Come imparare a non preoccuparsi e ad amare il pisello

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  1. loras
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    Grazie! :) Mi sono ispirato al sottotitolo di un film di Kubrick ^_^ Avrà più senso quando finirò il racconto, forse col prossimo capitolo.

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    L'atteggiamento di Simone nei miei confronti dopo quel giorno è rimasto identico. Mi prendeva in giro in classe e mi colpiva esattamente come prima. Io da parte mia cercavo come sempre di evitarlo, ma diverse domande mi ronzavano in testa. Quello che era successo nello spogliatoio era destinato a rimanere lì? Simone era gay? Non aveva avuto una ragazza qualche mese prima? Forse era bisex? Perché se gli piacevano gli uomini e gli piacevo io mi trattava così male?
    Se ripensavo a quella volta nello spogliatoio mi assalivano un senso di impotenza misto a un senso di piacere. La vergogna di essermi fatto venire nelle mutande e di essermi segato subito dopo, ma anche il piacere del contatto col suo corpo.
    In un certo senso dovevo piacergli, mi dicevo. Però evitavo in tutti i modi che una situazione del genere si ripetesse.
    I giorni in cui avevamo ginnastica andavo a scuola direttamente con la tuta e le scarpe adatte. Mi cambiavo solo la maglietta. Tempo due minuti e già tornavo in classe. Dopo la corsa e gli esercizi andavo a giocare a pallavolo con le ragazze.
    Questo almeno finché non ci è ritoccato dividere il campo con l'altra classe. Non avevo posto tra le ragazze e neanche volendo avrei potuto giocare con i ragazzi perché erano troppi e già alcuni dei miei compagni dovevano aspettare il loro turno per giocare. I professori ci avevano lasciato per conto nostro per andare al bar, quindi avrei potuto cambiarmi e tornare in classe, ma avevo paura che Simone mi seguisse negli spogliatoi. No, la mossa più saggia era aspettare che anche gli altri andassero a cambiarsi.
    Visto che faceva freddo all'ombra sono andato sulle scalette anti-incendio, un punto tranquillo, isolato, al sole. Ho cacciato il cellulare e ho cominciato un gioco giusto per passare il tempo.
    "Ma che fai?"
    Simone era ai piedi delle scale, le braccia incrociate al petto. Sorrideva innocente.
    Ho cercato di mostrarmi tranquillo. "Niente."
    "Che hai lì?"
    Gli ho mostrato la schermata del cellulare. E' salito i gradini e si è seduto accanto a me, a gambe divaricate, spingendomi contro la ringhiera.
    "Posso provare?"
    Gli ho passato il cellulare e ha giocato senza dirmi nulla. Dopo un po' ha cominciato a perdere, però. Notavo che era distratto e che dai pantaloncini della sua tuta spuntava un'erezione.
    Mi ha restituito il cellulare dicendo "Dai, andiamo a cambiarci, non possiamo stare qui a non far nulla."
    "Penso che resterò qui ancora un po'" ho risposto.
    Mi ha guardato con un ghigno. "Andiamo, così te lo faccio succhiare. Lo so che lo vuoi."
    Ho fatto un'espressione orripilata. "Ma anche no, che schifo."
    "Ah ok, come preferisci." Si è leccato le labbra, si è guardato intorno, ma non serviva, non passava nessuno lì a quell'ora. "Allora ridammi il cellulare, voglio giocare un altro po'".
    Ho fatto per prenderlo dalla tasca, ma lui si è allungato verso di me, fingendo di prenderlo da solo… però anziché prendermi il cellulare dalla tasca mi ha afferrato l'uccello, senza mettermi le mani sotto i pantaloni della tuta. Ha cominciato a strizzarmelo e a masturbarmi non appena mi è diventato duro. Era allungato in parte su di me, ma sembrava toccarmi senza pensarci. Si è aggiustato il pisello nei suoi pantaloncini continuando a guardare altrove, pronto a lasciarmi se avesse sentito qualcuno arrivare.
    Ma non è arrivato nessuno a disturbarci. Nonostante la tuta e le mutande di mezzo, Simone mi stava dando piacere. Per la prima volta qualcun altro mi masturbava.
    "Dai, smettila…" ho mugolato. "Ora basta, dai, e se viene qualcuno?"
    Lui però continuava imperterrito, anzi, più gli chiedevo di smetterla, più ci si metteva d'impegno.
    Ho cercato di spostargli la mano o di alzarmi, ma era più forte di me, mi teneva fermo dov'ero. Non sapevo come fermarlo.
    Finché…
    "Smettila, sto per venire" ho detto.
    "E vieni".
    Perché voleva che venissi?
    L'avevo detto per finta, però. Ero eccitato, ok, ma in qualche modo l'idea di venirmi addosso mi frenava, per non parlare del fatto che fossimo all'aperto e che potenzialmente poteva sorprenderci chiunque.
    Anche Simone però ha capito che fingevo e dopo aver sbuffato si è avvicinato al mio orecchio e, con la mano sempre più veloce sul mio pacco, ha preso a sussurrarmi all'orecchio, la voce in falsetto, quasi femminile "Aaaah, sì, dai, che bel cazzone che hai, mettimelo dentro… Sono la tua troia… Sborrami in faccia, voglio mangiare la tua sborra… Aaah, come godo…"
    Sono venuto con un "Oooh" mentre mi mordicchiava l'orecchio. Mi sono sentito inondare le mutande e anche i pantaloni della tuta. Siccome erano blu elettrico, le macchie di sperma erano ben visibili sul mio pacco. Addirittura alcune gocce avevano raggiunto una delle gambe.
    "Cazzo, ma perché l'hai fatto?"
    "Andiamo negli spogliatoi, devi cambiarti."
    "Ho solo questi pantaloni, con cosa mi cambio?"
    "Non preoccuparti, ti presto i miei."
    L'ho seguito senza fiatare, coprendomi vagamente con la mano il cavallo dei pantaloni. Mi sentivo sudicio, non solo perché ero bagnato e sporco, ma soprattutto per quello che mi aveva fatto e dove l'aveva fatto, persino peggio dell'altra volta. Invece Simone camminava tranquillo, le mani in tasca, e a parte per il fatto che camminandomi davanti mi copriva vagamente da occhi indiscreti, neanche sembrava che stessimo andando insieme negli spogliatoi.
    Però siamo entrati insieme. Gli spogliatoi erano deserti. L'ho seguito finché non mi sono accorto che stava andando in bagno.
    "E i pantaloni tuoi?"
    "Che schifo, non ti vuoi lavare prima? Io comunque devo pisciare, aspetta un po'."
    In effetti aveva ragione. Di cubicoli ce n'erano tre, lui è entrato nel terzo. Io ho preso la carta igienica dal secondo, ne ho staccato un pezzo, l'ho bagnata e mi sono tamponato il cavallo dei pantaloni. Lo sperma però era all'interno, così mi sono tolto le scarpe e sfilato i pantaloni. Sui miei boxer grigio chiaro c'era una grossa macchia grigio scuro dall'esterno ed ero appiccicaticcio sul polpaccio destro.
    Per la seconda volta Simone mi aveva riempito le mutande di sperma, prima il suo, ora il mio. Se gli piacevo perché era così stronzo con me? Perché doveva umiliarmi sia con gli altri che da soli?
    "Quindi sei gay?" ho detto. Lui era ancora nel cubicolo, però non sentivo il rumore della pipì.
    Mi sono affacciato.
    La porta non era chiusa. I suoi vestiti erano ammucchiati a terra. Lui, nudo a eccezione dei calzini tirati fin sotto le ginocchia, si scappellava l'enorme attrezzo, seduto sulla tavoletta abbassata. Anche i coglioni non erano da meno. Non aveva manco un pelo, nemmeno sull'inguine, solo alcuni sulle gambe.
    "Succhiamelo, che aspetti?"
    Ero lì davanti al cubicolo, immobile, in mano un pezzo di carta igienica umidiccio, il pisello di nuovo semiduro.
    Stavolta non ero al muro, potevo andarmene. Però non avevo dei pantaloni puliti…
    "Se non me lo succhi dovrai uscire di qui e tutti vedranno che sei sporco di sborra. E se aspetti che ti si asciugano ti giuro che mi alzo, ci sborro io e già che ci sono mi ci pulisco anche il culo. Ok?"
    Chiaro. Mi sono avvicinato, ma non sapevo cosa fare. Il pavimento era sporco. Mi sono inginocchiato e ho avvicinato la testa al suo pisello. Non era esattamente pulito, sul glande c'erano dei piccoli grumi bianchi. L'ho preso per mano e ho provato a mettermelo in bocca. Subito al contatto con la lingua mi ha investito un sapore forte, amaro, e l'ho allontanato da me.
    "Che fai, ci hai ripensato?"
    "E' sporco."
    Mi ha tirato per i capelli. "Mettitelo in bocca tutto, subito, e comincia a leccare, frocetto".
    Ho riaperto la bocca, mi sono riavvicinato al suo pisello lentamente, lui però mi ha spinto e di colpo mi sono trovato il suo glande giù in gola. Mi tiravo indietro e lui mi rispingeva avanti, in fondo, fino a farmi toccare con le labbra i coglioni e la pelle rasata del glande. Ogni tanto mi scappava un conato e lui mi lasciava allontanare la testa, ma solo per spingerla poi più velocemente e più a fondo. Qualunque cosa avesse sul pisello ce l'avevo in bocca e mi è toccato ingoiarlo. Se il suo pisello era sporco, allora ero sporco anch'io, o perlomeno la mia bocca doveva avere il suo stesso odore. Non so perché questo pensiero mi eccitava e mi sono ritrovato toccarmi di nuovo mentre con l'altra mano reggevo il suo pisello.
    Lui si è alzato e tenendomi la testa ferma con le mani mi penetrava come se fossi un culo. Ho alzato gli occhi su di lui, i capezzoli duri e dritti, gli occhi socchiusi, l'espressione beata, qualche goccia di sudore sul petto e sotto le ascelle… e poi stava per venire.
    Ho fatto per allontanarmi, ma mi ha tenuto con le labbra attaccate all'inguine e alle palle e il getto di sperma mi è finito dritto in gola. Ho cominciato a tossire e Simone mi ha lasciato andare, un filo di saliva e sperma tra il suo pisello lucido e la mia bocca. Ho tossito, mi veniva da vomitare, ma Simone mi ha sbattuto il pisello sulla faccia a suon di "Ingoia, ingoia, ingoia", ora guardandomi sorridendo beffardo.
    Ho ingoiato senza distogliere lo sguardo da lui.
    Si è riseduto sulla tavoletta, il pisello che tornava a essere moscio ma sempre grande. Ghignava verso di me, la testa inclinata. Poi ha cominciato a rivestirsi.
    Mi sono alzato con le ginocchia doloranti. Mi sono passato una mano sulla faccia e ho trovato saliva e sborra sul mento e sulla guancia.
    "Quindi sei gay?" gli ho chiesto di nuovo.
    Simone si è voltato di scatto. Stava per darmi uno schiaffo, ma qualcosa l'ha fermato.
    Dietro di me c'era il professore di ginnastica. Ci fissava con tanto d'occhi. E il cellulare in mano.

    Edited by loras - 4/8/2014, 13:52
     
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