Il Giro della Morte

Storia di una pornostar praghese

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    DOLCE GAY

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



    ===================================================================================

    Mirek non era esattamente un ragazzo fortunato. Stava ripensando alle vicissitudini che lo avevano portato fino a lì, in quella sala di attesa grigia, ormai prossimo a perdere definitivamente l’innocenza. Doveva ammettere però che conoscere Ludek era stata la sua salvezza. Nonostante il lavoro che gli aveva offerto non fosse proprio un lavoro “normale”, esso rappresentava l’unica possibile fonte di sostentamento materiale per il ragazzo. E lui, a diciott’anni appena compiuti, non aveva alcuna intenzione di ritrovarsi a morire di freddo sotto un ponte. La moquette rossa sotto ai suoi piedi era cosparsa di mozziconi di sigaretta, era sporca e presentava bruciature in più punti.
    Era il suo ambiente, in fondo, pensò Mirek. Sporco, consunto, un po’ squallido se vogliamo, ma almeno confortevole. Avrebbe dovuto farselo piacere, si disse sprofondando su una poltrona in pelle sbiadita.
    Un rumore di passi che percorrevano il corridoio al di là della sala attirò l’attenzione del ragazzo. L’andatura di chi stava arrivando non era quella decisa ed autoritaria di Ludek, il suo datore di lavoro. Erano i passi titubanti di chi, come lui, sapeva di andare incontro a qualcosa di ignoto e pericoloso.
    Pericoloso, già.
    Lui, Mirek, aveva tanto insistito con Ludek perché fosse fatta un’eccezione. Avrebbe acconsentito anche a guadagnare un po’ di meno se solo il suo principale gli avesse permesso di proteggersi dai rischi del mestiere. Ma nulla.
    “Il mercato è questo – gli aveva risposto Ludek - un film girato a pelle mi frutta cinque volte più di uno girato a gomma. Se vuoi lavorare con noi devi adeguarti. Punto.”
    Un film girato a pelle voleva dire girato senza usare il preservativo e, essendo il produttore Ludek Sokòl un pezzo grosso della malavita praghese, significava anche esporsi ad un rischio considerevole. Gli attori di Ludek infatti non erano costretti a sottoporsi ad alcun test particolare per entrare a far parte dei suoi cast e molti di loro erano soliti lavorare anche come prostituti per i facoltosi clienti dei bordelli del loro produttore.
    Il rumore cigolante della porta che si apriva ruppe il filo dei pensieri di Mirek e fu accompagnato dall’epifania di una figura snella e ingobbita. Si trattava di un ragazzo sui diciotto anni, all’apparenza il ragazzo più timido che Mirek avesse mai visto nei suoi altrettanti anni di vita. Aveva capelli castano scuri, di media lunghezza e portava degli occhiali rotondi, un po’ alla Harry Potter.
    “Piacere, io sono Mirek” si presentò al ragazzo, alzandosi e porgendogli cordialmente la destra.
    “’cere, Karel…” bofonchiò lui.
    Mirek notò che era estremamente magro. Evidentemente era stato il bisogno a spingere un tipo così introverso a buttarsi in quel tipo di mondo.
    “Sei qui anche tu per girare il film?” gli chiese.
    “Sì. Sono un po’ agitato. Non ho mai fatto niente del genere. In realtà non ho mai fatto niente e basta, a dire il vero…”
    Mirek si sentì decisamente sollevato a quelle parole. Tutto sommato gli era andata bene, pensò. Certo, Karel non era esattamente un Adone, ma perlomeno sembrava gentile e, soprattutto, era ancora vergine e quindi, molto probabilmente, sano.
    “Beh, per consolarti, sappi che pure per me è la prima volta. E ti confesso che mi solleva un bel po’ sapere che lo sia per entrambi, visto che Ludek non ci permette di usare le precauzioni.”
    Karel abbassò gli occhi.
    “Non mi cambia tanto sapere che a passarmi qualche rogna non sarai tu ma qualcun altro” rispose lui mogio.
    “Cosa vuoi dire? Saremo noi due a girare il film, no?”
    Karel scosse la testa infastidito.
    “Ma non hai capito niente di Ludek? Anche se fossimo solo noi oggi a fare certe cose… beh ecco, non è che poi prendiamo i soldi e andiamo a cercare un lavoro normale. Quando sei nel giro sei nel giro. Non ci esci più e basta. E poi…”
    “E poi?”
    “E poi oggi non saremo solo noi due” concluse perentorio, disperdendo lo sguardo tra le bruciature della moquette.
    Marek iniziò a preoccuparsi seriamente. Karel non sembrava ansioso, preoccupato o inquieto, come lo era lui e come sarebbe stato chiunque al loro posto. Il suo sguardo era piu simile a quello di un condannato a morte che altro.
    “E… - procedette Mirek con cautela - chi ci sarà con noi, a girare?”
    “Alan Bregula”
    “E chi sarebbe?”
    Karel sbuffò e rispose:
    “Non lo vuoi sapere.”
    Mirek rimase un po’ sorpreso dall’atteggiamento stizzito del ragazzo. Era stato per tutto il tempo cortese con lui e non riusciva a comprenderne le reazioni. Gli mise una mano sulla spalla e gli disse:
    “Guarda che non è colpa mia. Siamo sulla stessa barca. Almeno tra noi cerchiamo di aiutarci no?”
    Karel sembrò incassare il colpo, perché i suoi lineamenti si ammorbidirono e gli rivolse uno sguardo spaesato.
    “Hai ragione, scusami. E’ che davvero non è bene che tu lo sappia.”
    “Io penso invece che sia mio diritto sapere con chi sto per andare a scopare. Per favore, dimmi quello che sai su questo Alan… Alan…”
    “…Bregula” lo aiutò Karel estraendo dalla tasca dei jeans uno smartphone di ultimissima generazione e digitando sulla tastiera.
    Notando lo sguardo attonito di Mirek gli spiegò:
    “E’ il primo “regalo” di Ludek per aver accettato di entrare a far parte dei suoi protetti”.
    Il ragazzo gli rivolse uno sguardo interrogativo, così lui proseguì:
    “A te non l’ha fatto perché probabilmente tuo padre non è stato assassinato accidentalmente da uno dei suoi uomini. Lo avevano scambiato per un altro. Avevo dodici anni quando è successo. Forse si sentiva un po’ in colpa e ha pensato di ripagare il danno in questo modo. Ma ecco, guarda qui, Alan è l’attivo…”
    Mirek osservò lo schermo dello smartphone, che era connesso ad un famoso sito pornografico. Un ragazzo sui venti anni, alto, dai capelli corti e dal fisico definito stava scopando un ragazzino più giovane, forse appena sui diciotto. Alan non sembrava il classico attivo palestrato, aveva dei lineamenti morbidi e le gote leggermente arrossate, ma si capiva che dell’attivo aveva l’istinto ed il talento. Era decisamente ben dotato, ma soprattutto sembrava totalmente ignorare i gemiti di dolore e le timide proteste del ragazzo più giovane. Non è che lo ignorasse per crudeltà, ma proprio non lo sentiva, completamente assorbito dal piacere del coito. Mirek non aveva mai visto un attivo gemere in quel modo. Gemeva come una passiva navigata e sembrava provasse un piacere superiore, di un’altra categoria rispetto a quello dei comuni mortali.
    “Beh… sì sarà un po’ dura reggerlo, sembra davvero molto grosso. Però devo dire che è eccitante vederlo godere in quel modo”
    Karel strinse le labbra e disse: “Aspetta, guarda avanti.”
    Alan stava iniziando a gemere più rumorosamente e il ragazzino si era ormai abbandonato al suo ritmo. Probabilmente il piacere stava prendendo il posto del dolore. La telecamera inquadrò i testicoli di Alan, che stavano risalendo e preannunciavano l’orgasmo imminente della pornostar. L’audio del filmato non era il massimo ma Mirek riusci a distinguere la voce di Alan che annunciava mancare poco a ché venisse, accompagnata dall’ennesima fiacca ed ignorata protesta del ragazzino. L’inquadratura si allargò ancora e mostrò Alan stringere in un abbraccio quasi romantico il ragazzino, mentre i suoi gemiti si alzavano di tonalità. Mirek capì subito che quell’abbraccio era solo un modo per immobilizzare il ragazzo mentre gli veniva dentro. E così fu. Alan sussurrò qualcosa nell’orecchio del ragazzino, che sgranò gli occhi al suono delle sue parole, diede un’ultima spinta e si lasciò andare, stringendo a sé il ragazzo in una morsa ferrea ed accompagnando l’eiaculazione con dei lascivi gemiti di soddisfazione. Il ragazzino sembrò sentire lo sperma invadergli il ventre, perché in contemporanea al primo verso di Alan gemette di un gemito strano.
    Vi era di tutto, in quel gemito. Paura e disperazione, ma anche godimento e soddisfazione, e Mirek ora comprese perfettamente lo sguardo vitreo di Karel. Questo era quello che li aspettava.
    “Non è finito” gli disse Karel e Mirek torno a guardare lo schermo.
    Alan terminò di eiaculare nell’intestino del ragazzo e, senza pausa alcuna, riprese a scoparlo con più foga di prima. Il ragazzino sembrava disperato, ma la sua espressione non riusciva a nascondere un godimento crescente. Il membro di Alan adesso scivolava nell’intestino del ragazzo senza difficoltà alcuna, lubrificato dallo sperma che vi aveva appena depositato e lo sguardo perso del ragazzino chiariva che il dolore era completamente scomparso. Il suo membro era teso all’inverosimile, mentre i suoi gemiti crescevano all’incedere del membro di Alan in lui.
    “E’ una macchina del sesso…” sussurrò Mirek.
    “Può venire tre o quattro volte senza aver mai bisogno di pause” confermò Karel “e lo fa apposta”.
    “In che senso?” chiese Mirek.
    Karel uscì dal filmato, dove il ragazzino aveva preso a gridare sopraffatto dal piacere, e digitò l’indirizzo di un blog. Si intitolava “Hivforlife” e l’autore era un certo Nala Gulabre.
    Mirek si mise a leggere qualche riga qua e là e gli occhi gli si riempirono di orrore.

    Da quando ho scoperto la mia sieropositività ho compreso di essere per gli altri un diverso. Anche tu che stai leggendo questo blog probabilmente lo sei. Sappi però che alla nostra diversità vi è una soluzione. Se non vogliamo essere emarginati, discriminati, lasciati morire in disparte, dobbiamo rendere normale la nostra diversità.

    Il modo migliore per rendere più probabile il contagio è quello di eiaculare più volte consecutivamente nel retto del partner. In questo modo, oltre ad aumentare la quantità di sperma a contatto con le mucose del partner, lo si spinge anche più in profondità e si aumenta la probabilità di produrre microlesioni, fondamentali per il passaggio del virus nell’organismo del partner.

    E’ necessaria in tutto questo la consapevolezza dell’importanza del gesto. Essere sieropositivi non deve essere un dramma. Promuovere la sieropositività significa aumentare l’attenzione della medicina attorno ad essa ed avvicinare il momento in cui sarà disponibile una vera e propria cura. E’ un po’ come mettere incinta una ragazza. Magari non sarà contenta, ma ciò nonostante produrrà una nuova vita. E’ un sacrificio personale nel nome del bene collettivo.

    Per questo consiglio sempre di mettere a conoscenza del proprio stato di salute il proprio partner, se non prima dell’atto, perlomeno nel durante, quando si è certi che non vi si possa sottrarre. Solitamente ciò produce un’intensa emozione. Può essere rabbia, disperazione, angoscia, ma tutte queste emozioni sono sempre accompagnate da un godimento superiore, che deriva dalla consapevolezza dell’importanza e dell’irrevocabilità del momento.

    “Ma questo è un pazzo!” protestò Mirek.
    “Guarda bene le lettere del nome. Nala Gulabre. Non ti ricorda qualcosa?” lo incalzò Karel.
    Gli occhi di Marek si spalancarono.
    Nala Gulabre.
    Alan Gulabre.
    Alan Bregula.
    “Sì” confermò Karel “Saremo sacrificati per il bene superiore”.

    (... to be continued ...)

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 00:28
     
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    DOLCE GAY

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    “Karel, io mollo tutto. Preferisco morire di fame che beccarmi l’hiv”.
    Il ragazzo gli sorrise tristemente.
    “Non dire così. Alla fine Ludek si prenderà cura di noi, ci darà le medicine che ci servono e continuerà a sfruttarci in cambio di regali e di una vita agiata. Non so te, ma io non potevo pretendere molto di più dalla vita. Perlomeno riuscirò a mantenere mia madre con i soldi dei film e delle marchette.”
    Mirek lo guardò allucinato.
    “Ma come puoi rassegnarti in questo modo? Hai una vita davanti. Vieni con me, andiamo a cercare un altro produttore, andiamo a prostituirci insieme piuttosto ma non puoi buttare via la tua salute così”
    Karel scosse la testa.
    “Tu non hai capito. Non si dice sì a Ludek e poi ci si tira indietro. Lo puoi fare, certo, ma in quel caso sappi che non ti resta molto da vivere. Ormai io e te siamo nel giro e dobbiamo cercare di farcelo piacere.”
    Mirek sapeva che il ragazzo aveva ragione, eppure non riusciva ad assumere quello stesso atteggiamento fatalista del compagno.
    “Vuoi davvero rassegnarti a farti contagiare da questo Alan?” lo interrogò con occhi sbarrati.
    “Ma non capisci che non possiamo fare altro?” gli gridò addosso Karel “Pensi che se ci fosse una via di uscita non avrei già preso quella porta? Mi sono pentito dieci volte di avere detto sì a quel puttaniere di Ludek, ma ormai non c’è più spazio per i rimpianti e i ripensamenti. Ormai questa è la mia realtà, e ti conviene entrare nell’ordine di idee che sarà anche la tua per gli anni a venire”.
    Mirek si fece cadere sulla poltrona passandosi le dita tra i capelli. Si sentiva imprigionato in un incubo.
    “Ascolta – gli fece Karel chinandosi su di lui - con un po’ di fortuna non ci beccheremo subito qualcosa, anche se quello stronzo di Ludek ci ha messo con Alan di proposito. Lui pensa che appena ci beccheremo l’hiv ci passeranno tutte le speranze di una vita diversa e saremo delle pedine più docili da manovrare. Ludek sa che Alan è il migliore in queste cose, tanto che ci ha affidato in due a lui solo, però non è detto che riuscirà a contagiarci al primo colpo. Non è così facile come sembra”.
    Mirek scosse la testa sconsolato.
    “Se non sarà al primo colpo, sarà al secondo, al terzo o al quarto. Lo hai detto anche tu. Cosa cambia? Siamo già senza speranza”.
    Karel gli si sedette accanto, sulla larga poltrona in pelle, e lo abbracciò. Nonostante tutto Mirek dovette ammettere che quel gesto gli procurava un senso di conforto. Non era solo, dentro a quell’incubo.
    “Senti – gli fece Karel – cerchiamo di esserci di sostegno. Sarà un mondo strano ma magari possiamo renderlo un po’ migliore, se ci restiamo vicini”.
    Mirek lo guardò negli occhi. Non se l’aspettava tutta quella intraprendenza da un tipetto così timido.
    “Fratelli?” gli chiese.
    Altri passi risuonarono dal corridoio. Questa volta erano passi decisi, propri di qualcuno che sa quello che vuole e come ottenerlo.
    Karel ricambiò lo sguardo, intrecciò l’indice al suo e affermò: “Fratelli”.
    I due si separarono di colpo quando Ludek spalancò la porta, accompagnato da un ragazzo alto ed attraente. L’uomo era basso, grasso e calvo, vestito con una camicia all’hawaiana fucsia sbottonata. Una catenina d’oro luccicava sul petto villoso ed i jeans troppo stretti lasciavano intuire una considerevole massa adiposa sotto di essi.
    Alan invece era veramente notevole. Indossava una semplice tuta aperta a mostrare una t-shirt bianca, ma i suoi lineamenti erano morbidi e simmetrici. I suoi occhi erano grandi e lo sguardo indecifrabile. Potevi trovarci di tutto dentro a quegli occhi. Aggressività, dolcezza, possesso, lascivia, acume: era tutto lì dentro, occhi che in vent’anni avevano vissuto più di una vita intera.
    “Piacere – si presentò lui – io sono Alan. Voi invece dovete essere Mirek e Karel, i miei due nuovi compagni. Zio Ludek mi ha parlato molto bene di voi”
    Alan aveva un timbro caldo ed un modo di parlare estremamente raffinato, accompagnato da un elegante difetto di pronuncia della lettera erre.
    Mirek e Karel si scambiarono uno sguardo meravigliato.
    “Il piacere… è nostro” rispose timidamente Karel.
    “Oh, che bravi ragazzi – li interruppe Ludek – vedo che ti piacciono i nostri nuovi amichetti, Alan. Tieni a bada gli istinti per qualche minuto però, ti prego, devo spiegar loro le regole basilari della nostra famiglia…”
    “Certo zio Ludek”.
    L’uomo si avvicinò ai due e li strinse in un abbraccio paterno.
    “Allora cari, voglio che sappiate che io voglio bene a tutti i miei ragazzi in egual misura. Sono uno zio buono e generoso con i nipoti obbedienti e non perdono chi mi manca di rispetto. Oh ma sono sicuro che voi mi volete già bene e che tra di noi ci sarà sempre un bel rapporto”.
    Mirek e Karel annuirono insieme.
    “Dunque – proseguì Ludek – oggi erano in programma le riprese del vostro primo film ma… purtroppo ci sono stati degli imprevisti tecnici e si è dovuto rimandare il tutto. Non dovete preoccuparvi però. A vostro zio dispiaceva avervi fatto venire per niente, così ha deciso di darvi un’opportunità ancora migliore. Qui con noi come vedete c’è Alan, che era già parte del cast del film che abbiamo dovuto rimandare. Lui si era tenuto libero per le riprese ed era molto curioso di conoscervi, così mi è stato gioco facile convincerlo a farvi fare un po’ di esperienza, il tutto gratuitamente! Dovreste ringraziarlo molto, perché lui è un professionista e voi avete molto da imparare.”
    “Grazie Alan” si affrettò timidamente a dire Karel.
    Gli occhi di Ludek si posarono su Mirek che imitò il compagno:
    “Grazie Alan…”
    “Oh, bravi ragazzi, siete molto educati – li adulò l’uomo – ora, io non posso trattenermi con voi a lungo, quindi vi accompagnerò in stanza con Alan e vi lascerò soli. Non ci saranno telecamere oggi ma ciò non significa che non dobbiate essere professionali. Dovete promettermi che sarete obbedienti con lui e che farete tutto quello che vi dice, cercando di imparare i trucchi del mestiere. Se sarete stati bravi lo zio lo verrà a sapere e vi darà una piccola mancetta, va bene?”
    “Sì zio, lo promettiamo” rispose Karel.
    L’uomo sembrò soddisfatto e si diresse dall’altra parte della sala di aspetto, verso una porta di ferro. Alan lo seguì e i due ragazzi corsero dietro a ruota. Raggiunta la porta, Ludek estrasse un enorme mazzo di chiavi dal quale scelse una chiave viola, la introdusse nella serratura e girò. Cigolando la porta si aprì e rivelò una stanza di medie dimensioni, priva di letto e con un materasso matrimoniale appoggiato per terra. Sulla destra c’era un lavandino con rubinetto, in fondo una sedia spoglia, un water e una specie di box doccia nell’angolo di destra. Nella stanza non vi era alcuna finestra e l’unica fonte di luce era una lampadina senza lampadario che penzolava dal soffitto.
    Mirek allungò una mano e strinse quella di Karel nella sua. Era fredda. Stavano per perdere la verginità in quel locale squallido e buio, ma per lo meno erano lì assieme. Si sarebbero fatti forza a vicenda. Karel gliela strinse in risposta e insieme seguirono Ludek e Alan nella stanza.
    “Ecco, accomodatevi pure. Mettetevi comodi e fidatevi del vostro insegnante!” disse Ludek prima di uscire dalla stanza con una risata.
    La porta si chiuse dietro di lui e un rumore inequivocabile annunciò ai ragazzi che era stata chiusa a chiave.
    “Ma – protestò Mirek – ci ha chiuso dentro!”
    “Oh sì, lo fa sempre all’inizio. Dovete ancora meritarvi la sua fiducia” rispose Alan togliendosi la maglia della tuta. “Non preoccupatevi – proseguì – fra un paio di ore, quando avremo finito verrà ad aprirla. Su adesso spogliatevi.”
    Karel si tolse la felpa goffamente e la ripiegò con estrema lentezza, mentre Mirek sembrava ancor più titubante. Aveva troppe cose da dire, troppi dubbi da risolvere per obbedire zitto e buono come sembrava voler fare il suo compagno.
    “Senti Alan – gli disse – io devo parlarti.”
    Il ragazzo parve sorpreso.
    “Dimmi pure, ma è meglio che ci sbrighiamo in fretta; in un paio di ore ho appuntamento con un cliente di Ludek”
    “Ecco – si spiegò Mirek – siccome oggi non ci sono le telecamere, ti scoccia se usiamo il preservativo per questa volta?”
    Alan rispose con un espressione strana, a mezza via tra il risentito e il comprensivo.
    “Ragazzi, sarò sincero con voi. Voi siete nel giro ed essere nel giro significa scendere a compromessi. Farete una bella vita, avrete soldi, cibo, protezione, ma non si può tornare indietro”.
    Il ragazzo stava esprimendo ad alta voce i timori e le paure più profonde di Mirek e Karel. Era tutto così banalmente atroce, così inesorabilmente scontato.
    “In cambio di tutti i vantaggi che vi può offrire Ludek – proseguì Alan – quello che dovrete offrire è il vostro corpo e la vostra libertà”.
    “Io – si indicò la pornostar – voi, tutti noi del giro siamo proprietà di Ludek. Siamo una famiglia, siamo fedeli l’uno con l’altro e condividiamo tutto. Tutto.”
    Mirek gettò un rapido sguardo su Karel, che si era appena tolto la t-shirt e si era seduto sul materasso ad ascoltare il discorso di Alan. Era estremamente magro, gli si intravedevano le costole e le sue braccia erano esili e sottili, come quelle di una ragazza.
    Alan gli si sedette accanto e continuò a parlare.
    “Quest’oggi non era in programma alcuna ripresa” rivelò, studiando le reazioni dei ragazzi.
    Karel rivolse uno sguardo inquieto a Mirek. In fondo al cuore lo avevano sempre saputo. Tutti i loro peggiori sentori stavano prendendo forma, inesorabilmente, e non vi era nulla che potessero fare per impedirlo.
    “Vedete – spiegò loro Alan – voi siete appena stati scelti per entrare a far parte della famiglia ma non siete ancora dei membri a tutti gli effetti. Per esserlo dovrete diventare sieropositivi”.
    “Non dovete preoccuparvi – proseguì notando gli sguardi terrorizzati dei due – Ludek vi darà tutte le cure di cui avrete bisogno fintanto che lavorerete per lui e gli darete obbedienza. Per voi sarà esattamente come essere sani, con l’unica differenza che non dovrete preoccuparvi di usare fastidiose ed antiestetiche precauzioni durante le riprese.”
    “E soprattutto – lo interruppe a sorpresa Karel – non potrà mai passarci per la testa l’idea di smetterla con questa vita, perché dipenderemo sempre da Ludek, dai suoi soldi e dalle sue medicine”.
    I lineamenti di Karel si erano induriti. Stava fissando Alan con tutto il disprezzo che fosse possibile immaginare su quel volto timido e scolorito, e ancora una volta Mirek rimase colpito dall’innaturale baldanza del compagno di sventure.
    Alan non parve però colpito dal tono del ragazzo.
    “Posso capire la tua rabbia – gli sorrise in risposta – ma ti conviene cercare di pensare in maniera diversa. Ormai voi siete nel giro. Non ancora nella famiglia, ma nel giro. Come vi ho già detto non c’è già più via di uscita. Non avete alternative, quindi vi conviene essere collaborativi perché succederà tutto ugualmente”.
    Karel lo fissò con disgusto.
    “Facciamo così – gli disse Alan – inizierò con te, così ti toglierai prima il pensiero. Su, adesso mettiti nudo, sbrigati”.
    Mirek osservò allucinato il proprio compagno sfilarsi i jeans con un espressione di sfida, rivelando un paio di gambe magre e secche. Indossava un paio di slip piuttosto larghi, sotto i quali si intravedeva però un accenno di erezione. Alan intanto si era messo in mutande ed anche lui aveva un rigonfiamento notevole sul davanti. Se le sfilò subito, rivelando il proprio enorme membro eretto. Visto dal vivo faceva ancora più impressione. Doveva essere attorno ai venti centimetri e stillava abbondante liquido pre-spermatico. Senza tanti complimenti fece stendere Karel sul fianco destro e gli si mise dietro, sfilandogli gli slip. Anche il membro del ragazzo era turgido ed inumidito, ma di dimensioni più modeste.
    Nonostante la paura e l’angoscia per ciò che Alan gli avrebbe fatto, Karel mantenne con determinazione quell’espressione di sfida. Mirek si sorprese proprietario di una consistente erezione mentre osservava la tragedia dell’amico, che presto sarebbe diventata anche la sua.
    Alan fece cenno a Mirek di mettersi nudo e di osservare prima di appoggiare il membro tra le natiche di Karel, che rabbrividì. Era così strano vedere un comportamento così autoritario da parte di quel ragazzo dal viso angelico. Mirek si spogliò, rivelando le proprie natiche sode ed un membro dritto, di media misura. Poi si stese di fronte a Karel e lo accarezzò con tutta la dolcezza possibile. Il ragazzo gli prese una mano e la strinse alla sua, mentre Alan dietro di lui si masturbava lentamente per prepararsi alla penetrazione.
    “Ma un lubrificante non lo usi?” si preoccupò Mirek per il suo amico.
    “Non gli serve” rispose Karel indurendo l’espressione.
    Alan tirò dolcemente a se Mirek e gli indicò ogoglioso il proprio membro eretto. Era già tutto bagnato, ed anche l’orifizio esterno di Karel luccicava di umori. Evidentemente il ragazzo non si stava masturbando per aumentare l’erezione, ma piuttosto per lubrificarlo e rendere più piacevole la penetrazione.
    “Stammi vicino mentre lo fa, per piacere” lo implorò Karel, con gli occhi umidi. Mirek gli strinse la mano in risposta.
    Alan stava già iniziando ad ansimare ed appoggiando il glande all’orifizio del ragazzo, ma lo sentì.
    “Adesso scusami ma è una cosa tra noi” spiegò a Mirek staccandogli la mano da quella del ragazzo e afferrando Karel per i polsi.
    Non ci doveva essere nemmeno quel piccolo contatto tra Karel e l’ultimo precario rappresentante del mondo esterno. Il ragazzo doveva essere solo davanti all’atto che gli avrebbe stravolto la vita e che lo avrebbe condannato alla condizione di oggetto, nelle mani del giro.
    Mirek avrebbe voluto protestare, gridare, spiegare che non aveva alcuna intenzione di lasciare l’amico solo in quel momento difficile, ma sapeva di non essere nella condizione di farlo. Rischiava soltanto di peggiorare le cose e pensò che a quel punto fosse meglio rassegnarsi all’impotenza. Osservò l’amico guaire di paura mentre Alan lo stringeva sempre più fermamente a sé, gli mordicchiava il collo e gli sussurrava all’orecchio parole crudeli.
    “Adesso preparati, sii cosciente di quello che sta per succedere – mormorava Alan – perché nulla sarà come prima dopo questa scopata. Sarà un momento unico nella tua vita, quindi cerca di viverlo al massimo della tua consapevolezza. Ora rilassati perchè ti entro dentro”.
    Così dicendo Alan mise una mano sull’anca di Karel e spinse. La punta del membro della pornostar sprofondò nell’intimità vergine del ragazzo, che articolò un lamento sommesso. Alan prese subito ad ansimare e gemere, vittima di un piacere spropositato, ed iniziò a penetrare il ragazzo più in profondità, imponendo un ritmo deciso e sostenuto.
    Mirek osservava la scena a pochi passi di distanza e doveva ammettere che la pornostar ci sapeva davvero fare. Karel gemeva di piacere, nonostante una lacrima solitaria rigasse ancora la sua faccia stravolta, mentre il godimento di Alan diveniva sempre più esplicito, spinta dopo spinta.
    Il suo membro scivolava con facilità crescente nell’intimità sempre più fradicia del ragazzo, impregnata dagli umori del talentuoso attore; e intanto anche il pene di Karel sembrava esplodere di desiderio.
    Non ci era voluto molto tempo perché il piacere avesse il sopravvento sull’angoscia del ragazzo. Il suo membro stillava umori su umori e i suoi gemiti si stavano trasformando in mugolii di soddisfazione. Alan aumentò il ritmo ed ormai il suo membro scivolava nell’intestino di Karel come nel burro, emettendo suoni ed odori inebrianti.
    Il palcoscenico sonoro era però monopolizzato dai singhiozzi di piacere del pornoattore che sempre più si abbandonava a spinte profonde e scoordinate. Tutto questo durò pochi minuti, poi, d’un tratto, Alan strinse nel suo tipico abbraccio mortale il proprio partner. Karel, con orrore, comprese.
    “No” implorò il ragazzo.
    Ma sapeva che sarebbe stato inutile.
    Alan avvicinò la bocca all’orecchio sinistro del ragazzo e, senza smettere di scoparlo, gli disse:
    “Vengo. Ti vengo dentro. Sai cosa vuol dire”.
    Karel non provò nemmeno a divincolarsi, perché sapeva che era tutto inutile.
    Accadde molto velocemente.
    Mirek vide Alan scuotere furiosamente il membro nell’intestino di un Karel urlante; pochi secondi dopo il pornoattore arrestò le spinte, emise un gemito femmineo ed elegante, e scaricò. Karel si sentì invadere, un calore prepotente, ed emise un gemito.
    Era quel gemito.
    Lo stesso gemito del ragazzino del video.
    Ci potevi sentire tutto, in quel suono, e Karel in effetti stava provando tutto ciò che era concepibile provare. Quel getto abbondante di sperma lo aveva intriso di terrore, gli aveva spazzato via ogni speranza, lo aveva fatto sentire sporco, compromesso, ma soprattutto apprezzato. Perché il piacere di Alan, in fondo, era opera sua. E mano a mano che il suo membro gli eiaculava dentro, Karel vi si abbandonava sempre più. Ormai non aveva più nulla da temere. Aveva già perso tutto, forse persino se stesso. Lasciò il piacere esplodere.
    Mirek sgranò gli occhi quando successe.
    Avrebbe potuto aspettarsi di tutto in quel momento: un grido di disperazione, un atto di ribellione, un silenzio stoico e coraggioso. Quando però uno schizzo bianco esplose dal membro del suo amico, Mirek stentò a credere ai propri occhi. Non poteva credere in quell’espressione soddisfatta di Karel, in quei gridolini di piacere proprio mentre il suo aguzzino lo stava condannando ad una vita malata.
    I getti del ragazzo si liberavano nell’aria, cadendo pesantemente sul materasso vergine e disperdendosi tra i suoi tessuti.
    Mirek stette a contemplare la scena, come ipnotizzato. Entrambi gli amanti si erano abbandonati ad una potenza sovrumana, che stava fondendo indissolubilmente le loro vite nella disgrazia. Quanto godimento vi era in quei gemiti, a dissimulare un destino disperato. Ma il ragazzo comprendeva, vedeva come ad agire non fosse Alan. Non era lui in quel momento a pompare lo sperma infetto in profondità, prepotentemente nelle viscere del ragazzo. Non era lui a stringere Karel in una morsa assassina, né a formulare quei pensieri che Alan scriveva sul blog. Vi era un’altra forza a tirare i fili, a reclamare carne fresca in cambio di godimento ed oblio.
    Ormai lo stesso Karel si era concesso a questa potenza invisibile, e si abbandonava estasiato sul materasso, gustandosi gli ultimi spasimi di piacere propri e del partner. Questa forza eterica portava un nome di tre lettere e, come un parassita, invadeva gli uomini senza farsi vedere. L’hiv non era soltanto una malattia, comprese Mirek. Dietro a quella sequenza di dna a cui corrispondeva il virus scoperto dagli scienziati vi stava un’intelligenza sottile e diabolica. E qualcuno, evidentemente, aveva deciso di formulare un patto, più o meno consapevolmente, con essa.
    Alan scaricò l’ultimo getto nell’intestino del ragazzo con un verso grazioso.
    “E’ fatta” gli sussurrò nell’orecchio, riprendendo subito a scoparlo con gusto. I gemiti lascivi di Alan riempirono ancora una volta la stanza, ma questa volta erano accompagnati da quelli di approvazione di Karel, che diventavano sempre più decisi e potenti.
    Lo sperma del pornoattore straripava ormai dall’ano del ragazzo e gli andava a impregnare lo scroto, sgocciolando sul materasso senza che alcuno se ne curasse. Non vi era proprio più cura alcuna, perché i due corpi si erano fusi in un’unica, orgiastica entità giubilante. Karel allungava le mani all’indietro, ad esplorare le natiche del suo dominatore, mentre quest’ultimo teneva gli occhi socchiusi, concentrato nel piacere che ancora una volta gli cresceva nel membro.
    Non ci volle molto perché un altro abbraccio preannunciasse l’orgasmo di Alan, quasi piangente in attesa del culmine.
    Karel, emozionato, non protestò affatto.
    Ormai poteva permettersi di godersi quel momento proibito, intimo, intenso. Non aveva più alcuna dignità da perdere, non aveva più salute da rischiare. Spinse indietro le reni per accogliere meglio il piacere del partner e si mise in palpitante attesa.
    Alan godette in un sospiro elegante e straripò, come un fiume in piena.
    Lo sperma di Alan bruciò nell’intestino del ragazzo, chiaramente irritato dagli scossoni potenti del suo enorme membro.
    Karel gridò di piacere.
    Quando sentì quel bruciore, in quello stesso momento, ebbe la certezza istintiva di essere stato contagiato. Non era una cosa razionale, si disse, ma nel percepire quel bruciore inondargli le viscere aveva saputo che il virus era passato. Era come se un altro essere fosse entrato a far parte del suo, e questa alterità, come un figlio, avrebbe vissuto dentro di lui. Avrebbe vissuto attraverso Karel.
    Mentre ancora il membro di Alan scarivava il proprio bruciante seme, Karel alzò lo sguardo ed incontrò quello dell’amico. Mirek era pallido come un cencio, il membro eretto, le labbra tremanti. Lo percepiva anche lui.
    Si era appena eretto un muro tra di loro, una distanza incolmabile dentro alla quale vi stava tutta la differenza tra un uomo ed un dio. E Karel percepì, colpevole, il desiderio di abbatterlo.

    (... to be continued ...)
     
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    L'Amore con la A maiuscola, non guarda al sesso dell'amato, ma negli occhi per perdersi nella sua anima, fondendosi in un universo perfetto ed armonico, attraverso la donazione di sè

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    Sono senza parole. Inebetito come Mirek di fronte al nuovo Karel.
    Hai un potere di scrittura pauroso ma, insieme all'eccitazione, anzi, molto più che l'eccitazione, ti arriva l'angoscia del vivere.
    Adoro il tuo stile, e non riesco a smettere di leggerti, nonostante, lo ammetto, soprattutto in questo caso, di eccitazione ne ho provata ben poca.
     
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    DOLCE GAY

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    Firescorpio, tu sei sempre prodigo di complimenti nei miei confronti, ma questo ultimo devo ammettere che mi ha riempito in particolar modo di orgoglio. L'obiettivo di questo racconto infatti è proprio quello di allargare l'erotismo fino a fargli abbracciare l'intera vita (con tutta l'angoscia e lo squallore che vi si possono trovare) di un povero prostituto praghese. Il fatto che ti sia arrivata l'angoscia del vivere mi ripaga ampiamente del fatto che non ti sia arrivato l'elemento erotico, che era un'altro degli obiettivi principali del racconto.
    C'è da dire che il confine tra eros e thanatos, in questa storia, è volutamente sottile e, a volte, dovrebbe arrivare a dissolversi. Per questo non sono molto sorpreso che eros non sia arrivato in modo particolare.
    Se avessi qualche suggerimento per rimediare alla cosa ti sarei molto grato!

    Comunque grazie ancora delle belle cose che hai scritto :)
     
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    CITAZIONE (Queerboy @ 15/4/2013, 12:37) 
    Firescorpio, tu sei sempre prodigo di complimenti nei miei confronti, ma questo ultimo devo ammettere che mi ha riempito in particolar modo di orgoglio. L'obiettivo di questo racconto infatti è proprio quello di allargare l'erotismo fino a fargli abbracciare l'intera vita (con tutta l'angoscia e lo squallore che vi si possono trovare) di un povero prostituto praghese. Il fatto che ti sia arrivata l'angoscia del vivere mi ripaga ampiamente del fatto che non ti sia arrivato l'elemento erotico, che era un'altro degli obiettivi principali del racconto.
    C'è da dire che il confine tra eros e thanatos, in questa storia, è volutamente sottile e, a volte, dovrebbe arrivare a dissolversi. Per questo non sono molto sorpreso che eros non sia arrivato in modo particolare.
    Se avessi qualche suggerimento per rimediare alla cosa ti sarei molto grato!

    Comunque grazie ancora delle belle cose che hai scritto :)

    Come potrei dare un consiglio al mio maestro.
    Anche perchè il tuo racconto è impeccabile.
    La parte erotica è descritta in modo perfetto.
    Purtroppo per me, anche la parte emotiva dell'angoscia dei due ragazzi era palpabile, ne si sentiva l'odore e l'intensità.
    Ed è stata questa sensazione a dominare il mio animo.
    Più dell'eccitazione che sarebbe sorta se non avessi permesso a queste emozioni di arrivare.
    Ma estrometterle sarebbe stato offendere la tua arte, avrebbe significato ignorare un aspetto importante a cui tu hai voluto dare particolare intensità.
    E credimi, nonostante non mi abbia eccitato, l'ho apprezzato ed amato.
    Proprio perchè intenso e vissuto.
     
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  8. Dragan25
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    che impressione e che ansia!!! O___O
     
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    DOLCE GAY

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    Mio. Quanti pensieri sussurrati nel cervello. Funzionava sempre. Un altro corpo da invadere, un altro cuore palpitante tutto per sé. Si percepiva penetrare attraverso i vasi sanguigni fino ad ogni cellula del proprio ospite. Un altro arto, un altro sistema di pensieri da manovrare per assicurare continuità alla propria esistenza. Ci sarebbe voluto ancora un po’ di tempo prima di assumere un vero e proprio controllo della vita e della ragione del ragazzo, eppure si sentiva così forte e così a proprio agio lì dentro… Provò ad allungarsi verso lo scroto e lo vinse senza troppe difficoltà facendo pressione. Alan aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Ma la fame, come sempre, era inestinguibile.

    Era strano dover trattenere le lacrime per una persona che conosceva da poche ore, eppure non era solo pena per l’amico quella che stava provando Mirek. Il fatto era che Karel era stato il suo ultimo rifugio, tutto ciò che lo divideva da un destino di schiavitù ed oppressione. Ora quell’estremo baluardo era caduto e lui, Mirek, si trovava solo davanti all’ignoto.
    Alan estrodusse lentamente il membro dall’intimità del ragazzo. Una colata di fluidi corporei colò sul materasso ed il colore arrossato della stessa fu un evidente presagio. Il pornoattore contemplò per alcuni secondi il proprio lavoro e fece un’espressione compiaciuta prima di girarsi verso l’altro ragazzo, che comprese subito. Era il suo turno.
    Alan scavalcò Karel, che giaceva ansimante sul materasso, e si rivolse a Mirek. Aveva ancora un’erezione allucinante, il membro lubrificato dagli umori della precedente scopata.
    “Su dai – gli disse – adesso tocca a te”
    Mirek non aveva alternative. Non aveva senso ribellarsi, perché ribellarsi ad Alan avrebbe significato ribellarsi a Ludek. E a Ludek non ci si poteva ribellare.
    Obbediente si stese sul materasso, voltando la schiena al prostituto ed aspettandosi il peggio.

    Alan non si sarebbe certo fatto attendere. Aveva voglia. Era già venuto due volte ma la situazione era davvero intrigante. Avrebbe potuto ingravidare – a lui piaceva utilizzare questo termine – due ragazzi in una sola occasione. E poi c’era sempre quel fatto che tutte le volte non ci capiva più niente. Appena sprofondava nel corpo di qualcuno provava un piacere così estremo che non riusciva a smettere di volerne. Era come una droga.
    A lui in realtà non dispiaceva nemmeno essere posseduto, faceva spesso il passivo per i clienti del bordello di Ludek. Però quel giorno la priorità era riempire di virus i due novellini. Prima fossero entrati a far parte della famiglia, prima lui avrebbe potuto tirare un po’ il fiato. Certo, scopare era divertente e guadagnare per farlo era stato da sempre il sogno della vita di Alan. Ma una cosa era farlo con i più attraenti ragazzi del magnate del porno Ludek Capek, ripreso da una videocamera, immortalato e scaricato da milioni di persone in tutto il mondo; un’altra cosa era dedicarsi ai vecchi bavosi del bordello.
    E comunque aveva voglia, appunto. Per questo il suo disappunto fu grande quando il padrone venne ad interromperlo, proprio sul più bello.

    La serratura scattò e la porta si aprì lentamente, come imbarazzata di interrompere un momento così delicato. Ma non si fermò, né si richiuse. Inesorabile, allargò il cono di luce più intensa che proiettava dall’esterno. Dietro alla luce, un uomo.
    Era una figura alta, slanciata, l’esatto opposto a quella bassa e tarchiata di Ludek.
    “Spero che qualcuno mi possa dare delle spiegazioni” auspicò la figura, in un tono che non ammetteva risposte sbagliate.
    Alan parve irrigidirsi innaturalmente al suono di quelle parole, come fosse stato colto di sorpresa sulla scena di un crimine.
    “Padrone – si difese – sono stato incaricato da zio Ludek. Devo aiutare questi ragazzi ad entrare a far parte della famiglia”
    Il padrone parve valutare attentamente le sue parole e si addentrò pr la stanza, annusandone l’aria. L’atmosfera cambiò con la vicinanza del padrone. Quella figura sembrava emanare un’energia diversa, aliena e trasudava potere. Si avvicinò ad Alan che parve impallidire.
    “Hai già infettato entrambi?” gli chiese.
    “No – rispose lui – no, solo il magretto. Ma se avessi saputo che non lei non avrebbe gradito io…”
    “Ragazzo – sibilò il padrone – non crederti tanto importante da meritare il mio risentimento. Tu hai eseguito gli ordini di Ludek e non sarai tu ad essere punito. Piuttosto, sei sicuro di avere avuto successo con quel ragazzo?”
    Alan annuì senza mostrare segno di orgoglio né di dispiacere ed indicando le macchie bianco rossastre sul materasso.
    “Ovviamente non posso esserne certo al cento per cento – chiarì il prostituto – ma stavolta ho goduto particolarmente e il fatto che il magretto fosse vergine ha facilitato le cose…”
    Il padrone si chinò su Karel e lo costrinse con delicatezza a guardarlo negli occhi.
    “L’hai sentita bruciare, ragazzo?”
    Karel poteva percepire il potere magnetico di quello sguardo. Anche se avesse voluto non avrebbe potuto distogliere gli occhi da quelle due perle di ghiaccio. Non vi era umanità lì dentro, non vi era rabbia, non vi era calore. Niente. Erano vuote, eppure profonde come le tenebre.
    Annuì lentamente, senza staccare gli occhi da quelli della figura.
    “Bene – mormorò il padrone alzandosi in piedi – allora dovrò pensare a cosa fare dell’altro. Non è detto che io voglia tra i piedi tutti i cani che Ludek raccoglie per strada. Per intanto lasciamolo qui sotto chiave, prima di tutto voglio avere la certezza che il magro sia infetto.”
    Alan annuì e raccolse i propri vestiti.
    “Vestiti. Dobbiamo seguire il padrone” mormorò rivolgendosi a Karel, che lo imitò senza fiatare.
    La figura stava già avviandosi lentamente verso l’uscita, senza degnare Mirek di uno sguardo.
    Il ragazzo era restato in silenzio per tutto il tempo della misteriosa apparizione. Nemmeno quando Karel lo scavalcò senza degnarlo di uno sguardo pronunciò una parola. Stette immobile, disteso, ad ascoltare il rumore della serratura scattare e a chiedersi se il non essere stato contagiato si sarebbe tradotto in una disgrazia ancora maggiore.

    Le ore passarono come giorni, in quella stanza. Illuminata da una luce gialla, artificiale, sembrava il covo di un pericoloso bandito. Mirek passava lo sguardo dalle macchie sul materasso al rubinetto arrugginito e i suoi pensieri si inoltravano in congetture ed in incubi sempre più bui.
    Chissà dove era adesso Karel, che cosa stava facendo. Era davvero bastata quella scopata di mezzora per compromettere definitivamente l’esistenza del suo compagno, oppure forse c’era ancora speranza? E se anche ci fosse stata speranza, vi sarebbe stato anche un altro modo di uscire vivi da quella situazione?
    Le parole del padrone avevano lasciato intendere tutt’altro e Mirek aveva paura di ciò che sarebbe successo a lui, molto più di quanto temeva per la sorte dell’amico. Quell’uomo dallo sguardo gelido stava pensando a cosa fare di lui e, intanto, lo aveva rinchiuso in quella topaia.

    Non seppe quanto tempo era passato quando la serratura tornò a girare, perché intanto un sonno misericordioso lo aveva portato lontano, verso luoghi e tempi dove la speranza viveva ancora. Le palpebre erano diventate pesanti, il corpo rilassato. Mirek non voleva abbandonare quell’estremo rifugio, anche se inconsistente e fragile al concreto incalzare dei corpi e dei rumori là fuori.
    La porta era appena stata aperta, vi erano stati dei passi e poi ancora il rumore del metallo sul metallo ed altri giri di chiave. Una presenza discreta avanzava nella stanza, facendo attenzione a non disturbare il dormiveglia di Mirek e stendendoglisi accanto con cautela. Non c’era nulla di malvagio nei respiri che affiancavano il suo sogno; non vi era bisogno di nascondersi da quello che aveva già riconosciuto come un fratello.
    “Karel…” gli mormorò dal sonno, la voce impastata.
    La presenza allungò una mano per accarezzargli una spalla, senza rispondere. La distanza tra i due ragazzi si fece sentire dolorosa, il bisogno di conforto era pressante. Mirek comprese solo in quel momento quanto l’amico fosse diventato importante per lui. Non gli bastava quella carezza di riconoscimento, perché aveva paura, perché era terrorizzato e Karel era l’unico di cui si sarebbe potuto fidare in quel posto, in quel momento.
    “Karel…” ripetè sottovoce, lasciando il corpo rilassato, fiducioso.
    L’amico gli si fece più vicino e lo strinse in un abbraccio da dietro, appoggiando la testa sulla sua spalla.
    Poi pianse.
    Il rumore dei suoi singhiozzi fu più intenso della serratura che girava. Era un suono che colpiva nell’anima, perché non si trattava di un pianto di protesta o di dolore. La disperazione di Karel era quella di chi ha appena perduto se stesso. Non gli aveva ancora rivolto la parola perché non aveva nulla da dire, nulla da aggiungere alle lacrime che gli sgorgavano dagli occhi ed impregnavano la pelle dell’amico.
    “Che succede Karel? Cosa ti hanno fatto? Cosa ti hanno detto?”
    La pesantezza confortevole che aveva avvolto il corpo di Mirek si era dissolta, come lavata via dal pianto di quel ragazzo timido ed infelice.
    “Ti hanno detto che – lo incalzò Mirek – …che c’è riuscito?”
    Karel annuì sulla sua spalla.
    “Mi hanno appena dato i risultati del test – sussurrò tra i singhiozzi – a quanto pare sono un membro della famiglia a tutti gli effetti.”
    E così Alan ce l’aveva fatta. Al primo colpo.
    Mirek si girò e ricambiò l’abbraccio dell’amico. Lo strinse con forza perché voleva fargli sentire la sua presenza. Lui era lì, con lui, e questo non sarebbe mai cambiato, qualsiasi cosa fosse potuta succedere. Anche se, a pensarci, qualcosa non tornava.
    “Karel, sei sicuro che non ti stiano mentendo? Da quello che so, ci vuole un po’ di tempo prima che il test possa rivelare la presenza del virus nel corpo…”
    Il ragazzo scosse la testa.
    “Ludek è un uomo ricco. Il padrone è un uomo potente, ancora più ricco e quando vuole qualcosa non bada a spese. Ha inviato un campione del mio sangue ad un laboratorio privato ammanicato con il giro e, nel giro di un paio di ore, ha ottenuto la risposta. E’ un test sperimentale, estremamente complesso, che va a ricercare la presenza del virus stesso piuttosto che degli anticorpi che dovrebbero prodursi qualche mese dopo il contagio.”
    Mirek si fece sfuggire una lacrima. Non voleva sembrare così scosso davanti all’amico, ma non era riuscito a trattenersi.
    “Non preoccuparti – cercò di rassicurarlo ricomponendosi – perché tra noi non cambierà niente. Io ci sarò sempre per te, almeno finché ci terranno inseme. E poi lo so che non è una bella cosa ma, d’altra parte, fintanto che starai qui avrai tutte le medicine di cui hai bisogno e… magari un giorno… chissà magari ci sarà una cura…”
    Karel singhiozzò nuovamente, quasi le parole dell’amico lo avessero fatto sentire peggio di prima.
    – Cosa aveva detto di sbagliato? – si interrogò Mirek – forse Karel non credeva nella sua sincerità o forse… si ecco, che stupido, aveva detto “finché ci terranno insieme”, cosa che non era così scontata e magari gli avevano detto cosa avevano intenzione di fare a lui… –
    “Mirek… – mormorò il ragazzo interrompendone i pensieri – io lo sapevo già che c’era riuscito”
    L’amico gli rivolse uno sguardo interrogativo.
    “Ti ricordi quando il padrone mi ha chiesto se l’avevo sentita bruciare? – proseguì lui – Succede così quando ti infettano. La riesci a sentire la malattia che ti entra nei tessuti, è calda e brucia…”
    Sembrava un’idea così assurda, eppure il tono di Karel era convinto, sincero.
    “Ma non è questo che mi fa stare male – gli spiegò – non così male almeno…”
    Mirek lo fissò negli occhi, che tremarono umidi. Ecco, ora lo avrebbe saputo. Il padrone aveva già decretato la sua morte e nessuno avrebbe potuto salvarlo. Non il suo amico timido e disperato, non il ricco e potente Ludek, non le suppliche né le preghiere. Che poi chi era quell’uomo dallo sguardo vitreo così al di sopra di tutto il resto? Mirek non lo avrebbe mai saputo. Non avrebbe mai fatto in tempo a saperlo…
    “Scusami Mirek”
    Le singhiozzanti, impreviste scuse ruppero nuovamente le considerazioni del ragazzo.
    Karel si sentiva in colpa? Di cosa doveva scusarsi lui?
    “Calmati Karel, ma ti prego spiegami cosa sta succedendo, ti confesso che sono un po’ agitato”
    “Io – rispose l’amico – quando ho sentito il padrone discutere su cosa fare di te… mi avevano appena dato il risultato del test, capisci? E io avevo paura che ti facessero qualcosa di brutto… e Ludek era così spaventato… il padrone sembrava calmo ma si vedeva che dentro era furioso. Ludek continuava a dire che non sarebbe più successo, che le prossime volte si sarebbe assicurato di fargli conoscere le nuove reclute prima di farle infettare… e io non so perché fosse così arrabbiato, voglio dire se non gli andavamo bene avrebbe potuto farci fuori anche dopo che Alan ci aveva infettati no? Ma boh… comunque ero spaventato per te e… a dire il vero anche per me… Non voglio restare solo Mirek”
    L’ultima frase giunse improvvisa, intensa, bruciante. Dentro di essa vi era tutto il dolore e il senso di colpa del ragazzo, che non riusciva a smettere di piangere e si stringeva forte tra le sue braccia.
    “Che cosa è successo, Karel?” lo esortò a parlare Mirek, ricambiando la stretta.
    “Io – riprese lui – io volevo proteggerti, capisci? Forse ho fatto male però... perché non è detto che volessero ucciderti, ma io non so cosa gli passa per la testa a quelli e allora… e allora mi sono messo in mezzo, tra loro, e ho chiesto al padrone di fare entrare anche te nella famiglia. Ho detto che non avresti creato problemi e che in cambio avrei fatto tutto quello che volevano…”
    Mirek stava iniziando a capire. Karel aveva dato la spallata decisiva alla situazione perché il destino dell’amico seguisse il proprio. Ora però si sentiva in colpa perché sapeva di non avere agito esclusivamente nell’interesse del compagno. Se avessero lasciato andare Mirek libero, Karel si sarebbe trovato da solo in un mondo che non gli apparteneva e questa considerazione era stata probabilmente decisiva nel determinare il suo intervento.
    “E – gli chiese Mirek – il padrone cosa ti ha detto?”
    “Lui… lui ha fatto una risata… e poi ha dato a Ludek dello smidollato e ha detto che preferisce un cane pulcioso con il fegato ad un leone coi denti spuntati. Insomma mi ha guardato negli occhi con quel suo sguardo terribile… e detto che va bene…”
    Mirek sapeva che non si trattava di una bella notizia, ma non potè fare a meno di ammirare la forza dell’amico. L’idea di quel ragazzo magro e timido che interrompeva lo scontro tra un importante esponente della malavita praghese e il suo padrone dagli occhi di ghiaccio, aveva del meraviglioso. Forse era stato un gesto dettato più dalla paura di restare solo che dall’affetto che provava per lui, ma restava il fatto che Karel aveva dimostrato di avere più spina dorsale della maggior parte degli uomini, e questo rendeva Mirek orgoglioso dell’amico.
    “Karel… – gli disse scrutandolo con serietà – grazie per quello che hai fatto per me. Sei stato davvero molto coraggioso”
    Il ragazzo lo guardò con gli occhi tremanti.
    “Io… ti ho condannato alla mia stessa sorte…”
    “Ma probabilmente sarei finito sottoterra se tu non lo avessi fatto. Alla fine preferisco che le cose vadano in questo modo. Apprezzo molto quello che hai fatto, davvero…”
    Mirek non era del tutto sincero nella sua calma e rassegnazione. Dentro di sé percepiva un’urgenza di fuga, di ribellione, ma sapeva di doverla dominare per il bene proprio e per l’equilibrio mentale dell’amico. Non aveva niente da rimproverargli in fondo. Aveva fatto ciò che qualsiasi buon amico avrebbe fatto, e loro si conoscevano da un giorno appena.
    “Mirek – sussurrò ancora Karel con gli occhi che si bagnavano di rimorso – …io ho chiesto anche un’altra cosa al padrone…”
    Il ragazzo lo interrogò con lo sguardo.
    “Io ho chiesto se potevo… se potevo essere io al posto di Alan… gli ho anche fatto notare che a infezione appena contratta si è molto più contagiosi… che insomma a me sarebbe stato più facile riuscire che ad Alan e...”
    Mirek sbarrò gli occhi.
    “E…?” lo incalzò, sempre più incredulo.
    “E sono qui per questo” rispose Karel, abbassando lo sguardo.

    Fu un colpo basso, per Mirek. Preferiva di gran lunga l’idea di perdere la verginità con il suo amico piuttosto che con un prostituto qualsiasi, certo, ma qui non si stava parlando di quello. Mirek non sarebbe solamente entrato in intimità con qualcuno per la prima volta nella sua vita; quella stessa persona con la quale avrebbe condiviso la sua prima esperienza lo avrebbe contagiato di un virus potenzialmente letale. Insomma, Karel sarebbe stato il suo primo amante, ma anche il suo carnefice.
    “Perché?” gli chiese con sincero stupore “Perché vuoi essere tu a distruggermi la vita?”
    Karel incassò il colpo con maldestra dissimulazione. Non si aspettava una considerazione del genere. Lui non voleva distruggere la vita proprio a nessuno. Era solo… inevitabile che succedesse e allora meglio che non fosse quell’animale di Alan a farlo accadere.
    “Preferivo essere io ad accompagnarti a quel momento – si giustificò con l’amico – pensavo che anche tu preferissi che non fosse uno sconosciuto… e poi, davvero, è un momento così intimo… magari non sembra visto dall’esterno ma quando succede, quel bruciore… ti senti una cosa sola con chi ti ha appena…”
    “Stai parlando come scrive Alan sul suo blog” lo interruppe Mirek, rivolgendogli uno sguardo inquieto.
    Quasi non riconosceva più il ragazzo timido con l’incedere maldestro che gli si era presentato il giorno prima. Il Karel che lui aveva conosciuto non avrebbe mai considerato in termini poetici un evento tanto crudele e ora… ma cosa gli era successo?
    “Mirek… io ti voglio bene – si spiegò lui – voglio farlo con te perché ti voglio bene e se proprio deve succedere voglio essere io a prendermi cura di te in quel momento. Voglio rendere la tua prima volta il più piacevole possibile, non voglio che…”
    “Da quello che ho visto – obiettò freddamente Mirek – non mi pare che scopare con Alan ti sia dispiaciuto tanto”
    Un silenzio di marmo piombò nella stanza. L’aria si fece densa e fredda come l’acqua e Karel chinò il capo in evidente stato di imbarazzo.
    “Io… capisco. Se preferisci che sia Alan…” mormorò Karel voltandosi ed appoggiandosì al muro con una mano. La sua schiena vibrava, come in preda a dei singhiozzi silenziosi che fecero sentire in colpa Mirek. Dannatamente in colpa. Il suo compagno aveva combattuto per la sua vita e lui lo stava trattando come un tappetino. Non era quello che voleva fare e non voleva dire quelle cose, era solo che la prospettiva di essere contagiato di proposito da Karel lo faceva sentire tradito.
    “Scusami Karel. Sono uno stupido” sussurrò imbarazzato.
    Il ragazzo si girò mestamente, gli occhi più grandi del solito, arrossati.
    “Cerca di capirmi – gli disse ancora Mirek – sono psicologicamente distrutto, ho visto Alan farti quella cosa, ho avuto paura di morire, non so come sarà il mio futuro e…”
    “Lasciami fare e il tuo futuro sarà il nostro futuro – gli promise Karel avvicinandoglisi e prendendogli la mano – e sarà sopportabile finché ci sosterremo assieme. Fidati di me. E’ importante che sia io a farlo. E’ una cosa che non puoi capire finché non la provi…”
    Mirek lo abbracciò, ficcò la testa nell’incavo della sua spalla ed annuì.
    Quel corpo così esile e ossuto… sembrava impossibile portasse dentro di sé un pericolo così grande. Mirek lo strinse a sé ancora più forte. Aveva bisogno di ogni briciolo di coraggio per affrontare ciò che stava per accadere.
    “Sono contento che tu sia il primo – gli confidò, scosso da un tremito – scusami per le cose brutte che ti ho detto prima”.
    Karel scosse la testa in un gesto che non sembrava di diniego ma, piuttosto, di comprensione. E lo baciò.
    Le loro labbra si incontrarono in un fremito elettrico, mentre i pensieri si spegnevano ed il presente si colorava di un desiderio vivido e palpitante. Mirek si accorse in quello stesso istante che il sentimento che lo legava all’amico era più profondo di quanto potesse sospettare. Non seppe dire se fosse amore o cos’altro, ma sentì improvvisamente di voler condividere non solo i propri problemi e le proprie vicissitudini con l’amico, ma prima di tutto il suo stesso corpo. Quel desiderio potente nasceva da un bisogno profondo di conforto e di condivisione e nessun’attrazione fisica o estetica avrebbe potuto competere con esso. La fusione totale era ciò a cui anelava, l’oblio di se stesso in favore di un noi che cancellasse la solitudine.
    Rispose al bacio assaggiando le labbra dell’amico, stringendosì con tutto il corpo ai suoi vestiti. Si accorse di essere seminudo. Non si era più rivestito da quando era stato lasciato solo, ma a dire il vero non gli importava affatto. L’amico gli passava le mani sulla schiena nuda, accarezzandola verso l’altro, fino a sprofondarle fra i suoi capelli.
    Mirek percepiva il membro del compagno irrigidirsi sotto ai pantaloni, prepararsi a fare un lavoro sporco ma inevitabile. E lui non si sarebbe tirato indietro. Lo avrebbe accolto senza fare storie e gli avrebbe reso semplice il compito, perché in fondo lo desiderava. Guidato da questi pensieri, il ragazzo allungò le mani per sbottonare i blue jeans del compagno e percepì un rigonfiamento irregolare e metallico nella sua tasca destra. Dapprima non ci fece caso ma poi, dopo un attimo di smarrimento comprese e si staccò dall’amico.
    “Hai aperto tu quella porta, Karel? Ti hanno dato le chiavi?” gli chiese con un espressione di spaventata meraviglia.
    “Beh, sì – rispose lui – ormai io sono della famiglia e… oh no non pensare che ci sia una qualche possibilità di fuga – gli disse, comprendendo tardivamente la reazione dell’amico – se mi hanno dato le chiavi non è perché si fidino di me, ma perché sanno che non ho altre possibilità che eseguire i loro ordini”
    Mirek lo guardò attonito. Si sentiva tradito. Avrebbe potuto provare a farlo scappare. Avrebbero potuto farlo insieme.
    “Mirek… – protestò il ragazzo – davvero pensi che se ci fosse una possibilità di scappare non la coglierei al volo? Certo potremmo prendere e andarcene, ma quanto pensi che ci metterebbe Ludek a rintracciarci e farci pentire di essere nati?”
    “O a dimenticarsi delle tue medicine? – insinuò Mirek, provocando un gesto di stizza nel compagno – io… io ti posso capire Karel. Tu ormai sei dentro, sei un membro della famiglia con tutte le implicazioni del caso, ma… io no! Io potrei lasciare questa stanza, questa città e iniziare una nuova vita, senza problema alcuno…”
    Karel tornò improvvisamente ad essere la creatura timida e triste del giorno prima. Una lacrima, l’ennesima in quella mezzora, gli rigò il volto e lo fece sentire sporco, più sporco di quando Alan lo aveva privato della sua stessa vita.
    “Karel ascoltami – proseguì Mirek – andiamocene assieme. Lasciamo questo posto, questo giro, sono disposto a tutto pur di essere libero. Lasceremo dietro di noi Praga, Ludek, il giro ed andremo a cercare fortuna altrove. Possiamo prostituirci insieme, per strada, usando le dovute precauzioni e vivendo una vita dignitosa. Siamo due ragazzi giovani e vedrai che non avremo problemi a guadagnare abbastanza per permetterci le medicine che ti servono… Karel, ti prego apri quella porta…”
    Ma no, Karel non aveva nessuna intenzione di vivere come un reietto, costretto a preoccuparsi della salute propria e di quella degli altri. E soprattutto non voleva perdere Mirek, non voleva più sentire quella distanza tra loro…
    “Saremo più uniti di prima – proseguì il suo amico, come avendogli letto nel pensiero – sarai comunque il primo a fare l’amore con me, non cambierà nulla. Solo che potrai usare il preservativo e non sarai costretto a mettere a rischio la mia salute”
    Ma davvero il Mirek non capiva quello che provava lui? – si domandò – Non vedeva quanto sarebbe stato schiavo di precauzioni, di continue necessità di soldi nel mondo la fuori? Nonostante tutto lì dentro, in famiglia, non avrebbe dovuto preoccuparsi di nulla. Avrebbe potuto entrare in intimità con chi voleva senza limitazioni di sorta, avrebbe avuto agi e medicine in abbondanza. Sarebbe stato molto più libero come membro della famiglia che come libero cittadino.
    E in fondo valeva lo stesso per Mirek, anche se ora non se ne rendeva conto. Anche lui, se avesse dovuto vivere sano tra i sani, si sarebbe preoccupato per tutta la vita di non osare troppo, di non darsi troppo agli altri, di non darsi mai totalmente a lui, a Karel. No, era meglio per entrambi restare in famiglia, senza nemmeno considerare i rischi che avrebbero corso nel caso di un tentativo di fuga.
    “No Mirek – gli disse – è troppo rischioso. Tu non capisci cosa vuol dire mettersi contro il giro. Non mi perdonerei mai se ti succedesse qualcosa di brutto…”
    “Ma non vedi che stai per farmelo tu qualcosa di brutto?” gli urlò contro l’amico, esasperato.
    “Non è minimamente brutto rispetto a quello che ti potrebbe fare il padrone, credimi…” concluse Karel, prendendo nuovamente le mani dell’amico tra le proprie e guardandolo dritto negli occhi.
    “Mirek, fidati di me…”
    “Karel… no…”
    Furono ancora le loro labbra ad incontrarsi per prime. La passione esplose più travolgente di prima, alimentata dai sentimenti contrastanti dei due ragazzi. L’abbraccio di Karel era stretto, incredibilmente forte a dispetto della sua esile corporatura, e Mirek non trovò la forza morale di ribellarvisi. Nonostante tutto, una parte di lui desiderava immensamente quello che stava accadendo, anche se il miraggio di una vita normale svaniva e gli bruciava ancora nel petto.
    “Karel…” sussurrò, stringendo la maglietta di lui tra le proprie mani “perché…?”
    L’amico non rispose e gli assaggiò nuovamente le labbra, slacciandosì con la destra i pantaloni ed accarezzandogli la schiena con la sinistra.
    “Mirek, non pensare alle cose brutte – gli sussurrò sulle labbra – pensa che finalmente saremo nudi come non siamo mai stati prima, l’uno dentro l’altro senza vergogna, senza barriere”
    Mirek rabbrividì in risposta ed infilò le mani sotto alla t-shirt del compagno, esplorandone il corpo sottile.
    Quest’ultimo smise finalmente di armeggiare con i bottoni e lasciò cadere i jeans sul pavimento, rivelando un pene eretto sotto il cotone degli slip. Era così pronto, così umido a giudicare dalla macchia che scuriva le mutande in corrispondenza della sua punta.
    Come ipnotizzato, Mirek scese a tastarlo con le mani e Karel ne approfittò per sfilarsi definitivamente la maglietta. Entrambi erano in mutande ora, divisi solo da un sottile strato di tessuto. Un’emozione calda ed avvolgente invase il cuore di Karel che infilò le braccia sotto a quelle dell’amico e si schiacciò sul suo corpo, percependone il respiro, l’insistente battito vitale.
    Membro su membro, pelle su pelle, la brama si fece carne e divenne quasi solida.
    “Ti va se ce le togliamo a vicenda?” chiese Karel indicando le mutande dell’amico. Non avrebbe mai detto di essere così capace ad interpretare il ruolo del dominatore, che era parecchio alieno alle sue inclinazioni fra il resto.
    Mirek annuì impercettibilmente e gli sfilò gli slip, liberando il pene da quell’estremo confine. In contemporanea, le mani dell’amico avevano rivelato anche la sua erezione, lasciando nudi ed indifesi i genitali di entrambi.
    Ancora, Karel accostò le labbra dell’amico alle sue, le baciò e poi appoggiò la fronte a quella di Mirek. Abbassò lo sguardo, imitato dal compagno, e fu un’emozione intensa osservare il proprio membro nudo incontrare quello del compagno ed inviare la prima scossa di piacere. Era un piacere vibrante, umido, che sapeva di intimità e condivisione. I ragazzi si guardarono negli occhi, raccontandosi con quel gesto il rispettivo, sorprendente godimento. Erano fatti l’uno per l’altro.
    Karel sorrise e si fece cadere sulle ginocchia, contemplando il membro del suo amico. Voleva assorbirne la forma, l’odore, la consistenza.
    “Mirek…” mormorò, prima di passare la lingua sui suoi testicolì rotondi e pieni “…io non l’ho mai fatta questa cosa, non credo sarò tanto bravo ma… vorrei sentire il tuo sapore”
    Il ragazzo annuì, con gli occhi socchiusi.
    Karel proseguì, risalendo con un’unica, larga leccata tutta la lunghezza del pene. Arrivato al frenulo il corpo dell’amico ebbe un sobbalzo, ma fu solo quando gli prese il glande in bocca che Mirek emise il primo gemito sorpreso. Non aveva mai provato una sensazione del genere. Karel sembrava apprezzare il suo sapore, perché si era messo a succhiare con entusiasmo, procurandogli ondate di crescente piacere. Era piuttosto disorientante. Quel godimento era avvolgente, circolare, pulsante. La bocca dell’amico sembrava il posto più comodo dell’universo mentre scivolava calda attorno alla sua intimità e, se Karel non avesse smesso meno di un minuto dopo aver iniziato, probabilmente Mirek gli avrebbe inondato la bocca.
    Fu una sensazione di enorme fastidio essere privato di quelle morbide mucose, mentre già le contrazioni preannunciavano l’orgasmo.
    “Karel… ancora un po’ dai, mi hai fatto quasi venire…” implorò all’amico, che sorrise e se lo riprese in bocca. Mirek afferrò delicatamente la nuca del compagno ed iniziò a scopargli la bocca con movimenti lenti e circolari.
    Karel non dovette attendere molto per conoscere il sapore dell’amico, perché bastarono cinque o sei spinte ed un mugolio del ragazzo preannunciò la prima esplosione liquida. Fu un sapore dolce, intenso, aromatico quello che gli invase la bocca. Era Mirek. Ancora intatto, puro, sano. Karel ingoiò.
    Mirek gemette ad ogni schizzo, sollevandosi sulle punte dei piedi, come per svuotare meglio il proprio orgasmo nella bocca dell’amico. Lo stava ancora tenendo per la nuca quando le contrazioni si fecero meno intense ed abbondanti ed il piacere discese. Karel aveva ingoiato tutto.
    Mirek lo fissò meravigliato.
    “Meno male che era la prima volta” gli disse.
    L’amico sorrise, si tirò agilmente in piedi e lo baciò, la bocca ancora piena del sapore di lui. Mirek si sorprese a non trovarlo rivoltante, come quando aveva provato ad assaggiarsi in passato, dopo essersi masturbato. Non vi era nulla di rivoltante, con Karel.
    L’amico staccò le labbra dalle sue e gli sussurrò nuovamente sulle labbra: “Sei pronto?”
    Mirek abbassò lo sguardo.
    Non era pronto, non lo sarebbe mai stato. Tutto il suo corpo non desiderava altro, ma la ragione vi si opponeva strenuamente.
    “Karel, io non vorrei ammalarmi” mormorò.
    L’amico gli carezzò il volto.
    “Lo so Mirek ma, credimi, non è terribile come pensi, tutt’altro. E poi non abbiamo alternative, è una cosa che dobbiamo sforzarci di fare…”
    “Karel…”
    Il ragazzo ignorò l’ennesima protesta dell’amico e gli mise un braccio attorno alle spalle, costringendolo con dolcezza a sedersi sul materasso. Non aveva mai provato un desiderio tanto impellente quanto quello che stava provando ora. Il membro gli stava pulsando e spargeva umori, mentre i testicoli gli dolevano dall’eccitazione. Sarebbe successo. Gli sarebbe entrato dentro e lo avrebbe reso simile a lui, per sempre, nuovamente fratelli e senza barriere. Niente al mondo avrebbe potuto impedirgli di riprendersi Mirek. Nemmeno le sue stesse preghiere.
    “Ci conviene stenderci adesso” gli disse, con un tono che non prevedeva repliche.
    Mirek percepì il proprio corpo irrigidirsi mentre l’abbraccio dell’amico lo tirava a sé, disteso sul morbido lattice vorace di umori. Non era Karel, non poteva essere lui quel ragazzo autoriatario e crudele, non quello che ora lo stava girando sul fianco e stringendo in un abbraccio che assomigliava molto, troppo a quello di Alan.
    “Karel, tu non sei così…” gemette Mirek, un atroce senso di insicurezza che gli si gonfiava in pancia.
    L’amico accostò il membro teso tra le sue natiche e gli mordicchiò il collo, senza rispondere. Capiva perfettamente quello che stava provando Mirek, ma sapeva che nessuna parola lo avrebbe tranquillizzato. L’unico modo attraverso il quale lo avrebbe potuto aiutare sarebbe stato procedere il più velocemente possibile, dandogli ad intendere di non avere scampo.
    Karel allungò una mano e prese dalla tasca dei pantaloni rovesciati sul pavimento un tubetto di lubrificante.
    Mirek assistette all’incedere rapido degli eventi con un senso di incredula impotenza. La porta era chiusa a chiave; là fuori vi erano Alan, Ludek e il padrone ad attenderlo mentre dentro a quella stanza il suo unico amico si stava preparando ad abusare di lui. Non riusciva a credere che Karel stesse davvero spalmando il lubrificante sul suo membro nudo, non che fosse realmente capace e pronto a fargli quello che stava per fare.
    Invece quel ragazzo irriconoscibile terminò di lubrificarsi il membro e spalmò un altro strato abbondante di lubrificante sull’orifizio dell’amico, che si lasciò sfuggire un gemito. Karel si sentiva così determinato, così voglioso. Non aveva mai avuto particolari fantasie come attivo, ma in quell’occasione non stava desiderando altro, tutto il suo corpo non desiderava altro. Poteva percepire una strana sensazione ai testicoli, come fossero oltremodo pieni ed implorassero di essere svuotati per trovare un po’ di pace. Accostò nuovamente il membro fra le natiche dell’amico e lo fece scorrere tra di esse, preparandosi e preparandolo alla penetrazione.
    Non c’era più niente da fare, era già tutto scritto – si disse Mirek. Poteva sentire l’amico ansimare dietro di sé, diventare ogni secondo più simile al prostituto che lo aveva infettato. Era questione di pochi attimi ed anche lui sarebbe diventato tale e quale. Compromesso. Sporco. Malato.
    Lo sentì sussurrare al suo orecchio di prepararsi, che stava per accadere, ma quelle parole risuonavano lontane, ovattate, quasi non fosse lui il destinatario delle stesse.
    “Mirek, adesso ti entro dentro” aveva detto, appoggiando il glande al suo pertugio.
    Era giunto il momento. Non si poteva più procrastinare, non si poteva evitare. Mirek percepì la minaccia pulsante e dura dell’amico premere sul suo orifizio anale, prepararsi a penetrarlo, contaminarlo e renderlo suo pari. Comprese senza bisogno di parole il desiderio feroce dell’amico. Non era solo voglia animale quella che stava provando Karel, ma urgenza di totalità.
    “Rilassati, oppure ti farà male” disse, ed aumentò gradualmente la pressione fino a quando l’orifizio del ragazzo non cedette e lo accolse vorace.
    Non fu doloroso. Non fu piacevole. Fu tutto questo e molto di più.
    Mirek si sentì allargare ed invadere dalla carne dell’amico, che lo penetrò con un’incredulo gemito di piacere. L’intimità di Mirek era calda, stretta e morbida allo stesso tempo, innocente, vergine. Karel poteva sentire il pulsare lieve di quelle viscere sul suo membro infetto, ignare ed indifese.
    Si sentì sporco e crudele, ma ciò non fece che accrescere la sua urgenza di portare a termine l’impresa. Vi era come una presenza, dentro al suo corpo, che spingeva per diventare tutt’uno con l’amico. Karel sapeva che cos’era quella cosa. Era ciò che più aveva temuto fino al giorno precedente, ciò che a breve lo avrebbe unito per sempre al corpo e allo spirito dell’amico. Gli sarebbe bastato scaricare la potenza della stessa nel ragazzo, e questi sarebbe stato eternamente suo.
    Mirek era rimasto senza fiato durante la penetrazione e da quel momento l’intimità tra i due ragazzi si era fatta suprema. Niente stava più tra loro a dividerli e lo stesso Mirek comprese che mai, con un preservativo, avrebbero raggiunto una tale simbiosi.
    Karel, ansimante, prese a muoversì dolcemente dentro di lui, facendogli percepire con più intensità quell’invasione. Mirek gemette e Karel rallentò il ritmo fino a quasi fermarsi, gustando quella sensazione di intimità e di potere. Percepiva il proprio membro contrarsi di piacere ed accompagnava ogni contrazione con un mugolio sommesso. Non si era mai sentito così nudo, in tutta la sua vita, così nudo e benvoluto. Sì perché nonostante le iniziali proteste, il copro dell’amico lo aveva accolto con benevolenza e lo ringraziava donandogli un piacere inesprimibile. Le viscere di Mirek si facevano sempre più umide, mano a mano che il membro dell’amico si contraeva e vi depositava pre-sperma.
    Mirek riuscì quasi a percepire l’emozione dell’amico quando questi smise la cautela e iniziò a pompare con più decisione dentro di lui. Comprendeva, quasi telepaticamente, il suo bisogno di essere accettato, accolto, di lasciarsi andare totalmente dentro di lui, anche a costo di rovinargli la vita. Il ritmo salì ancora, fino ad assomigliare ad una possente vibrazione che fece sentire Mirek in pericolo, indifeso, ma non fu la paura a farlo urlare. Quegli scossoni stavano andando a deliziargli l’intestino di un piacere mai provato prima. Il suo membro era ora teso, dritto e sgocciolava umori mentre Karel lo stava stimolando dall’interno. Mirek si sentì stringere più forte dall’amico, che singhiozzava di piacere nel suo orecchio mentre le rispettive intimità si scioglievano in un’unica, umida, furiosa entità.
    Karel era al limite, poteva percepire i muscoli adibiti all’eiaculazione tendersi e prepararsi all’evento. Anche l’amico stava godendo selvaggiamente tra le sue braccia; si era abbandonato a lui, al suo piacere, e ne aveva preso parte senza più pensare a ciò che gli stava facendo. In quel momento Karel avrebbe potuto lasciarsi andare ed infettare il compagno senza preavviso, ma sapeva che non era giusto, in fondo Alan aveva ragione. Mirek doveva vivere al cento per cento il momento in cui gli avrebbe distrutto la vita. Non avrebbe potuto rivivere delle emozioni così contrastanti e travolgenti.
    “Sto per venire, Mirek – gli confessò tra gli spasmi – sto per infettarti”
    L’amico si irrigidì tra le sue braccia. Karel lo strinse con più decisione, deciso ad impedirgli qualsiasi tipo di fuga.
    Mirek percepì il corpo esile dietro di lui tendersì come un arco, mentre le spinte si facevano più rade e decise. Il suo amico stava abbandonandosi all’orgasmo imminente ed i suoi gemiti si facevano sempre più ravvicinati e di intensità crescente.
    “Karel… no.. per favore…” lo pregò, ben sapendo quanto fosse inutile.
    “Ti voglio bene Mirek” singhiozzò lui “te ne voglio troppo. Ti prego… scusami…” e diede l’ultima spinta.
    Il gemito di attesa di Karel crebbe fino a divenire un grido… e poi esplose. Il piacere fu atroce. Ciò che si svolse in pochi secondi fu vissuto da entrambi i ragazzi come una parentesi di eternità. Karel percepì tutto il suo corpo concentrarsi nei testicoli, nel membro e riversarsi dentro all’amico con fiducia e senza remore. Non voleva essere da alcun’altra parte se non dentro di lui, per sempre, senza confini.
    Fu un getto tremendo, quel primo atto di contaminazione.
    Mirek si era preparato a ricevere lo sperma dell’amico quando lo aveva sentito emettere l’ultimo gemito, ma non avrebbe mai immaginato una cosa del genere. Fu un calore immenso, profondo e lungo. Il violento getto di Karel lo riempì in profondità dove il suo stesso membro non era riuscito ad arrivare e bruciò come lava rovente nelle viscere del ragazzo.
    Mirek comprese subito di essere perduto, ed urlò.
    Karel lo ascoltò deliziato e svuotò un secondo getto di sperma nell’intestino dell’amico. Quell’urlo era la negazione estrema e disperata di tutto ciò che stava accadendo, aveva raccontato al mondo l’orrore per quella tragedia e per lo stesso godimento che Mirek stava provando nel subirla. Sì perché Mirek non poteva negare, non a se stesso e non a Karel, quanto quella sensazione di fusione totale gli riempisse di soddisfazione il ventre, gli raccontasse di un mondo dove non sarebbe più stato solo ma una cosa unica con il suo crudele amico.
    “Lasciati andare – singhiozzò Karel scaricando altro sperma nell’intimità del partner – ormai è tutto successo, lasciati andare…”
    E Mirek, in lacrime, così fece.
    Il membro di Karel continuava a pompare virus dentro di lui, come fuori controllo, e il ragazzo si concentrò su quella sensazione di impotenza e di invasione. Bastò la frazione di un secondo perché tutto il corpo di Mirek si contraesse e si preparasse all’eiaculazione.
    “No” esclamò però subito, interrompendo lo spasmo.
    “Karel – disse – voglio venirti dentro anch’io. Voglio che la nostra fusione sia completa”.
    Karel annuì senza capire, ancora in preda all’estasi dell’orgasmo; ma proprio mentre stava scaricando gli ultimi schizzi di liquido dentro all’amico, realizzò di aver appena ascoltato ciò che più di tutto aveva desiderato ascoltare nella vita.
    Mirek non lo odiava, e aveva compreso il significato di ciò che era appena successo. La malattia che ora condividevano li aveva resi davvero uniti come fratelli. Diede un bacio lieve sul collo dell’amico ed estrodusse delicatamente il membro dalla sua intimità.
    Una colata di sperma screziato di rosso si riversò dall’ano di Mirek sul materasso, impregnandolo di un’altra traccia di violenza e piacere. Karel lo osservò rapito e fece girare l’amico fronte a fronte, regalandogli un enorme sorriso.
    Mirek aveva il volto arrossato dal pianto e stravolto dalle emozioni, ma nei suoi occhi si poteva leggere ancora la ferocia dell’orgasmo imminente. Non sorrise né pronunciò parola quando fece girare Karel sulla pancia, non mentre prendeva il lubrificante e lo spalmava sul proprio membro teso e pulsante. Voleva solo ricambiare ciò che il suo amico gli aveva fatto. Voleva punirlo, farlo godere, riempirlo della rabbia e dell’affetto che provava nei suoi confronti; voleva questo e molto di più. Perché se aveva imparato qualcosa durante la sua prima scopata, era che le parole non avevano il potere espressivo di un seme che brucia nel ventre. Fu per questo che non disse niente nemmeno quando accostò il membro teso all’orifizio anale di Karel, né mentre vi sprofondava dentro, nudo, gemendo sorpreso per l’intensità inaspettata del piacere. Lo penetrò completamente, senza badare ai gemiti dell’amico e iniziando subito a scoparlo con dolcezza. Fu il paradiso. Mirek non riusciva a trattenersi dal gemere mentre percepiva i testicoli risalire e il corpo intero prepararsi all’orgasmo. Niente altro desiderava nella vita. Voleva riempire l’intimità dell’amico per raccontargli le sue più profonde emozioni, voleva scaricarsi in lui per sminuire l’indelebile traccia di Alan e prenderne il posto. E così fece.
    Diede un paio di spinte decise, incurante di un lamento accennato da Karel, e subito l’orgasmo gli bruciò nel membro. Nell’attesa afferrò le anche del compagno, come per immobilizzarlo mentre sentiva il proprio pene vibrare piacere e prepararsi ad esplodere sperma nell’intimità del ragazzo. Karel si preparò a riceverlo allargando lo sfintere, pronto ad accoglierlo in profondità.
    E poi accadde.
    Mirek gemette e riversò tutto se stesso nell’amico, in un urgenza estatica inesprimibile a parole. Fu tutto il mondo concentrato in un istante, un’enorme esplosione di sperma e di fuoco che prendeva la forma dell’unione infinita tra i due ragazzi. Nessuna barriera, nessun pensiero, nessuna preoccupazione a distinguerli tra loro. Erano semplicemente liberi l’uno nell’altro, fratelli di sangue nel piacere, nella sventura e nella malattia.

    (... to be continued ...)
     
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  10. KronT
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    Sbav!
     
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    L'Amore con la A maiuscola, non guarda al sesso dell'amato, ma negli occhi per perdersi nella sua anima, fondendosi in un universo perfetto ed armonico, attraverso la donazione di sè

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    Stavolta è arrivata anche l'eccitazione.
    Quella di Mirek e Karel avvinti in un abbraccio Universale.
    L'angoscia che si tramuta in desiderio così potente da sconquassare l'intero organismo.
    Capace di sconvolgere la mente e domare la ragione.
    E poi la complicità e la condivisione piena, totale e consapevole.
    Dire che, come al solito, è meraviglioso, sarebbe riduttivo.
    Chapeaux
     
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  12. Richa
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    Bravissimo. Questo racconto è fra i più belli che ci sono qui. Non vedo l'ora che pubblichi il seguito! :) :) :)
     
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    This is my religion

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    Meraviglioso. Sublime, sia per l'orrore e l'angoscia che per la burrasca emozionale che hai inserito.

    Usi le parole giuste e descrivi perfettamente l'atmosfera, tanto che mi hai rapito e sconvolto come se fossi stato in quella stanza di fronte a questi due poveri ragazzi.
    È scorrevole, fluido, coinvolgente e perfettamente pessimistico.
    Dieci e lode!
     
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    Ciao, sono Kol. Al Kol.

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    DOLCE GAY

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    Non avete idea di quanto mi rendano felice alcuni vostri commenti, ragazzi! Leggere di essere riuscito a smuovere esattamente quello che volevo smuovere è... semplicemente meraviglioso!!! Non preoccuparti shu-taka, le avventure di Mirek e Karel proseguiranno, anche se al momento sono in fase di stallo :D
     
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19 replies since 12/4/2013, 20:54   1940 views
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