Come imparare a non preoccuparsi e ad amare il pisello

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. loras
        Like  
     
    .

    User deleted


    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ========================================================

    Ciao a tutti :) E' il mio primo racconto erotico. In realtà è pensato per essere il primo capitolo. Se vi piace lo continuo ^_^

    ========================================================

    Al liceo mi chiamavano un po' tutti Harry. Ho qualcosa negli zigomi, nella forma degli occhi e nel pallore che fa pensare a Daniel Radcliffe, l'attore di Harry Potter, ma per il resto combaciavo quasi alla perfezione con l'Harry Potter letterario: i capelli — castano scuro, quasi neri — li avevo lunghi, spettinati, mossi, portavo gli occhiali da vista ed ero molto magro. Per di più sapevo di essere gay. Nonostante fossi insospettabile, col fatto che ero uno sfigato al nomignolo di Harry si aggiungevano tutta una serie di prese per il culo.
    Il bulletto della classe si chiamava Simone. Alto più di 1.80, occhi e capelli neri, il fisico perfetto, né troppo asciutto né troppo muscoloso, di chi si è dedicato da sempre al nuoto. Sorriso smagliante da stronzetto, perennemente abbronzato. Simone era il primo a dare il via a questa serie di battute: "Quant'è lunga la tua bacchetta, Potter?" era il suo ritornello ricorrente. Una volta la professoressa di storia, durante le cui lezioni c'era sempre un brusio di sottofondo, mi ha colto impreparato a un'interrogazione e subito la voce di Simone si è levata dall'ultima fila: "Non ha potuto studiare perché ieri pomeriggio ha passato tutto il pomeriggio ad allenarsi sulla scopa."
    Simone non mi dava tregua. Non ero l'unico sfigato della classe e lui non era l'unico bulletto a prendermi di mira, ma per me aveva un'interesse particolare. Una volta mi ha calato i pantaloni di fronte alle ragazze, le uniche amiche che avevo (dettaglio vero ora come allora e che contribuiva alle voci che fossi gay). Se non stavo attento a ricreazione ovunque fossi mi tirava schiaffi sul collo, a volte così forti da farmi cadere gli occhiali o da lasciarmi l'impronta della mano. Quando dovevamo andarci a cambiare per l'ora di ginnastica, nello spogliatoio, capitava che mettendomi contro il muro mi stringesse il collo e fingesse di strozzarmi. Se finivamo sulle panche l'uno di fronte all'altro, mentre si cambiava ed era in mutande, se notava che il mio sguardo si posava anche solo per un istante sul suo corpo e sul suo pacco, se lo prendeva tra le mani e mi diceva, abbastanza forte perché lo sentissero tutti: "Vuoi vedere quant'è lunga la mia bacchetta?"
    Alle provocazioni però non rispondevo. Da una parte ero un codardo, dall'altra in fondo mi piaceva. Non ero mai stato con un ragazzo e il contatto con il suo corpo, in un modo distorto e che tuttora faccio fatica a capire, mi appagava. Un po' lo odiavo (mi metteva in imbarazzo di continuo e nessuno degli altri ragazzi voleva essere mio amico per paura che prendesse di mira anche lui), un po' lo invidiavo (io con sempre un nuovo brufolo in fronte, un baffetto in stile scuola media che lasciavo sempre crescere troppo e il corpo gracile prova del mio stile di vita sedentario, lui con la pelle perfetta, sempre rasato e le magliette a maniche corte anche d'inverno che nascondevano a stento i pettorali e i muscoli delle braccia). Una parte di me voleva prenderlo a pugni, ma per il resto volevo sapere davvero quanto fosse lunga la sua "bacchetta".

    E' all'ora di ginnastica che è cambiato tutto. Il professore andava per i quaranta e aveva i capelli già brizzolati, ma era ben messo e giovanile. Oltre qualche giro di campo e qualche esercizio ci permetteva di fare il comodo nostro: i ragazzi giocavano a calcio, le ragazze a pallavolo. Io mi tiravo sempre indietro. Guardavo i ragazzi giocare oppure mi aggregavo alle ragazze per la pallavolo.
    Il mercoledì di solito ci toccava dividere il campo con un'altra classe. Occasione perfetta per disertare, e non solo, anziché rimanere a congelarmi in pantaloncini a un lato del campo, c'erano abbastanza ragazzi da poter tornare negli spogliatoi a cambiarmi.
    Ero in mutande e stavo prendendo i jeans dalla sacca quando ho sentito qualcuno dietro di me. Manco a dirlo, era Simone: maglietta nera attillata, pantaloncini corti, scarpe da ginnastica consumate e soprattutto con il solito sorriso smagliante. Ed è con quel sorriso che mi ha spinto al muro, la mano al collo, la sua fronte contro la mia fronte, i suoi occhi spalancati nella perfetta imitazione di uno psicopatico. Come sempre però sono rimasto in silenzio, guardandolo con aria annoiata. Era il solito siparietto. L'unica differenza era che eravamo soli e io dalla vita in giù ero in mutande. Le scarpe da ginnastica erano già dentro la sacca, dovevo rimettermi le converse. Il muro era freddo contro le mie gambe. Un brivido mi è corso lungo la schiena.
    "Hai paura, eh?" mi ha chiesto Simone.
    "Ho freddo."
    La stretta al collo si è fatta più forte. Mi ha anche sollevato da terra, facendomi strusciare contro il muro, e adesso eravamo faccia a faccia. Le vene in evidenza sui muscoli del braccio.
    Mi mancava il respiro, ma riuscii comunque a dire: "Perché non vai a giocare con gli altri?" Come se fossimo dei pari, come se non mi stesse facendo male.
    "Perché, non mi vuoi qui con te, Harry?"
    Ho fatto spallucce e ho distolto lo sguardo. Ancora qualche secondo e la mano di Simone mi avrebbe lasciato, quegli occhi avrebbero smesso di fissarmi, le labbra sottili distorte in un ghigno se ne sarebbero andate.
    Mi ha riportato a terra. "Perché non reagisci?" Sembrava incazzato. Cos'è, voleva che lo picchiassi? Ho cercato di liberarmi dalla sua presa, ma in tutta risposta il suo sorriso si è allargato e mi ha stretto ancora di più. Era più forte. Qualunque mia reazione l'avrebbe solo divertito e rivelato quant'ero debole, ecco perché preferivo sopportare in silenzio.
    "Sei proprio un frocetto."
    E mi ha leccato la guancia. Dal mento, sfiorando in parte le labbra, fino a sotto l'occhio. Non ho mosso un muscolo. Ma era sbagliato, avrei dovuto reagire, fingere disgusto. Ero troppo sconvolto però per fingere una reazione da etero. E in fondo il contatto della sua lingua con le mie labbra aveva risvegliato qualcos'altro in me.
    "La bacchetta non mente." Mi ha strizzato il pisello semiduro attraverso le mutande. Si è leccato le labbra. Mi stava toccando il pisello però non riuscivo a distogliere lo sguardo dai suoi occhi. E se qualcuno fosse entrato in quel momento? Non mi teneva più per il collo, però non riuscivo a muovermi. Con un dito ha allungato l'elastico delle mie mutande e con l'altra mano ha liberato il suo pisello: io ce l'ho nella media, ma il suo era spesso, grosso almeno venti centimetri.
    Si stava masturbando puntando il suo pisello nelle mie mutande. La mano destra per scappellarsi, la sinistra per tenere l'elastico delle mutande. Ha socchiuso gli occhi, ha preso a menarselo più forte, ansimando. E' venuto in qualche minuto in un gemito prolungato, inondandomi le mutande di sperma. Per qualche istante è rimasto con la fronte attaccata alla mia, gli occhi chiusi. Poi si è ripulito la cappella e le dita sul mio inguine, mi ha lasciato le mutande e mi ha dato qualche colpetto sul pacco umidiccio.
    "Come si dice?"
    Non sapevo cosa rispondere.
    Si è stretto a me, muovendo il suo pisello semiduro contro il mio. Mi ha preso il mento, mi ha sfiorato le labbra con le dita e ha detto "Ringraziami" in un sussurro. Una richiesta e un obbligo. Le sue dita puzzavano di sperma.
    "Grazie."
    "E ora ringrazia lui."
    Mi ha messo in ginocchio e mi ha spinto la faccia sul suo pacco. Gli ho abbassato i pantaloncini e ho baciato la cappella tra i boxer. Ho ripetuto "Grazie." Pensavo che non si sarebbe accontentato e che me l'avrebbe sbattuto in faccia, ma ha sorriso compiaciuto ed è andato in bagno. L'ho sentito pisciare. Dopo un po' è uscito senza guardarmi. Mi sono rimesso le scarpe, sono andato in bagno a togliermi il suo sperma incrostato tra i miei peli, ma prima di farlo mi sono sparato una sega.

    Edited by loras - 3/8/2014, 17:04
     
    .
10 replies since 31/7/2014, 13:35   8529 views
  Share  
.