SCENEGGIATURE PER PORNO

RACCONTI PORNO

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  1. Cecco80
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    PICCOLO GAY

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    Buongiorno ragazzi! e buona domenica ;)

    Abbiamo da poco raggiunto le 10.000 visualizzazione del nostro BLOG e ci stiamo dirigendo (manca pochissimo) alle 11.000!
    quale migliore occasione per festeggiare con voi con un episodio tratto dei nostri racconti!?

    Oggi vi lascio un capitolo de LA FORESTA NERA, uno dei racconti che ha riscosso molto successo!

    buona lettura!



    Atto 3

    La fuga



    Mi hanno legato, deriso, pisciato addosso e ora, mentre dormivo, mi hanno trascinato fino ad un altro luogo.

    Siamo ai margini di una fitta boscaglia in un posto dove non crescono nemmeno le piante. Ho le ginocchia scorticate e le gambe sanguinanti.

    Devono avermi trascinato per un lungo tragitto e non mi sono svegliato. Com'è possibile? Non me lo spiego. Ci sono diverse cose qui che non comprendo.

    Adesso sono tutti seri, disposti in cerchio, come per celebrare un rito di cui io sarò il protagonista.
    Mi tirano su in piedi, ho le mani legate sulla schiena. Ancora... perché si ostinano a legarmi? Dove potrei mai scappare? O magari lo fanno solo per ostentare la propria supremazia.

    Mi guardo intorno e vedo, alla mia sinistra, disposti in fila, quattro ragazzi molto giovani.

    Hanno sul volto un'espressione smarrita e confusa. Non sono legati ma quattro robusti brutti uomini li tengono saldamente con le braccia sulla schiena. In questo modo mostrano il petto all'infuori come se fosse pronto per essere inciso per un sacrificio. L'ultimo della fila, il più lontano da me, è il ragazzino con il neo. Non sembra felice. E' chiaramente preoccupato e spaventato.

    Appare il vecchio con i capelli bianchi avanzando con un grosso bastone, che gli serve più per darsi un tono che per sorreggersi. Tutto tace.

    - Entrerai nella foresta - esordisce arrivando dritto al punto, senza fronzoli.
    - E loro verranno con te - dice osservando prima me e poi i quattro giovani.
    - Se ti prendono ti ammazzano, altrimenti li ammazziamo noi e li appendiamo per le palle -
    Nessuno ride. Sono diventati tutti estremamente seri.

    Tanto violento quanto conciso. Nessun'altra spiegazione, nessun'altra parola.

    Come se sapessero già cosa fare i quattro brutti uomini spingono al suolo i ragazzini che rimangono col sedere in aria senza muovere un muscolo. Ricevo lo stesso trattamento e qualcuno mi slega. Segue qualche secondo di silenzio, anche l'aria è immobile.

    Tutti guardano, sta per succedere qualcosa.

    Il più veloce dei quattro ragazzi si alza di scatto per avventarsi su di me. La mia amigdala spruzza adrenalina a schizzo via verso la foresta. Mentre corro come non ho mai fatto in vita mia, mi giro a guardare i miei inseguitori, sono solo tre.

    Il ragazzino con il neo è rimasto per terra, lo tengono per il collo lo stanno seviziando infilandogli un bastone nel culo.
    - Cosa credevi di fare, pensavi di aiutarlo? Ora muori bastardo! - dice il vecchio con i capelli bianchi.
    Faccio in tempo a vedere la massa che si avventa su di lui per aggredirlo a morte, prima di finire nella fitta boscaglia che attutisce le sue strazianti urla di dolore.

    Corro senza sosta. Mi graffio la schiena e le gambe ma continuò ad avanzare. Più agili e scattanti di me, i ragazzini mi sono alle calcagna.

    Provo a cambiare più volte percorso per depistarli: passo sotto un tronco, ne salto un altro, mi infilo in un cespuglio. Il più veloce mi viene dietro, spicca un salto dall'alto e mi è addosso.

    Rotoliamo così avvinghiati, ho un suo braccio attorno al collo con l'altro si aiuta per serrare la presa. Sento mancarmi il respiro. Con forza lo scaravento via. Sbatte, si graffia la schiena, fa un grugnito, si rimette in piedi e sputa per terra. Madido di sudore mi viene incontro. Sono ancora a terra cercando di riprendere fiato. Mi afferra la testa dai capelli, mi tira indietro. Mi colpisce con un pugno alla bocca dello stomaco.

    Dall'età anche lui potrebbe sembrare mio figlio, ma è più agile e violento dell'altro. Mi colpisce più volte: il volto, il torace, le spalle, in una furia cieca senza pietà.

    Gli blocco un braccio, con una forza ritrovata. Sento i muscoli più forti e ricettivi, come se la foresta adesso avesse su di me un'influenza magica (e non ero poi troppo lontano dalla verità).

    Gli tengo testa, sono più pesante di lui e più robusto. Non contrattacco, mi limito a parare i colpi ed immobilizzarlo. Lo stringo sui fianchi. Le sue braccia sono rimaste imprigionate nella morsa, si dibatte, squittisce, vuole uscire a tutti i costi. Fa per darmi una capoccia che si trasforma in un mozzico sulla spalla. Ho la sensazione che mi abbia strappato la carne, lascio la presa, lo colpisco con un calcio sulla schiena sanguinante.

    Ora siamo di fronte, sporchi e sudati in una lotta equa.

    Ci azzuffiamo. Non lo mollo e lui non molla me in un abbraccio stritolante, rotoliamo, siamo faccia a faccia, ora lui sopra io sotto. Gli prendo il collo, stringe i denti. La saliva schiumosa mi cade sulla bocca, è calda e densa. Non lascio la presa. Mi avvinghia con le gambe. Il mio pisello duro preme sul suo addome, si scappella. Il glande tocca il suo petto, un capezzolo. Afferra i miei testicoli e li stringe con forza. Grido e lo allontano con una spinta. Mi alzo annaspando, si lancia nuovamente su di me, gli do spintone ancor più forte;

    Da dove viene tutta questa forza? Quando è apparsa?

    Barcolla all'indietro, cercando di rimanere in piedi, ma sbatte violentemente la testa su un albero. Cade giù tramortito. È sangue quello che cola sulla corteccia. lo guardo: è inerme. Sarà morto? svenuto?

    Ora posso vedere chiaramente il suo corpo. Un giovinetto seduto sotto un albero. I muscoli sono lunghi e appena accennati. Sporco di sangue con le gambe esili e il busto ricurvo. Ha il pisello con un lungo prepuzio che lo fa sembrare ancora un bambino, se non fosse per le dimensioni dello stesso.

    È ferito in più parti del corpo. Le macchie di sangue e il fango gli sporcano la pelle. Se fosse pulito si direbbe che sta riposando, dormendo. Provo una forte pena per lui, non volevo finisse così. Incerto se lasciarlo in quelle condizioni, esito. Poi faccio per andarmene, devo allontanarmi il più possibile.

    - Aspetta...- Mi giro verso di lui: è ancora vivo.

    Apre la bocca lentamente dalla quale esce un filo di sangue e saliva.
    - ... Ammazzami... Forza, finiscimi...- dice lentamente sibilando. Che ragazzo impavido e coraggioso. Non si direbbe dal fisico, ma ha una buona tempra.

    -Ascolta...- inizio a parlargli come se fossi il padre che si sente in colpa. Mi interrompe

    - Se non lo fai tu, mi troveranno e mi ammazzeranno loro. Ho visto cosa fanno a quelli come me, non voglio... non voglio morire così...- e nelle ultime parole sento un tono malinconico quasi disperato.

    - Non posso... mi dispiace... - gli dico e mi giro. voglio andare via da questo posto.

    Faccio due passi e lo sento singhiozzare. Rimango immobile a fissare il vuoto davanti a me.

    Tumultuose le emozioni ribollono dentro. Si abbandona ad un pianto sconsiderato, senza freni che esprime tutta la sua sofferenza e la disperazione. Mi fa pena ma non riesco a muovermi.

    Il mio pene, dritto davanti a me, come a volermi indicare la strada, si ingrossa ulteriormente, attratto da una forza magnetica che vuole condurlo al centro della foresta buia.

    All'improvviso sento un'energia crescere nelle braccia con la stessa intensità di un'erezione. Come spinto da una forza esterna, guidato solo dal puro istinto, senza esitazione, afferro un grosso ramo dal terreno. Lo brandisco con due mani. Mi giro di scatto verso di lui e senza nemmeno prendere la mira lo colpisco in pieno volto.

    Adesso non piange più. Saliva rossa schiumosa scende sul petto dalla sua mascella scomposta.

    Cado in ginocchio come se tutte le mie energie fossero state consumate da quel colpo. Mi guardo intorno senza muovere la testa. Ho appena ucciso un uomo. Perdipiù un ragazzino. Non ho il coraggio di guardare il suo cranio sfondato. Il suo corpo ora sembra di gomma come un manichino senza testa.

    Devo andarmene.

    Mi faccio forza, inizio a dirigermi verso la boscaglia camminando sempre più velocemente. Non si sente alcun suono se non il calmo canto delle fronde al vento.



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