Quella notte era ancora nostra

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  1. Jack930
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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ========================================================
    Lavoro in un locale notturno, e alcune volte qualche cliente chiede un optional.
    Sabato sera eravamo di turno io e una mia collega.
    Nel locale noi ragazzi andiamo in giro con pantaloni di pelle nera ben attillati ed un cappello, e le ragazze in bikini con delle orecchie da coniglio.
    Quella sera c'era molta gente, sopratutto ragazzi e ragazze sui diciotto vent'anni.
    Erano li perché il locale promuoveva band esordienti concedendo il palco un sabato al mese.
    C'erano sei band, tutte composte da bei ragazzi: alcuni alti, altri magri, alcuni palestrati, altri con bei rigonfiamenti sotto.
    Una delle band mi colpì maggiormente, non solo perché si composta da bei ragazzi, sopratutto il chitarrista, ma perché finalmente, una band faceva bella musica.
    “Puttanella vieni qua”. Dissi alla mia collega.
    “Cosa vuoi rizza uccelli”. Continuò lei.
    “Porta questo al chitarrista”. Dissi poggiando un cocktail sul vassoio.
    “E chi lo paga?”. Chiese lei aggrottando le sopracciglia.
    “Te che succhi il cazzo al capo”. Dissi toccandomi il pacco.
    “Lo succhierei più volentieri a quello”. Disse indicando un ragazzo appena entrato.
    “A quel nerd?”. Dissi versando della tequila in due shot.
    “Be' avrei più successo io a succhiare lui che tu a scoparti il chitarrista”.
    “Mi piace come scommessa”. Dissi porgendole lo shottino.
    “Alla goccia e che vinca il migliore”.
    Buttammo giù gli shot e continuammo il lavoro, lei portò il cocktail al chitarrista che risposte con un cenno e un gesto che in primis non sono riuscito ad interpretare, ma poi capì che era un dopo ne prendo un altro, e io diedi da bere al nerd che era entrato.
    A fine concerto il ragazzo venne al banco.
    “Grazie per il cocktail, veramente buono”. Disse togliendosi la maglia.
    “Be' grazie, e cosa stai facendo?”. Chiesi un po' perplesso.
    “Ti lascio la maglia”. Disse mettendosi a sedere.
    Aveva una tartaruga non molto accentuata, però un bel fisichino, un po' di peli sul petto e sull'addome e andavano a finire in quelli del pene, che si vedeva benissimo attraverso i jeans.
    “I miei compagni vogliono andare a ballare, e dato che siamo tutti insieme non posso abbandonarli”.
    Prese un pennarello che aveva in tasca e scrisse qualcosa sulla maglietta.
    Poi si sporse sul bancone e me la poggiò sulla spalla leccandomi la guancia.
    “A dopo se vuoi”. Disse e se ne andò via.
    Il nerd, che era rimasto al banco aspettando i suoi amici della band successiva, era rimasto a bocca aperta.
    “Geloso?”. Chiesi.
    Lui scosse il capo.
    “Se vuoi un pompino puoi farmelo anche tu eh”. Dissi strizzando l'occhio.
    Lui diventò rosso e si girò verso il palco.
    Guardai la maglia, c'era un indirizzo, un nome di un hotel, il numero di stanza ed il suo del cellulare.
    Appena Jessica arrivò al banco le mostri la maglia.
    “Uno a zero succhia cazzi”. Dissi mostrando la maglia.
    “Ancora non te lo sei scopato”. Disse.
    “No però ho fatto venire un erezione all'amichetto qui”. Dissi indicando il nerd.
    “Tutti froci in sto locale?”. Chiese alzando le braccia al cielo.
    “Be' un giretto su di me lo hai fatto”. Dissi porgendole il quarto shottino.
    “A quella notte! Credo che non urlerò mai più così tanto in vita mia”. Disse e buttò giù tutto.
    Verso l'una e mezza le band avevano finito ed il locale tornava alla sua funzione primaria: Alcool, droghe non viste, sesso nei bagni, dj e luci colorate.
    “Questo è il locale che mi piace”. Disse Jessica saltando sul bancone per passare dalla mia parte.
    Prese altri due bicchierini e li riempì con vodka.
    “A questa notte, che possa portarci in letti di sconosciuti a scopare come conigli!”. Brindammo e buttammo giù anche questa.
    Alle tre e mezza eravamo a cambiarci, luci spente, locale un macello noi ancora svestiti.
    “Forse è meglio se ci mettiamo qualcosa addosso eh?”. Disse Jessica cercando di togliersi le scarpe nel camerino.
    Direi. Presi la felpa e la buttai addosso.
    “Non ti vesti sotto?”. Chiese poggiando la testa all'armadietto.
    “Tanto tra un venti minuti me la strapperanno di dosso, cosa mi vesto a fare?”.
    Abbassai i pantaloni e mi ricordai che sotto non portavo le mutande.
    “Wow ok che hai da scopare, ma Cristo! Non lo voglio il tuo sta sera!”.
    Presi i jeans e li misi.
    “Hai dimenticato le mutande bello mio”. Continuò lei.
    “Se non la smetti te le infilo nel culo le mutande”. Dissi ridendo.
    Presi la borsa e mi avviai all'uscita.
    “Te non vieni?”. Dissi girandomi verso di lei.
    “No, credo che dormirò qui. Cioè di la sui divanetti”.
    “Quindi ho vinto la scommessa?”.
    “Il nerd mica l'ho fatto andare via, è di la che mi aspetta”.
    Si alzò in piedi, l'alcool faceva uno strano effetto su di lei. Si tolse il reggiseno e gli slip e andò via verso la sala.
    Chiusi la porta del locale.
    Guardai la maglia ed il numero.
    Presi il telefono e chiamai.
    “Pronto?”. La voce era un po' assonnata.
    “Ciao chitarrista mezzo nudo”.
    “Hei, allora?”.
    “Uscito adesso”.
    “Vieni da me? Ti faccio lasciare una copia della chiave in portineria”. Disse.
    “I tuoi compagni cosa diranno?”.
    “Abbiamo le stanze separate, poi non credo siano gelosi”. Aggiunse ridendo.
    “Dammi dieci minuti e sono da te”.

    Attaccai al ragazzo del locale e saltai giù dal letto, spensi la televisione sul canale porno e corsi in bagno.
    Mi ero tirato una sega prima della sua chiamata, avevo l'addome pieno di sborra e il cazzo, be' odorava di cazzo.
    Entrai in doccia e mi diedi una sciacquata veloce.
    Tornai in camera, mi buttai addosso dei boxer e risistemai il letto.
    Andai alla finestra e scostai le tende.
    Vedevo tutta la piazza sotto di me. C'era un gruppo di ragazzi ubriachi, ma felici. Guardai più avanti a guardare l'orologio della stazione. Segnava dieci alle quattro.
    Faceva un po' freddo svestito in quel modo, ma valeva la pena aspettare.
    Mi buttai sul tappeto e cominciai a fare un po' di addominali pre scopata.
    Speravo che il ragazzo avesse un cazzo così bello, grosso e venoso da farmici rimanere secco.
    Erano mesi che non lo sentivo dietro, le troie della band non volevano scoparmi perché sembrava strano. Etero di sto cazzo, che poi una pompa se la sono fatta fare tutti.
    Mi ributtai sul letto e aspettando il barista. Il fisico non era male, ma con le luci basse non si capiva molto.
    Guardai fuori dalla finestra, erano passati si e no un sette minuti, mi aveva chiamato più o meno alle tre e quaranta, perché diavolo non era ancora arrivato?


    “Quarto piano, stanza 68”. Disse la receptionist appena le mostrai il numero della stanza di mio 'cugino'.
    Presi l'ascensore, non volevo arrivare al quarto piano con il cuore a mille e il respiro affannato.
    Appena le porte si aprirono guardai il corridoio. Si divideva in tre parti. Una a destra, una a sinistra e una nel centro.
    Guardai il numero della porta nel corridoio di centro. 50.
    Ok, allora la 68 doveva essere nel corridoio di lato.
    Guardai a destra, c'era un cartello “Dalla 40 alla 49”.
    Bene la mia stanza era a sinistra.
    Mi incamminai in quel corridoio bianco con la moquette blu a terra. Di tanto in tanto c'era qualche quadro di artisti presso più spagnoli.
    Sessantasette.
    Sessantotto.
    Mi fermai davanti alla stanza. Avevo la chiave, ed il cuore, nonostante non avessi preso le scale batteva forte.
    Da dentro sentì dei rumori, come se qualcuno camminasse in direzione della porta.
    Ad un tratto si aprì ed io rimasi immobile.
    C'era un ragazzo davanti a me, ma non era il chitarrista, carino si, in pantaloni da pigiama, occhiali e capelli biondi, ma non era il chitarrista.
    “Ciao”.
    “Ciao a te”. Risposi.
    “Tu, tu sei il barista del club, giusto?”.
    Feci cenno di si con la testa.
    “Stai cercando Mila allora”. Disse con un sorriso un po' a dire 'ho capito quello che fai qui'.
    “Si.. il tuo chitarrista”. Dissi.
    “No, no lui suona il basso”. Disse. Per me sempre una chitarra era.
    “Sei qui per il ragazzo che ti ha dato la maglia o no?”.
    “Si, sono qui per lui”.
    “Allora è Mila, e suona il basso, se gli dici che suona la chitarra diventa una belva”. Disse infilandosi la mano nei pantaloni.
    “Insomma... scopate?”. Chiese.
    “Be' cosa ti importa?”. Chiesi.
    Lui alzò le mani. “Nulla, pura curiosità”. Aggiunse.
    Guardai il suo pacco, era gonfiato da quando avevamo cominciato la conversazione.
    Mi avvicinai a lui e gli passai una mano sull'addome.
    “Se mi dici dov'è ti dico cosa gli farò”. Sussurrare all'orecchio era il mio forte.
    Lui poggiò una mano sul mio culo e strinse.
    “Stanza sessantanove”.
    Portai la mano più in basso, arrivai all'elastico dei pantaloni.
    “Se vuoi sapere quello che gli farò...”. Continuai, mettendo la mano dentro i pantaloni.
    “Avvicinati al muro e lo sentirai godere..”. Gli presi in mano il cazzo, era bello gonfio e duro.
    “E poi domani...”. Cominciai a massaggiarlo.
    “Chiedigli se te lo può rifare...”. Strinsi così forte la cappella che sentì gli spasmi del cazzo, e poco dopo sentì la sua sborra sulle dita.
    Guardai sui pantaloni, e sul grigio chiaro che erano comparì una macchia scura sempre più grande.
    “Chi è Luc?”. Era una voce dalla stanza.
    Il ragazzo era con gli occhi chiusi e la bocca aperta.
    Tolsi la mano dai pantaloni e la passai sul petto, lasciando la sborra sul capezzolo.
    “Ora rientra e succhialo al tuo amico”.
    Mi allontanai da lui e arrivai alla sessantanove.
    Non l'avrei mai detto, 69.
    Bussai e da dentro uscì solo la voce del ragazzo.
    “Luc, va via hai rotto”.
    “Sono io”. Dissi.
    Un attimo di silenzio, un rumore di lembi che strusciano e la porta si aprì.
    “Ehi”. Sorrise.
    “Ehi”. Risposi.
    Mi voltai e il ragazzo Luc stava chiudendo la porta dietro di se.
    “Scusami, mi hanno dato la chiave sbagliata. Sono finito alla sessantotto”.
    “Oh, hai trovato Luc e Carim”.
    “Diciamo che Luc ha trovato me ecco”.
    Lo guardai, aveva una coperta celestino chiaro intorno alla vita.
    “Che ne dici se entro?”. Dissi poggiandogli una mano sul fianco.
    “Be' direi che forse è meglio”.
    Chiuse la porta dietro di se, mentre io ammiravo la stanza.
    Scrivania, letto matrimoniale, senza coperta, era intorno a lui, qualche quadro anche qui, lampadari a muro, televisione, mini bar, si una stanza d'albergo ben pagata.
    Poggiai lo zaino sulla sedia e mi appoggiai alla scrivania.
    “Comunque prima non abbiamo avuto l'onore di presentarci”. Dissi.
    “Oh si giusto”. Intervenne lui.
    “Piacere Marco”. Disse porgendomi la mano destra, con la quale reggeva la coperta/tunica.
    Quando cadde non potei far a meno di guardare i beni di famiglia, che ammettiamolo erano ben tenuti.
    Peli tagliati, non rasati, ma accorciati con una macchinetta, pene in semi erezione con la cappella, una bella cappella rosea spuntava poco più di due centimetri.
    “Cristo santo scusami”. Disse raccattando la coperta.
    “No, no tranquillo, non è che mi dispiacesse la vista”. Dissi ridendo.
    Lui era diventato tutto rosso.
    “Piacere mio, Leonardo”.
    Lui era ancora completamente rosso, e per rompere il ghiaccio, decisi di togliermi la felpa.
    “Insomma fa un po' caldino qui eh?”. Dopo questa frase portai le mani sul bordo del colletto e sfilai.
    Rimasi in pantaloni, come poco prima a lavoro.
    “Ora direi che va meglio”. Dissi guardandolo.
    Un silenzio imbarazzante invase la stanza.
    Mi avvicinai a lui, si avevo un po' di tensione e di ansia, mooolta ansia, insomma avevo l'ansia perfino per la scelta del deodorante, immaginiamoci a scopare con un perfetto sconosciuto, un bonazzo di sconosciuto si, ma pur sempre sconosciuto.
    Poggiai una mano sul suo fianco e lui sobbalzò.
    “Scusami è fredda”. Dissi accennando un sorriso.
    La sua mano libera dalla coperta fece lo stesso, mi toccò.
    La sua mano era calda, ed il mio petto gelido.
    “Sei tutto gelido”. Disse ridendo. “Spero che al piano di sotto siano al calduccio”. Continuò avvicinando la sua bocca alla mia.
    “Tranquillo, sotto c'è l'infern..”. Non finì la parola. La sua lingua invase la mia e le sue labbra calde, liberarono le mia dalla Regina dei Ghiacci.
    Lo presi per i fianchi e attirai a me.
    La coperta cadde ed il suo corpo nudo, era mio.
    Sentivo il suo calore sul mio busto.
    Portò le sue mani intorno al mio collo ed io le mia intorno ai suoi fianchi, poi le portai sotto i glutei e lo alzai. Le sue gambe si intrecciarono intorno ai miei fianchi e si alzò di più facendo leva sui miei bracci.
    Se qualcuno ci vedeva da fuori, dalla grande finestra, vedeva due corpi, stretti l'uno intorno all'altro, come se fossero una cosa sola, come se fossero innamorati.
    Ci staccammo dal bacio, i suoi occhi chiari fissavano i miei scuri.
    I respiri erano più pesanti e i battiti cardiaci accelerati.
    Cademmo sul letto.
    Lui sotto di, continuavamo a baciarci.
    Con la spinta di un piede e poi dell'altro mi tolsi le scarpe, e cercavo di sfilare via i calzini.
    Intanto, li dove dei boxer avrebbero contenuto meglio, il mondo si stava svegliando, e non riusciva a stare fermo nei pantaloni.
    Sentivo il suo duro da un bel po' spingere contro il mio addome.
    “Che ne dici di togliere questi pantaloni eh?”. Disse portando le mani sul bottone dei jeans.
    Appena abbassò la cerniera, la cappella uscì. Io non guardavo il mio cazzo, ma guardavo il suo volto, era sorpreso.
    “Me l'aspettavo più stretto”. Disse prendendolo in mano.
    Mi sdraiai di schiena e lui mi tolse i pantaloni.
    “ E me lo aspettavo anche più corto”.
    Scoppiai a ridere.
    Lui risalì su per le mie gambe leccandomi. Quando arrivò al cazzo, prima leccò le palle, giocò con loro e poi piano piano risalì dalla base alla punta della cappella.
    Aprì piano la bocca.
    Leccò tutta la cappella.
    La fece entrare nella sua bocca e la chiuse.
    La sua lingua sapeva il fatto suo, e anche la bocca non era da meno, mordeva a piccoli intervalli, senza fare male, dando quella sensazione di pericolo ed eccitamento alla cosa.
    Se continuava così non sarei durato a lungo.
    “Marco, fermati”.
    Tolse la bocca dal cazzo e una goccia di bava scese dalle sue labbra formando una specie di filo che conduceva alla mia cappella, poi si spezzò e finì col ricadere tra i miei peli.
    “Non reggo molto con le pompe”. Dissi un po' in imbarazzo.
    “Allora facciamo così, ora sborri, aspettiamo due minuti, lo facciamo tornare duro e mi scopi fino a che il cielo non diventa chiaro”.
    Non era male come idea. Una prima sborrata con la bocca, la seconda con il corpo. Mi piaceva questo ragazzo.
    “Però se io sborro una volta, anche tu devi sborrare una volta”.
    “Ok, ci sto”. Rispose.
    “Alle mie regole però”. Dissi sorridendo.
    “Sarebbero?”.
    “Lo scoprirai”.
    Mi avvicinai per baciarlo, poi gli presi i capelli nella mano e gli forzai la testa sul cazzo duro.
    Lo riprese in bocca subito, tutto senza fare rumori o altro.
    Mi succhiava come se non lo avesse mai preso, ma sapeva cosa fare, era avido di cazzo come un vampiro del sangue della sua prima preda.
    Sentivo che non potevo durare molto a quel bocchino fatto con i fiocchi.
    Gli presi la testa con tutte e due le mani e lo spinsi a forza sul cazzo.
    Una.
    Due.
    Quattro.
    Sentivo la sborra uscire e riempire la sua bocca.
    Quando gli lasciai la testa la tirò via lasciando scivolare dalla bocca la mia sborra calda che ricadde su di me.
    Lo guardai in volto, aveva gli occhi lucidi e una lacrima scivolò sulla sua guancia.
    “Se ti facevo male potevi fermarmi”. Gli dissi togliendogli dal viso la lacrima.
    “Mi piaceva, mi piace quando mi sottomettono”. Disse lui con voce flebile.
    Mi avvicinai e lo baciai, la sua bocca piena del mio seme era un piatto da non lasciarsi scappare.
    Presi il lenzuolo e pulì quello che ne io ne lui eravamo riusciti a leccare.
    “Ora facciamo sborrare questo gioiellino”. Dissi toccando la cappella oramai rossa e vogliosa.
    “Devo dirtelo prima che tu chiamassi, mi sono tirato una sega..”.
    “Mmm dovrei punirti?”. Chiesi e lui fece cenno di si con la testa.
    Lo misi a pecora, io dietro di lui come pronto ad averlo tutto per me.
    Guardai a giro per la stanza, e presi la sua cintura dei pantaloni, la chiusi in due e cominciai a sbattergliela sul culo sodo.
    Uno.
    Due.
    Tre colpi e lui gemette.
    Smisi e lo rimisi a sedere.
    “Ora tocca a me”.
    Gli presi i polsi e li portai alla testiera del letto. Amavo i letti in ferro, ci puoi sempre legare qualcuno.
    Gli bloccai le mani con la cintura, presi un calzino e gli tappai gli occhi.
    “Ora sei sotto il mio controllo”. Gli sussurrai all'orecchio.
    Lui era eccitatissimo.
    Mi guardai in torno per vedere cos'altro c'era a disposizione da utilizzare come gioco.
    Presi la matita che era sulla scrivania e cominciai a tirare piccoli colpetti alla sua cappella.
    Ogni colpo un gemito di goduria.
    Gli piaceva sentire dolore.
    Decisi che era il momento di sentire il suo vero sapore, sentire il sapore di quel cazzo, che avevo immaginato tutta la sera.
    La sua cappella era calda si, ma lo era anche la mia bocca, lo sentivo che non godeva tanto.
    Mi staccai da lui e andai al mini bar. C'erano bottigliette di ogni tipo, e presi quella che mi piaceva di più, la vodka.
    Da un po' di bruciore, ma fa godere come pochi.
    Aprì la bottiglietta e diedi una sorsata.
    Era dell'ottima vodka ed usarla per il sesso sarebbe stata la cosa più bella da farci.
    Ne presi un po' in bocca e mi buttai sul suo cazzo.
    Urlò, e non poco, e dopo tirò una grande bestemmia.
    Potevo solo immaginare gli altri inquilini dell'albergo e le loro espressioni a quei suoni.
    Buttai giù la vodka al sapore di cazzo e ripresi fiato.
    “Ti prego fallo ancora”. E lo accontentai. Finì la boccetta di vodka e lui sborro inondandomi la bocca.
    Non ingoiai, volevo giocare con la sua sborra.
    Mi sistemai a sedere sopra di lui con il suo cazzo, ancora duro, che picchiettava sul mio buco.
    Gli presi la testa tra le mani e gli passai la sborra, e lui la ripassò a me.
    Quando stavo per ripassarla lui si spostò.
    “Usa la mia sborra per lubrificarmi”.
    Era perverso, e mi piaceva.
    Tirai fuori la lingua e gli leccai le labbra.
    Poi gli tolsi la benda e lo slegai.
    Si voltò e alzò il culo come poco prima aveva fatto per farsi sculacciare.
    Feci uscire un po' della sborra sul buco e cominciai a massaggiarlo con le dita, piano piano finì la sborra e al posto delle dita feci entrare altro.
    Gli diedi un paio di colpi, poi mi ricordai la scommessa con Jessy. Mi alzai dal letto e presi il cellulare dalla tasca del pantalone.
    “Ti spiace se ti faccio una foto? Non del culo o del cazzo, ma di te, disteso sotto di me”.
    “Be' richiesta strana, ma sei tu il mio padrone fino a che non me ne dovrò tornare a casa”.
    Si sdraiò a pancia in su. Bloccò il cazzo e guardò dritto in camera.
    Una sola foto, era perfetto.
    La mandai subito a Jessy e buttai il cellulare sui vestiti.
    Non mi importava la risposta in quel momento avevo da divertirmi.
    Presi un'altra bottiglietta dal mini bar, sempre vodka.
    Tirai due sorsi, e ne versai un po' nella sua bocca, gli presi le gambe e le portai sulle mie spalle, poi poggiai la bottiglietta sul suo buchetto oramai aperto, e ne feci entrare un po'. Gli tappai la bocca, un paio di urli si, ma tutta la notte, qualcuno sarebbe venuto a vedere.
    Poggiai la cappella dentro, e sentì un meraviglioso calore, socchiusi gli occhi da tale emozione.
    Cominciammo a scopare il cazzo entrava liscio, perfetto, come se il buco fosse stato confezionato sulla sua misura.
    Lui godeva e gemeva con la mia mano sulla bocca, mentre l'altra gli segava il cazzo sempre più forte.
    Dopo quaranta minuti il cielo stava cominciando a schiarirsi. Mi alzai dal letto e tirai le tende scure.
    Quella notte era ancora nostra, e solo i nostri pensieri l'avrebbero interrotta.

    Immagine eliminata



    Edited by ben_neb - 24/6/2015, 23:56
     
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    FIGO GAY

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    Fantastico continua
     
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  3. 19mark95
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    spettacolare! grande
     
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    Bello stile continua continua :D
     
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    bellissimo spero di leggere il continuo
     
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  6. 19mark95
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    mi hai fatto eccitare tantissimo!!! mamma mia, bellissimo
     
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  7. BigCock25
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    Wow. Semplicemente bellissimo.
     
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  8. Albert De Klerc
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    Non so è più bello il racconto o la foto di Brent Everett che usa BigCock25. XDDDD
     
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    Se Bukowski avesse scritto racconti erotici gay, il risultato sarebbe stato molto vicino a quanto scritto in questo thread :) Le parolacce non appesantiscono la narrazione, il ritmo dei dialoghi è serrato e il risultato finale è davvero molto eccitante. Complimenti all'autore, è riuscito ad eccitare non poco! :D

    Ps.: Dove si trova questo locale? :D
     
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  10. Jack930
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    CITAZIONE (Racconto @ 24/11/2014, 01:18) 
    Se Bukowski avesse scritto racconti erotici gay, il risultato sarebbe stato molto vicino a quanto scritto in questo thread :) Le parolacce non appesantiscono la narrazione, il ritmo dei dialoghi è serrato e il risultato finale è davvero molto eccitante. Complimenti all'autore, è riuscito ad eccitare non poco! :D

    Ps.: Dove si trova questo locale? :D

    Nelle più recondite fantasie dell'artista...
     
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    SinnoH

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    Anch'io avevo pensato a Bukowski XD
     
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