Gay Boys Reloaded

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    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Premetto che sarà un racconto un po’ lungo e con una parte introduttiva abbastanza corposa, però non sono riuscito a comprimerlo in meno spazio. Qui trovate le, ormai datate, parti precedenti:
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=49256944 (quinta parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48749804 (quarta parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48586511 (terza parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48545102 (seconda parte)
    https://gayboysreloaded.forumcommunity.net/?t=48489678 (prima parte)


    Eccola finalmente arrivata: la gita di 3 giorni a Napoli, Pompei, Ercolano. Classica gita che si prospetta, prima o poi, in ogni carriera scolastica di un liceale che si rispetti.
    Partiamo con un pullman, due classi. Il rincoglionimento post-risveglio ci accompagna più o meno per tutto il tempo prima della fatidica e immancabile sosta all’autogrill. Ci sparpagliamo chi qua chi là, tra sigarette consumate velocemente e incetta di panini o sandwich. Io non dovevo soddisfare nessun bisogno particolare, se non quello di pisciare. Non so perché, ma quando sono in viaggio mi viene da farla più spesso. Noto con dispiacere che in diversi condividevamo quella necessità e, ancora peggio, c’era un solo bagno chiuso agibile con una fila interminabile davanti (di gente che si contorceva per urgenze di altra natura). Anche se controvoglia mi dirigo di corsa verso uno dei cessi a muro, che odio per la mia –come avrete ormai capito- poca propensione a mostrarmi nudo in pubblico, facendo attenzione a scegliere quello più nascosto possibile e soprattutto senza gente intorno. Tiro fuori il mio amichetto e inizio a farla, a occhi chiusi per concentrarmi meglio (in questi casi rischio di bloccarmi).
    “Oh cazzo, ma allora F. aveva ragione!” sento esclamare a brevissima distanza da me. Mi “risveglio” con uno scatto girandomi verso la direzione da cui proveniva la voce e mi trovo un ragazzo che conosco di vista (che chiamerò Y perché anche il suo nome inizia per M), dell’altra sezione, che mi guarda sorridendo. “Scusa, non ti stavo spiando, non pensare male. Ero solamente troppo curioso perché da quando tu e F. avete fatto quella gara a scuola, nello spogliatoio dopo gli allenamenti è nato questo mito del tuo pisellone…e devo ammettere che M. e F. avevano proprio ragione, complimentoni!”. Ero basito da cotanta naturalezza/sfacciataggine nel parlare a una persona del suo pisello (soprattutto con uno sconosciuto) da non riuscire a dire nulla se non un “ah, grazie” a mezza bocca; non pensai nemmeno di guardare come fosse il suo, di pisello…lo stimolo a pisciare ormai se ne era andato e, nonostante non fossi riuscito a farla tutta, perlomeno un po’ mi ero svuotato. “Cmq piacere, Y” aggiunge lui porgendomi la mano. “X” rispondo “e scusa se non ti do la mano ma, non è per sfiducia, ci stai reggendo il cazzo”...forse era un vizio dei calciatori, pensai tra me e me (vedi storie precedenti XD). Si mette a ridere “hai ragione, hai ragione…ci si becca allora. Ciao!”. Mi vado a lavare le mani ancora esterrefatto e irritato da quello che era appena successo: ero diventato un fenomeno da baraccone? Indipendentemente dal fatto che alla stragrande maggioranza dei ragazzi quello sarebbe sembrato un validissimo motivo di vanto a me non andava di essere noto in tutta la scuola come “quello che ha il pisello grosso”. Tornai verso il pullman, mi sedetti imbronciato e infilai le cuffie dell’iPod nelle orecchie. “Tutto a posto?” chiese il mio inseparabile amico S., vicino di posto. Risposi affermativamente solo con un cenno della testa e mi girai verso il finestrino per tutto il tempo rimanente.
    La prima cosa che facemmo arrivati a Napoli fu sistemarci nell’albergo. Non saprei dire veramente nulla di dov’era localizzato, ricordo solo che era veramente brutto. Mi ero organizzato per dormire con S. e altri due nostri compagni, poiché ci era stato riferito che le camere sarebbero state da 3 o da 4. Naturalmente, come accade in ogni gita, ci furono dei disguidi: le ragazze avrebbero dovuto mischiarsi tra classi perché era stato calcolato male il numero dei posti letto. Ovviamente queste iniziarono a frignare che avevano trucchi-vestiti-borse-piastre-vibratori o non so cosa in comune e la divisione-condivisione toccò a noi maschi. “Poco male” pensai “Di sicuro ci sarà gente che ha amici nelle altre classi e io potrò cmq stare con loro”; e mi sbagliai: i professori, infatti, già stremati dagli isterismi delle femmine, decisero arbitrariamente le camere in ordine alfabetico. Vidi quindi che iniziarono l’appello e , di 4 in 4, assegnarono le chiavi. Non ci stavo credendo: prima di me nell’appello c’era M. e tutto avrei voluto meno che finire in camera con lui. Mi avvicinai alla prof. protestando e dicendo che avrebbero potuto benissimo farcela da soli a distribuirci per camere, e come me anche altri, ma mi fu risposto di non cominciare a creare problemi dato il ritardo che avevamo accumulato per banalità come quella. Tsk. Come volevasi dimostrare capitai in camera con M., F. e con il loro amico Y. Quando si dicono “incontri provvidenziali”…Presi io la chiave in quanto considerato “il più affidabile dei quattro” dai professori. Mentre prendevamo l’ascensore che conduceva all’ultimo piano (era una delle sole due camere al quinto piano, l’altra oltretutto era vuota essendo noi gli ultimi 4 dell’appello) vidi che anche M. non era entusiasta di come stavano andando le cose ma scherzava allegramente coi suoi compagni di squadra, mentre io me ne stavo zitto da una parte, incazzato nero. “Daglie X, che ci divertiamo” disse Y, dichiarandosi contento perché in classe sua erano quasi tutti delle mummie mentre con F. e M. era sicuro che sarebbe stato meglio. Facevano un casino assurdo dentro quel minuscolo ascensore, ma li avrei detestati anche se fossero stati muti. Arrivati al quinto scesi per primo e mi diressi a colpo sicuro alla porta della nostra camera; gli altri mi spingevano gridando per l’euforia (che ci sarà di tanto bello nell’entrare in una camera, pensai acido), tanto che la chiave si piegò nella toppa e rimase incastrata. Fottuta. Ovviamente i prof. si incazzarono un bel po’ e gli albergatori non avevano nemmeno una chiave di riserva, tanto che nessuno avrebbe potuto aprire da fuori la porta una volta chiusa. Superata la ramanzina delle prof. (con tanto di “mi meraviglio di te” rivolto al sottoscritto) e i finti visi pentiti di noi ragazzi, ci sistemammo un secondo prima di scendere per il pranzo. La camera non era molto grande (= nessuna possibilità di ricucirsi un minimo di privacy), un matrimoniale e un letto a castello. Y si mise immediatamente in mutande “Raga ho tutto il culo bagnato a forza di stare seduto su quel pullman”; in effetti si vedeva, le mutande gli aderivano piuttosto bene alle chiappe. Tra l’altro, i complimenti glieli avrei dovuti fare io per quel fondoschiena: perfetta forma, probabilmente le chiappe erano anche belle sode. E il resto del fisico non era da meno: alto 187-190 cm penso, biondo anche se i capelli erano tagliati cortissimi, occhi celesti e bel sorriso. Fisico ovviamente atletico dati gli allenamenti serrati a cui erano sottoposti, un po’ più muscoloso di M. (F., non ricordo se l’ho detto, aveva decisamente un viso e un fisico bruttini). Non che non lo conoscessi di vista (era considerato uno dei ragazzi più fighi della scuola), ma non mi ci ero mai soffermato troppo sopra, neanche nelle mie fantasie erotiche. Mentre ero assorto nei miei pensieri mi arriva uno spintone che mi fa quasi cadere a terra: era M., appena uscito dal bagno alle mie spalle:”Preparati perché noi facciamo casino, o partecipi o te ne stai zitto senza lamentarti, sennò ti gonfio di botte”. La mia risposta fu solo uno sguardo di disprezzo dritto negli occhi: non mi faceva paura, non più. “Ahahah! Ma no, vedrai! Ha la faccia sveglia il ragazzo, e non solo…” disse allora Y, lanciando uno sguardo malizioso a F., che si unì alla risata “Sono sicuro che ci divertiamo, raga”. Concluso quel siparietto piuttosto ripetitivo, ognuno prese un letto (io optai per il letto a castello, sopra a Y) e scendemmo per l’agognato pranzo.
    Rividi finalmente gli altri amici e stetti con loro per il resto della giornata. Napoli mi era piaciuta parecchio e fortunatamente avevamo avuto sufficiente tempo per cazzeggiare qua e là per i negozi e per fare un po’ di foto da scemi (ho un po’ la passione per le foto, soprattutto quelle in compagnia). Si stava avvicinando il tempo di tornare in albergo e già sentivo il disagio crescere per il “momento doccia”. Temevo che, considerato l’episodio ai bagni dell’autogrill, qualche altro discorso attinente sarebbe venuto fuori. Come se non bastasse, rivedere M. completamente nudo avrebbe potuto far tornare a galla sensazioni ormai rinchiuse da qualche parte nel mio cervello e farmi star male. In ogni caso, dovevo affrontarlo. Tornammo in albergo; gli inservienti ci aprirono col passepartout che poi ci fu lasciato ed entrammo in camera. “Oh la doccia per primo la faccio io, eh” “No io!” “Non rompete il cazzo, la faccio io che voi fate sempre un lago”…finirono per gettarsi sul letto matrimoniale uno sopra l’altro, prendendosi scherzosamente a pugni e ridendo; ero completamente estraneo a quella goliardia e forse, vedendoli, un po’ mi mancava non interagire così con altri miei coetanei. Proposi, per placarli, di fare a estrazione; nell’ordine: F., Y, M. e io per ultimo. Cominciarono a spogliarsi tutti insieme, mentre io me ne stavo ancora vestito a smessaggiare al cellulare, steso sopra il mio letto e facendo finta di essere a mio agio in quella situazione che invece mi stava facendo salire sempre di più l’ansia. Di lì a poco avrei visto non uno, ma 3 ragazzi completamente nudi, cosa a cui non ero minimamente abituato non facendo sport. Ormai erano tutti e tre in mutande: il pacco di F. ero abituato a vederlo, sempre bello pieno e decisamente il migliore dei 3. M. si difendeva come sempre e Y non sembrava onestamente molto ben fornito, ad analizzarlo con maggiore attenzione (anche se sempre di occhiate fugaci si trattava). “Guarda che fisico di merda, ma quando ti decidi a buttare giù la pancia?” urlò Y a F., che rispose prontamente “Ma che vuoi? Io avrò la pancia ma tu questo mica ce l’hai!” e così dicendo si diede una energica tastata al pacco, stringendolo in modo da far risaltare tutto il suo contenuto. Mi sentivo arrossire in volto ma cercai di evitare, per quanto possibile. Non potei fare altrettanto con l’erezione che si stava facendo strada nelle mie mutande. “Guarda che mica è così piccolo” e così facendolo se lo tira fuori…e lì la mia erezione era proprio al massimo. “Sì, ma dove vuoi andare? Te lo sei scordato il mio, tonto?” e fu la volta del cazzo di F., che mi sembrava ancora più grosso dell’ultima volta in cui lo avevo visto. Una specie di salsicciotto gigante, largo e lungo almeno una quindicina di centimetri che penzolava giù da quelle mutande; quello di Y era nettamente più piccolo e fino e lui lo toccava per farlo un po’ imbarzottire. “Guarda che se te lo fai venire barzotto non vale, siamo tutti capaci” intervenne M., fino a quel momento spettatore come me, mentre stava ultimando di mettere a posto le sue cose. “Raga, ma da quant’è che non ci facciamo un bel segone di gruppo?” si illuminò a quel punto Y. “Ma smettila di fare sempre il frocio!” gli urlò contro F., scherzando ma non sembrando intenzionato ad appoggiarlo. “Dai, tanto te ne spari minimo 3-4 al giorno, l’hai dichiarato tu. Se devi fartela sotto la doccia e ritardarci tutti facciamocela qui tutti insieme. Io è da 3 giorni che non sborro, rischio di venire appena me lo tocco!”. Stavo con le orecchie puntate in alto come un alano, da una parte sovraeccitato e dall’altra terrorizzato all’idea che accadesse veramente. “Dai, guarda…ti si è pure intostato!” aggiunse Y. Mi girai quasi di scatto, involontariamente. In effetti F., che era rimasto zitto, aveva il cazzo in mano e lo stava trastullando; ormai era palesemente barzotto, se non qualcosa di più. “Oh ma la smetti? Se non sapessi quanto sbavi dietro alla fica mi preoccuperei!” gli urlò contro F., stavolta irritato. Tolse definitivamente le mutande, prese il bagnoschiuma e andò in bagno chiudendosi la porta alle spalle, col suo cazzo abbondante che ciondolava in su e in giù. “Hai esagerato” disse allora M., che nel frattempo si era sdraiato sul letto, rivolto all’altro “mica abbiamo 12 anni!”. “Oh, ho capito! Quante storie per una sega insieme, ce ne saremo fatte un miliardo fino all’altro ieri!” rispose Y “E tanto lo conosco, lo so che adesso ci mette 2 ore perché si sta spippettando”. Detto questo prese il cellulare, telefonò ai suoi compagni che avevano la camera al piano di sotto e li avvertì che sarebbe venuto a docciarsi lì perché qui le cose andavano per le lunghe. Infilò l’accappatoio e scese.
    Eravamo rimasti io e M., soli. Cosa che avrei evitato come la morte, se avessi potuto. Mi ero girato dalla parte del muro, sdraiato come se dormissi, in evidente atteggiamento di chiusura. “Tanto lo so che ce l’hai duro, frocetto” disse una voce sussurrante alle mie spalle “è inutile che fai l’indifferente”. Mi voltai di scatto, tirandomi su sui gomiti, lo guardai con il massimo disprezzo di cui ero capace “Che cazzo vuoi? Provocare?”. Si alzò di scatto sul letto e con due salti mi raggiunse, avevo la sua faccia ad altezza della mia; mi prese energicamente per un braccio, tirandomi e facendomi quasi cadere dal letto. Alla fine ci riuscì, caddi appoggiando però una mano al letto e i piedi per terra. “Oh, ma sei completamente rincoglionito? Mi sembra che volevi indifferenza totale ed è quello che sto facendo, non capisco cosa vuoi adesso!” gli urlai in faccia. Sapevo che poteva mettermi le mani addosso, ma il fatto che ci fosse altra gente e soprattutto i professori mi dava una certa sicurezza. “Ti ho visto come guardavi il cazzo di F.” mi disse, guardandomi dritto negli occhi a mezzo centrimetro di distanza dalla mia faccia. “E quindi?” gli risposi sicuro, ormai non mi faceva più effetto “Con te non ci sono molti misteri ormai, sai cosa mi piace e penso che puoi tranquillamente aspettartelo che guardo un cazzo se ce l’ho davanti”. Quella faccia tosta non l’avevo mai avuta, ma ero talmente irritato che forse venire alle mani, nonostante le avrei sicuramente più prese che date, mi stava quasi stuzzicando come idea. “Non deve succedere più, chiaro?” disse risoluto e piuttosto aggressivo. “Perché, sennò che mi fai? Mi picchi o gli vai a dire che vorrei fare con il suo cazzo quello che ho fatto col tuo?” lo provocai. Mi fissò incredulo, non si aspettava una risposta di quel genere evidentemente. Sentimmo la porta del bagno aprirsi, F. stava uscendo. M. si sedette sul letto di scatto e vedemmo comparire da dietro l’angolo un accappatoio azzurro e il faccione di F. che ci domandò subito dove fosse l’altro. M. prese accappatoio e bagnoschiuma e, con ancora le mutande addosso, entrò in bagno chiudendosi la porta alle spalle. Chissà come avrebbe reagito se F. fosse rimasto ancora un po’ là dentro? Io invece, mentre spiegavo perché Y era sceso, mi godetti la scena di F. che si asciugava. Si era tolto l’accappatoio ed era rimasto completamente nudo, indugiando non poco prima di cercare le mutande nel borsone. Se lo toccava, lo gingillava un po’, si grattava le palle…era veramente uno spettacolo ammirare quel cazzone ciondolante (dopo il caldo della doccia ancora più grosso di prima, ancora un po’ barzotto a forza di essere toccato) mentre parlavamo della scena di prima, del più e del meno. Non era esageratamente peloso, diciamo il giusto, però si capiva che non si aggiustava i peli come invece molti facevano e il tutto contribuiva ad incorniciare quel pisello dalla punta leggermente scoperta che ora lasciava intravedere anche un po’ di cappella. Per il resto, effettivamente, non era granché (non ciccione ma robusto, alto poco meno di me, faccia simpatica ma veramente brutta). “Oh ti conviene che ti spogli che M. ha quasi fatto” mi disse a un certo punto “Anche se stavolta ci sta mettendo più del solito…tu sta a vedere che la sega se la sta facendo lui e io non ho fatto un cazzo proprio perché quel coglione di Y rompeva” e rise. Mi associai sorridendo e iniziai a spogliarmi anche io, tentando di non farmi venire erezioni improvvise (in genere quando la situazione è tragica canticchio mentalmente, è efficace!). “Oh, si rimedierà più tardi!” aggiunse e mi guardò un secondo, poi scoppiò a ridere e si diede un’altra tastata al pisello mentre teneva in mano le mutande in procinto di essere infilate. Probabilmente avevo fatto una faccia strana a quelle parole. La sega di gruppo mi avrebbe eccitato come pochi ma non so se sarebbe stata una buona idea…fatto stava che sentivo il mio pisello risvegliarsi ancora e la cosa mi costringeva ad assumere una posizione piegata in avanti sul letto, da dove oramai aspettavo seduto il mio turno. Ero solo in mutande e ciabatte, con l’accappatoio e il bagnoschiuma in mano che avrei sfruttato per coprirmi nell’andare in bagno. Sentimmo bussare. “Oh vai tu che io che io sto ancora col cazzo di fuori!” disse F., affrettandosi a coprirsi. Andai alla porta, era Y. Entrò in accappatoio, mezzo bagnato (si vedeva che si era dato una rapida asciugata di sotto). “Cazzo non avevo portato neanche le mutande, pensa se incontravo la prof. nell’ascensore” disse “Salve prof.!” e così facendo aprì l’accappatoio e si mise a fare l’elicottero col cazzo, mimando l’ipotetica scena con la suddetta. Risate generali, interrotte da M. che uscì dal bagno in cui mi infilai immediatamente per dare tregua al mio povero amico che, lì sotto, stava veramente soffrendo ormai. La mia intenzione era davvero di segarmi per scaricare quell’eccitazione, ma non passò molto tempo che mi bussarono urlando che i prof. ordinavano di scendere massimo entro i dieci minuti successivi. Non ce l’avrei mai fatta, così finii di lavarmi e uscii di corsa. Gli altri erano già quasi del tutto vestiti per cui non ebbi grossi intralci. Nemmeno mi rivolsero l’attenzione quando mi cambiai (anche perché le mutande le infilai con l’accappatoio addosso, girato verso il muro), intenti come erano a mettersi il gel nei capelli. Scendemmo che avevo ancora i capelli mezzi bagnati, avevo fatto in tempo solo a dargli una phonata veloce.
    La cena era veramente buona, nonostante in gita si mangi generalmente male. Ero al tavolo con i soliti 5-6 amici, mentre gli altri 3 della mia stanza stavano insieme ad altra gente. Durante la cena ci si accordava su cosa fare dopo, in quali camere riunirsi per fare un po’ di casino, ecc…come sempre accade. Noi 4, avendo piani differenti, ci mettemmo d’accordo solamente sull’orario di rientro, in quanto io avevo le chiavi e dovevo essere già in camera per poterli far entrare. Si concordò che, salvo imprevisti, le 2 sarebbe stato un orario accettabile.
    Tornammo in albergo e andammo un secondo in camera per aspettare che i prof. andassero a letto. M. era piuttosto incupito, da quando avevamo fatto la doccia non sembrava il solito compagnone di sempre con gli altri. Non era comunque affar mio, me ne curai poco. Y e F. stavano smessaggiando con un paio di ragazze della nostra classe (le classiche fighette che sanno di esserlo e ci marciano) per andare in camera loro di lì a qualche minuto e portarsi anche M. dietro, quando arrivò loro un sms che diceva che i prof. stavano facendo la ronda proprio nel corridoio del loro piano, dove stavano quasi tutte le stanze delle ragazze, con il mazzo delle chiavi degli inservienti…evidentemente avevano colto qualche movimento strano e non volevano brutte sorprese al ritorno. Volarono bestemmie e insulti da parte dei due (M. era, stranamente anche in questo, rimasto impassibile) che già avevano sperato di inzuppare da qualche parte il loro biscottino, evidentemente. “Che rottura di coglioni, io già ce l’avevo duro solo al pensiero” disse Y, arricchendo la frase di particolari riguardanti le tettone di una delle suddette ragazze. F. si tastava energicamente il pacco, come faceva quasi sempre come vizio (si toccava veramente molto…dubito che fosse solo per sistemarselo nelle mutande, a meno che il suo coso non si muovesse di vita propria!) e non si dava pace “ma ti rendi conto? Quanta fica sprecata, si poteva fare…” e continuò aggiungendo anche lui particolari ben più spinti, che neanche ricordo perché obiettivamente non mi interessavano. “Che poi quella ce l’ha depilata…immaginati tu a leccargliela, tutta liscia…mmmh” controbatteva Y. Se ne uscì infine con un “Sentite, io non ce la faccio più. Devo farmi una sega”. “Ma così, senza niente? Almeno accendi la tv, in genere a quest’ora danno i porno” disse allora F. Stava succedendo veramente e io assistevo pietrificato alla scena. Pensavo che nessuno avrebbe raccolto l’invito di Y.
    F. accese la tv proprio su uno di quei canali che di notte danno film erotici (nei quali, tra l’altro, al massimo si vede un pelo di fica che se non voli di fantasia penso sia impossibile eccitarti). Appassionati dalla trama, tra gente che si contorceva e scopazzava a destra e a manca, piano piano i commenti presero il posto a silenzi rotti solo dal rumore che facevano le mani sotto le mutande. Ogni tanto un commento sulla porcaggine o sulle tette di qualche “topona” contribuiva a mantenere alto il tasso di testosterone della stanza. M. partecipava meno degli altri, cosa che non gli apparteneva granché. Perlomeno, me lo ricordavo molto attivo nei commenti verso l’altro sesso. Io in tutto ciò assistevo inerme alla scena. Guardavo la tv ma al massimo mi massaggiavo il pacco da sopra i jeans per non dare troppo nell’occhio, ma buttavo diversi sguardi anche agli altri (M. e F. perché Y mi stava sotto nel letto a castello e potevo solo sentirlo).
    “Raga, io lo tiro fuori…” disse proprio quest’ultimo, senza dubbio il più intraprendente. “Non fare il frocio, se vuoi sborrare lo vai a fare in bagno!” urlò M., irritato. “Ma che cazzo dici? Mica ti schizzo in faccia! Stasera sei una pugnetta, M.! Che cazzo c’hai, me lo spieghi?” ribatte’ l’altro. “E’ vero, smettila di rompere i coglioni!” si intromise anche F., mentre io continuai a starmene zitto. “Appunto!” esclamò Y tirandoselo fuori definitivamente. Non vidi svettare quel pisello ma sentii nitidamente lo SLAP del cazzo –durissimo, presumo- che sbatteva sulla pancia; immagino fosse quasi come segno di sfida nei confronti di M., che per tutta risposta si incazzò ancora di più e minacciando di arrivare alle mani. A quel punto anche F. se lo tirò fuori, duro anche lui, dicendo “e ora come la mettiamo? Ci meni a tutti e due? Mi sa che non ti conviene…”. “Che branco di froci…” disse M. a mezza voce, quasi ringhiando. Si alzò si scatto, prese il cellulare dal comodino e uscì dalla stanza sbattendo la porta. Pazzo. Non sapevo più che pensare, tra i cazzi duri di quei due e il comportamento da psicopatico di M., ero abbastanza inebetito da non fiatare nemmeno. “Robe da matti…” disse allora Y “…facciamoci ‘sta seghetta in compagnia, va!” tornò a sorridere, spostandosi sul matrimoniale al posto di M. per stare più comodo e avere la TV davanti. “Oh ma tu lassù su quel letto che fai, non partecipi?” mi chiamò in causa F.; eccolo, il momento che più temevo. “No raga, a me ‘ste cose non piacciono…voi se volete fate pure, io mi giro dall’altra parte e dormo…”. “Ah, eccone un altro che rompe i coglioni stasera!” fece lui di tutta risposta. “Guarda che è come per le pisciate in compagnia: chi non si sega in compagnia o è un ladro o una spia…oppure ha qualcosa da nascondere”. Panico. Che voleva insinuare quindi? Mi aveva sgamato? “Non è che…” sudai freddo “…è talmente grosso che non ti si drizza?” insinuò Y ridendo. Scoppiò a ridere anche F., e pure io, dal sollievo. “No no, gli si drizza eccome!” disse a sua volta in uno scoppio di ilarità F. “Dai, tiralo fuori anche tu. Tanto con tutta ‘sta fica in tv ti si sarà drizzato per forza!”. Eh già, proprio così. Duro era duro, ma per altri motivi. Presi coraggio e mi decisi a tirarlo fuori anche io. “Oh, finalmente! Guarda che bestia!” fu il commento di Y, che aggiunse solo “Forza raga, diamoci dentro! La sborra deve uscire da sotto la porta!”. Iniziammo a menarcelo di brutto. Io un po’ più lentamente, mentre il loro ritmo era piuttosto frenetico. Stando sopra il letto a castello avevo una posizione piuttosto privilegiata, perché in linea d’aria ero un po’ più indietro rispetto a loro e potevo osservarli senza che se ne accorgessero più di tanto. Sentivo Y ansimare notevolmente, mordersi le labbra a ogni sussulto di piacere. F. era impassibile invece, sembrava quasi che non gli piacesse anche se muoveva la mano ritmicamente su e giù. Si leccava solamente le labbra una tantum. Io mi limitavo a fare quello che faccio di solito, con la sola differenza che non guardavo più di tanto la tv ma due ragazzi in carne e ossa vicino a me. Il pisello di Y era ciò che si potrebbe definire “nella media”: non lunghissimo, non larghissimo ma perfettamente dritto; la cappella era color magenta, lucida per il pre-cum che la ricopriva. Quello di F. era gonfissimo, proprio come me lo ricordavo da quella volta a scuola…ma vederlo in azione era tutta un’altra cosa: un trapano praticamente!
    Tanta era l’eccitazione di tutti che non ci accorgemmo nemmeno che qualcuno era entrato in stanza. Io vidi solo spuntare dal muro una faccia e mi prese un mezzo infarto. “Ma che cazz…!” era M. che era rientrato; insieme al cellulare si era portato via anche la chiave che stava appoggiata sul comodino. Anche gli altri due sobbalzarono, ricoprendosi d’istinto. “Avete proprio deciso di fare seriamente, eh? Perché non ve lo date anche sul culo già che ci siete?” aggiunse. Volarono di nuovo insulti. “Ero tornato a dormire qui, ma c’è una puzza di sborra che ammazza” disse solo prima di tornare sui suoi passi, non prima di avermi guardato con sommo disprezzo. Aveva dei seri problemi di testa, decisamente. Quell’improvviso colpo di scena ci fecero smorzare tutta l’eccitazione. Tra una maledizione e l’altra diretta contro M., rimettemmo i piselli al loro posto nei boxer e ci sistemammo per la notte. Il resto della serata passò normalmente: quattro chiacchiere e un paio di partite a carte bastarono per farci scoprire molto più stanchi di quello che pensavamo e in breve tempo eravamo tutti tra le braccia di Morfeo.
    Eravamo convinti che M. sarebbe tornato più tardi a dormire in camera, tanto che F. disse “se quello stronzo fa casino quando rientra e mi sveglia giuro che lo gonfio davvero stavolta!”. La mattina però, quando la sveglia suonò, il letto dalla parte di M. era intatto. Nessuno di noi commentò la cosa, ci limitammo a prepararci in silenzio come 3 automi e scendemmo di sotto a fare colazione. Io ero sinceramente preoccupato…chissà in che cazzo di casini si poteva essere ficcato quel deficiente e, soprattutto, chissà in che casini aveva ficcato noi che dovevamo inventarci una scusa plausibile da dire ai professori. Scrutavo nervosamente nella hall dell’albergo in cerca di qualche sua traccia. Non volevo mandargli un messaggio però. Mi limitai a chiedere agli altri due se avevano avuto sue notizie. “Sarà stata tutta una messa in scena per andarsi a scopare qualcuna, quello le studia di tutti i colori” “Di sicuro avrà trovato il modo di farsi qualche zoccolona e non voleva condividere con gli amici” dissero uno dopo l’altro, nemmeno lontanamente preoccupati come me di eventuali note et similia. Poi lo vidi. Al tavolo, con altri, a fare colazione. Perlomeno era vivo. Passammo lì davanti e F. e Y si sedettero al suo tavolo, io proseguii dopo aver detto “buongiorno” che non ricevette però risposta. Testa di cazzo. La prossima volta gli avrei tolto il saluto.
    Tutto il resto della giornata lo passai solo ed esclusivamente coi miei amici. Avevo un forte mal di gola, cosa che mi urtò non poco. Di sicuro non aver asciugato bene i capelli aveva avuto le sue conseguenze. Pompei e Ercolano le avevo già viste, quindi mi annoiai un po’ ma tra una cazzata e l’altra il tempo mi passò comunque bene. Il momento doccia serale non fu affatto degno di nota, data la fretta che ci misero i prof. (di nuovo per il ritardo accumulato): ci alternammo stile catena di montaggio tra dentro e fuori il bagno, parlando giusto per dire qualcosa. Uscimmo per cena, dove si ripresentò la solita scena della sera prima: ognuno col suo gruppo di amici. Non ci calcolammo per tutta la cena, tavoli separati. Dopo cena, subito di ritorno in direzione dell’albergo, F. mi disse che Y aveva convinto tre ragazze della sua sezione a farci passare la notte nella loro camera e che sicuramente ci sarebbe scappata qualche porcata. Stupito da quella proposta –pensavo avrebbe coinvolto M. onestamente- gli chiesi il perché e mi disse che M. non voleva venire perché diceva che a parte una gli sembravano cesse e che lui con le cesse non ci andava. Come dargli torto, in effetti: erano le classiche “basta che respirino”. Declinai anche io l’invito dicendo che avevo già da fare: sarei dovuto andare in camera degli altri miei amici, semplicemente a fare quattro chiacchiere e poi ninna (o meglio, ad aspettare gli altri in camera perché il passepartout lo avevano lasciato di nuovo a me). Tempo 5 minuti dopo che F. se ne fosse tornato dagli altri mi arrivò un sms: era M., con mia somma sorpresa. “Vieni in camera con me, per favore. Ti voglio parlare”.
    Tachicardia. E adesso che era successo? Avrei voluto tanto sfancularlo, dati i suoi comportamenti di merda, ma ero troppo curioso…e lui su questo sapeva di poter fare leva. Poi quel “per favore” suonava davvero strano. Così dissi agli amici che avevo di nuovo mal di gola e salii all’ultimo piano, in camera, non appena arrivammo in hotel. M. non si fece attendere molto. Bussò, andai ad aprire e lo trovai con la spalla appoggiata al muro, accanto allo stipite della porta. “Ciao…ti va di andare a fare due passi? In fondo al corridoio c’è una terrazzina”.
    Era una bella serata, tiepida come quelle di inizio primavera che ti fanno sperare di aver ormai lasciato il freddo inverno alle spalle. Tirava solo un leggero venticello di tanto in tanto a ricordarci che quel cielo limpido non era ancora maturo a sufficienza per far cadere stelle ed esprimere desideri come a San Lorenzo. Io me ne stavo con le braccia incrociate, rannicchiato dentro la mia felpona verde col cappuccio ad aspettare che M. rompesse quel silenzio quasi magico, che mi sarebbe piaciuto facesse da sfondo a una situazione decisamente più romantica. Mi decisi:”Insomma…che devi dirmi?”. “Hai fretta?” ribatte’ lui, col suo solito fare sbruffone che mi irritò in un nanosecondo. Ero stato nuovamente troppo buono a concedergli il mio tempo. “Sì, ho fretta di andare dai miei amici, come avrei dovuto fare fin dall’inizio invece che venire a perdere tempo qui con un coglione come te” e detto questo mi girai incamminandomi verso il corridoio. “Oh aspetta!” mi prese per un braccio, trattenendomi “Senti…andiamo subito al sodo, ok? La verità pura e semplice è che io mesi fa ti ho trattato…volutamente male, diciamo…ma non avrei voluto”. Alla buon’ora, pensai. Erano delle scuse quelle? Quel tentennamento, indice del fatto che si sforzava nel chiedere scusa (era palese che non ci era abituato) non mi incantavano. Ero rimasto impassibile, una statua di sale. Non volevo che le sue parole, nessun tipo di parola, potessero riaprire una ferita ormai cicatrizzata né tantomeno addolcire pillole amare che ormai avevo ingoiato. Mi limitai ad ascoltare in silenzio, continuando a dargli le spalle. Ebbe ancora un attimo di esitazione nel continuare a parlare, dopodiché fece un ghigno, quasi come a trattenere una risata che sta per scoppiare. Intervenni allora io, tentando di porre fine al tutto prima possibile “Non so di che tipo di scherzo si tratti, ma mi sa che ti sta riuscendo piuttosto male”. “No, è proprio questo il problema” disse, tornando serio “Che mi sono accorto che non è mai stato uno scherzo”. Mi mise la mani sulle spalle, a stringermi le braccia e finalmente mi voltai “Le altre volte che avevo fatto…”cose”, diciamo, coi ragazzi era stato tutto molto più animalesco, senza nessun tipo di sentimento, ed era proprio quello che volevo io…oh, mica chissà quante volte, poi! Io non sono frocio, non mi piacciono i ragazzi”. “Questo lo stai ripetendo a te stesso, io non ho bisogno di ripassare la lezione per l’ennesima volta” gli dissi, guardandolo negli occhi. “Non hai capito…” tentò di ricominciare quasi rassegnato quasi pensando che non ci arrivavo, ma lo interruppi “Oh sì, ho capito benissimo invece. Non so quanto la stai prendendo larga ma è chiaro che l’obiettivo è di scopare di nuovo! Solo che io mi faccio prendere per il culo una volta, ma non la seconda”. “Fammi finire, cazzo!” mi urlò contro, scuotendomi sempre per le braccia che non aveva ancora lasciato andare. “No!” gli avrei vomitato addosso mesi e mesi passati a recitare miliardi di ipotetici discorsi mentali che avrei potuto dire quel giorno di merda al sottopassaggio, rimuginati chissà quante, troppe volte. “Stavolta non voglio rimanere come un salame a…” e lì mi baciò. All’improvviso. Esattamente come la prima volta, per farmi stare zitto. Provai a scacciarlo ma non ci riuscivo, era troppo più forte. O forse ero io che non mi opponevo poi così tanto. E mi resi conto che, stupidamente, era proprio quello che avrei voluto e sperato fin dall’inizio. Non desideravo picchiarlo, insultarlo, fargli male. Io volevo quello: amore da quella persona. E anche quel bacio sembrò durare un’eternità. “Andiamo dentro” disse sorridendo quando ci staccammo, visibilmente contento di essersela cavata. Nonostante il corridoio fosse deserto in maniera quasi irreale, ne convenni che era più prudente andare in camera.
    Non gli diedi il tempo neanche di chiudere la porta che già gli stavo di nuovo addosso. Stavolta lo baciavo con passione, energia. Aveva acceso una scintilla che si stava trasformando velocemente in una fiamma.
    Come se fosse l’ultima notte al mondo. Come se non ci sarebbe stato un domani.
    A un certo punto gli morsi pure delicatamente il labbro inferiore e lui sorrise dicendo “Oh-oh…mi sei mancato”. Detto questo mi afferrò le gambe e mi prese in braccio portandomele alla vita. Io lo stringevo e continuavo a baciarlo. Mi portò verso il letto e ci sdraiammo uno sopra l’altro, in un attimo ci stavamo spogliando. Gli tolsi la maglia bramoso di rivedere quel fisico asciutto che tanto mi aveva fatto eccitare mesi prima e che nel frattempo era anche incrementato leggermente in massa muscolare. Anche io fui liberato della felpa e dei jeans e ci ritrovammo solo con le mutande ad accarezzarci il pacco, ormai visibilmente ingrossato per entrambi. Sfiorare ancora quel cazzo turgido mi mandava in estasi, un’esplosione di emozioni nascoste sotto la neve fino a quel momento e pronte a scoppiare tutte insieme, senza un minimo di razionalità. Anche le mutande volarono ai piedi del letto e finalmente ebbero inizio le “danze” vere e proprie: le lingue, dalla bocca, tornarono ad esplorare l’una il cazzo dell’altro; ben presto mi ritrovai sopra di lui in un 69 mozzafiato, da manuale. Mi sentivo un animale in calore, mi avventavo su quel pezzo di carne con una voracità che nemmeno pensavo di poter avere, visti anche i precedenti. Volevo rendere quel momento unico, da non rimpiangere. M. gemeva di piacere, ero orgoglioso di vedere che quasi faticava a starmi dietro ed ero io a guidare il gioco finalmente. “Ti ricordavo più prestante” lo sfottei sorridendo, guardandolo mentre aveva ancora il mio cazzo in bocca. “Adesso ti faccio vedere io…” rispose col suo solito sorrisetto a mezza bocca e tornò con più foga a succhiare. Anche io mi rimisi a finire il lavoro iniziato, quando d’un tratto sento che si stacca e subito dopo uno stimolo proprio in corrispondenza dell’ano…non era vero, mi stava leccando dietro! “Ma che fai?” mi alzai di scatto con l’intenzione di fermarlo ma lui mi bloccò le cosce con le mani costringendomi a inclinarmi in avanti per non sbilanciarmi, mentre continuava a darci dentro. Era una sensazione stranissima ma veramente piacevole, oserei dire la migliore che avevo provato fino a quel momento. Ero come ubriaco, continuavo a dire “basta” ma gemevo e me ne rendevo conto. Con quella mossa avevo decisamente perso il vantaggio accumulato, era di nuovo lui ad avere la situazione in pugno. Non avevo mai visto fare una cosa del genere, neanche nei film porno…pure perché ne avevo visti solo di etero oppure gay che si limitavano al sesso orale. Sembrava quasi simile al cunnilingus, o almeno così mi appariva. Era fantastico ma veramente stremante, eppure io non stavo facendo niente se non godere come un porco. All’ennesimo “basta, per favore” si fermò e mi lasciai cadere all’indietro sopra di lui, che mi accolse abbracciandomi. “Allora? Sai che è la prima volta che lo faccio? Non me la cavo male come principiante” mi sussurrò all’orecchio con dolcezza. “Direi proprio di no, sei proprio uno stronzo” ribattei sorridendo a mia volta. Ci guardammo negli occhi, un bacio a stampo e poi, dritto in faccia, quel “Ho voglia di fare l’amore con te” come un fulmine a ciel sereno. “Ma, tu, intendi…tutto?” chiesi ingenuamente, tanto per dire qualcosa perché proprio non mi aspettavo una frase del genere. Lui annui, semplicemente, mantenendo lo sguardo fisso e sereno. “Non ti farò male” mi assicurò. Perché ovviamente accettai. Avevo paura del dolore ma quella sera decisi che non avrei avuto alcun limite, me la sarei goduta tutta e fino in fondo. Perché non c’era persona più giusta di lui in quel momento.
    Mi misi in ginocchio sul letto, con le mani appoggiate allo schienale mentre lui ricominciò abilmente a leccarmi il buchetto e ad inumidire ancora. Non sembrava che non lo avesse mai fatto, ma non aveva importanza indagare. Si staccò, si mise dietro di me e mi diede un altro bacio, mentre nel frattempo sentivo la sua cappella che poggiava contro il buco. Non ci furono parole, uno sguardo bastò per dargli l’ok ed entrò di colpo in una botta sola, quasi a tradimento. Un dolore assurdo, bruciante, considerata la mia verginità e la sua dotazione tutt’altro che trascurabile, che mi spinse di getto a cacciarlo fuori. “No no, basta! Fa malissimo” dissi, sforzandomi di non urlare. “No ma è l’inizio, l’ho fatto di colpo perché così poi ti abitui subito e vedrai che godi tantissimo” si affrettò a sottolineare. Certo, facile dirlo per lui. Dopo un paio di bacetti, però, tornò alla carica e mi convinsi di nuovo: avevo detto niente limiti. Entrò di nuovo e stavolta fu già meno doloroso, anche se la sensazione di avere qualcosa di caldo e pulsante dentro non era delle migliori; rimanemmo fermi in quella posizione per un po’ per permettere ai miei tessuti di adattarsi a quel corpo estraneo, mentre lui da dietro mi teneva i fianchi e si sporgeva per baciarmi ancora. Quando sentì offrire meno resistenza cominciò a darci dentro davvero: avanti e indietro, prima delicatamente e poi con energia crescente. Sentivo mano a mano il piacere aumentare ed effettivamente il suo cazzo arrivava a stimolarmi lo stesso punto che aveva toccato con il dito la volta precedente, provocandomi quasi un orgasmo sub-continuo data l’estrema differenza di spessore tra le fonti di stimolazione. Ora era appoggiato anche lui allo schienale –le sue dita intrecciate alle mie-, per darsi maggiore spinta. Sentivo il mio cazzo durissimo, avevo voglia di toccarmelo ma non ce la facevo. Lui era sempre più fomentato, io sentivo di essere vicino all’orgasmo vero e proprio. “Sto per venire” gli dissi. “No, aspetta” rispose, portando una mano sul mio cazzo a livello del frenulo e stringendolo con forza ma senza farmi male. “Voglio che veniamo insieme, ci sono quasi anche io” sussurrò. La cosa mi eccitò ancora di più e sentivo di non potercela più fare a trattenermi. Seguirono altri 3-4, forse 5 movimenti di quel tipo e iniziò a segarmi con decisione. Lo sentii venire dentro di me, riempirmi di un liquido di caldo dentro e allo stesso tempo toccarmi il cazzo: venni anche io, schizzando su tutto il cuscino che avevo sotto di me e in parte sullo schienale del letto. Non urlai solo per non rischiare oltremodo, ma avrei voluto che tutta la città sapesse dell’orgasmo poderoso che avevo raggiunto. Che avevamo raggiunto.
    Distesi sul letto, sudati e sfiniti, sorridevamo ora soddisfatti. Non volevo chiarimenti, non volevo promesse. Il sesso con lui aveva avuto l’effetto di un’ebbrezza che cancellava via tutti i brutti pensieri. Al resto avrei pensato il giorno dopo, quando –lo sapevo- i sensi di colpa mi avrebbero dilaniato. La vibrazione del suo telefono interruppe quel flusso di coscienza. Si alzò di corsa e lo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni adagiati a terra. Cazzo, in effetti potevamo essere F. e Y che non erano riusciti nel loro intento e stavano tornando. “E’ F.” disse dopo averlo letto –bingo!, pensai- “dice che rimangono a dormire lì perché è andato tutto secondo i piani”. “Vedi? Ci hanno fatto quasi un favore con i loro piani!” dissi. “Ma che hai capito? Secondo i MIEI piani” disse, spalancandosi in un sorriso, cosa che mi inquietò un po’. Eccola, era in arrivo la cattiva sorpresa. “Che vuoi dire?” chiesi. “Che sono stato io a spingerli a provarci con quelle cesse: Y è un bel ragazzo ma in realtà non ci sa fare per un cazzo con le donne, F. l’unico pregio fisico che ha è il pisello quindi figurati se si lasciavano sfuggire questa possibilità per una volta. Così sapevo che avrei avuto campo libero con te”. Lo guardai male. “Quindi era tutto abilmente architettato anche stavolta”, deluso del veder già sfumare quel momento di felicità in un retrogusto amaro. Tornò a stendersi sul letto di fianco a me“No no, frena. Io volevo veramente solo parlare. Sei tu che mi hai “costretto” a tapparti la bocca…e non che mi sia dispiaciuto, visto come sono andate le cose” sghignazzò nel suo solito modo. Lo guardavo incredulo ma non volevo ribattere, volevo dargli il beneficio del dubbio. “Non mi credi? Non avevo nemmeno il preservativo, li ho lasciati tutti a loro. Pensi che vada in giro a metterlo in culo a chiunque, sei matto?”. In effetti non lo facevo uno dal comportamento avventato in quelle cose, ma con me lo era stato…anzi, a dirla tutta aveva detto che nel culo ai maschi non gli piaceva darlo, quindi forse lo scemo ero stato proprio io! “Ti giuro che era la prima volta con un ragazzo e non era affatto programmata…però lì per lì non ho resistito: hai un culetto da favola, pulitissimo e senza peli, non potevo non leccarlo…e so che sei uno a posto” alludendo a possibili malattie sessualmente trasmissibili “e su di me stai tranquillo, da quando è successa quella cosa a novembre non sono riuscito ad andare più con nessuna”, confessò di getto girando lo sguardo di lato per evitare il mio. “Come, come, come? Dai, non prendermi per il culo…so che sei stato con quella del primo F!”. “Ah, mi controllavi, eh?” si voltò nuovo verso di me ridendo. “No, tonto! E’ che queste cose, vuoi o non vuoi, si vengono a sapere”. “E allora sai anche che ci siamo mollati quasi subito, no?”. “Beh, sì” risposi. “Vuoi sapere il perché? Perché pensavo ancora a te, testa di cazzo. Ed era quello che volevo dirti prima”. Sgranai gli occhi: non credevo alle mie orecchie. Mi prese la mano e la strinse nella sua. “Non ci ho nemmeno fatto sesso” continuò “Speravo mi passasse al momento giusto ma niente, avevo in mente sempre e solo quello che era successo quel maledetto pomeriggio, le mie paure della sera stessa e come ti ho trattato il giorno dopo. E più ero triste, più mi sentivo in colpa e più facevo lo stronzo con te. Ma poi, ieri, quando ho visto come guardavi F. e Y mentre si segavano e quanto eri eccitato ho capito che era gelosia. Ti trattavo male perché ero geloso da morire che tu potessi stare con qualcun altro. Non sapevo se avrei spaccato la faccia a loro o a te. Tu dovevi essere solo mio. E’ per quello che sono uscito. E lì ho scoperto dell’esistenza del terrazzino, dove ho dormito”. Spiegato, senza che glielo chiedessi, il perché del comportamento bizzarro del giorno prima. Inutile dire che neanche la più rosea delle mie aspettative avrebbe potuto prevedere quell’epilogo, ma non riuscivo a dirgli nulla se non guardarlo esterrefatto. “Oh, ho capito che sono stato un pezzo di merda, ma almeno un insulto potresti dirmelo!” esclamò con tono scherzoso. Mi limitai a sorridergli e a baciarlo. Baciarlo e abbracciarlo e stringerlo forte.
    Ci pulimmo e rimanemmo a letto, nudi, fino all’alba. Ci baciammo, ci scapparono un altro paio di seghe reciproche per l’eccitazione che ogni tanto tornava nel vedere quei bei piselli a portata di mano e parlammo, parlammo un sacco. Già da quelle poche ore appresi un sacco di cose di lui: era molto più sensibile di quello che sembrava, guardava un sacco di documentari sugli animali e li amava molto (aveva anche una cagnetta), ci piacevano gli stessi gusti del gelato e gli stessi programmi tv cretini. Anche lui aveva suonato il pianoforte quando era piccolo e odiava mettersi l’orologio al polso. Tutte cazzate, insomma, comuni a chissà quanta gente. Ma per la prima volta lo vidi. E fu sicuramente una delle notti più belle della mia vita, che la porto nel cuore come un piccolo tesoro prezioso.
    “Quelle notti da farci l’amore, fin quando fa male, fin quando ce n’è”.

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    Io e M. abbiamo continuato ad avere una relazione “clandestina” fino a metà del quarto superiore. Ci consideravamo fidanzati, quello era un passo in avanti, ma tra tradimenti (suoi) e ripensamenti (miei) non è stato facile portarla avanti; sicuramente una bella storia però (altrimenti non l’avrei tramutata in racconto), fatta di momenti difficili ma anche di tanta tenerezza e romanticheria (cosa che dopo l’adolescenza di perde un po’) e –non ve lo nascondo- buon sesso!
    Proprio nell’anno in cui ci siamo lasciati io mi sono innamorato pesantemente di S., il ragazzo che ho solamente citato nel racconto, il mio migliore amico ai tempi della storia. Purtroppo mi dichiarai e lui mi confessò di aver capito tutto, sia di me che della storia con M., e di aver nutrito dubbi sulla sua sessualità proprio ai tempi in cui si svolge il racconto, ma che poi si erano dissolti completamente. Non mi ha mai detto se in quei “dubbi” ci rientravo anche io, ma l’ho sempre sospettato. Per lui ho sofferto molto e, anche se inizialmente abbiamo tentato di rimanere amici, le cose si sono inevitabilmente complicate e l’aver preso strade diverse all’università ha fatto sì che ci perdessimo definitivamente di vista.
    M. invece l’ho rivisto la settimana scorsa, cosa che mi ha spinto a completare questo racconto che era in ballo già da molto (troppo, perdonatemi!) tempo. Ci siamo guardati un po’ stupiti, forse colpiti e sorpresi di rivederci così cambiati e così uguali ad allora anche solo ad un’occhiata sommaria. Forse anche da parte sua c’è stato un tentennamento, ma alla fine nessuno dei due ha accennato a salutare l’altro; siamo rimasti semplicemente coi nostri gruppi di amici (lui, F. ed Y si vedono ancora).Onestamente non ho idea nemmeno di cosa faccia nella vita. Preferisco ricordarlo com’era, ma anche come eravamo a 16 anni.
    Se siete arrivati a leggere fin qui, beh…grazie allora!

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:55
  2. .

    ATTENZIONE
    CONTENUTO EROTICO E SESSALE
    QUESTO RACCONTO NON E' ADATTO AD UN PUBBLICO MINORE DI 18 ANNI
    SE SEI MINORENNE TI INVITIAMO A LASCIARE IMMEDIATAMENTE QUESTA PAGINA



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    Premessa: ho il cazzo molto grosso e quando alle medie mi crebbe in maniera spropositata per la mia altezza e costituzione, da ragazzo timido quale ero, mi vergognavo all’idea che tutti potessero vedere l’enorme pacco che avevo tra le gambe così presi a nasconderlo sistemandolo verso il basso nelle mutande.

    Un paio di anni dopo, in seconda liceo, durante un’ora di buco io e quasi tutti i miei compagni stavamo riuniti attorno a un banco a chiacchierare delle solite cazzate, quando esce fuori il discorso “misure”. Un mio compagno di classe, calciatore e dal pacco veramente gigantesco, comincia a sfottermi per il fatto che dai pantaloni non mi si vedeva nessun tipo di forma. Si alzava in piedi, si comprimeva il pacco per far vedere che il suo non sarebbe mai potuto apparire come il mio. Tanta fu la sua insistenza che alla fine mi infastidì e gli dissi “conta come ce l’hai da duro” nonostante il mio, ripeto, fosse grosso anche da moscio “sicuramente lì ti batto alla grande”. Lui scoppiò in una risata e mi lanciò la sfida: saremmo andati al bagno con un testimone e avremmo visto chi ce lo aveva più grande tra i due. La cosa mi lasciò incredulo, però dopo un iniziale tentennamento accettai, anche perché ormai il resto della classe stava quasi scommettendo su uno o sull’altro con molto fermento.
    Andammo al bagno io, lui e il suo braccio destro nonché compagno di squadra di calcio. La nostra classe era nella parte più alta della struttura e i bagni erano utilizzati solo da 3 classi, quindi durante le ore di lezione non erano trafficatissimi. F.(questa è l’iniziale del nome del mio compagno) mi precede baldanzoso e con il sorriso sbruffone, spalanca la porta del bagno e dice “allora sei pronto a perdere?” sostenuto dalla risata dell’altro amico, M., che ci dice “dai, finiamola alla svelta che devo andare a comprare la merenda: tiratelo fuori e fatevelo venire duro”. Io ero imbarazzatissimo, la sbruffonaggine di prima era svanita. F. mi guarda e ride “guarda che se vuoi lasciamo perdere, non ti preoccupare…lo so che non puoi avercelo più grosso del mio, faccio calcio da anni e tutti i miei compagni mi chiamano Pisellone. Dirò agli altri che ho vinto senza umiliarti troppo”. A quelle parole mi sono sentito una vampata di calore, e d’impeto ho cacciato fuori il cazzo ancora barzotto. I due ragazzi hanno spalancato gli occhi e si sono guardati; M. ha gridato un “Porca M….” mettendosi a ridere e aggiungendo “F. mi sa che questo davvero ti dà del filo da torcere, guarda che sberla!”. F. colto sul vivo caccia fuori il suo cazzo e comincia a menarselo facendolo indurire in pochissimi secondi: effettivamente avevo sempre immaginato che ce lo avesse grosso ma la realtà superava di gran lunga le mie migliori aspettative. Sarà stato lungo una ventina di cm, forse anche qualcosa in più, tozzo quanto basta e leggermente storto verso una parte in erezione seppure l’asta era dritta. Me lo scappella davanti e togliendo le mani lo lascia lì davanti a me, come un’asta in attesa di giudizio. A me quella vista aveva provocato un’erezione poderosa che stavo tentando di mascherare come effetto delle ripetute toccate di cazzo per farmelo venire duro; feci allora lo stesso anche io(il mio cazzo da duro non si scappella completamente ed è un po’ storto verso sinistra) e ci trovammo col cazzo in tiro l’uno davanti all’altro. F. era nervoso, si girò verso M. e disse “oh allora? E’ vero, ce l’ha grosso, ma il mio è più grosso!”.
    M. era visibilmente in difficoltà, non se lo aspettava evidentemente. Disse “Raga’ io non vi so dire, uno mi pare più lungo e l’altro più largo…però il suo è storto e magari da dritto sarebbe più grosso del tuo. Oh ma fatemi fa’ una cosa…” ci si avvicina e ce lo prende in mano cominciando a segarci. F. urla subito “Oh ma che cazzo fai? Sei diventato frocio?!” e ci ritraiamo entrambi dalla presa di M. che si mette a ridere dicendo “scusate ma con tutta ‘sta abbondanza mi sono sentito una troia dentro a un film porno ahahahah” e ci mettiamo tutti e 3 a ridere. “Facciamo pari e patta e non se ne parla più. Dai F. lo vedi anche tu che questo c’ha un cazzo enorme…Non lo avrei mai detto, bravo bravo” mi dà una pacca sulla spalla sorridendomi.
    F. riconosce la veridicità del giudizio dell’amico “hai ragione, parità” e mi porge la mano in senso di tregua. “Con quella mano ti ci sei toccato il cazzo fino ad adesso, apprezzo cmq il gesto” gli dico io sorridendo e scoppiamo di nuovo tutti a ridere. “Grande, non ti ci facevo così simpatico” mi dice “amici come prima, anzi, più di prima...vedersi il cazzo è un grande passo per un’amicizia tra maschi”. Ci rivestiamo, torniamo in classe dove M. entra per primo e dice “Raga’ non l’avrei mai detto: PARITA’! Ahahahah” facendo partire una risata generale tra un “nooo avevo scommesso 5 euro su F.!” e un “ma basta di fare ste cose da froci raga!”. Ero di nuovo imbarazzato, per fortuna suonò la campanella e mi fiondai fuori da scuola per andare a prendere il pullman.
    Subito dopo pranzo mi arrivò un messaggio di M. che mi chiedeva se avevo da fare quel pomeriggio sul tardi…
    [continua]

    Edited by Elchicoloco - 16/6/2014, 19:56
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