NEL CONVITTO DEI PRETI

Diario di un play-gay. 2

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    NEL CONVITTO DEI PRETI


    E fu così che dopo i diciotto anni e l’esame di stato mi si aprirono le porte dell’università e soprattutto mi si rese possibile abbandonare il paesello di poche migliaia di abitanti per andare a vivere in una grande città, da solo, senza genitori o parenti attorno.
    Senza parenti ok, ma solo proprio no, perché i miei mi misero in un Convitto di preti. Ed io ero contento: niente panni da lavare, niente cucina e tanti maschietti giovani attorno. Per me che ero figlio unico finalmente l’occasione di avere tanti fratelli coi quali litigare e divertirsi. E si sa a volte coi fratelli ci si spoglia anche….

    Il convitto di preti aveva regole molto allegre. Bastava non portare nessuno da fuori e non fumare le canne. Per il resto avevi le chiavi del portone ed entravi e uscivi quando volevi.
    Eravamo liberi e nello stesso tempo un po’ coatti, perché soprattutto quando gli esami incalzavano si viveva lì nel vecchio monastero adibito a convitto un po’ reclusi. Era un ambiente quasi carcerario, di tutti maschietti, che col caldo d’estate cominciavano a uscire in boxer fuori la porta della propria stanza. Con le canottiere che lasciavano ben vedere le braccia i pettorali e le ascelle.
    Imparai che dove le donne mancano, la natura si adegua e anche chi non è gay comincia a giocare un ruolo o di attivo o di passivo. Così per adattamento e approssimazione.

    C’era ad esempio Giovanni, uno studente a vita… quaranta anni passati che ancora faceva spendere soldi alla famiglia per una laurea in farmacia che forse sarebbe arrivata alle soglie della pensione. Giovanni era rotondetto con una barba rossa da fratacchione. E faceva sempre lo stesso gesto: metteva la mano sulla patta dei pantaloni per controllare se avevi dolore alle palle. Cosa che poi ti faceva venire tastando pisello e testicoli nei pantaloni. Più che una toccata il suo era uno strappo ai coglioni.

    Poi c’era un calabrese estremamente rozzo, quasi un Neanderthal, però tutto sommato simpatico, un compagnone. Si chiamava Erminio e viveva nella venerazione del suo cazzone. Diceva che ce lo aveva enorme e a richiesta lo mostrava in privato.

    Poi c’erano le battaglie dei corpi: le “lotte pornografiche dei greci e dei latini” come cantava Battiato. Iuri montava Luca. Combattendo con lui e vincendo lo montava ripetendo un arcaico gesto di supremazia. E mentre - pur essendo vestiti – metteva il suo cazzo sul solco del culo dell’altro e lo stringeva al torace con una mano, con l’altra mano gli toccava il cazzo per vedere se era moscio: e allora era a posto. Ma se il cazzo del sottomesso si induriva un pochettino voleva dire che il perdente era anche finocchio e godeva nell’esser stato sottomesso: “Fammi vedere – gridava Iuri – se si indurisce vuol dire che sei frocio”.

    In effetti questo Luca, carino di viso ma magrolino e basso, era un po’ il punch-ball del convitto perché anche io, solitamente pacifico, mi divertivo a combatterlo e a sottometterlo. Ma il fatto che lui ci prendesse gusto era ormai chiaro… Perché un giorno di primavera mentre eravamo entrambi in pantaloncino e a torso nudo lui con una pistola ad acqua cominciò a siringarmi sul pisello. Luca fermati. Luca fermati! Al terzo avvertimento chiusi la porta della camera e cominciai a braccarlo.
    Io sono un metro e ottantasei, per quanto snello la prevalenza fisica era evidente. Ben presto gli fui sopra e cominciai a tastarlo sul pisello – che però rimaneva moscio. Lui mi diceva: fermo, lì no. Ma io a più riprese glielo toccavo, mentre gli premevo da dietro. Cominciai anche ad abbassargli le mutandine: il pantaloncino ormai era saltato. Ma il bel gioco finì lì. In fondo il fatto che Luca amasse essere sottomesso sessualmente era solo una battuta offensiva….

    Quelli che invece davvero amavano il cazzo erano i due gemelli marchigiani. Erano palesemente effeminati, un po’ malignetti, facevano gossip a tutto spiano e tante moine. Insomma quel tipo di gay che … detto sinceramente attira l’omofobia come la marmellata attira le formiche. Ma noi in fondo eravamo tolleranti… di solito erano loro due che insultavano gli altri maschi “normali”!
    Ci facevano l’impressione di essere due mezzi maschi decisamente effeminati, per questo con il tono sfrontato dell’epoca dicevamo: “i gemelli Ferrarese fanno un maschio in due!”
    Ma che facevano? Si contendevano un bel studente in Legge Ferdinando, e a turno si sdraiavano sul letto con lui. Ferdinando era steso di fianco e il gemello di turno si stendeva davanti attaccando il culo sul suo cazzo. Lo facevano a porta aperta anche davanti agli altri, con i pantaloni ma il contatto cazzo-culo era evidente. Mentre loro con disinvoltura parlavano parlavano e sforbiciavano.
    Avevano la lingua forbita anzi biforcuta e intimorivano un po’ tutti. Nessuno osava contestarli per quello stravagante comportamento. La verità, uno dei due gemelli aveva una evidente simpatia per me e cercava di abbracciarmi. Ma io non rispondevo. Io in effetti ero omo come loro, ma ero di comportamento maschile e cercavo il maschietto. Quella effeminatezza mi faceva scappare. Penso che invece Ferdinando ci sguazzasse in quel carnevale: quasi una premessa a future uscite notturne a trans.

    Intanto avevo stretto amicizia con Nello, uno studente di ingegneria, tipo estroso che sognava di disegnare Ferrari e si abboffava di canne, per sognare meglio. Le canne erano proibite dicevo, ma le proibizioni per uno studente universitario erano quasi una istigazione a delinquere. Uscivamo per comprare il fumo, lui faceva la trattativa con lo spacciatore di turno, io guardavo un po’ a distanza di sicurezza. Fifone. Poi andavamo in camera e cominciavamo a fare nuvole di fumo. Una sera lui aprì un giornaletto pornografico e mi disse: guarda! Che sfizio! C’era un trio: una donna, classico zoccolone, e due ragazzi, di cui uno mi ricordo che era ricciolino come il giornalista Mentana (ma non era lui…: D). Di foto in foto si vedeva che i due maschi lasciavano da parte la donna e cominciavano a succhiarselo tra loro. E Nello diceva: guarda. Forte!
    Sarà stato lo stordimento, sarà stata l’imbranatezza di uno che a 19 anni non aveva ancora fatto sesso con un maschio, ma non capii il chiarissimo invito a prendere esempio dalle figure. Eppure sarebbe bastato che dicessi: hmmm, mi faccio una sega e sono sicuro che le nostre bocche sarebbero scivolate sui nostri reciproci cazzi.

    Invece i perfidi gemelli loro sì che si davano da fare. E quando si arrivò a maggio, con la scusa dell’arte fotografica fecero spogliare un gruppetto di studenti nudi in una stanza e li fotografarono in pose sedicenti “artistiche”, ma in realtà ricchionesche e porno-soft. Un po’ come si fa ora con i calendari dei rugbisti. I gemelli in fondo erano veri artisti gay e anticipavano i tempi. Peccato che adesso invecchiano a fare i commercialisti in provincia. Ovviamente Luca, l’eterno seviziato, e il mio compagno di canne Nello erano in prima fila a fare i modelli di Belle Arti. Ah… chissà che fine hanno fatto quelle foto di polaroid degli anni Novanta! (in uno studio di commercialista?).

    Io ero in quella fase in cui perdevo interesse per le donne e ancora ero a piedi sulla strada del sesso maschile. Andai ad esempio al Mak Pi del Liceo ed ormai ero grande, anche un po’ figo, e senza neppure saperlo feci venire una cotta a una bella biondina del terzo anno di Classico. Samantha: capelli biondo cenere, occhi verdi, un leggero alone di occhiaie attorno alle luci verdi del suo sguardo. Come la conquistai? Ma semplicemente ballando un lento e alla fine baciandole la mano. Rimase stecchita. Flirtai con lei. Ma poi – tornando alla città dell’università – la dimenticai. Lei mi aspettò parecchio. Poverina. Scusami, Samantha! Grazie per la preferenza accordatami. Ora è madre. Ma se proprio devo dirla tutta sono più maschio io del marito in pantofole che si è trovata (poraccia).

    Ma ora basta con le sbruffonerie. Solo un ultimo rigo per anticipare una traccia della prossima puntata: vi parlerò di come alla fine misi le mani su un corpo maschile e della discesa dal cielo del Dio Apollo!

    2. Continua

    Nota Bene: quello esposto è un puro racconto di fantasia. Ogni riferimento a persone esistenti, a luoghi o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

    Edited by Gotico74 - 17/8/2014, 16:24
     
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  2. L Riuzaki
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    continua continua! :)
     
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    grazie per l'incoraggiamento
    come vedi c'è già la storia del biondino ubriaco, che è la puntata immediatamente successiva.
     
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2 replies since 17/8/2014, 13:02   13908 views
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