziato a stancarsi. Tirò un sospiro e lasciandomi di
    stucco alzò una gamba e mi mise il piede in faccia. Riprese a scoparmi in modo ancora più violento mentre faceva pressione con la pianta del piede affondata nella mia guancia. Non capivo più nulla. Ero già stato sottomesso da altri ragazzi, ma mai in quel modo. Era un vero maschio alfa e sapeva come trattarmi.

    Dopo diversi minuti che aveva passato a sfondarmi in quel modo, levò il piede e si abbassò sul mio viso per sussurrarmi qualcosa all’orecchio.

    “Voglio guardarti negli occhi mentre ti scopo”, mi disse con voce suadente.

    Quelle parole, pronunciate da lui, mi fecero eccitare tantissimo. Avrei voluto rispondergli qualcosa, ma sopraffatto dal suo cazzo che si muoveva con prepotenza dentro di me, mi scappò un gemito di piacere simile al verso di un gattino che lui intese come un cenno affermativo perché mi sfilò bruscamente la sua verga dal culo e mi prese per un braccio facendomi girare a pancia in su. Mi afferrò per le caviglie e mi fece mettere a missionario. Io allacciai le gambe intorno ai suoi fianchi e lui riprese a scoparmi con violenza. Ora potevamo guardarci direttamente negli occhi come voleva lui. Teneva il suo sguardo deciso e rabbioso fisso su di me come a voler intendere che ero sotto il suo totale controllo e che era libero di farmi quello che voleva. Al massimo dell’eccitazione sfogava il suo bisogno animale su di me. Mi sputava in bocca la sua saliva densa e calda e io la ingoiavo, felice di quel regalo. Subito dopo mi baciava con passione infilandomi la lingua dentro fin quasi all’ugola. Lo guardavo e gli sorridevo intensamente. Volevo fargli capire che il mio solo desiderio era quello di soddisfarlo in tutti i modi possibili. Lui, in risposta, prendeva a darmi schiaffi sulle guance, prima piccoli buffetti innocenti, poi manrovesci sempre più forti che mi facevano girare la testa. Tutto questo mentre continuava a fottermi affondando il suo cazzo sempre più in profondità dentro di me. Dalla sua foga inaudita sarebbe
    potuto sembrare che non scopasse da mesi, ma sapevo per certo che mia sorella si concedeva a lui tutti i giorni. Gaetano era un maschio focoso e come tale aveva sempre bisogno di essere appagato sessualmente, in qualsiasi momento e in qualunque modo.

    “Cazzo sto per venire”, esclamò a un certo punto e, prendendomi alla sprovvista, si aggrappò a me mettendomi le mani intorno al collo. Stringeva con decisione senza tuttavia togliermi l’aria e allo stesso tempo aumentava sempre di più la velocità con cui mi scopava. Era feroce, imbestialito. La sua brutalità, che mi trasmetteva attraverso gli occhi colmi di piacere perverso, mi eccitava come non mi era mai successo prima. Provavo un piacere assoluto e sfrenato e mi abbandonavo a lui senza remore.

    Con un urlo grottesco, diede un’ultima spinta e mi esplose dentro tutto il suo seme. Cinque, sei schizzi potenti di sborra calda e densa mi riempirono la pancia. Non riuscivo a crederci. Gaetano aveva svuotato le sue palle piene dentro di me, mi aveva fatto dono
    del suo nettare divino. Mi sentivo pieno di lui. Gaetano si lasciò cadere su di me, stremato. Lo abbracciai accarezzandogli la schiena sudata. Respirava con affanno, stremato per lo sforzo, mentre continuava a muovere il suo cazzo ancora duro dentro di me.

    “Ora sei mio” mi sussurrò nell’orecchio. “Ci divertiremo un mondo io e te”. Dopodiché, mi liberò dal suo peso e si alzò da terra per mettersi a sedere sul divano. Mi intimò di pulirgli il cazzo.

    Senza dire niente, mi misi in ginocchio e gli scivolai tra le gambe mettendomi subito al lavoro. Glielo pulii per bene da cima a fondo leccando e ingoiando ogni residuo di sborra. Tornò subito duro come il marmo e a un cenno di Gaetano gli feci un altro pompino. Lui mi accarezzava la testa come a un cagnolino senza dire nulla. Stava in silenzio ma i suoi occhi mi dicevano chiaramente quanto la mia bocca lo facesse godere.
    Alla fine, mi regalò un’altra copiosa scarica di sborra che andò a finire dritta nella mia gola fin quasi a soffocarmi. Mentre ingoiavo tutto il suo seme, sentivo quello che mi riempiva il culo fuoriuscire dal buco gonfio e colare lentamente lungo le cosce.

    Quella sera dormimmo insieme nel letto matrimoniale che divideva con mia sorella. Mi scopò altre due volte durante la notte senza concedermi un attimo di tregua e tutte e due le volte mi ingravidò. Il seme sembrava non finirgli mai.
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